Nel giudizio tributario di ottemperanza il provvedimento che afferma che gli interessi sono stati liquidati in conformità alla sentenza passata in giudicato, è contestabile, ma solo per violazione di legge con ricorso per Cassazione

Jole Veltri 12/11/13
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La Corte di Cassazione con Sentenza del 20 settembre 2013, n. 21561ha ribadito il consolidato principio, secondo cui l’ordinanza di chiusura che pronunci sul diritto al rimborso delle spese processuali del giudizio di ottemperanza, trattandosi di statuizione su diritti, per la cui impugnazione la legge tributaria non prevede altro rimedio, è impugnabile, alla luce di precisi orientamenti del giudice di legittimità con ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’articolo 111 della Costituzione; l’ordinanza di chiusura, in tali casi, assume, malgrado la formula adottata, contenuto decisorio.

Nel caso in esame la contribuente ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza con cui la commissione tributaria aveva dichiarato la chiusura del giudizio di ottemperanza per violazione e falsa applicazione dell’art. 70 del d.lgs. n. 546-92. Sostiene di aver proposto l’istanza perché l’amministrazione aveva adempiuto solo parzialmente alla sentenza di ottemperanza (le era stata corrisposta la sola sorte capitale e non anche gli interessi) e deduce il vizio di omessa motivazione (art. 360, n.5, c.p.c.), in quanto la commissione tributaria regionale avrebbe mancato di indicare le ragioni poste a base del rigetto dell’istanza.

Gli Ermellini nell’accogliere il ricorso della contribuente, hanno risposto positivamente al quesito se il giudice di merito, adito in via di ottemperanza dal contribuente per recuperare le spese di lite, possa legittimamente ai sensi dell’art. 70 d.lgs. n. 546/92 ottemperare, con l’ordinanza che chiude l’intera procedura, l’ordine di condanna al pagamento di tali spese, maggiorate degli interessi laddove sia stato precedentemente riconosciuto il diritto del contribuente a ottenere il pagamento degli interessi sulle spese processuali e tale diritto non sia stato, all’esito, soddisfatto. Il ricorso per ottemperanza ha infatti la funzione di ovviare all’inerzia della pubblica amministrazione rispetto al giudicato; donde la chiusura della fase di ottemperanza postula che si possa apprezzare l’avvenuta uniformazione dell’amministrazione all’obbligo processuale di attenersi alla statuizione contenuta nella sentenza da eseguire.

I Supremi giudici di Legittimità ricordano che in virtù dell’art 70 comma 7 D.lgs. N. 546/92, la commissione tributaria in contraddittorio ed acquisita la documentazione necessaria, adotta con sentenza avente natura sostanziale i provvedimenti indispensabili per l’ottemperanza in luogo dell’ente locale che li ha omessi e nelle forme amministrative per essi prescritti dalla legge, attenendosi agli obblighi risultanti espressamente dal dispositivo della sentenza e tenuto conto della relativa motivazione. Il collegio, se lo ritiene opportuno, può delegare un proprio componente o nominare un commissario al quale fissa un termine congruo per i necessari provvedimenti attuativi e determina il compenso a lui spettante. Da ciò consegue che il detto provvedimento decisorio non può essere successivamente modificato dal giudice che lo ha emesso, indipendentemente dalla qualificazione in concreto attribuitagli da quest’ultimo (v. Cass. n. 24196-06.)

In virtù di tale considerazione gli stessi giudici hanno quindi sottolineato che, nel caso di specie, la commissione tributaria regionale non ha adottato i provvedimenti necessari per l’integrale esecuzione della sentenza di ottemperanza, in quanto le spese processuali erano state sì rimborsate, ma solo per la sorte capitale cosi legittimando l’elusione di quanto stabilito in ordine all’obbligazione concernente le spese processuali, supponente – in base al titolo -l’integrale pagamento anche degli interessi.

Ne è conseguito che la CT ha sbagliato non solo perche il potere di controllo che ha declinato in ordine all’effettiva esecuzione dei provvedimenti di ottemperanza le competeva esplicitamente, anche in rapporto alle decisioni adottate dal commissario ad acta, ma altresi perché la CT ha implicitamente disposto la chiusura del procedimento di ottemperanza in difetto del presupposto, che i provvedimenti indispensabili per l’ottemperanza, ivi compresi quelli emanati dal suddetto commissario, siano eseguiti.

La chiusura del giudizio di ottemperanza presuppone sempre la necessaria adozione di un provvedimento a carattere ricognitivo dell’avvenuta esecuzione dei provvedimenti emessi con la sentenza che pronuncia sul ricorso in ottemperanza, e di quelli eventualmente adottati dal commissario ad acta.

A parere dei giudici di legittimità quindi l’ordinanza non può mai contraddire il titolo e la statuizione di ottemperanza con la conseguenza che laddove smentisca l’attribuzione legislativa di provvedimento a carattere meramente ordinatorio, l’ordinanza deve ritenersi impugnabile per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost. poichè essa va considerata, in tal caso, sentenza in senso sostanziale (cfr. Cass. 3435-05)

In conclusione, viene in rilievo il principio, più volte ribadito da ampia giurisprudenza di legittimità secondo cui, l’ordinanza di chiusura del giudizio di ottemperanza è impugnabile in cassazione, laddove si tratti di un provvedimento che ha carattere decisorio in quanto diretto a risolvere il conflitto di interesse tra le parti, persino in quei casi in cui tale l’ordinanza, in maniera difforme rispetto al dispositivo della sentenza da eseguire, non abbia provveduto alla liquidazione degli interessi ma solo al rimborso della sorte processuale.

Jole Veltri

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