L’udienza preliminare

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L’udienza preliminare si tiene davanti al Giudice delle udienze preliminare (GUP) successivamente alla richiesta di rinvio a giudizio effettuata dal pubblico ministero.

L’udienza preliminare è anche il luogo di celebrazione di due dei cinque riti alternativi previsti dal diritto processuale penale,  il patteggiamento (ex art. 444 c.p.p.) e il rito abbreviato (ex art. 441 c.p.p.) che prevede la riduzione di un terzo della pena e si svolge sugli atti del Pubblico Ministero e del difensore.

L’’udienza è preceduta dal deposito della richiesta di rinvio a giudizio presso la cancelleria del GIP, al quale segue per decreto, entro 5 giorni, la fissazione della data dell’udienza stessa, che non può superare il limite di trenta giorni da quella del deposito e si svolge in camera di consiglio, alla presenza necessaria del pubblico ministero e del difensore dell’imputato.

Entro il termine di 10 giorni dall’udienza deve essere notificato l’avviso di udienza alle parti e si devono formalizzare gli atti introduttivi dell’udienza.

Può essere pronunciato decreto di rinvio a giudizio o sentenza di non luogo a procedere.

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Almeno tre giorni prima della data fissata per l’udienza, l’imputato può chiedere che si proceda con giudizio immediato.

Almeno 10 giorni prima dell’udienza il GUP, attraverso la cancelleria, notifica all’imputato e alla persona offesa la richiesta di rinvio a giudizio, in precedenza depositata dal pubblico ministero, oltre all’avviso del giorno, ora e luogo nei quali si terrà l’udienza.

Sempre almeno 10 giorni prima dell’udienza il GUP deve comunicare al pubblico ministero, ai difensori dell’imputato e agli eventuali difensori delle persone offese, l’avviso dell’udienza preliminare.

Per l’udienza preliminare è necessaria la partecipazione del pubblico ministero e della difesa dell’imputato, partecipazione accertata dal giudice stesso che, in caso di nullità di comunicazioni, notificazioni o citazioni, ordina la rinnovazione degli avvisi.

Dall’entrata in vigore della legge n.479/1999, che ha introdotto l’articolo 420 bis, era possibile, per il GUP dichiarare contumace un imputato nel corso dell’udienza preliminare.

La stessa disposizione accorda al Giudice la facoltà di disporre, anche d’ufficio, la rinnovazione degli avvisi all’imputato, quando sia provato oppure appaia possibile che lo stesso non ne abbia avuta conoscenza, salvo che per sua colpa o nei casi nei quali il codice prevede la notifica al difensore.

Il giudice valuta liberamente se l’imputato abbia avuto conoscenza dell’avviso oppure non l’abbia avuta e questa valutazione non è oggetto di discussione né motivo d’impugnazione.

In caso di impossibilità dell’imputato dovuta a causa di forza maggiore o caso fortuito, il giudice rinvia l’udienza e dispone il rinnovo dell’avviso, stesso discorso per l’avvocato difensore (se non abbia disposto un sostituto o non difenda congiuntamente).

Anche le possibilità per l’idoneità della causa di forza maggiore o di caso fortuito sono valutate liberamente dal giudice, e anche in questo caso non impugnabili o discutibili.

Se non sussitono le cause giustificatrici dell’assenza in udienza dell’imputato (stabilite dagli articoli 420, 420 bis, e 420 ter del c.p.p.) il giudice, se l’imputato non è presente, rinvia l’udienza e dispone che l’avviso sia notificato all’imputato personalmente.

Se la notificazione non risulti possibile, il giudice dispone con ordinanza la sospensione del processo nei confronti dell’imputato assente (ex artt. 420 quarter, quinquies).

Il sistema introdotto quattro anni fa a seguito di varie condanne da parte della Corte di Strasburgo ha eliminato l’istituto della contumacia.

Con la normativa attuale, quando la notificazione all’imputato della prima udienza non risulta possibile, il Giudice dispone con ordinanza la sospensione del processo nei confronti dell’imputato irreperibile.

Alla scadenza di un anno dalla pronuncia dell’ordinanza di sospensione del processo, il Giudice dispone nuove ricerche dell’imputato per la notifica dell’avviso, provvedendo ad ogni successiva scadenza annuale, qualora il procedimento non abbia ripreso il suo corso. Con l’ordinanza di revoca della sospensione del processo, il Giudice fissa la data per la nuova udienza.

Per l’imputato assente, colui che nonostante abbia avuto notizia del processo a suo carico decida di non presenziare, è previsto che il processo continui e si concluda in modo ordinario.

Dopo la costituzione delle parti, il GUP dichiara aperta la discussione.

Il pubblico ministero, che deve parlare per primo, espone sinteticamente i risultati delle indagini preliminari e gli elementi di prova a giustificazione del rinvio a giudizio da lui richiesto. Successivamente l’imputato può rilasciare dichiarazioni spontanee o chiedere di essere sottoposto a interrogatorio, per il quale si applicano le disposizioni degli articoli 64 e 65 del codice di procedura penale.

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Su richiesta di parte, il giudice può disporre che l’interrogatorio sia reso nelle forme previste dagli articoli 498 e 499 del codice di procedura penale con il risultato che le dichiarazioni rese dall’imputato acquistano, in via eccezionale per la fase preliminare, i connotati di vera e propria prova.

Dopo l’imputato hanno il diritto di parlare i difensori vari, nell’ordine della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e infine dell’imputato stesso.

Il Pubblico Ministero ed i difensori possono replicare una volta, successivamente formulano illustrandole le rispettive conclusioni alla base del fascicolo delle indagini preliminari e degli eventuali atti o documenti ammessi dal giudice prima dell’inizio della discussione.

La discussione è l’ultima fase prima del provvedimento del giudice, che può ritenere di potere decidere alla base dello stato degli atti oppure non decidere.

Nel primo caso dichiara chiusa la discussione ed emana un decreto che dispone il giudizio, con accoglimento della richiesta del pubblico ministero.

Nel secondo caso, può indicare al pubblico ministero altre indagini da svolgere o disporre l’assunzione di altre prove, anche d’ufficio, determinanti per la pronuncia della sentenza di non luogo a procedere.

All’udienza preliminare sono state date diffusamente tre funzioni, quella di filtro, quella di garanzia e quella di scelta eventuale fra i vari riti alternativi.

Dalla emanazione del codice di procedura penale a oggi l’udienza preliminare ha subito importanti modifiche.

All’inizio configurata come un filtro a maglie larghe, che lasciava passare molte imputazioni al dibattimento, è diventata un’udienza sempre più selettiva, sulla scia di una giustizia penale sempre più rallentata.

Se il testo originario dell’articolo 425 del codice di procedura penale prevedeva l’evidenza della cause liberatorie ai fini dell’emissione della sentenza di non luogo a procedere, le riforme del 1993 e del 1999 hanno in primo luogo soppresso la parola evidente, per poi consentire il non luogo a procedere nei casi di contraddittorietà degli elementi acquisiti, o quando questi non risultino idonei a sostenere l’accusa in sede dibattimentale.

La prima funzione, disciplinata dall’articolo 425 del codice di procedura penale., risponde alle esigenze di filtrare imputazioni azzardate e lo sfociare in dibattimento di azioni penali esercitate erroneamente, grazie alla sentenza di non luogo a procedere.

Proprio questa funzione, con l’introduzione dell’udienza preliminare nella riforma codicistica, aveva creato notevoli contrasti in dottrina per circa un decennio.

Si discostava la sentenza di proscioglimento dell’udienza preliminare dall’archiviazione delle indagini preliminari, sia per il dettato, poi riformato nel ’93, che disponeva l’evidenza della prova negativa, sia successivamente quando prevedeva per lo stesso proscioglimento la prova negativa e non quella contraddittoria, mancante o insufficiente.

Il secondo scopo dell’udienza appare evidente considerando l’ipotesi che altre prove possano emergere dopo le indagini preliminari.

Per limitare il riavvicinarsi di una fase istruttoria, questa udienza è stata modellata come una fase allo stato degli atti nella quale possono essere acquisite eccezionalmente e in casi previsti alcune prove, efficaci però nella fase stessa e non in altre eventualmente successive.

All’accentuazione dello scopo del diritto alla prova è arrivata anche la legge n.479/1999 inserendo l’articolo 421 bis, che prevede la possibilità per il giudice, qualora ritenga le indagini preliminari incomplete, di delegare il pubblico ministero per altre indagini.

Lo stesso giudice può richiedere l’assunzione di elementi di prova d’ufficio in caso non sia in grado di decidere ma non voglia nemmeno una integrazione completa delle indagini preliminari: aspetto molto importante della riforma atto a risolvere problemi in ordine a questo scopo, visto che la parte può fare istanza al giudice per ottenere l’ordinanza di assunzione di determinati elementi di prova.

La terza funzione dell’udienza preliminare è quella di permettere dei riti alternativi a quello ordinario.

Nell’udienza preliminare si può approdare nel giudizio abbreviato e nel patteggiamento.

Il rito abbreviato può essere chiesto anche entro 15 giorni dalla notifica del decreto che dispone il giudizio immediato.

L’imputato dopo essere venuto a conoscenza dei risultati delle indagini preliminari e dopo avere esperito le sue facoltà difensive, potrà valutare in questa sede la convenienza o meno ad effettuare il patteggiamento (il quale può essere chiesto anche durante le indagini preliminari, ma è più logico che venga richiesto in tale fase) o il giudizio abbreviato (disposto se l’integrazione probatoria risulta necessaria ai fini della decisione e se è compatibile con le finalità di economia processuale)

Se nel corso dell’udienza il fatto contestato all’imputato risulta “diverso” ovvero “nuovo” è consentito al pubblico ministero di modificare l’imputazione (ex art.423 c.p.p.).

La disciplina per la modifica sarà tuttavia diversa, in caso di fatto diverso il pubblico ministero potrà autonomamente modificare e contestare l’altra imputazione, mentre nel caso di un altro fatto avrà bisogno del consenso dell’imputato e dell’autorizzazione del giudice.

 

 

Dott.ssa Concas Alessandra

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