Modifica modalità sospensione condizionale pena: reformatio in peius?

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Non incorre nel divieto di reformatio in peius la Corte d’appello che, in difetto di appello sul punto, si limiti a modificare le modalità di applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Per approfondimenti in tema di applicazione dei benefici consigliamo il volume “Formulario annotato dell’esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia”

Corte di Cassazione -sez. II pen.- sentenza n. 1319 del 14-12-2023

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Indice

1. La questione: modifica modalità di applicazione sospensione della pena


La Corte di Appello di Milano confermava una sentenza emessa dal Tribunale della medesima città che, a sua volta, aveva condannato l’imputato alla pena di mesi 8 di reclusione ed euro 200,00 di multa in relazione al reato di cui agli artt. 633 e 639-bis cod. pen..
Ciò posto, avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’accusato il quale, con un unico motivo, lamentava la violazione del principio di devoluzione e del divieto di reformatio in peius.
In particolare, secondo il ricorrente, la Corte territoriale, ex officio, avrebbe fissato in sei mesi il termine per il rilascio dell’immobile cui era stata subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena sull’erroneo presupposto che il primo giudice avrebbe «dimenticato» di indicare tale termine, evidenziandosi, in proposito, che tale «omessa indicazione» non sarebbe stata oggetto di devoluzione in sede di gravame e che il Tribunale non avrebbe indicato il termine per il rilascio ritenendo applicabile il termine quinquennale previsto dal combinato disposto degli artt. 163 e 165 cod. pen.. Per approfondimenti in tema di applicazione dei benefici consigliamo il volume “Formulario annotato dell’esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia”

FORMATO CARTACEO

Formulario annotato dell’esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia

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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


Il ricorso era considerato inammissibile stante la manifesta infondatezza dell’unico motivo di impugnazione.
Difatti, gli Ermellini, dopo avere evidenziato in via preliminare che, non incorre nel divieto di reformatio in peius, la Corte di Appello che, in difetto di impugnazione sul punto, disponga la modifica in senso peggiorativo delle modalità di applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, subordinandolo all’adempimento di uno degli obblighi previsti dall’art. 165 cod. pen. (Sez. 6, n. 9063 del 10/01/2023), ritenevano di dovere ribadire che il divieto di reformatio in peius ha carattere eccezionale il che preclude, a loro avviso, la possibilità di ampliarne l’ambito applicativo per analogia, anche se in bonam partem, facendosene conseguire da ciòl’impossibilità di ritenere operante il divieto con riferimento alle modalità di applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena dato che l’art. 597, comma 3, cod. proc. pen. riconduce all’ambito applicativo del divieto unicamente la «revoca del beneficio», e, pertanto, a tale dato letterale occorre necessariamente limitarsi nel definire l’ambito operativo del divieto di reformatio in peius (Sez. 2, n. 34727 del 30/6/2022).
Orbene, in considerazione del principio di diritto per cui la subordinazione della sospensione condizionale della pena all’adempimento di un obbligo può essere disposta anche in assenza di impugnazione da parte del pubblico ministero, per i giudici di piazza Cavour, a maggior ragione si deve ritenere legittima la mera determinazione di un termine per l’adempimento della condizione cui la concessione del beneficio de quo era stata individuata dal primo giudice.
La Suprema Corte, di conseguenza, alla stregua delle considerazioni sin qui esposte, formulava il principio di diritto secondo il quale non incorre nel divieto di reformatio in peius la Corte di Appello che, in difetto di appello sul punto, si limiti a modificare le modalità di applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Ciò posto, all’inammissibilità del ricorso se ne faceva discendere, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.

3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi formulato il principio di diritto secondo il quale non incorre nel divieto di reformatio in peius la Corte di Appello che, in difetto di appello sul punto, si limiti a modificare le modalità di applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
È dunque sconsigliabile, perlomeno alla stregua di tale approdo ermeneutico, sostenere la violazione di tale divieto ove si verifichi una situazione di questo genere.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché prova a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.

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