L’uso di nuove tecnologie rimette all’intelligenza artificiale la cura concreta dell’interesse pubblico

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Il Consiglio di Stato, sentenza n. 2270 dell’8 aprile 2019 dimostra di considerare positivamente l’uso nei procedimenti amministrativi delle nuove tecnologie informatiche e di algoritmi purché coerenti con i principi di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa e con il principio costituzionale del buon andamento. 

Il giudice amministrativo ha precisato che possono essere utilizzati algoritmi nelle procedure valutative della P.A. a condizione che siano garantite trasparenza e possibilità di verifica in sede giurisdizionale.

L’uso di algoritmi e di procedure automatizzate viene considerato come un atto amministrativo informatico” poiché regola amministrativa costruita dall’uomo e, in quanto tale, necessariamente sottostante a principi di ragionevolezza, proporzionalità, pubblicità e trasparenza. In ogni caso gli algoritmi non possono essere usati per decisioni aventi natura prettamente discrezionale e devono comunque essere sottoposti “al pieno sindacato del giudice amministrativo.

La sentenza

Il Consiglio di Stato, sentenza n. 2270 dell’8 aprile 2019 afferma che la regola tecnica che governa ciascun algoritmo resta una regola amministrativa generale, costruita dall’uomo e non dalla macchina, per essere poi (solo) applicata da quest’ultima, anche se ciò avviene in via esclusiva.

Questa regola algoritmica, quindi:

– possiede una piena valenza giuridica e amministrativa, anche se viene declinata in forma matematica, e come tale, come si è detto, deve soggiacere ai principi generali dell’attività amministrativa, quali quelli di pubblicità e trasparenza (art. 1 l. 241/90), di ragionevolezza, di proporzionalità, etc.;

non può lasciare spazi applicativi discrezionali (di cui l’elaboratore elettronico è privo), ma deve prevedere con ragionevolezza una soluzione definita per tutti i casi possibili, anche i più improbabili (e ciò la rende in parte diversa da molte regole amministrative generali); la discrezionalità amministrativa, se senz’altro non può essere demandata al software, è quindi da rintracciarsi al momento dell’elaborazione dello strumento digitale;

– vede sempre la necessità che sia l’amministrazione a compiere un ruolo ex ante di mediazione e composizione di interessi, anche per mezzo di costanti test, aggiornamenti e modalità di perfezionamento dell’algoritmo (soprattutto nel caso di apprendimento progressivo e di deep learning);

– deve contemplare la possibilità che – come è stato autorevolmente affermato – sia il giudice a “dover svolgere, per la prima volta sul piano ‘umano’, valutazioni e accertamenti fatti direttamente in via automatica”, con la conseguenza che la decisione robotizzata “impone al giudice di valutare la correttezza del processo automatizzato in tutte le sue componenti”.

In definitiva, dunque, l’algoritmo, ossia il software, deve essere considerato a tutti gli effetti come un “atto amministrativo informatico”.

La trasformazione digitale

La sentenza in commento si inserisce in un contesto di trasformazione digitale che coinvolge la Pubblica Amministrazione, e giunge ad affermare l’esistenza di un “atto amministrativo informatico”.

Questo processo di trasformazione digitale non riguarda solo gli informatici, non attiene solo allo strumento utilizzato dalla Pubblica Amministrazione, ma rappresenta un nuovo modo di intendere ed operare della stessa e necessita di un insieme di competenze tecnologiche, giuridiche e organizzative.

Il livello di digitalizzazione nelle pubbliche amministrazioni è ancora basso. Tuttavia, il quadro normativo disciplina ampiamente tale aspetto ed anche gli strumenti tecnologici esistenti sono oggi evoluti.

Il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) è un testo unico che riunisce e organizza le norme riguardanti l’informatizzazione della Pubblica Amministrazione nei rapporti con i cittadini e le imprese. Istituito con il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, è stato successivamente modificato e integrato numerose volte, in particolare, di recente, è stato modificato prima con il decreto legislativo 22 agosto 2016 n. 179 e poi con il decreto legislativo 13 dicembre 2017 n. 217 per promuovere e rendere effettivi i diritti di cittadinanza digitale.

Con l’ultimo intervento normativo il CAD è stato ulteriormente razionalizzato nei suoi contenuti. Attraverso il decreto legislativo n. 217/17: è stata sottolineata con maggior forza la natura di carta di cittadinanza digitale della prima parte del CAD con disposizioni volte ad attribuire a cittadini e imprese i diritti all’identità e al domicilio digitale, alla fruizione di servizi pubblici online e mobile oriented, a partecipare effettivamente al procedimento amministrativo per via elettronica e a effettuare pagamenti online; è stata promossa l’integrazione e l’interoperabilità tra i servizi pubblici erogati dalle pubbliche amministrazioni in modo da garantire a cittadini e imprese il diritto a fruirne in maniera semplice; è stata garantita maggiore certezza giuridica alla formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici prevedendo che non solo quelli firmati digitalmente – o con altra firma elettronica qualificata – ma anche quelli firmati con firme elettroniche diverse possano, a certe condizioni, produrre gli stessi effetti giuridici e disporre della stessa efficacia probatoria senza prevedere l’intervento di un giudice caso per caso; è stata rafforzata l’applicabilità dei diritti di cittadinanza digitale e promosso l’innalzamento del livello di qualità dei servizi pubblici e fiduciari in digitale, sia istituendo presso l’AgID l’Ufficio del Difensore civico per il digitale, sia aumentando la misura delle sanzioni irrogabili qualora i fornitori di servizi fiduciari violino le norme; è stato promosso un processo di valorizzazione del patrimonio informativo pubblico riconducendolo tra le finalità istituzionali di ogni amministrazione.

Il decreto semplificazione si pone l’obiettivo di disporre un forte impulso al processo di transizione al digitale. In linea con il contesto internazionale, l’Italia sta vivendo un processo di trasformazione e innovazione dei servizi ai cittadini e alle imprese in un’ottica di semplificazione, anche attraverso l’utilizzo di tecnologie digitali. L’effetto delle nuove tecnologie, nella prospettiva digital first, porta ad un sistema maggiormente efficiente e ad accorciare le distanze tra Pubblica Amministrazione e utenti, facilitando l’accesso ai servizi. Il Titolo III del D.L. Semplificazione intitolato “Misure di semplificazione per il sostegno e la diffusione dell’amministrazione digitale” introduce nuovi impulsi alla trasformazione digitale, disponendo modifiche in tema di: cittadinanza digitale e accesso ai servizi digitali della Pubblica Amministrazione; sviluppo dei sistemi informativi delle Pubbliche Amministrazioni e utilizzo digitale nell’azione amministrativa; gestione del patrimonio informativo pubblico per fini istituzionali; innovazione.

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Sentenza collegata

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Dott.ssa Laura Facondini

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