Mancato accesso alle registrazioni delle intercettazioni: nullità generale

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 4021 del 30 gennaio 2024, ha chiarito, in tema di intercettazioni, che l’ascolto diretto delle conversazioni poste a base di un’ordinanza cautelare rappresenta un insopprimibile garanzia difensiva e che, dunque, il mancato accesso alle registrazioni delle intercettazioni costituisce nullità di ordine generale. Sul tema delle intercettazioni, alla luce degli ultimi interventi, consigliamo il volume: Le riforme della giustizia penale

Corte di Cassazione – Sez. VI Pen. – Sent. n. 4021 del 30/01/2024

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Indice

1. I fatti

Il Tribunale del riesame di Catanzaro confermava l’ordinanza con la quale il ricorrente era stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, in quanto indiziato dei reati di associazione mafiosa di cui all’art. 416-bis cod. pen. e di estorsione.
Il ricorso dell’indagato è stato affidato a quattro motivi, uno dei quali concernente la nullità dell’ordinanza in quanto resa nonostante la difesa avesse chiesto e non ottenuto di ascoltare la conversazione costituente prova principale quanto meno con riferimento al reato di estorsione. Rappresenta il ricorrente che il Tribunale aveva erroneamente ritenuto l’insussistenza della lesione del diritto di difesa, sul presupposto che non era stata esplicitata la ragione dell’urgenza derivante dalla proposizione del riesame. Inoltre, sostiene la difesa che, al momento in cui l’istanza di accesso è stata formulata, non era stata fissata la data del riesame e, quindi, l’istanza non poteva essere motivata con riguardo a tale incombente processuale.
Gli altri motivi, invece, erano relativi alla violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza relativamente alla partecipazione all’associazione di ‘ndrangheta della cui effettiva esistenza non era stata data alcuna prova; violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria per l’imputazione del reato di estorsione; violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa.
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2. Mancato accesso alle registrazioni delle intercettazioni: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione analizza la questione dichiarando, innanzitutto, fondato il primo motivo di ricorso, concernente l’omesso rilascio di copia della registrazione delle intercettazioni sulle quali si fonda la gravità indiziaria relativamente al reato di estorsione.
La Corte riprende l’orientamento secondo il quale, in tema di riesame, “l‘omessa consegna da parte del pubblico ministero dei file audio delle registrazioni di conversazioni intercettate, utilizzate per l’emissione dell’ordinanza cautelare, determina l’inutilizzabilità a fini cautelari di tali conversazioni nel caso in cui, pur in mancanza di formule sacramentali nella richiesta di accesso, sussistano elementi, desumibili dal suo contenuto o dal comportamento del difensore, da cui desumere inequivocabilmente la riferibilità di detta richiesta al soddisfacimento di esigenze correlate allo stato custodiale dell’indagato“.
La disciplina concernente i diritti difensivi conseguenti all’adozione della misura cautelare è chiaramente improntata all’esigenza di consentire la tempestiva ed incondizionata possibilità dell’indagato ad esaminare tutti gli atti che sono stati utilizzati dal pubblico ministero nell’avanzare la richiesta.
La Suprema Corte osserva che, in base al combinato disposto degli artt. 291, comma 1 e 293, comma 3 cod. proc. pen. “il pubblico ministero deve depositare presso la cancelleria del g.i.p. quanto meno le trascrizioni sommarie delle intercettazioni, limitatamente alle comunicazioni e conversazioni rilevanti, ove devono rimanere a disposizione della difesa dopo l’adozione della misura. In tal modo si realizza, quindi, la selezione delle conversazioni rilevanti in fase cautelare, consentendo da un lato al pubblico ministero di non disvelare integralmente il materiale di indagine, dall’altro di permettere alla difesa l’immediato accesso alle fonti di prova sulle quali si basa l’adozione della misura. Tale selezione, peraltro, è sostanzialmente un’anticipazione parziale di quella – complessiva e tendenzialmente definitiva – che avviene nel momento del deposito delle intercettazioni telefoniche in sede di conclusione delle indagini preliminari“.
Ad avviso della Cassazione, “la compiuta regolamentazione della selezione e del deposito delle intercettazioni telefoniche in fase cautelare è strettamente funzionale al diritto dell’imputato ad estrarre copia delle trascrizioni sommarie, nonché a richiedere copia delle registrazioni ritenute rilevanti dalla pubblica accusa“, come riconosciuto anche dalla Corte costituzionale (sent. n. 336/2008 e sent. n. 192/1992).
Spiega la Suprema Corte che “l‘illegittima compressione del diritto di difesa, derivante dal rifiuto o dall’ingiustificato ritardo del pubblico ministero nel consentire al difensore, prima del loro deposito ai sensi del quarto comma dell’art. 268 cod. proc. pen., l’accesso alle registrazioni di conversazioni intercettate e sommariamente trascritte dalla polizia giudiziaria nei cosiddetti brogliacci di ascolto, utilizzati ai fini dell’adozione di un’ordinanza di custodia cautelare, dà luogo ad una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178, lett. c) cod. proc. pen., in quanto determina un vizio nel procedimento di acquisizione della prova, che pur non inficiando il risultato probatorio, ne impedisce l’utilizzo in fase cautelare“.
Invero, a seguito dell’adozione della misura cautelare, l’esigenza della difesa di avere compiuta conoscenza degli atti sui quali quella si fonda deve ritenersi in re ipsa, posto che solo l’esame degli atti consente di compiere consapevolmente le scelte difensive e, quindi, anche di valutare se e come proporre l’istanza di riesame.
Tra l’altro, l’intercettazione in questione è l’elemento principale, se non l’unico, che lega in qualche modo l’indagato alla vicenda estorsiva da altri realizzata, sicché deve ritenersi che la necessità di disporre del dato fonico emergeva ictu oculi, non sussistendo ragionevoli argomenti per negare l’accesso dell’indagato all’ascolto diretto del principale elemento indiziario a suo carico.

3. La decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, sulla base di tali argomentazioni, ha quindi ritenuto che il mancato rilascio di copia delle registrazioni da parte del pubblico ministero non determina l’inutilizzabilità delle stesse ai sensi dell’art. 191 cod. proc. pen., bensì dà luogo ad una nullità di ordine generale, a regime intermedio, ex art. 178 comma 1, lett. c) cod. proc. pen., i cui effetti sono limitati alla sola fase dell’impugnazione cautelare. La nullità in questione, pertanto, travolge la sola pronuncia del tribunale del riesame, emessa sulla base delle intercettazioni non messe a disposizione dalla difesa, ma non determina alcun effetto invalidante retroattivo rispetto all’ordinanza cautelare generica.
L’accoglimento di tale motivo di ricorso determina, poi, l’assorbimento delle questioni dedotte dalla difesa in ordine alla gravità indiziaria e alla configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.
La Corte ha, dunque, accolto il ricorso con conseguente annullamento con rinvio per nuovo giudizio, nel quale il Tribunale del riesame dovrà attenersi ai principi indicati.

Riccardo Polito

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