Locazioni brevi: ok alla ritenuta d’imposta nazionale

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La CGUE, nella Sentenza nella causa C-83/21, Airbnb Ireland e Airbnb Payments UK, ha fornito chiarimenti sul regime fiscale deli affitti brevi quando l’intermediario operi attraverso una piattaforma web, statuendo che l’obbligo, stabilito dalla disciplina italiana, di designare un rappresentante fiscale, è contrario all’articolo 56 TFUE

Indice

1. La legge italiana sulle locazioni brevi

L’art. 4, d.l. n. 50/17, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 96/17 (recante “Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo”), ha statuito un regime fiscale delle locazioni immobiliari brevi al di fuori di un’attività commerciale. Tale disciplina trova operatività per i contratti di locazione di immobili:

  • a uso abitativo da parte di persone fisiche che agiscono al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa,
  • di durata non superiore a 30 giorni, indipendentemente dal fatto che detti contratti siano stipulati direttamente coi locatori o grazie all’intervento di soggetti che esercitano l’attività di intermediazione immobiliare, in cui rientrano soggetti che, come Airbnb, gestiscono portali telematici.

2. Il regime fiscale

Dal 1° giugno 2017 i redditi derivanti da siffatti contratti di locazione risultano soggetti a una ritenuta del 21%, dovuta all’Erario, se i proprietari interessati abbiano optato per tale aliquota preferenziale, e i dati relativi ai contratti di locazione devono essere trasmessi all’amministrazione fiscale. Quando incassano i canoni o svolgono un ruolo nella loro riscossione, i soggetti che svolgono attività di intermediazione immobiliare devono effettuare, quali sostituti d’imposta, la ritenuta di cui trattasi sull’ammontare dei canoni e provvedere al relativo versamento all’Erario. I soggetti non residenti privi di una stabile organizzazione in Italia hanno l’obbligo di nominare, in qualità di responsabili d’imposta, un rappresentante fiscale.

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3. La vicenda Airbnb

Airbnb è una multinazionale che gestisce un portale web di intermediazione immobiliare, che consente di mettere in contatto, da un lato, locatori che dispongono di alloggi e, dall’altro, persone che cercano tale tipo di sistemazione. Airbnb riscuote dal cliente il pagamento per la fornitura dell’alloggio prima dell’inizio della locazione e trasferisce tale pagamento al locatore in assenza di contestazioni da parte del conduttore. Airbnb Ireland UC e Airbnb Payments UK Ltd, appartenenti al gruppo, hanno proposto un ricorso per l’annullamento del provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate che dava attuazione al nuovo regime fiscale. Investito dell’impugnazione proposta da Airbnb avverso la sentenza che respingeva detto ricorso, il Consiglio di Stato ha chiesto alla CGUE di interpretare alcune disposizioni del diritto UE in relazione agli obblighi imposti dalla legge nazionale agli intermediari di locazioni immobiliari brevi.

4. I tre obblighi italiani

Nella sentenza del 22 dicembre, la Corte constata che i tre obblighi introdotti nel diritto italiano nel 2017 rientrano nel settore fiscale e sono, di conseguenza, esclusi dall’ambito di applicazione di talune direttive fatte valere da Airbnb. La Corte ha esaminato la legittimità delle tre misure alla luce del divieto di restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno dell’Unione posto all’articolo 56 TFUE:

  • l’obbligo di raccolta e comunicazione alle autorità fiscali dei dati relativi ai contratti di locazione stipulati a seguito dell’intermediazione immobiliare è imposto a tutti i terzi, indipendentemente dal fatto che si tratti di persone fisiche o giuridiche, sia che queste ultime risiedano o siano stabilite in detto territorio o meno e sia che intervengano tramite strumenti digitali o con altre modalità di contatto. La Corte ne deduce che un obbligo del genere non contrasta con il divieto di cui all’articolo 56 TFUE, essendo opponibile a tutti gli operatori che esercitano determinate attività sul territorio nazionale;
  • l’obbligo di ritenuta dell’imposta alla fonte s’impone, anch’esso, tanto ai prestatori di servizi di intermediazione immobiliare stabiliti in uno Stato membro diverso dall’Italia, quanto alle imprese che hanno ivi uno stabilimento e la Corte esclude, di conseguenza, che sia possibile ritenere che detto obbligo vieti, ostacoli o renda meno attraente l’esercizio della libera prestazione dei servizi;
  • l’obbligo di designare un rappresentante fiscale in Italia grava, invece, unicamente su taluni prestatori di servizi di intermediazione immobiliare privi di stabile organizzazione in Italia. Poiché l’obbligo in parola impone loro di avviare procedure ma altresì di sopportare il costo della retribuzione del rappresentante, tali vincoli determinano, per gli anzidetti operatori, un ostacolo idoneo a dissuaderli dall’effettuare servizi di intermediazione immobiliare in Italia, in ogni caso secondo le modalità corrispondenti alla loro volontà. L’obbligo summenzionato deve quindi essere considerato quale restrizione alla libera prestazione dei servizi, vietata, in linea di principio, dall’articolo 56 TFUE.

5. Lo scopo della misura

Nonostante la misura fiscale in questione persegua lo scopo legittimo di garantire l’efficacia della riscossione dell’imposta, potenzialmente idoneo a giustificare una restrizione alla libera prestazione dei servizi, per la CGUE la stessa eccede per raggiungere siffatto obiettivo. La misura in parola, infatti, si applica indifferentemente a tutti i prestatori di servizi di intermediazione immobiliare privi di una stabile organizzazione in Italia e che hanno scelto, nell’ambito delle loro prestazioni, di incassare i canoni di locazione o i corrispettivi relativi ai contratti oggetto del regime fiscale del 2017, ovvero di intervenire nella riscossione di tali canoni o corrispettivi. Essa non opera tuttavia alcuna distinzione in funzione, ad esempio, del volume di entrate fiscali prelevato o che poteva essere prelevato annualmente per conto dell’Erario da parte dei suddetti prestatori. Inoltre, la circostanza che l’amministrazione fiscale disponga già di informazioni a essa trasmesse relative ai contribuenti è tale da semplificare il suo controllo e, per l’effetto, conferisce ancor più rilevanza al carattere sproporzionato dell’obbligo di designazione di un rappresentante fiscale. Consegue che l’obbligo di designare un rappresentante fiscale è contrario all’articolo 56 TFUE.

Avv. Biarella Laura

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