Molestie tramite sms e telefonate, escluse se la vittima risponde alle chiamate

Redazione 16/05/16
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Il reato di molestia o disturbo non sussiste se la persona offesa risponde alle telefonate e chiama, anche se non con la stessa frequenza.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, sez. I Penale, con la sentenza n. 19767 depositata il 12 maggio 2016.

Il caso

Il Tribunale di Reggio Emilia condannava un soggetto per il reato di cui all’art. 81 cpv. e 660 cod. pen. poiché lo stesso avrebbe recato molestie e disturbo al partner, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, telefonando ed inviando SMS ripetutamente, anche in ora notturna.

Ad avviso del giudice, la frequenza ed il rilevantissimo numero di messaggi dal contenuto offensivo inviati faceva ritenere sussistente, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, la fattispecie contestata.

L’imputato proponeva ricorso per cassazione affermando, tra l’altro, che la propria condotta si inseriva in un rapporto stabile, abitualmente mantenuto a mezzo dei telefono quindi privo di qualsivoglia effetto lesivo, sia per la persona offesa che per la tranquillità pubblica, e del carattere necessario della petulanza o del biasimevole motivo.

Il giudice di merito avrebbe, pertanto, errato ad escludere nel caso di specie la reciprocità delle molestie per mancanza di contestualità non essendo richiesta, evidentemente, la contemporaneità delle condotte reciproche. Infatti, i contatti sono stati reciproci e realizzati da due soggetti consenzienti nell’ambito di una relazione affettiva, accettata da entrambi anche per quanto riguarda le modalità dei contatti.

La decisione

Come è noto, nella contravvenzione di cui all’art. 660 cod. pen. l’illiceità penale dei fatto è subordinata alla petulanza o altro biasimevole motivo e alla volontà dell’agente di interferire inopportunamente nell’altrui sfera di libertà.

La petulanza si sostanzia in un atteggiamento di insistenza fastidiosa, arrogante invadenza, intromissione inopportuna e continua; il biasimevole motivo, pur diverso dalla petulanza, è ugualmente riprovevole in se stesso o in relazione alla persona molestata.

La sussistenza di detti presupposti va verificata in concreto con riferimento all’elemento costitutivo che connota la condotta del reo che deve essere, appunto, realizzata per petulanza o altro biasimevole motivo, condizione esclusa nel caso di reciprocità ovvero di ritorsione delle molestie.

Nel caso di specie, il giudice ha dato atto della circostanza accertata che in quel periodo era in atto tra l’imputata ed il ricorrente una travagliata e burrascosa relazione sentimentale, che vi erano tra loro contrasti e litigi che, per quanto rappresentato dalla persona offesa, avvenivano essenzialmente a mezzo dei telefono.

Pertanto, indipendentemente dalla contestualità delle reciproche telefonate e dei messaggi inviati, la accertata sussistenza di una relazione tra la ricorrente e la persona offesa caratterizzata proprio dai continui e costanti contatti telefonici con frequenti litigi esclude la petulanza e, soprattutto, la interferenza indebita nella sfera di libertà della persona offesa attraverso le telefonate e gli sms in contestazione.

Redazione

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