Mansioni superiori nel settore sanitario (Cons. Stato, n. 2921/2011)

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Cons. Stato, sez. VI, 13 maggio 2011, n. 2920

Massima
Il diritto alla retribuzione per le mansioni superiori svolte – di norma escluso per tutti i settori del pubblico impiego – ha ottenuto un riconoscimento specifico, a determinate condizioni, nell’area del personale appartenente al servizio sanitario nazionale ai sensi dell’art. 29 del d.P.R. n. 761/1979.

 

MANSIONI SUPERIORI NEL SETTORE SANITARIO

1. Premessa

La presente pronuncia ritiene che, nel comparto sanitario pubblico, la possibilità di riconoscere le differenze retributive per l’espletamento di mansioni superiori, ai sensi dell’art. 29, comma 2 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, è subordinata alla contestuale ricorrenza di ineludibili condizioni, ossia che dette mansioni siano svolte su un posto di ruolo esistente e vacante in pianta organica, per la cui copertura non sia stato bandito alcun concorso, ed il conferimento dell’incarico sia avvenuto a seguito di atto formale idoneo a costituire l’obbligo del dipendente di darvi esecuzione, perciò adottato dall’organo competente il quale nel contempo, dopo aver verificato la sussistenza di tutti i presupposti di legge, si sia assunto la responsabilità della determinazione adottata.
In via preliminare va rilevato che secondo costante giurisprudenza del Consiglio di Stato (1), in presenza di posto vacante, “lo svolgimento delle mansioni primariali, o figura equiparata, da parte di chi si trovi in posizione funzionale intermedia comporta il riconoscimento del relativo trattamento economico, indipendentemente da ogni atto organizzativo da parte dell’Amministrazione, in quanto non è raffigurabile l’ipotesi di una struttura sanitaria che rimanga priva dell’organo di vertice responsabile dell’attività esercitata nel suo ambito.
Tale conseguenza discende, innanzitutto, dall’art. 29 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, il quale dispone nel senso (comma 2) che in caso di esigenze di servizio, l’impiegato del Servizio sanitario nazionale “può eccezionalmente essere adibito a mansioni superiori”, che l’assegnazione non può eccedere i sessanta giorni nell’anno solare e che (comma 3) non costituisce esercizio di mansioni superiori la sostituzione di personale in posizione funzionale più elevata, quando la sostituzione rientri fra i compiti ordinari di quella sottostante, sicché, per converso, come ha posto in luce la giurisprudenza, non può rientrare nelle ipotesi descritte l’esercizio di mansioni per vacanza del posto, di tal che la protrazione dell’attività è riferibile unicamente ad inerzia del datore di lavoro e non può essere fatta ricadere sul dipendente che è tenuto ad osservare l’obbligo fattogli dalla legge; va, inoltre, considerato il disposto dell’art. 121, comma 7 del d.P.R. 28 novembre 1990, n. 384, ai sensi del quale l’incarico di mansioni superiori comporta il compenso, eccetto che per i primi sessanta giorni, per un periodo fino a sei mesi, per cui, anche in relazione a questa regola, il superamento del termine di sei mesi, come fatto riconducibile ad attività e ad obblighi imposti alla amministrazione, e da questa non osservati, non fa venir meno lo svolgimento di mansioni, che vanno, perciò, riconosciute sul piano economico, sempre in dipendenza dell’obbligo di prestazione gravante sul medico, non rilevando se le stesse siano o meno esercitate in modo prevalente.
Infatti, la stessa giurisprudenza considera che il trattamento retributivo corrispondente a mansioni superiori spetta al sanitario anche quando l’incarico si protragga oltre il termine massimo di sei mesi previsto dall’art. 121, comma 7, d.P.R. 28 novembre 1990, n. 384, posto che quest’ultima previsione normativa si limita a vietarne il rinnovo alla scadenza del periodo massimo di sei mesi, ma non preclude il riconoscimento della spettanza delle differenze retributive quando l’amministrazione, contravvenendo a tale divieto, rinnovi l’incarico o permetta la prosecuzione dell’espletamento delle mansioni superiori anche oltre il tempo massimo previsto (2).
Al riguardo, inoltre, va tenuto presente che, con riferimento alla materia sanitaria, la giurisprudenza della Sezione è assolutamente consolidata nell’affermazione del diritto alle differenze retributive in caso di svolgimento di funzioni primariali da parte del dirigente di 1° livello, ma alla condizione che, fra l’altro, si tratti di un posto, oltre che vacante, anche disponibile (3). L’orientamento giurisprudenziale favorevole alla retribuzione delle mansioni superiori di primario, anche in assenza di un formale provvedimento di incarico, si fonda comunque sulla circostanza che l’Amministrazione sarebbe stata nelle condizioni giuridiche di procedere alla nomina o all’incarico, e ciò per la ragione che l’inerzia ingiustificata nell’esercizio del potere non può risolversi in danno dei soggetti privati coinvolti. Da tale ipotesi, peraltro, va tenuta distinta la situazione determinata dal difetto del provvedimento autorizzatorio alla copertura del posto, secondo la prescrizione dell’art. 9, comma 1 della legge n. 207 del 1985, richiamato dall’art. 121 del d.P.R. n. 384 del 1990. La mancanza della detta autorizzazione, infatti, opera una sorta di congelamento del posto, il quale, sebbene vacante, non può considerarsi coperto neppure in via di fatto, avendo la legge demandato alla Regione il potere di stabilire se debba essere ricoperto. Ne consegue che lo svolgimento delle relative mansioni risulta irrilevante anche nei suoi riflessi economici.

2. Rassegna giurisprudenziale

Nel comparto sanitario pubblico la possibilità di riconoscere le differenze retributive per l’espletamento di mansioni superiori, ai sensi dell’art. 29, comma 2, del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, è subordinata alla contestuale ricorrenza di varie condizioni giuridiche e di fatto e che cioè dette mansioni siano svolte in un posto di ruolo esistente in pianta organica e di fatto vacante, per la cui copertura non sia stato bandito alcun concorso, che il conferimento dell’incarico sia avvenuto in base ad un atto formale adottato dall’organo competente il quale, dopo avere verificato la sussistenza di tutti i presupposti di legge, si sia assunto la responsabilità della determinazione adottata, che le mansioni espletate siano continue e prevalenti (Cons. Stato, sez. V, 26/01/2011, n. 576).

Nel settore della sanità pubblica, a differenza di quanto accade nel resto del pubblico impiego, esiste una normativa primaria specifica, costituita dall’art. 29 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, la quale rende possibile la corresponsione delle differenze retributive relative alle mansioni superiori esercitate (dopo il sessantesimo giorno dall’inizio del loro espletamento) (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 10/01/2011, n. 64).

Anteriormente all’entrata in vigore del d.P.R. 28 novembre 1990, n. 384, lo svolgimento delle mansioni superiori alla qualifica rivestita da parte dei dipendenti delle unità (o aziende) sanitarie locali, ai sensi dell’art. 29, co. 2, del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, è riconosciuto ai fini economi al ricorrere delle seguenti tre condizioni, giuridiche e di fatto, operanti in modo concomitante: a) le mansioni si devono essere protratte per un periodo di oltre 60 giorni nell’anno solare, e devono riferirsi ad un posto di ruolo in pianta organica, esistente, vacante e disponibile, in esercizio non vicario; b) su tale posto non deve essere stato bandito alcun concorso; c) l’incarico deve essere stato attribuito dall’organo gestorio competente con una formale deliberazione, dalla quale deve emergere l’avvenuta verifica dei presupposti innanzi descritti, nonché l’assunzione di tutte le relative responsabilità (T.A.R. Basilicata Potenza, sez. I, 26/07/2010, n. 524).

L’obbligo della retribuzione delle mansioni svolte dall’aiuto ospedaliero sul posto vacante e disponibile di primario, discende: 1) dall’art. 7, quinto comma, d.P.R. n. 128/1969, che fa obbligo all’aiuto di svolgere le funzioni del primario, in caso di assenza, di impedimento o di urgenza, con la conseguenza che, in ipotesi di posto vacante, non è esercitata una temporanea funzione vicaria, ma si ha una stabile esplicazione di una mansione superiore a quella della posizione rivestita; 2) dall’art. 29 del d.P.R. n. 761/1979, il quale dispone che, in caso di esigenze di servizio, il dipendente “può eccezionalmente essere adibito a mansioni superiori”, l’assegnazione non può eccedere i sessanta giorni nell’anno solare e non costituisce esercizio di mansioni superiori la sostituzione di personale in posizione funzionale più elevata, quando la sostituzione rientri fra i compiti ordinari di quella sottostante; 2) dall’art. 121, settimo comma, del d.P.R. n. 384/1990, il quale dispone nel senso che l’incarico di mansioni superiori comporta il compenso, eccetto che per i primi sessanta giorni, per un periodo fino a sei mesi (Cons. Stato, sez. V, 02/07/2010, n. 4235).

Ai fini della remunerabilità delle mansioni superiori svolte dal personale del comparto sanitario pubblico devono necessariamente concorrere cumulativamente tre presupposti indefettibili: – l’esistenza di un posto in pianta organica vacante e disponibile corrispondente alle mansioni superiori di che trattasi; – un atto formale di conferimento dell’incarico promanante dall’organo fornito di competenza a deliberare l’attribuzione della qualifica; – l’effettivo svolgimento delle mansioni superiori, corrispondenti alla qualifica immediatamente superiore, per un periodo eccedente quello di franchigia previsto dall’art. 29, secondo comma, del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (sessanta giorni nell’anno solare) (T.A.R. Sicilia Catania, sez. II, 12/02/2010, n. 199).

3. Conclusione

Costituisce orientamento stabile della giurisprudenza amministrativa (4) quello secondo cui l’art. 29, comma, 2 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 – costituente, in relazione al detto settore, il riferimento normativo in materia per il rispettivo periodo di vigenza – subordina la possibilità di riconoscere le differenze retributive per l’espletamento fattuale di mansioni superiori al ricorrere di tre condizioni, giuridiche e di fatto, operanti in modo concomitante:
– le mansioni devono essere svolte su un posto di ruolo, esistente nella pianta organica, vacante e disponibile;
– su tale posto non deve essere stato bandito alcun concorso;
– l’incarico deve essere stato attribuito dall’organo gestorio, competente, con una formale deliberazione e da tale deliberazione deve emergere l’avvenuta verifica dei presupposti di cui innanzi, nonché l’assunzione di tutte le relative responsabilità.

Rocchina Staiano
Avvocato, Componente, dal 1° novembre 2009 ad oggi, della Commissione Informale per l’implementamento del Fondo per l’Occupazione Giovanile e Titolare di incarico a supporto tecnico per conto del Dipartimento della Gioventù
Prof. a contratto, Univ. Teramo
Docente formatore accreditato presso il Ministero di Giustizia e Conciliatore alla Consob con delibera del 30 novembre 2010

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(1) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 aprile 2005, n. 1640; Cons. stato, sez. V, 20 ottobre 2004 n. 6784; Cons. stato, sez. V, 16 settembre 2004 n. 6009; Cons. stato, sez. V, 2 settembre 2004 n. 5740; Cons. stato, sez. V, 12 maggio 2003 n. 2507; Cons. stato, sez. V, 5 novembre 2002 n. 6017; Cons. stato, sez. V, 20 ottobre 2000 n. 5650; Cons. stato, sez. V, Cons. stato, sez. V, 18 agosto 1998 n. 1270.
(2) Cons. Stato, Sez. V, 29 gennaio 2004, n. 298.
(3) Per citare fra le tante: Cons. Stato, 5 giugno 2007, n. 2991; Cons. Stato, 19 marzo 2007, n. 1299; Cons. Stato, 23 gennaio 2007, n. 194; Cons. Stato, 18 settembre 2006, n. 5428; Cons. Stato, 28 giugno 2006 n. 4226; Cons. Stato, 16 maggio 2006, n. 2790; Cons. Stato, 10 maggio 2006, n. 2579; Cons. Stato, 24 marzo 2006, n. 1522; Cons. Stato, 31 gennaio 2006, n. 355; Cons. Stato, 23 maggio 2005, n. 2579; Cons. Stato, 28 maggio 2004 n. 3437.
(4) Tra le tante, da ultimo Cons. Stato, sez. V, 6 marzo 2007, n. 1048; Cons. Stato, sez. V, 17 settembre 2008, n. 4431.

Staiano Rocchina

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