Migranti, sì al piano di emergenza per l’Italia

Redazione 12/09/17
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Circa 160mila migranti possono essere ricollocati dall’Italia e dalla Grecia agli altri Paesi dell’Unione Europea. Lo ha deciso la Corte di Giustizia dell’Unione, che con sentenza del 6 settembre 2017 ha respinto il ricorso dell’Ungheria e della Slovacchia e ha autorizzato il proseguimento della “relocation” dei migranti da Italia e Grecia agli altri Stati membri in proporzione alla ricchezza e alla pressione migratoria di ognuno di essi. Una boccata d’aria necessaria per l’Italia, che da anni sta affrontando un incremento esponenziale dei flussi di richiedenti asilo da Africa e Asia.

 

I migranti saranno ricollocati da Italia e Grecia

Il piano di emergenza avviato due anni fa dall’Unione Europea per far fronte alle necessità dei “Paesi di frontiera” sulla questione dei flussi migratori può dunque proseguire. In totale, come accennato, sono circa 160mila i richiedenti asilo che devono essere ricollocate dall’Italia e dalla Grecia agli altri Stati membri. Il piano è già iniziato nel 2015, ma –anche a causa dell’opposizione di alcuni Paesi dell’Unione– è andato avanti finora molto a rilento.

Il regolamento di Dublino, tuttora attivo nonostante le numerose proposte di riforma, prevede in linea generale che in caso di passaggio illegale delle frontiere è la nazione di sbarco o di arrivo che deve occuparsi dell’immigrato, e non il Paese che l’uomo o la donna vogliono raggiungere. Questo vuol dire, ovviamente, che sono gli Stati di frontiera come l’Italia a dover sostenere il grosso dell’immigrazione. Il piano speciale di ricollocazione dei richiedenti asilo mira a sollevare Italia e Grecia dal peso dei numerosi arrivi in un periodo di crisi come quello attuale.

 

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Ricollocazione in base al Pil e alla pressione migratoria

Il piano di ricollocazione prevede, nello specifico, lo spostamento di 160mila migranti dall’Italia e dalla Grecia (e originariamente anche dall’Ungheria) verso tutti gli altri Paesi europei in base a uno specifico sistema di quote. I fattori che sono presi in considerazione sono il Pil, la popolazione, il tasso di disoccupazione e il numero di richieste d’asilo ricevute nei quattro anni precedenti. Così, ad esempio, dall’Italia la maggior parte dei migranti dovrebbe finire in Germania e Francia.

La ricollocazione era prevista su un periodo di due anni: dal 25 settembre 2015 al 26 settembre 2017. Una misura quindi, almeno per ora, eccezionale e temporanea.

Respinte le proteste di Ungheria e Slovacchia

La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione del 6 settembre ha respinto le proteste di Ungheria e Slovacchia, supportate dalla Polonia e dalla Repubblica Ceca, che si opponevano al meccanismo di ricollocazione rifiutando di accogliere i migranti loro assegnati e sostenendo che il piano speciale non aiutasse nella pratica i Paesi di frontiera dell’Europa.

La Corte ha rigettato in toto le argomentazioni degli Stati dell’est, confermando la posizione assunta dall’Avvocato generale lo scorso luglio e dichiarando che la relocation è nei fatti necessaria per rispondere in modo efficace alla situazione di emergenza. Il numero limitato di ricollocazioni effettuate fino a questo momento, ha proseguito la Corte, è una conseguenza della mancanza di cooperazioni di alcuni Stati e non dell’intrinseca inutilizzabilità della manovra.

Cosa succede ora?

Innanzitutto, Ungheria e Slovacchia saranno costrette a partecipare allo schema di ricollocazione e ad accogliere all’interno del loro territorio la propria quota di immigrati “nelle prossime settimane”. In caso contrario, i due Stati andranno incontro alle procedure di infrazione previste, e in caso di recidività a pesanti sanzioni economiche.

Quello che più conta, la ricollocazione degli immigrati da Italia e Grecia potrà continuare. Ma si tratta, a ben vedere, di una vittoria amara. Non sono previsti, almeno per ora, cambiamenti al piano originale così come formulato nel 2015: la relocation andrà quindi avanti solo fino al 26 settembre, dunque per altre tre settimane. Considerando i notevoli ritardi nel piano, quindi, a conti fatti solo una piccola parte dei 160mila richiedenti asilo (circa 40mila dall’Italia) sarà ricollocata. Basti pensare che, a oggi, hanno abbandonato il nostro Paese meno di 8.500 migranti.

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