Matrimonio non consumato e corresponsione dell’assegno di mantenimento

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Una coppia decide di separarsi.

La moglie si è accorta di non provare nessuna attrazione fisica nei confronti del marito.

A dire il vero, i due coniugi non hanno mai avuto rapporti intimi.

All’inizio erano d’accordo nel sostenere una simile situazione, in un momento successivo il marito aveva cominciato a lamentarsi ogni giorno.

In questa sede scriveremo qualcosa di specifico sul matrimonio non consumato e sul fatto del relativo mantenimento.

Secondo una  recente pronuncia della Suprema Cassazione di Cassazione (Cass. ord. n. 21818/2021 del 29/07/2021) la completa assenza di rapporti sessuali tra marito e moglie non incide sul riconoscimento dell’assegno divorzile se tra i due esista un notevole divario economico.

Si deve tenere conto del contributo fornito dal coniuge più debole alla conduzione della vita familiare e al patrimonio comune e personale.

In che cosa consiste l’assegno di mantenimento

L’assegno di mantenimento è un provvedimento economico che viene assunto dal giudice, ma può anche essere il frutto di accordi sottoscritti liberamente dai coniugi, in sede di separazione tra gli stessi, e consiste nel pagamento di una somma di denaro, suscettibile di revisione nel tempo, al coniuge economicamente debole o agli eventuali figli nati dal matrimonio.

L’assegno di mantenimento è una forma di contribuzione economica consistente, in caso di separazione tra coniugi e se ricorrano determinati presupposti, nel pagamento periodico di una somma di denaro o di voci di spesa da parte di uno dei coniugi all’altro o ai figli, se ci siano, al fine di adempiere all’obbligo di assistenza materiale.

La separazione rappresenta una fase della crisi matrimoniale nella quale non viene meno il dovere di assistenza materiale tra i coniugi.

Per questo chi è titolare di un determinato reddito è tenuto a corrispondere all’altro e, se ce ne sono, ai figli un assegno di mantenimento, vale a dire, un contributo mensile per fare fronte alle esigenze primarie.

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Quando spetta l’assegno di mantenimento

Prima di prendere in considerazione l’argomento principale è utile spiegare in che modo funziona il mantenimento quando una coppia decide di divorziare.

In relazione al termine, in caso di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, a seconda che le nozze siano state celebrate in Comune oppure in Chiesa, non si parla di mantenimento, ma di assegno divorzile, un contributo economico, che può essere periodico o una tantum, riconosciuto all’ex coniuge che, dopo la fine del matrimonio, non avendo mezzi di sostentamento si viene a trovare in stato di necessità

Il mantenimento è una somma di denaro periodica che viene corrisposta durante la separazione, vale a dire, in quel momento transitorio nel quale i due sono ancora sposati e, di conseguenza, obbligati all’assistenza materiale reciproca.

La finalità di un simile tipo di contributo è quello di garantire al coniuge economicamente più debole lo stesso tenore di vita del quale aveva goduto in costanza di matrimonio.

Per potere beneficiare del mantenimento deve essere avanzata un’esplicita richiesta nella domanda di separazione e, soprattutto, non ci si deve vedere attribuire la colpa per la fine del vincolo matrimoniale.

Questo significa che si deve subire l’addebito della separazione).

In che modo si calcola l’assegno

L’assegno divorzile , come scritto in precedenza, rappresenta una misura di assistenza a favore dell’ex coniuge che, per diversi motivi, non riesce a provvedere a se stesso in modo autonomo.

Il giudice per procedere al calcolo dell’entità del contributo deve valutare determinati parametri, che sono:

La causa del divorzio, ad esempio, un’infedeltà da parte del coniuge.

La durata del matrimonio.

L’età dell’ex coniuge in stato di necessità e i motivi che gli impediscono di provvedere al proprio sostentamento.

Ad esempio l’età avanzata oppure altro.

Il contributo dato da ognuno alla conduzione familiare e al patrimonio comune e personale.

I redditi del marito e della moglie.

L’assegno divorzile può essere corrisposto in modo periodico, vale a dire, ogni mese, oppure, una tantum, vale a dire, in un’unica soluzione.

Questa modalità, ammessa esclusivamente se ritenuta equa dal Tribunale, vieta all’ex coniuge  beneficiario la richiesta futura di altri contributi.

Che cosa significa matrimonio non consumato

Quando si parla di matrimonio non consumato si è in relazione con una determinata situazione nella quale i due coniugi, nonostante siano sposati, non hanno tra loro rapporti sessuali.

Il motivo può dipendere da diversi fattori.

Ad esempio, al coniuge affetto da una malattia oppure da impotenza.

Ognuna delle parti può chiedere al giudice il divorzio senza prima procedere con la separazione.

Matrimonio non consumato e mantenimento

Una volta che risulta chiaro il funzionamento dell’assegno divorzile, si deve cercare di capire se un simile beneficio possa spettare anche quando il matrimonio non è stato consumato.

Esempio

Tizio e Caia sono sposati da alcuni anni.

Nonostante questo, la donna non prova nessun trasporto di carattere fisico nei confronti del marito e si rifiuta di avere rapporti intimi con lui.

Una simile situazione ha reso intollerabile la convivenza e  Caia si rivolge al giudice per chiedere il divorzio per mancata consumazione del matrimonio.

Il Tribunale, dopo avere provveduto all’accertamento che la comunione di vita materiale e spirituale non possa essere ricostituita, pronuncia la cessazione degli effetti civili del matrimonio e mette a carico del marito, che ha maggiori facoltà di carattere finanziario, l’obbligo di corrispondere all’ex moglie un assegno divorzile.

In un caso molto simile all’esempio riportato la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che la mancata consumazione del matrimonio, vale a dire il fatto di non avere avuto rapporti sessuali, non rappresenta un ostacolo per il riconoscimento dell’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge, perché si tratta di una misura assistenziale con la finalità di garantire lo stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, rivolta al riconoscimento di un adeguato livello di reddito tra le parti in relazione al ruolo e al contributo fornito dal coniuge più debole alla conduzione della vita familiare e al patrimonio comune e personale.

I Supremi Giudici, hanno anche dato un determinato peso all’impegno della donna, la quale, durante gli anni del matrimonio, aveva contribuito lo stesso all’andamento economico del nucleo familiare svolgendo la professione di insegnate, mentre l’uomo, che nel frattempo si era risposato e aveva avuto un figlio, non ha potuto dimostrare lo stato di disoccupazione della sua compagna né che questa situazione condizionasse la sua attuale situazione economica.

In conclusione, la mancata consumazione del matrimonio non è stata ritenuta rilevante ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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