Liste d’attesa in ospedale: come evitarle?

Redazione 07/02/17
Scarica PDF Stampa

Cerchi un avvocato? Confronta subito i preventivi dei nostri migliori esperti. È gratis!

 

Come molti cittadini italiani sanno fin troppo bene, le liste d’attesa in ospedale possono essere molto lunghe. A volte, addirittura, un paziente può essere costretto ad aspettare diversi mesi per una visita specialistica.

La legge, però, va in questo caso incontro al cittadino: ospedali e aziende sanitarie sono infatti tenuti a comunicare ai pazienti i tempi massimi entro i quali la prestazione richiesta dovrà essere fornita e, in caso di superamento di tale limite, a garantire la prestazione in intramoenia dietro semplice pagamento del ticket e senza costi aggiuntivi.

Vediamo allora come è possibile evitare attese interminabili e ricevere la prestazione richiesta.

 

Quali sono i tempi massimi d’attesa?

I pazienti che richiedono una determinata prestazione sanitaria non possono essere lasciati attendere per un tempo indefinito.

Il Piano nazionale di governo delle liste d’attesa, elaborato d’intesa con tutte le Regioni italiane, prevede infatti specifici tempi massimi per l’erogazione di ogni tipo di esame e visita specialistica. Le prestazioni sono divise in varie categorie a seconda della gravità e dell’urgenza, ma in ogni caso il cittadino non può attendere per più di 180 giorni.

Nei casi più frequenti, le visite mediche specialistiche devono essere erogate entro 30 giorni e gli esami strumentali entro un massimo di 60 giorni dalla richiesta.

 

Il diritto alla visita a spese della Asl

Cosa fare, allora, se l’ospedale ci fa attendere per un periodo di tempo più lungo (o molto più lungo) del massimo consentito?

Il Decreto legislativo n. 124/1998 stabilisce che, in caso di superamento dei limiti di attesa massimi, il cittadino può chiedere che “la prestazione venga resa nell’ambito dell’attività libero-professionale intramuraria (ALPI)” dietro il solo pagamento del ticket.

L’ALPI è l’attività che viene svolta dal medico fuori dall’orario di lavoro ma all’interno delle strutture sanitarie (“in intramoenia“), ad integrazione dell’attività istituzionalmente dovuta. Ebbene, il D.Lgs. specifica che il costo di tale prestazione in questi casi deve essere coperto dalle Asl e non dal cittadino.

 

Il rimborso del costo della visita privata

Ma non è tutto. Se l’ospedale non è in grado di garantire una visita in intramoenia entro tempi ragionevoli, il cittadino può addirittura ricorrere a una visita interamente privata, al di fuori del servizio ospedaliero garantito, e poi chiedere il rimborso alla Asl.

Questo, tuttavia, solo a condizione che l’ospedale non sia stato in grado di fornire tali prestazioni urgenti e che la cura abbia comunque sortito un significativo beneficio al cittadino in termini di salute.

 

Come si presenta la richiesta per la prestazione gratuita?

Il cittadino che, superati i termini di attesa previsti, voglia ricorrere alla prestazione libero-professionale intramuraria può indirizzare richiesta al Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria.

In essa il paziente dovrà fornire i propri dati personali e specificare che gli è stata prescritta una particolare visita di carattere urgente e che l’ospedale non è stato in grado di fornire tale prestazione entro i termini prestabiliti. Il cittadino dovrà quindi richiedere prestazione libero-professionale intramuraria specificando di averne diritto ai sensi del D.Lgs. n. 124/1998.

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento