Locazione e clausola penale: esame dei principali aspetti critici

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La clausola penale è quella con cui si pattuisce che, in caso di inadempimento o ritardo nell’adempimento, uno dei contraenti sia tenuto a una determinata prestazione nei confronti dell’altro ed è quindi finalizzata a limitare il risarcimento alla prestazione promessa, indipendentemente dalla prova del danno, salvo che sia stata convenuta anche la risarcibilità del danno ulteriore (che occorrerà ovviamente provare).

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Indice

Ritardo nella consegna immobile e clausola penale

Il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno (art 1591 c.c.).
Il conduttore in ritardo nella riconsegna dell’immobile quindi è tenuto a norma dell’art. 1591 c.c., dalla data di cessazione legale del contratto, oltre al pagamento del corrispettivo convenuto, anche al risarcimento del maggior danno subito dal locatore, a titolo di responsabilità contrattuale per il ritardato adempimento; pertanto, qualora questo danno sia stato determinato con apposita clausola penale, il conduttore deve corrispondere l’ammontare di detta penale (Cass. civ., sez. VI, 09/12/2015, n. 24910; Cass. civ., sez. III, 28/09/1998, n. 9698; Cass. civ., sez. III, 04/11/1993, n. 10887). Essa concerne e, quindi, assorbe solo il maggior danno rispetto al corrispettivo, al quale allude la norma dell’art. 1591 c.c.
Secondo tale disposizione, il conduttore inadempiente rispetto all’obbligazione di restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno, che può essere “forfetizzato” con la previsione di una penale (Cass. civ., sez. III, 16/02/2023, n. 4904).
La Cassazione ha precisato come l’impossibilità di duplicazione possa correttamente applicarsi soltanto con riferimento agli obblighi maturati alla richiesta di risoluzione del contratto; non quindi per quelli successivi. Altrimenti l’inadempiente potrebbe prolungare volontariamente il proprio comportamento in violazione delle regole pattizie, contando proprio sulla predeterminazione del danno contenuto nella clausola che perderebbe del tutto la propria efficacia, sia coercitiva all’adempimento che di quantificazione ex ante del dovuto (Cass. civ. sez. III, 13/03/2018, n. 6015; Cass. civ., sez. VI, 09/12/2015, n. 24910).

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La riduzione della penale

Bisogna precisare che alla clausola penale non si applica la disciplina in tema di usurarietà dei tassi di interesse, bensì la “reductio ad aequitatem” ex art. 1384 c.c., non predeterminata dalla legge, ma affidata all’apprezzamento del giudice secondo equità, la quale va fondata non già sulla valutazione della prestazione, bensì sulla considerazione dell’interesse all’adempimento della parte creditrice e sulle ripercussioni del ritardo o dell’inadempimento sull’effettivo equilibrio sinallagmatico del rapporto (Cass. civ., sez. III, 21/02/2023, n. 5379). La Suprema Corte ha precisato che il predetto potere di riduzione a equità può essere esercitato d’ufficio dal giudice sia con riferimento alla penale manifestamente eccessiva, sia con riferimento all’ipotesi in cui l’obbligazione principale sia stata in parte eseguita, giacché in quest’ultimo caso la mancata previsione da parte dei contraenti di una riduzione della penale in caso di adempimento di parte dell’obbligazione si traduce comunque in una eccessività di essa se rapportata alla sola parte rimasta inadempiuta. I giudici di legittimità hanno anche chiarito che detto potere d’ufficio può essere esercitato anche qualora le parti abbiano contrattualmente convenuto l’irriducibilità della penale (Cass. civ., sez. III, 15/06/2018, n. 15753).

Locazione, clausola penale e tassazione

Sulla base della risoluzione n. 91/E del 2004, l’Agenzia delle Entrate, ha sostenuto che alla clausola penale si applica, per analogia, la disciplina degli atti sottoposti a condizione sospensiva (disciplinati dall’articolo 27 del Dpr 131/86), con la conseguenza che la clausola penale debba essere assoggettata, al momento della registrazione, a imposta in misura fissa pari a 200 € e, al momento della esplicazione dei suoi effetti, a imposta proporzionale nella misura del 3% al netto dei 200 € già versati. Recentemente però è stato affermato che la clausola penale ha lo scopo di sostenere l’esatto, reciproco, tempestivo adempimento delle obbligazioni “principali” assunte con il contratto cui accede. Per questa tesi la clausola non ha quindi una causa “propria” e distinta, ma una funzione “servente” rispetto a quella del contratto nel quale è contenuta. Quindi, per tale opinione, siccome le clausole penali non possono sopravvivere autonomamente rispetto al contratto di locazione non sono assoggettabili ad imposta di registro. Nel caso esaminato il locatore aveva proposto opposizione avverso l’avviso di liquidazione dell’ulteriore imposta di registro (200 € in misura fissa) applicata su un contratto di locazione, in riferimento alla clausola penale ivi prevista per sanzionare l’inadempimento della conduttrice. In accoglimento del ricorso del locatore, i giudici di primo grado hanno sostenuto che era del tutto infondata la pretesa tributaria dell’Ufficio. In particolare, la clausola in questione non aveva esistenza giuridica autonoma rispetto alle statuizioni principali del contratto di locazione al quale si collegava. La sentenza della Corte di Giustizia tributaria Lombardia-Milano del 22 giugno 2023, n. 2007 ha confermato la tesi dei giudici di primo grado.

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