Il neuroimaging funzionale per la valutazione della prova dichiarativa

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Il presente lavoro, offre una chiave di lettura nuova in relazione all’impiego delle neuroscienze in ambito penalistico. Nello specifico, ci si occupa di prospettare come possibile, l’impiego del neuroimaging funzionale nell’analisi della prova dichiarativa. Nel contesto attuale, si ritiene che tale tecnica sia invasiva tanto da determinare/condizionare la volontà e dunque inficiare la libertà morale del dichiarante. Si dimostrerà, invece, che tra neuroscienze e diritto e nella specie tra neuroimaging e processo penale non vi è alcuna incompatibilità. Dunque, why not?
Per approfondire si consiglia il volume: L’uso della prova scientifica nel processo penale

Indice

1. Il neuroimaging e il determinismo scientifico


Il neuroimaging è una macro-tecnica neuroscientifica[1] che si basa sulla rappresentazione per immagine[2].  Analizza, sia l’anatomia del cervello nella sua struttura morfologica (neuroimaging strutturale[3]), sia le connessioni neurali nella loro funzionalità (neuroimaging funzionale[4]). Le tecniche di neuroimaging strutturale si limitano a verificare se la struttura cerebrale presenti o meno delle lesioni (es. tumori). Le tecniche di neuroimaging funzionale analizzano il funzionamento cerebrale descrivendo per immagini come avvengono le connessioni neurali. In sostanza, a fronte di stimoli esterni, si studia come reagisce la mente attraverso l’analisi degli impulsi elettrici e dei flussi sanguigni. Questo tipo di tecniche non ha ancora trovato parimenti fortuna all’interno del procedimento penale. E’ opinione largamente diffusa che sia impossibile raggiungere un dato certo sul funzionamento mentale, data la presenza di connessioni neurali imprevedibili. Inoltre, si ritiene che tali tipi di tecniche siano in grado di condizionare, fino al punto di determinare, la libera volontà del soggetto che vi è sottoposto[5]. Ne consegue, che vi sia incompatibilità con i principi che regolano il diritto penale e nella specie, il diritto penale processuale[6] (artt. 64, 188,189 e 220 c.p.p.), fondati sul divieto di introdurre tecniche, nemmeno previo consenso del dichiarante, che possano condizionare la capacità di ricordare[7].
Sostanzialmente, le neuroscienze in generale e il neuroimaging funzionale in particolare, vengono associate al determinismo scientifico[8]. Quest’ultimo, si basa sulla capacità delle scienze naturali di determinare la volontà. Il determinismo scientifico origina e si sviluppa dal determinismo Darwiniano, fondato sul processo di selezione naturale determinato dalla trasmissione genetica (determinismo evolutivo). In altre parole, Darwin sostenne che l’evoluzione umana dipendesse dalla trasmissione del patrimonio genetico e che i geni determinassero le caratteristiche fisiologiche e psicologiche di un individuo. Ad esso si rifanno le teorie che associano la personalità e il carattere di un individuo, alle caratteristiche genetiche e fisiologiche dello stesso (su tutti, l’atavismo di Lombroso). Sul punto però, vi è un errore di interpretazione. Il determinismo scientifico puro, si basa sulle correlazioni genetiche e la formazione non libera della volontà. Le neuroscienze, invece, sono ben lontane da tale conclusione. E’ vero che in un mondo relativistico dove ogni cosa non può essere conosciuta in senso assoluto, anche le neuroscienze possono fungere da fattore determinante, ma questa non è la loro caratteristica, tanto meno la funzione che svolgono. Infatti, bisogna operare una distinzione tra il determinismo costrittivo e il determinismo descrittivo. Il primo può determinare, nel senso di costringere e annichilire il libero arbitrio. Il secondo invece, si limita a descrivere le reazioni neurali a fronte di stimoli indotti dall’esterno. In tal senso, considerando che l’uomo è dotato di libero arbitrio, che la volontà è essa stessa un fattore determinante, che le tecniche neuroscientifiche si basano sul metodo scientifico e che i fini del loro utilizzo sono di supporto alla realizzazione della giustizia nel caso concreto, esse non hanno la capacità, in concreto, di comprimere fino a costringere la volontà.
Le neuroscienze, proprio perchè si fondano sul metodo sperimentale (oggetivistico), come rilevato da alcune corti italiane, offrono l’adesione ai criteri scientifici elaborati nella nota sentenza Cozzini:

  • si prestano ad un controllo di affidabilità dall’esterno;
  • garantiscono la ripetizione della prova e l’analisi statistiche dei dati ottenuti;
  • si strutturano e funzionano secondo criteri e metodi scientifici;
  • sono per natura oggettive.

[9] Di conseguenza, non sono in grado di determinare la volontà umana perché si limitano a visionare e a registrare dati, i quali saranno analizzati prima dal tecnico, poi dal medico specialista ed infine dal giudice nel rispetto dei principi processuali del contraddittorio. Infatti, le stesse, possono operare in una fase che precede la formazione della volontà in ottica predittiva (dati alcuni fattori esterni e date alcune reazioni fisio-psicologiche, si possono prevedere certi risultati)[10] o in una fase concomitante/susseguente in ottica descrittiva (dati certi rilevamenti si registrano certi risultati).


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2. Neuroimaging e validità processuale


In ottica generale, non sorgono dubbi sulla validità scientifica delle neuroscienze e, tra queste, sulla validità del neuroimaging, e non si discute perciò sulla loro validità processuale. Cosa diversa è il margine di valutazione che tali tecniche assumono in relazione al tipo di esame svolto e al tipo di attività legale a cui sono funzionali. Infatti, lo stesso dato scientifico può essere ritenuto valido o meno a seconda del dato processuale che si vuole verificare. Un conto, è diagnosticare una lesione cerebrale, altra cosa è diagnosticare la presenza di un gene particolare che può assumere rilevanza in termini di cattiva formulazione del pensiero (volontà) e dell’azione che da questo scaturisce. Si ragiona in termini di peso in relazione al grado di oggettività di un certo risultato.
In merito, ciò che risulta sottovalutato è il funzionamento del sistema processuale stesso e con esso la funzione svolta dal giudice. Infatti, a volte, ci sfugge che il processo non è mai incentrato sulla verità assoluta, ma appunto segue la logica della verità processuale[11] che a sua volta si basa sul metodo dell’inferenza[12]e sul metodo dell’induzione[13]. Quando si sente parlare, soprattutto in ambito penale, della c.d. prova regina[14](si pensi alla confessione e alla testimonianza), si commette l’errore di pensare che quella prova sia la sola a dimostrare un certo risultato processuale. La realtà  ci dimostra che non è mai così, anzi la maggior parte delle volte i processi si scardinano intorno ad una serie di prove indiziarie[15] (indizi gravi, precisi e concordanti). Questo dato non ci deve sconvolgere e certamente non vi è alcuna violazione delle regole processuali che, anzi lo ammettono. La ratio è abbastanza intuibile. Raramente si dispone di un dato che possa ricostruire perfettamente la dinamica di un caso (video-riprese) e quando lo si dispone non vi è alcun automatismo. Il processo, infatti, si fonda sul contraddittorio tra le parti, inoltre, ogni prova deve comunque essere valutata dal giudice[16] che è libero, secondo un metodo logico-razionale-legale, nel suo convincimento (di cui darà dimostrazione attraverso la motivazione della sentenza). Per capire tale dinamica, si può fare riferimento all’annoso dibattito sul nesso di causalità (dibattito mai sopito del tutto) che sembra aver trovato un risultato solido con la pronuncia Franzese[17]. In tale dibattito scientifico-penalistico, si è lavorato molto sull’analisi del grado probabilistico, in relazione alla rilevanza di un certo dato nella dinamica causale di un certo evento. Sul punto, vi era chi propendeva per una certezza probabilistica tendente al 100%[18] (Federico Stella su tutti) e chi invece, avvedutosi della mancata possibilità di un simile risultato (in particolare Marcello Gallo[19]), calava il giudizio sull’analisi del caso concreto applicando i criteri razionali e logici propri della valutazione processuale che è chiamato a svolgere il giudice (credibilità logica). Per ciò che ci riguarda rilevano due dati:
–       la struttura stessa del processo segue un metodo probabilistico;
–       non esiste una prova che possa avere un’evidenza assoluta in generale, ma solo un’evidenza calata nel caso concreto.
Ne consegue, che un certo dato o una certa tecnica o un certo sapere non può essere escluso a priori dal circuito processuale solo perchè non vi è una certezza oggettiva generale e quasi assoluta, perché il processo questo non lo richiede. Gli stessi criteri Daubert, ripresi dalla sentenza Cozzini, non si riferiscono al raggiungimento di un risultato assoluto, si parla di accettazione scientifica generale ma, tale dato non è rilevante se preso singolarmente. Ad esempio, l’analisi dei casi giudiziari legati al processo causale in relazione a sostanze tossiche come l’amianto e l’insorgenza di malattie polmonari mortali, esprimono quanto fino ad ora esposto. Nel panorama scientifico non vi è ancora una scoperta certa sulla causa dei tumori[20], vi sono però dati statistici i quali devono essere correlati all’analisi del caso specifico nella sua interezza. Ragionando in termini di evidenza scientifica, tutti i processi legati a tale nesso non dovrebbero nemmeno cominciare. Ma non è così.
Quando ci si riferisce al metodo inferenziale proprio della logica processuale, ci si sta riferendo all’impossibilità della certezza e alla possibilità della certezza processuale. Del resto la formula “oltre ogni ragionevole dubbio[21]” è l’emblema di quanto poc’anzi affermato. Nel caso contrario il legislatore si sarebbe espresso con una formula improntata sulla certezza.
Dunque, è più in linea con la ratio del processo non effettuare esclusioni  in senso aprioristico e generale ma, affidarle alla valutazione del giudice. Infatti, a meno che non vi sia un divieto espresso per legge, ogni fonte di prova passerà dal suo mezzo per divenire prova, solo una volta ammessa al processo dal giudice, il quale è il soggetto maggiormente competente per analizzare il grado di validità di un certo dato in relazione al caso concreto ed è lo stesso che sarà in grado di distinguere in tale sede, ciò che in quel momento è scienza spazzatura, da ciò che non lo è. Il tanto agognato metodo scientifico sarebbe un nulla senza l’apporto valutativo del giudice il quale, è il solo a dover selezionare i dati probatori nella ricerca della verità processuale, che a sua volta rappresenta il grado ottimale di certezza a cui si è potuto giungere in quel particolare momento storico.

3. Considerazioni conclusive


Non vi è dubbio, che le tecniche neuroscientifiche possano esercitare una certa pressione nel soggetto che vi è sottoposto, ma ragionando in termini di tale effetto, ogni fattore può essere in grado di produrlo. Per tale ragione, non ha molto senso logico continuare a sviluppare giudizi aprioristici sulle neuroscienze, anzi è del tutto incoerente con la ratio stessa della funzione penalistica, la quale, sebbene ancorata a principi cardini come quello della legalità, trova fondamento nel caso concreto. In altre parole, proprio la struttura ed il funzionamento del sistema penale, ci porta a concludere che non ha senso logico escludere l’utilizzo delle neuroscienze dallo stesso. A maggior ragione, quando un dato elemento possa apportare un reale ed attendibile contributo. In tal senso, si può concludere che essendo l’architrave del procedimento penale ben solida, l’ingresso delle neuroscienze nello stesso non è in grado di minarne la struttura ed il funzionamento, anzi fornirebbe solo ciò che esse esprimono, un dato da valutare.
Ragionando, invece, in merito alla possibilità che le neuroscienze possano determinare la volontà si devono prendere in considerazione due condizioni: determinismo come costrizione e determinismo come previsione o descrizione. Nell’accezione con cui lo si è inteso nel corso del presente lavoro, come costrizione, le attuali tecniche neuroscientifiche, a meno che non si sfoci nell’illegalità, non sono in grado di provocare tale effetto sulla volontà umana. Quest’ultime, invece, possono essere impiegate per prevedere il compimento di un certo comportamento o una certa azione e/o possono rivelare la causa di un certo comportamento o una certa azione già commessa. Si procede sempre in termini di probabilità, perché non si è in grado ancora di pervenire ad una certezza assoluta e non si sa, se mai la si otterrà ma, tale dato non è un difetto delle neuroscienze, ma è una condizione che insita alla conoscenza umana, sia essa puramente scientifica, che giuridica. Tanto basta a non differenziare i risultati raggiunti da tali tecniche, rispetto a quelli ottenibili dall’impiego di mezzi scientifici classici.
In conclusione, dati i criteri della logica e della probabilità su cui si erge il procedimento penale, costituisce un refuso ideologico postulare l’esclusione delle tecniche neuroscientifiche. Per fino in relazione all’analisi della prova dichiarativa. 
Se pure, allo stato attuale sia ancora lontano il tempo in cui l’impiego di tali tecniche possa essere adoperato per valutare la colpevolezza di un individuo, si deve pervenire alla stessa soluzione nel caso in cui sia dia peso ai risultati prodotti dalle medesime per valutare invece l’innocenza?
L’oltre ogni ragionevole dubbio, infatti, è posto a tutela dell’innocenza di un individuo e questo è il parametro guida dell’intero procedimento penale. Allora, ragionando nell’ottica della tutela di un individuo sottoposto a procedimento penale e tenendo in considerazione l’oggettività del metodo e la coerenza con la struttura e la funzione dello stesso, ha ancora senso negare l’ingresso delle neuroscienze nel sistema penale?
Per quanto affrontato nel presente lavoro, la conclusione è negativa e si auspica che si possa giungere ad un bilanciamento positivo tra regole del procedimento penale e neuroscienze perché l’uomo è destinato ad evolversi e con esso l’intera società di cui le norme sono il riflesso.

Volume consigliato

Bibliografia/Sito-grafia

  • Angeletti R., Le invalidità nel processo penale, G. Giappichelli editore, 2017;
  • Bartoli R., Il problema della causalità penale, dai modelli unitari al modello differenziato, Giappichelli, 2010;
  • Belloni E., La prova indiziaria nel processo penale italiano, C. dell’Avo, pubb.1902, dig. 22.02.2008;
  • Bettin G., Dianese M., Petrolkiller, Feltrinelli, 2002;
  • Canzio G., Donati L.L., Prova scientifica e processo penale, Cedam, 17.05.2022;
  • Carcaterra G., Presupposti e strumenti della scienza giuridica, Giappichelli, 2012;
  • Carlizzi G., Tuzet G., La prova scientifica nel processo penale, Giappichelli, 11.12.2018;
  • Casson F., La fabbrica dei veleni, Sperling & Kupfer, 2007;
  • Conte M., Gemelli M., Licata F., Le prove penali, Giuffrè, 2011;
  • Corsi G., La prova scientifica nel processo penale, la sentenza Franzese e recenti esiti giurisprudenziali, riv. Diritto,  10.07.2012, su https://www.diritto.it/la-prova-scientifica-nel-processo-penale-la-sentenza-franzese-e-recenti-esiti-giurisprudenziali/;
  • Daniele M., Regole di esclusione e regole di valutazione della prova, G. Giappichelli, 2009;
  • Deganello M., I criteri di valutazione della prova penale. Scenari di diritto giurisprudenziale, Giappichelli, 2005
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  • Fallone A., Il processo aperto, il principio di falsificazione oltre ogni ragionevole dubbio nel processo penale · Numero 60, Giuffrè, 2012
  • Ferrua P.,La prova nel processo penale.Volume 1, G. Giappichelli, 2015;
  • Gallo I.M., Diritto penale italiano. Appunti di parte generale. Volume primo, Giappichelli, 2014;
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  • Lugli V., Brancucci A., Tecniche di neuroimaging per la ricerca in neuroscienze, Universitalia, 2011; 
  • Martucci P., Neuroscienze e processo penale. Profili applicativi e giurisprudenziali, Key Editore, 2015;
  • Naimoli C., Principio di falsificazione tra prova indiziaria e prova scientifica riflessioni sul caso Garlasco e M. Kercher, Pacini Giuridica, 2017;
  • Pagani M., Carletto S., Il cervello che cambia. Neuroimaging: il contributo alle neuroscienze, Mimesis Edizioni, 26.09.2019;
  • Palma A.U., Le “prove di verità” e la libertà morale del dichiarante, archiviopenale.it, su https://archiviopenale.it/File/DownloadArticolo?codice=47aa987e-d0b2-4be0-8725-67423f802b31&idarticolo=21795;
  • Parpaglia P.P., Verità processuale, Edizioni La Zattera, 2015;
  • Pascali V., Causalità ed inferenza nel diritto e nella prassi giuridica, Giuffè, 2011
  • Riziero A., Il processo indiziario, Giappichelli, 4.03. 2021;
  • Russo V., Abet A., La prova indiziaria e il «giusto processo». L’art. 192 c.p.p. e la legge 63/2001, Jovene, 2001
  • Traversi A., La difesa penale. Tecniche argomentative e oratorie, Giuffrè, 2009;
  • Tuzet G., Filosofia della prova giuridica, Giappichelli, 2016;
  • Zaza C., Il ragionevole dubbio nella logica della prova penale, Giuffrè, 2008.

Note

  1. [1]

    Di Benedetto M., Neurotecnologie, prospettive biogiuridiche e neurodiritti-parte 2,14.11.2022, riv. Diritto, su https://www.diritto.it/neurotecnologie-prospettive-biogiuridiche-e-neurodiritti-parte-2/

  2. [2]

    Pagani M., Carletto S., Il cervello che cambia. Neuroimaging: il contributo alle neuroscienze, Mimesis Edizioni, 26.09.2019

  3. [3]

    Tecniche strutturali come la Tomografia computerizzata (CT scan-rappresentazione della materia cerebrale) e la Risonanza magnetica nucleare (RMN-ricostruzione area cerebrale attraverso campi magnetici).

  4. [4]

    Tecniche funzionali come l’ EEG (dimensione temporale-elettroencefalogramma), l’ERP, la Magneto-encefalografia (MEG), la tomografia ad emissione di positroni (PET-isotopi radioattivi che si combinano con elettroni e determinano emissione di raggi Gamma misurati da specifici sensori), la DTI (diffusion tension imaging che individua le connessioni anatomiche tra aree cerebrali misurando la velocità di diffusione dell’acqua) e la risonanza magnetica funzionale (fMRI-risonanza di atomi di idrogeno per la rappresentazione dei flussi sanguigni) che analizzano le aree cerebrali a livello dinamico (correlazioni tra stimoli esterni ed attivazione di determinate aree del cervello ed effetti innescati in tale aree dalle patologie neurologiche e psichiatriche).

  5. [5]

    Palma A.U., Le “prove di verità” e la libertà morale del dichiarante, archiviopenale.it, su https://archiviopenale.it/File/DownloadArticolo?codice=47aa987e-d0b2-4be0-8725-67423f802b31&idarticolo=21795

  6. [6]

    Martucci P., Neuroscienze e processo penale. Profili applicativi e giurisprudenziali, Key Editore, 2015

  7. [7]

    Art. 188 c.p.p.: 1. “ Non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interessata, metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti”. Carlizzi G., Tuzet G., La prova scientifica nel processo penale, Giappichelli, 11.12.2018, pag. 65; De Cataldo Neuburger L., La prova scientifica nel processo penale, CEDAM, 2017

  8. [8]

    Merzagora I., Colpevoli si nasce? criminologia, determinismo, neuroscienze, Cortina, Milano, 2012, pp. 234, in riv.diritto penale contemporaneo,19.06.2013, https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org.

  9. [9]

    Cassazione Penale, Sez. 4, 13 dicembre 2010, n. 43786

  10. [10]

    Libet B., et al., «Time of conscious intention to act in relation to onset of cerebral activity (Readiness-Potential). The unconscious initiation of a freely voluntary act», in Brain, 106, 1983, pp. 623-642. Sono celebri le ricerche condotte da Benjamin Libet, lo scienziato che per primo applicò metodi di indagine neurofisiologica per studiare la relazione tra l’attività cerebrale e l’intenzione cosciente di eseguire un determinato movimento volontario. Nei suoi esperimenti, Libet invitava i partecipanti a muovere, quando avessero voluto, il polso della mano destra e, contemporaneamente, a riferire il momento preciso in cui avevano avuto l’impressione di aver deciso di avviare il movimento: l’obiettivo era infatti quello di indagare il rapporto tra la consapevolezza dell’inizio di un atto e la dinamica neurofisiologica sottostante. Cit. De Caro M., in https://www.incircolorivistafilosofica.it/wp-content/uploads/2017/12/Sulla-presunta-illusorietà-del-libero-arbitrio-De-Caro.pdf

  11. [11]

    Incampo A., Garofoli V., Verità e processo penale, Giuffrè, 2012; Parpaglia P.P., Verità processuale, Edizioni La Zattera, 2015; Tuzet G., Filosofia della prova giuridica, Giappichelli, 2016

  12. [12]

    Conte M., Gemelli M., Licata F., Le prove penali, Giuffrè, 2011, pag. 354; Ferrua P., La prova nel processo penale.Volume 1, G. Giappichelli, 2015, pag. 78; Pascali V., Causalità ed inferenza nel diritto e nella prassi giuridica, Giuffè, 2011

  13. [13]

    Fallone A., Il processo aperto, il principio di falsificazione oltre ogni ragionevole dubbio nel processo penale · Numero 60, Giuffrè, 2012, pag. 22;
    Traversi A., La difesa penale. Tecniche argomentative e oratorie, Giuffrè, 2009, pag. 80

  14. [14]

    Angeletti R., Le invalidità nel processo penale, G. Giappichelli editore, 2017, pag. 319; Carlizzi G., Tuzet G., La prova scientifica nel processo penale, Giappichelli, 11.12.2018, pag. 65; De Cataldo Neuburger L., La prova scientifica nel processo penale, CEDAM, 2017, pag. 35

  15. [15]

    Belloni E., La prova indiziaria nel processo penale italiano, C. dell’Avo, pubb.1902, dig. 22.02.2008; Naimoli C., Principio di falsificazione tra prova indiziaria e prova scientifica riflessioni sul caso Garlasco e M. Kercher, Pacini Giuridica, 2017; Riziero A., Il processo indiziario, Giappichelli, 4.03. 2021; Russo V., Abet A., La prova indiziaria e il «giusto processo». L’art. 192 c.p.p. e la legge 63/2001, Jovene, 2001

  16. [16]

    Carcaterra G., Presupposti e strumenti della scienza giuridica, Giappichelli, 2012, pp. 245ss.; Daniele M., Regole di esclusione e regole di valutazione della prova, G. Giappichelli, 2009; Deganello M., I criteri di valutazione della prova penale. Scenari di diritto giurisprudenziale, Giappichelli, 2005

  17. [17]

    Corsi G., La prova scientifica nel processo penale, la sentenza Franzese e recenti esiti giurisprudenziali, riv. Diritto, 10.07.2012, su https://www.diritto.it/la-prova-scientifica-nel-processo-penale-la-sentenza-franzese-e-recenti-esiti-giurisprudenziali/

  18. [18]

    Canzio G., Donati L.L., Prova scientifica e processo penale, Cedam, 17.05.2022; Gianti D., Monateri P. G., Balestrieri M., Causazione e giustificazione del danno, Giappichelli, 2016, pp. 98ss., sulla teoria di Federico Stella inerente al grado di probabilità accetabile per provare il nesso causale; Guerrieri T., Studi monografici di diritto penale. Percorsi ragionati sulle problematiche di maggiore attualità, Halley, 2007, pp.85 ss.

  19. [19]

    Bartoli R., Il problema della causalità penale, dai modelli unitari al modello differenziato, Giappichelli, 2010, sul confronto delle teorie probabilistiche; Gallo I.M., Diritto penale italiano. Appunti di parte generale. Volume primo, Giappichelli, 2014

  20. [20]

    Bettin G., Dianese M., Petrolkiller, Feltrinelli, 2002 e Casson F., La fabbrica dei veleni, Sperling & Kupfer, 2007

  21. [21]

    Zaza C., Il ragionevole dubbio nella logica della prova penale, Giuffrè, 2008, pp. 46 ss.

Francesca Fuscaldo

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