Neurotecnologie, prospettive biogiuridiche e neurodiritti – parte 2

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     Indice

  1. Nuovi neurodiritti?
  2. Diritto alla libertà cognitiva 
  3. Diritto alla privacy mentale 
  4. Diritto all’integrità mentale
  5. Diritto alla continuità psicologica
  6. Conclusioni 

1. Nuovi neurodiritti?

A differenza di altri sviluppi tecnologici e scientifici impattanti sulla vita di tutti noi, le neuroscienze non sono ancora state oggetto di costruzione normativa. Anche per questo è importante alimentare il dibattito in questo senso. Da una parte potrebbero emergere minacce in relazioni ai beni e gli interessi degli individui, dall’altra potrebbero profilarsi problematiche in relazione sfera cognitiva individuale e alla legittima pretesa di esercitare pienamente il proprio controllo sulla stessa da parte dei singoli[1]. In questo senso, si propongono i quattro neurodiritti che stanno emergendo dal dibattito dottrinale in maniera trasversale: diritto alla libertà cognitiva, diritto alla privacy mentale, diritto all’integrità mentale e diritto alla continuità psicologica[2].

2. Diritto alla libertà cognitiva

In primo luogo, osserviamo il diritto alla libertà cognitiva, nozione al quale spesso ci si riferisce con il concetto di auto-determinazione mentale, che comprende due aspetti tra loro complementari: da una parte il diritto dei singoli a utilizzare le neurotecnologie, dall’altra quello della protezione degli stessi dal divenire, sotto coercizione e senza consenso, oggetto di applicazione delle stesse. In altre parole, è stato definito come il diritto di alterare i propri stati mentali con l’utilizzo di neurotecnologie e il diritto di rifiutarsi di farlo[3]. Questo diritto, può, a tutti gli effetti, andare a costituire un diritto fondamentale, perché il controllo sulla propria coscienza e sui processi elettrochimici che avvengono nel proprio cervello è, de facto, una precondizione necessaria per esercitare pienamente ogni altro diritto[4]. In effetti, a ben vedere, la stessa capacità giuridica, così come intesa dal nostro ordinamento giuridico e non solo, presuppone un soggetto che prende decisioni nel pieno controllo delle proprie capacità mentali. Questo verrebbe a mancare laddove tali decisioni venissero alterate in via eterodiretta, per esempio, da neurotecnologie subite e non volute. Al contrario, eventuali scelte rispetto alle quali è possibile individuare una componente nel rapporto causale che ha portato alle stesse derivante da una attività accettata e voluta di una neurotecnologia, laddove questa non risulti inficiata da malfunzionamenti, sarebbero da considerarsi come dipendenti dalla dimensione volitiva del soggetto e, quindi, la componente soggettiva che sostanzia la capacità giuridica sarebbe da considerarsi come intatta, quanto meno rispetto alla costruzione giuridica che in un rapporto di causa-effetto ricerca la fonte[5], in termini di volontà giuridica, di un determinato atto o di una determinata azione. La libertà cognitiva richiama innegabilmente diritti come la libertà di pensiero, che è alla base, per esempio, delle libertà di parola, di stampa o religiosa. Può dirsi libero il pensiero del soggetto che risulti eterodiretto da neurotecnologie imposte coercitivamente? La risposta non può che essere negativa. La libertà cognitiva tutela la libertà di pensiero e, di conseguenza, ogni altro diritto, sia dal punto di vista interno, sostanziandosi nella libertà di determinare il proprio stato cognitivo, anche attraverso l’uso di neurotecnologie o il rifiuto dell’utilizzo delle stesse[6], sia da quello esterno, tutelando dall’intervento coercitivo di altri rispetto alla propria dimensione cognitiva. Vi è poi un ulteriore livello generale e astratto, poiché la libertà cognitiva così come ivi intesa richiama un obbligo etico, che necessita di una ricezione in chiave normativa, circa la tutela e promozione dello stesso, anche in termini di conoscenza a favore dei consociati, perché siano resi consapevoli delle potenziali insidie e dei diritti legali alla loro sfera cognitiva. Il secondo aspetto, circa gli interventi esterni, per dirsi assoluto, deve essere teso a ricomprendere interventi esterni non solo di altri individui, ma anche di enti governativi piuttosto che non governativi. Data la pervasività di questo diritto, profondamente e intimamente interconnesso con il concetto stesso di persona così come intesa non solo dal nostro ordinamento, ma dalla società nel suo complesso, questo diritto sarebbe da considerarsi come fondamentale e inalienabile[7]. Tale diritto potrebbe andare a costituire un vero e proprio nuovo diritto fondamentale[8], apparendo forse insufficiente l’afferenza, per esempio, alla libertà di pensiero piuttosto che all’integrità psicofisica.

3. Diritto alla privacy mentale

Un ulteriore diritto da andare a considerare è quello alla privacy mentale. Gli sviluppi del neuroimaging e della BCI impongono riflessioni etiche e legali sul tema della ‘lettura della mente’, oggi ovviamente non possibile, se non nella misura, a determinate condizioni, della lettura degli impulsi elettrici neuronali dati dal cervello. Tuttavia, da questi è possibile ricostruire almeno parzialmente la volontà stessa dei soggetti e, di conseguenza, andare a ipotizzare i loro stessi pensieri. Tanto più l’accuratezza di questi strumenti, oggi relegati sostanzialmente all’ambito di ricerca scientifica, aumenterà, tanto più diventeranno accessibili in termini di commerciabilità, commercializzazione e costi, quanto più emergerà prepotente la necessità di un chiaro e forte quadro normativo di riferimento su più livelli. Se sicuramente questi potrebbero rientrare nella legislazione in materia di privacy, in quanto informazioni personali e informazioni personali identificative, tuttavia, trattandosi di dati strettamente collegati alla vita interiore degli individui, distinguerli e porli sotto una specifica e ulteriore tutela potrebbe risultare opportuno. Oltre alle informazioni e ai dati neuronali, risulta necessario considerare la protezione della fonte stessa dei dati, il cervello[9]. Sotto protezione, di conseguenza, è necessario far rientrare non solo il dato neuronale, ma anche l’attività neuronale stessa, di qui la necessità di un’attenzione particolare e dedicata rispetto alla privacy mentale. Inoltre, vi è da considerare che determinati dati potrebbero essere utilizzati come dati biometrici univoci per individuare le persone, come avviene per esempio per il DNA[10], con la differenza che potrebbero essere raccolti senza la consapevolezza e il consenso del soggetto alla raccolta e all’utilizzo. Di conseguenza, è necessario strutturare una protezione di questi dati tale da rendere sempre consapevole il soggetto del percorso che potrebbero fare, nonché renderlo in primo luogo capace di controllarli. In questa ottica, anche la promozione di tale diritto e delle sue implicazioni al fine di rendere consapevoli gli individui di ciò che vi sottende, potrebbe essere considerato come un aspetto inderogabile dello stesso. Il diritto alla privacy mentale deve andare a coprire ogni informazione e dato che tecnicamente potrebbe essere comunicato esternamente da parte di qualunque neurodispositivo a cui il soggetto decida di collegarsi, lasciando in ogni istante il singolo individuo nel pieno controllo dei propri dati. Considerando, inoltre, che detti neurodispositivi potrebbero anche accumulare internamente, oltre che esternamente, tali dati, risulta a maggior ragione necessario strutturare un apparato normativo sufficientemente robusto al fine di tutelare l’individuo nella sua dimensione mentale. Può discutersi circa il fatto che tale fattispecie giuridica costituisca un vero e proprio nuovo diritto o un approfondimento del diritto alla privacy. Se nel primo caso ciò comporterebbe sicuramente maggiore chiarezza, ma al prezzo di una moltiplicazione dei diritti nell’epoca dell’inflazione e della sovrapproduzione degli stessi, dall’altro, come aspetto dell’esistente diritto alla privacy, andrebbe a riempire quest’ultimo di un nuovo e ancora più profondo significato, collegandolo in maniera ancora più intima e inscindibile con il concetto di persona stessa per come è oggi giuridicamente inteso[11].

4. Diritto all’integrità mentale

Si osserva poi il diritto all’integrità mentale, poiché accessi all’attività del cervello delle persone potrebbero non solo costituire una violazione della loro privacy mentale, come già osservato, ma anche avere un impatto sulla loro capacità di computazione neurale e, quindi, danneggiarle[12]. Potrebbe essere possibile arrivare al punto di avere veri e propri hackeraggi, analoghi a quelli che avvengono a danno dei computer, posti in essere attraverso i neurodispositivi[13]. Prendendo in considerazione le BCI, esistono diverse tipologie di hackeraggio ipotizzabili; laddove si vanno a manipolare misurazioni e i feedback dati o ricevuti dal neurodispositivo, si andrebbe a manipolare l’attività neurale del cervello, in uscita dallo stesso andando a intaccare i dati recepiti, in entrata alterando gli eventuali stimoli elettrici dati dal neurodispositivo. In questo modo, sarebbe possibile diminuire il controllo del soggetto sul neurodispositivo o alterare, de facto, la sua capacità volitiva, ponendo potenzialmente a rischio altri diritti della persona, come la stessa integrità fisica. Si tratterebbe di una capacità di intaccare l’integrità psico-fisica delle persone rispetto alla quale sarebbe difficile trovare precedenti. In questo senso, ci viene in soccorso in primo luogo quanto statuito dalla stessa Carta Dei Diritti Fondamentali Dell’Unione Europea[14], la quale stabilisce che “1. ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica. 2. Nell’ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati: il consenso libero e informato della persona interessata […], il divieto delle pratiche eugenetiche […], il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro […]”. Se all’epoca della stesura della Carta le potenziali minacce alla cd. integrità mentale, così come qui intesa, risultavano più fantascientifiche che tecnicamente concepibili, oggi non è così. Tuttavia, estendendo il concetto di integrità psicologica, ordinariamente inteso strictu sensu come diritto alla salute mentale e, quindi, all’accesso alle cure e assistenza in termini psicologici e psichiatrici, è possibile ricomprendervi anche il diritto a vedere la propria dimensione mentale protetta da potenziali danni[15]. Si tratterebbe, quindi, di un diritto a non subire senza consenso trattamenti che vanno a intaccare o manipolare l’attività neuronale del cervello[16]. In questo campo potrebbero rientrare tutte le attività di neurostimolazione dell’attività cerebrale. Tanto più si estenderanno trattamenti anche clinici fondati su tecnologie neurostimolanti, tanto più entreranno in commercio e saranno accessibili prodotti che possono operare in questo senso, quanto più crescerà l’urgenza di un apparato normativo adeguato a dare risposte chiare, strutturato intorno a diritti come quello all’integrità mentale, atti a garantire la centralità della persona e, quindi, un diritto antropologicamente fondato. Ancora, si consideri la possibilità, attualmente oggetto di ricerca e sperimentazione[17], attraverso procedure neurostimolative, di impattare, in positivo o in negativo, sui settori del cervello preordinati alle funzioni mnemoniche. Questa prospettiva potrebbe aprire a molteplici domande, sui rischi ma anche sulle opportunità che ne deriverebbero, richiamando sicuramente la necessità di una risposta circa la disponibilità o meno della propria integrità mentale. Poste queste riflessioni, si propende per la necessità di enucleare in maniera forte tale diritto all’integrità mentale, il quale si potrebbe inserire nell’alveo dell’integrità psicofisica, andando a costituirne un naturale completamento alla luce dei nuovi sviluppi tecnici.

5. Diritto alla continuità psicologica

Si propone, infine, il diritto alla continuità psicologica, cioè il diritto delle persone a vedere tutelata l’autopercezione della propria identità, che potrebbe essere messa a rischio dall’uso improprio delle neurotecnologie. L’elettrostimolazione può costituire uno strumento utile a fini terapeutici, da cui i pazienti potrebbero andare a trarre beneficio, poiché alterando determinate funzioni potrebbe essere possibile andare a contrastare anche patologie di carattere psichiatrico. Tuttavia, i cambiamenti nelle funzioni del cervello indotti dall’elettrostimolazione potrebbero causare alterazioni della personalità, rischiando di intaccare la stessa identità personale degli individui[18]. È cruciale che ogni individuo continui a percepire sé stesso in maniera univoca nel corso del tempo, senza autopercepirsi come differente e altro rispetto al sé passato[19]. Il soggetto che, al seguito di trattamenti neurostimolanti, cambia in maniera consistente il proprio comportamento in determinate situazioni, o che arriva a percepire sé stesso in maniera non famigliare o come un estraneo a sé, può vedere lesa la propria continuità psicologica e, qui, andrebbe a sostanziarsi una specifica lesione del diritto alla stessa. Situazioni di questo tipo possono essere indotte anche da terze parti che riuscissero eventualmente a utilizzare neurodispositivi impiantati in un individuo. Vi è chi ha definito questa tipologia di pratica come ‘brainjacking’[20], letteralmente ‘furto di cervello’, il quale, oltre a costituire una violazione della privacy mentale, potrebbe andare a influenzare il funzionamento del neurodispositivo, avere conseguenze sull’integrità mentale e impattare sulla continuità psicologica alterando emozioni, percezione del dolore o altre funzioni cerebrali. Ledendo le funzioni del cervello che sottendono alla continuità psicologica, si rischia di andare a ledere l’identità stessa del soggetto, che il diritto ivi identificato è teso a preservare nella sua unità e nella sua coerenza con sé stessa, così da evitare che a causa dell’intervento di terzi il soggetto possa trovarsi in discontinuità con la propria persona. Tale diritto potrebbe costituire un vero e proprio nuovo diritto, piuttosto che essere considerato come un ulteriore aspetto dell’integrità psicologica, pur risultando strettamente collegato con il diritto all’integrità mentale. Ancora, potrebbe sostanziare una nuova e inedita proiezione del diritto all’identità personale, tradizionalmente teso a tutelare la proiezione sociale e giuridica dell’io e non il foro interiore inteso in senso neurologico, che è ciò che a ben vedere va a tutelare il diritto alla continuità psicologica, cioè il funzionamento dei processi neuronali e ciò che discendendone va a costituire progressivamente in maniera univoca la persona, nella sua singolarità e unicità[21].

I quattro diritti ora proposti, considerati sistematicamente, potrebbero aprire nuovi e significativi orizzonti di tutela per tutti i consociati, considerati sia nel loro complesso sia nella loro individualità.

6. Conclusioni

Le problematiche di tipo biogiuridico collegate alle neuroscienze e alla ricerca in campo neurotecnologico, come abbiamo sinteticamente richiamato, aprono scenari e prospettive fino a pochi decenni fa relegati al campo della letteratura. Proprio per questo, preme l’urgenza che il diritto non si faccia trovare impreparato e offra quegli strumenti necessari per affrontare le sfide che stanno emergendo e che emergeranno. In questa ottica, senza pretesa di esaustività ma con la volontà di contribuire al dibattito, si sono raccolti i quattro neurodiritto maggiormente riconosciuti nel dibattito dottrinale: diritto alla libertà cognitiva, diritto alla privacy mentale, diritto all’integrità mentale, diritto alla continuità psicologica. Questi, una volta perimetrati e sostanziati anche normativamente[22], potrebbero andare a costituire le colonne giuridiche su cui poggiare la strutturazione di un apparato normativo e teso a offrire, anche in chiave sistematica, risposte e indirizzi per l’utilizzo, il controllo e la gestione delle neurotecnologie presenti e future. Data l’evoluzione connaturata alle stesse, un approccio di tipo sistematico, fondato su diritti e principi, risulta quanto mai necessario, anche al fine di garantire la persona nella sua integralità. Infine, un ulteriore principio guida che si considera di voler proporre, utile di fronte alle novità per trovare quel corretto equilibrio tra tutela dell’esistente e apertura al progresso, mantenendo la centralità della persona, è quello della prudenza, guida utile al fine di calibrare le scelte in chiave legislativa. Le sfide del nostro tempo sono alle porte, a noi l’opportunità di approcciarle correttamente perché diano frutti positivi non solo per la società nel suo complesso, ma anche per ogni singola persona considerata nella sua individualità, specificità e irripetibilità.


Bibliografia

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  3. Cit. M. C. Errigo, «Neuroscienze, tecnologia e diritti: problemi nuovi e ipotesi di tutela», dirittifondamentali.it, 3 (2020)
  4. Hildt e A. Francke, Cognitive Enhancement, Springer, Berlino, 2013
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  6. R. Sinha, V. Bajaj, Artificial Intelligence-Based Brain-Computer Interface, Elsevier Science, 2022
  7. Garante della Privacy, «Neurodiritti: Stanzione, Garante privacy: definire uno statuto giuridico ed etico», Comunicato Stampa, 13 Maggio 2022, https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9770820
  8. Klaming L, P.Haselager, «Did My Brain Implant Make Me Do It? Questions Raised by DBS Regarding Psychological Continuity, Responsibility for Action and Mental Competence», Neuroethics. 6:3 (2013)
  9. Pycroft, S. G. Boccard, S. L. F. Owen, J. F. Stein, J. J. Fitzgerald, A. L. Green, T. Z. Aziz, «Brainjacking: Implant Security Issues in Invasive Neuromodulation», World Neurosurgery, 92 (2016)
  10. Decker, T. Fleischer, «Contacting the brain–aspects of a technology assessment of neural implants», Biotechnology J., 3:12 (2008)
  11. Ienca e P. Haselager, «Hacking the brain: brain–computer interfacing technology and the ethics of neurosecurity.»,Ethics Inf Technol, 18 (2016)
  12. Ienca e R. Andorno, «Towards new human rights in the age of neuroscience and neurotecnology» Life Sciences, Society and Policy, 13:5 (2017)
  13. Ienca, «Neurodiritti, quali nuove tutele per la sfera mentale: tutti i nodi etico-giuridici», www.agendadigitale.eu, 18 Marzo 2021, https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/neurodiritti-quali-nuove-tutele-per-la-sfera-mentale-tutti-i-nodi-etico-giuridici/
  14. Ienca, «Neurotecnologie, governi e big tech al lavoro: evoluzione e sfide etiche», www.agendadigitale.eu, 18 Marzo 2021, https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/neurotecnologie-governi-e-big-tech-al-lavoro-evoluzione-e-sfide-etiche/
  15. Putteeraj, N. Mohamudally, S. A. Hosseini, New Frontiers in Brain, Computer Interfaces, Intechopen, London, 2020
  16. Haselager, «Did i do that? Brain-Computer Interfacing and the Sense of Agency», Minds and Machines, 23 (2013)
  17. Palaniappan e D. P. Mandic. «Biometrics from brain electrical activity: a machine learning approach», IEEE Transactions on Pattern Analysis and Machine Intelligence, 29:4 (2007)
  18. Nabavi, R. Fox, C. Proulx, «Engineering a memory with LTD and LTP.»,Nature, 511 (2014)
  19. R. Deer, S. Jain, C. Hunter, K. Chakravarthy, «Neurostimulation for Intractable Chronic Pain», Brain Sciences. 9(2):23 (2019)
  20. Ciardo, «Tutela dei diritti e prevedibilità delle decisioni: la giustizia predittiva», diritto.it, 22 Aprile 2021, https://www.diritto.it/tutela-dei-diritti-e-prevedibilita-delle-decisioni-la-giustizia-predittiva/
  21. Lugli-A. Brancucci, Tecniche di neuroimaging per la ricerca in neuroscienze, Universitalia, Roma, 2011
  22. Shah, D. Eliashiv, M. Reider-Demer, «Neurostimulation & Epilepsy», Practical neurology, 10 (2019)
  23. Sententia, «Neuroethical Considerations: cognitive liberty and converging Technologies for improving human cognition», Annals of the New York Academy of Sciences, 1013 (1) (2006)

Note

[1] Cf. M. Ienca e R. Andorno, «Towards new human rights in the age of neuroscience and neurotecnology», 9.

[2] Pur non essendo gli unici proposti e discussi in sede di dottrina, sono quelli che sicuramente più di altri trovano un riconoscimento trasversale e condiviso. Si veda per es. M. C. Errigo, «Neuroscienze, tecnologia e diritti: problemi nuovi e ipotesi di tutela», 234, ove si ipotizza anche un diritto a un eguale accesso al potenziamento mentale, che “garantisca un utilizzo dei dispositivi neurotecnologici destinati al potenziamento neuro-cognitivo basato sui principi di eguaglianza e di giustizia”.

[3] Cf.: “The right to alter one’s mental states with the help of neurotools as well as to refuse to do so”, cit. di J. C. Bublitz, My Mind is Mine!? Cognitive Liberty as a Legal Concept, 234, al capitolo 19 de E. Hildt e A. Francke, Cognitive Enhancement, Springer, Berlino, 2013, 233-264.

[4] Cf. W. Sententia, «Neuroethical Considerations: cognitive liberty and converging Technologies for improving human cognition», Annals of the New York Academy of Sciences, 1013(1) (2006), 221–228, qui 227.

[5] Si propone qui una riflessione forse impropria, ma dovuta, giuridicamente comprensibile rispetto alla struttura del nostro ordinamento, in relazione alle fictio che riguardano l’imputabilità, ex art. 92 c.p., di soggetti che compiono azioni sotto effetto di alcol o droghe, laddove le stesse siano state assunte volontariamente e non per caso fortuito e forza maggiore, poiché si valuta lo stato come dovuto a scelte consapevoli da parte dei soggetti e non si considera venuta meno la capacità giuridica degli stessi laddove compiano azioni penalmente rilevanti. Viceversa, in ambito civilistico, è da considerarsi invalida per mancanza di capacità giuridica la firma apposta da un soggetto che prende decisioni sotto effetti di alcol tali da farlo considerare come incapace di intendere e di volere ex art. 428 cc. Sono solo alcuni degli istituti giuridici intorno a cui si è prodotta una foltissima e copiosa dottrina, che si è sviluppata nel corso del tempo, da cui vale la pena attingere, senza che con ciò si intenda che è necessario incardinare la fattispecie che si propone in istituti già esistenti, per sviluppare riflessioni in relazione alla capacità volitiva dei soggetti le cui decisioni potrebbero risultare influenzate da neurodispositivi, distinguendo anche tutta la casistica che inevitabilmente vedremo svilupparsi nel corso del tempo.

[6] Si intende, per es., in chiave clinica.

[7] Come la propria libertà è oggi in quanto tale considerata inalienabile e vi è una indisponibilità posta a garanzia di una società fatta di uomini liberi, senza la schiavitù e, quindi, il commercio di uomini e la reificazione dell’uomo in quanto tale, così l’indisponibilità della libertà cognitiva verrebbe posta a garanzia dell’impedimento dell’insorgere di nuove forme di schiavitù, più subdole e ancora più pervasive che potrebbero emergere con lo svilupparsi di nuovi strumenti neurocognitivi.

[8] Si specifica che, in questo caso, in Italia troverebbe comunque già tutela implicita nell’art. 2 della Costituzione.

[9] Si potrebbe argomentare che vi sia da porre in essere una distinzione tra la mente e il cervello e sviluppare una riflessione sul rapporto tra i due e l’attività del pensiero umano. Tuttavia, non è questa la sede più appropriata per svilupparla, poiché ivi si intende individuare il cervello come luogo dell’attività strettamente neuronale, che è quella oggetto di attenzione.

[10] Cf. R. Palaniappan e D. P. Mandic. «Biometrics from brain electrical activity: a machine learning approach», IEEE Transactions on Pattern Analysis and Machine Intelligence, 29:4 (2007), 738-742.

[11] Per un approfondimento sul diritto alla privacy mentale, si veda Cf. M. Ienca e R. Andorno, «Towards new human rights in the age of neuroscience and neurotecnology», 13-17, i quali sostengono la tesi della costituzione di un nuovo neurodiritto alla privacy mentale distinto dal tradizionale diritto alla privacy.

[12] Cf. M. Ienca e R. Andorno, «Towards […]», 17-20, qui 17.

[13] Cf. M. Ienca e P. Haselager, «Hacking the brain: brain–computer interfacing technology and the ethics of neurosecurity.», Ethics Inf Technol, 18 (2016), 117–129.

[14] CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA (2000/C 364/01).

[15] Cf. M. Ienca e R. Andorno, «Towards […]», 17-20, qui 18.

[16] I quali, tuttavia, si noti bene, potrebbero non limitarsi unicamente a un contesto clinico.

[17] Cf. S. Nabavi, R. Fox, C. Proulx, «Engineering a memory with LTD and LTP.», Nature, 511 (2014), 348–352.

[18] Cf. M. Decker, T. Fleischer, «Contacting the brain–aspects of a technology assessment of neural implants», Biotechnology J., 3:12 (2008), 1502-1510.

[19] Cf. L. Klaming L, P.Haselager, «Did My Brain Implant Make Me Do It? Questions Raised by DBS Regarding Psychological Continuity, Responsibility for Action and Mental Competence», Neuroethics. 6:3 (2013), 527-539.

[20] Cf. L. Pycroft, S. G. Boccard, S. L. F. Owen, J. F. Stein, J. J. Fitzgerald, A. L. Green, T. Z. Aziz, «Brainjacking: Implant Security Issues in Invasive Neuromodulation», World Neurosurgery, 92 (2016), 454-462.

[21] In questo senso, una sfida già in atto è quella collegata alla pubblicità subliminale progettata per superare le difese mentali dei soggetti che la subiscono, il cd. neuromarketing, e la sua regolazione. Per un approfondimento ulteriore su questo aspetto e sul diritto alla continuità psicologica si veda Cf. M. Ienca e R. Andorno, «Towards […]», 20-23.

[22] Dalla medesima prospettiva si muovono coloro che richiedono una “Dichiarazione Universale sulle Neuroscienze e i Diritti Umani”, cf. M. Ienca, «Neurodiritti, quali nuove tutele per la sfera mentale: tutti i nodi etico-giuridici», www.agendadigitale.eu, 18 Marzo 2021.

 

Dott. Di Benedetto Matteo

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