L’udienza preliminare nel processo penale minorile

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Quando una persona minore di anni 18 compie un illecito penale la disciplina è regolata dal D.P.R. 448/1988, e per quanto in esso non previsto si rimanda alle norme del codice di procedura penale. Tali disposizioni sono applicate in modo adeguato alla personalità e alle esigenze educative del minorenne. Il decreto presidenziale consta di 41 articoli cui si è dato attuazione con il Decreto legislativo n.272 del 1989.

     Indice

  1. L’udienza preliminare- principi generali
  2. Ruolo e compito dei servizi sociali
  3. Ruolo degli esercenti la responsabilità genitoriale
  4. Scopo principale dell’udienza preliminare
  5. Dovere del giudice di illustrare all’imputato il significato del processo a suo carico
  6. Epiloghi dell’udienza preliminare ovvero le formule decisorie indicate nell’art. 32 d.p.r.448/1988
  7. Il consenso del minore imputato
  8. Condanna a sanzione sostitutiva
  9. Provvedimenti civili di urgenza

1. L’udienza preliminare– principi generali

Dopo la fase delle indagini preliminari che ha la funzione di verificare la fondatezza della notizia di reato,  a conclusione della suddetta e dopo che il PM ha depositato il fascicolo, il GIP fissa l’udienza preliminare secondo lo schema previsto e delineato dal codice di procedura penale ma con delle specifiche differenze aggiuntive.

Innanzi tutto l’udienza preliminare è il primo impatto del minore con il sistema processuale ed a volte rimane l’ unico, essa è svolta a garanzia dell’imputato che ha la possibilità di difendersi prima dell’inizio del processo.

E’ un’udienza che nel rito minorile ne costituisce il fulcro fungendo da filtro e da meccanismo di sfoltimento del giudizio dibattimentale.

Lo schema dell’udienza è quello disegnato dall’art. 31 del DPR 488/1988 in combinato disposto con gli artt. 416-433 del c.p.p che disciplinano l’udienza preliminare ordinaria. Si applicano gli artt. 420 bis, 420 quater e 420 quinquies c.p.p sostituiti dalla legge 28/04/2014 n. 67.

E’ un’udienza a porte chiuse, senza la presenza del pubblico, con la partecipazione necessaria del Pubblico ministero, del difensore e delle eventuali parti ammesse. Inizia con l’esposizione del PM e l’esame dell’imputato.

Il minore imputato è assistito dal suo difensore, viene sentito dal Collegio giudicante ed all’esito si decide del suo rinvio a giudizio o proscioglimento.

Se il minore non compare il giudice può disporne l’accompagnamento coattivo ai sensi del su indicato art. 31 comma 1.

Dell’udienza è dato avviso alla persona offesa, ai servizi minorili e all’esercente la responsabilità dei genitori come prevede il 3 comma dell’art. 31 del D.M. 448/1988.

Prima dell’inizio della discussione all’ imputato viene chiesto dal Giudice se consente alla definizione del processo, salvo che il consenso sia stato prestato in precedenza. Se il consenso è prestato, il Giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere nei casi previsti dall’art. 425 del c.p.p. o per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto.

In udienza si attua il confronto diretto tra l’imputato e l’autorità giudiziaria. Il giudice ha davanti a sé un giovane la cui personalità è in via di formazione e ciò deve suggerirgli i necessari accorgimenti ed adattamenti. E’ un contraddittorio di natura  argomentativo, perché in questa udienza non si deve formare la prova. Le parti e i soggetti comparsi devono obbligatoriamente essere sentiti, l’imputato potrà essere sottoposto ad audizione ma anche rendere dichiarazioni spontanee, possono essere altresì presentate memorie e documenti. Il contributo che dà il minore in questa sede non è diverso dall’interrogatorio ex art.  64 e 65 c.p.p.

Dopo l’accertamento relativo alla costituzione delle parti segue la richiesta di consenso. Ricevuto il consenso, in relazione alla ipotesi di  sentenza di non luogo procedere, il Giudice ha il dovere di informare l’imputato che può decidere allo stato degli atti. Non sono ammesse forme di consenso presunto o tacito perciò se il giudice lo ritiene può disporre l’accompagnamento coattivo dell’imputato in caso di sua assenza.

2. Ruolo e compito dei servizi sociali

Il Tribunale per i Minorenni che decide in sede di udienza preliminare è organo giurisdizionale collegiale e fanno parte dell’organo collegiale un giudice togato e due giudici onorari. Il giudice togato è magistrato di carriera, i due giudici onorari, un uomo e una donna, sono  esperti scelti fra i cultori di pedagogia, psicologia, biologia, psichiatria, la cui specialistica componente consente di  compiere una valutazione globale della personalità del minorenne per poter arrivare ad una decisione  confacente con l’interesse primario del minore oltre che valutare il fatto giuridico commesso.

I servizi minorili di cui all’art. 6 del decreto 448/1988 sono gli altri protagonisti, insieme all’imputato, di tutto il processo penale. I servizi sono sempre affianco del minore e provvedono alle necessità del PM e del Giudice al fine di acquisire ogni informazione necessaria per l‘adozione di provvedimenti ed interventi adeguati. Il loro ruolo è importante in quanto consentono al giudice di acquisire informazioni sulla personalità dell’imputato. L’informazione circa la vita del minore riguarda l’ambiente familiare, sociale ed educativo: per accertare che il giovane sia imputabile, per ristabilire il grado di responsabilità, valutare l’offensività dei fatti, adottare le adeguate misure penali e i provvedimenti civili; il tutto per stabilire se sia preferibile o meno l’uscita dell’imputato dal sistema penale e in ipotesi affermativa, procedere all’elaborazione di un appropriato programma educativo. I servizi sono a supporto degli interventi giurisdizionali  e garantiscono l’esecuzione dei provvedimenti, la loro è anche una competenza di controllo, riferiscono al giudice circa l’osservanza degli obblighi impartiti al minore onde consentitirgli di dosare le eventuali prescrizioni imposte. Gli esperti aiutano il minore anche a affrontare l’impatto processuale, quale sostegno aggiuntivo a quello dei genitori e del difensore. Tra le molteplici funzioni rilevante è il loro impegno riguardo la definizione del progetto durante la messa alla prova  e di informazione al minore imputato  circa le sue responsabilità nel progetto ammesso e di supporto alla famiglia di lui ; e dopo l’attività di impulso e  di controllo del progetto- , redigono le relative relazioni periodiche nonché la relazione finale.

Sempre ai sensi dell’art. 6 secondo comma del D.P.R. 488, l’Autorità giudiziaria si avvale altresì dei servizi di assistenza istituiti dagli enti locali, istituiti dai comuni, province e regioni che interagiscono  e collaborano con quelli facenti parte dei centri per la giustizia minorile.

3. Ruolo degli esercenti la responsabilità genitoriale

Ai sensi dell’art. 12 del D.P.R. 448/1988 l’assistenza affettiva e psicologica all’imputato minorenne è assicurata, in ogni e stato del procedimento, dalla presenza dei genitori o di altra persona idonea indicata dal minorenne e ammessa dall’Autorità giudiziaria che procede. Quando l’imputato diventa maggiorenne non c’ è più obbligo di avviso ai genitori i quali non hanno più il diritto di presenziare all’udienza. In ogni caso il diritto all’assistenza non è obbligo di partecipazione, perché infatti se mancasse ciò non invaliderebbe gli atti compiuti.

Ma chi sono i soggetti legittimati a prestare assistenza di cui all’art. 12 del D.P.R? Il ruolo primario spetta ai genitori dell’imputato quali esercenti la responsabilità genitoriale (locuzione sostituita a quella precedente di  “potestà” dal d.lgs 28/12/2013 n. 154, art. 105 comma 1); l’imputato in subordine può indicare una persona di sua fiducia e in questo caso occorre l’autorizzazione dell’Autorità giudiziaria procedente che può essere il Tribunale o il GIP o il PM durante le indagini preliminari e l’autorità giudiziaria provvede con decreto motivato dopo avere assunto informazioni di cui all’art. 9 del D.P.R. 2 comma: “Agli stessi fini il Pm e il Giudice possono sempre assumere informazioni da persone che abbiano avuto rapporti con il minorenne e sentire il parere di esperti, anche senza formalità.” La presunzione di idoneità ad adempiere all’obbligo di assistere il minore deve intendersi tassativamente riservata ai genitori del minore e non ha rilievo l’eventuale decadenza dalla potestà perché l’assistenza è quella che deve essere prestata in quello specifico momento dell’udienza e non ha rilievo una precedente valutazione di declaratoria sulla potestà, fatto salvo il potere dell’autorità giudiziaria a sollevare eventuali eccezioni in merito quando per esempio specifiche situazioni impongono la nomina di un tutore. Infine la responsabilità genitoriale non è compromessa dal venire meno del vincolo matrimoniale ed è esercitata da entrambi qualora sia disposto l’affidamento condiviso del minore.

4. Scopo principale dell’udienza preliminare

Il sistema processuale penale minorile tende al recupero del minore di età che sia caduto nella rete della giustizia. La specialità del rito minorile è prevalente sulla disciplina del rito ordinario proprio per questo fine: non pregiudicare la personalità e le esigenze educative dell’imputato minorenne. Importante la verifica della applicabilità dei progetti educativi e di fuoriuscita del minore imputato, non sempre minorenne, perché a volte si giunge in questa fase che il minore imputato ha raggiunto già la maggiore età, che sta concludendo gli studi, che ha superato la fase dell’esuberanza giovanile e magari ha già intrapreso un percorso lavorativo. Per questo l’interrogatorio dell’imputato è fondamentale proprio per la verifica della praticabilità delle decisioni educative   e concorrono a tale scopo l’audizione delle altre persone. Complicato è il caso in cui il minore è in conflitto di interessi con l’esercente la responsabilità dei genitori: all’uopo per risolvere i contrasti tra genitori e figli su questioni patrimoniali devono essere deferite ad un curatore speciale  ad hoc  come prevede l’art. 320 del c.c. ultimo comma.

5. Dovere del giudice di illustrare all’imputato il significato del processo a suo carico

Ai sensi dell’art. 31 co. 5 il minorenne quando è presente è sentito dal Giudice. Il Giudicante deve illustrare le ragioni delle sue decisioni secondo una analisi dei fatti, secondo quanto garantito dal comma 2 dell’art. 1 del D.P.R.448/1988, affinché l’imputato si senta non oggetto di accertamento ma soggetto cui competono responsabilità e diritti. E il comma 1 dell’art. 1 disciplina che l’obiettivo legislativo  è il rispetto della personalità e delle esigenze educative del minorenne e  ogni prescrizione che impartisce  è sempre in considerazione dell’utilità educativa  del minore affinché prenda coscienza del danno arrecato all’altrui persona. “Sentire” nel senso di  “ascoltare”,  cogliere le ragioni e le spiegazioni  dell’altro .

Questa previsione nel procedimento a carico del minore, deroga alla normativa del codice di procedura penale  il cui art. 194 co. 1 c.p.p. vieta l’audizione di testimoni sulla moralità dell’imputato salvo che si tratti di fatti specifici, idonei a qualificarne la personalità in relazione  al reato e alla pericolosità sociale,  mentre l’art. 220 co, 2 c.p.p esclude la perizia sia psicologica che criminologica nel procedimento di cognizione.


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6. Epiloghi dell’udienza preliminare ovvero le formule decisorie indicate nell’art. 32 d.p.r.448/1988

L’udienza preliminare minorile è molto importante perché in questa sede si decide il destino dell’imputato in quanto alla predetta udienza trovano definizione la stragrande maggioranza degli episodi di criminalità minorile.

Pronuncerà sentenza di non luogo a procedere quando il minore al momento del fatto non aveva compiuto 14 anni  e pertanto soggetto non imputabile. Può esserci il rinvio a giudizio su richiesta del P. M. se gli elementi di prova raccolti sono sufficienti per sostenere l’accusa e tali da giustificare l’instaurazione del giudizio dibattimentale. Infatti il dibattimento, ipotesi residuale, resta riservato ai fatti di maggiore gravità, ove spesso l’imputato è diventato adulto talvolta inserito in contesti di criminalità organizzata dopo che risulta fallito ogni tentativo di recupero. Ma è pur vero che il PM richiederà l’udienza preliminare anche quando non avrà da coltivare una pretesa punitiva ma intenda definire il processo con formule che presuppongono sì una colpevolezza ma che non possono reputarsi esercizio della pretesa punitiva  ( si veda il perdono giudiziale, la messa alla prova, l’ incapacità di intendere e volere  per immaturità) che  non necessitano del dibattimento; fino a giungere all’applicazione di una sanzione sostitutiva  o della sola pena pecuniaria sulla base della sola richiesta del PM.

L’esigenza di recupero del minore trova la sua ratio nel far concludere il processo penale minorile in modo diverso da quello ordinario. Per esempio un modo è quello della sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto ex art. 32 D.P.R 448/1988 per fatti lievi ed occasionali che possono verificarsi già durante le indagini preliminari.

Il comma 1 dell’art. 27 recita: “Durante le indagini preliminari, se risulta la tenuità del fatto e l’occasionalità del comportamento, il pubblico ministero chiede al giudice sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto quando l’ulteriore corso del procedimento pregiudica le esigenze educative del minorenne”. E il quarto comma del medesimo articolo 27  ammette la possibilità che la irrilevanza del fatto possa essere dichiarata in udienza preliminare, cui può provvedere anche d’ufficio il giudice a prescindere dell’esistenza di richieste  rivolte a diversi esiti del processo e  se del caso anche contro il parere del P.M. Mentre l’altro modo della decisione sulla sospensione ex art. 28 “sospensione del processo e messa alla prova” non può essere assunta in fase di indagini preliminari, e che il provvedimento può essere adottato solo dopo l’esercizio dell’azione penale. Tale scelta è collocata in un momento in cui si ha la visione completa della fattispecie criminosa e il giudice solo con l’instaurarsi del processo può avvalersi delle competenze specialistiche essenziali per il giudizio sulla persona che la messa alla prova presuppone. La messa alla prova consente di evitare il ricorso alla misura detentiva ed è strumento di attuazione degli obiettivi principali del processo penale minorile quale quello della fuoriuscita rapida dal processo, quello della responsabilizzazione del minore e della sua risposta educativa. Infatti l’esito positivo della prova porta all’estinzione del reato con sentenza dichiarativa di estinzione del reato ex art. 29. Tale misura viene applicata anche agli imputati infradiciottenni al momento del fatto e che siano divenuti maggiorenni alla data del provvedimento della sospensione. Poiché l’effetto sospensivo interviene prima di qualsiasi sentenza, sussistendo elementi sufficienti per affermare la responsabilità penale del minore, infatti la dottrina (Bricola 1989, 339) osserva che  “l’istituto della messa alla prova è una soluzione ardita che anticipa i tempi di una forma di probation rispetto non solo alla condanna  ma anche rispetto ad una stessa delibazione della fondatezza dell’accusa.” Ancora l’autore “in ogni caso se il Giudice applica  prescrizioni conciliative riparative  presuppone tale delibazione.” Qualora invece il giudizio sull’esito della prova sia risultato negativo il processo riprende dalla fase in cui si era interrotto. Senza alcuna preclusione ex lege circa l’esito del processo, perché il processo potrà concludersi con una condanna, con un proscioglimento nel merito, con la concessione di un perdono giudiziale, Tuttavia purché si giunga ad una revoca della messa alla prova occorrono ripetute e gravi ripercussioni imposte (ex art. 28 5 comma) e non semplici episodi sporadici.

L’applicabilità del perdono giudiziale ex art. 32 co. 1 ,(D.P.R. 448/1988) impone una valutazione prognostica in ordine al futuro comportamento del reo. L’istituto si fonda sulla rinuncia alla pretesa punitiva a fini pedagogici e richiede come presupposto il positivo accertamento della sussistenza del reato, della colpevolezza, dell’imputabilità, la possibile applicazione di una pena detentiva non superiore a due anni, ovvero una pena pecuniaria anche se congiunta non superiore a euro 1549,37. Il perdono è concedibile una sola volta.

Nel processo penale minorile non è ammessa la costituzione di parte civile della persona offesa che trova però garanzie e poteri di cui all’art. 90 c.p.p. e ha ugualmente un ruolo nel processo. La ratio di tale esclusione sta nel principio educativo e non scombinare l’assetto del recupero del minore reo, principio di riferimento del sistema penale minorile. L’apporto della vittima, semmai, serve al giudice procedente per verificare altri profili, come la sua percezione del reato o del danno subito, la possibilità di intraprendere un discorso di conciliazione e mediazione tra le parti.

7. Il consenso del minore imputato

Al minore imputato si chiede di acconsentire alla definizione anticipata del processo in fase di udienza preliminare rinunciando al dibattimento. La manifestazione espressa del consenso è un atto personalissimo che può essere prestato dal difensore in sua vece solo se munito di procura speciale recante specifica autorizzazione in tal senso.

8. Condanna a sanzione sostitutiva

A completamento del panorama decisorio con la chiusura dell’udienza preliminare, c’è la possibilità di pronunciare una sentenza di condanna a pena pecuniaria o sanzione sostitutiva, ex art. 32 comma 2, che può essere pronunciata solo su richiesta del PM, ed è preclusa ogni iniziativa al collegio giudicante. E’ questa una misura anomala perché di carattere patrimoniale ma la ragione sta nel fatto che in sede minorile non essendo applicabile il procedimento per decreto sarebbe stato discriminatorio per gli imputati minori di età che non avrebbero potuto beneficiare delle riduzioni di pena  ex art. 459 comma 2 c.p.p. Le sanzioni applicate sono dunque la semidetenzione, la libertà controllata, la pena pecuniaria.

9. Provvedimenti civili di urgenza

Infine se nel processo penale emerge una situazione di forte disagio familiare che può essere sofferta dal minore, e che pertanto debbano essere richiesti interventi immediati, il Giudice ai sensi del menzionato art. 32 4 comma, può disporre provvedimenti civili temporanei di urgenza a protezione del minorenne. I detti provvedimenti vengono adottati mediante separato decreto motivato e sono immediatamente esecutivi, ma temporanei, e cessano di avere effetto entro 30 giorni dalla data della loro emissione.

Sono provvedimenti di natura civilistica emanati in situazione di urgenza e di necessità per assicurare una protezione al minore in difficoltà, adottati anche senza sentire i genitori.

In conclusione la differenziazione del trattamento del minore rispetto all’adulto trova fondamento nella consapevolezza della specificità della condizione giovanile e nella convinzione che la sua spinta a delinquere abbia origine da circostanze sfavorevoli diverse, sociali, familiari e individuali, condizionate dalla giovane età. Per quanto considerato si può facilmente dedurre che solo una giurisdizione specializzata offerta al minorenne  fa si che si possa realizzare una tutela del minore ad ampio raggio e  l’auspicio è che le riforme in itinere possano coinvolgere ogni settore del diritto minorile.

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Bibliografia

1)Il processo penale minorile – Commento al D.P.R 448/1988 di Glauco Giostra- Giuffrè Editore

2)”Il Processo penale minorile”-Manuale operativo di Laura Biarella- Altalex Editore

3)Trattato di diritto penale minorile  Tomo 1 Marta Bertolino “Il reo e la persona offesa. Il diritto penale minorile .”Giuffrè Editore

4) “La tutela giuridica del minore” di Cristina Cerrai, Stefania Ciocchetti, Patrizia La Vecchia, Ivana Enrica Pipponzi, Emanuela Vargiu -Maggioli Editore

5) “Procedura penale minorile” di Marta Bargis-  Silvia Buzzelli, Claudia Cesari, Franco Della Casa, Adonella Presutti -G. Giappichelli Editore

Savina D’Amore

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