Liberalizzazione del commercio: limiti e condizioni dell’insediamento commerciale

Redazione 12/10/18
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di Emanuele Boscolo

La liberalizzazione del commercio costituisce un dato ordinamentale di straordinaria rilevanza ormai definitivamente acquisito. Si può parlare in proposito di una delle poche liberalizzazioni condotte a termine nel nostro paese con reale successo (comparabile soltanto ai traguardi raggiunti nel settore delle telecomunicazioni). In seguito ad un lungo e articolato percorso avviato alla fine degli anni Novanta, punteggiato anche da pervicaci resistenze (soprattutto in sede regionale), sono cadute le barriere all’ingresso di new entrants nel mercato del commercio.

Libertà d’accesso

L’affermazione della libertà di accesso, correttamente intesa come rimozione delle barriere anticoncorrenziali e degli sbarramenti amministrativi a indiretta protezione degli incumbents, non postula tuttavia una generalizzata libertà di insediamento.
Al netto di ogni bardatura ideologica di stampo iperliberista (o, per meglio dire, libertario o anarcoliberale), libertà di accesso non significa – come vedremo – insediabilità commerciale ovunque (sintagma quest’ultimo volutamente estremizzato).
Nel passaggio dall’astrattezza dello spazio normativo alla concretezza dello spazio territoriale ‘situato’, la libertà di accesso incontra dei limiti ineludibili e insuperabili, legati essenzialmente all’esigenza di rispetto di un ordine e di una razionalità nell’organizzazione e nei funzionamenti dei sistemi urbani (a cui si assommano istanze di tutela di beni ambientali e culturali, del paesaggio, etc.). La cifra saliente dell’avvenuta liberalizzazione è rappresentata dall’affrancamento dell’attivazione dei diversi tagli distributivi (dagli esercizi di vicinato sino alle grandi strutture di vendita) da contingenti e da altri vincoli direttamente riferibili all’attività economica in quanto tale. La libertà di insediamento – dato non meno rimarchevole – può quindi dispiegarsi solo entro i quadranti urbanistici ove non si riscontrino ragioni preclusive di ordine territorial-ambientale e, comunque, nel rispetto delle regole urbanistiche. Si può dunque parlare di limiti esterni (espressivi di una limitazione spaziale all’insediamento commerciale per la preservazione di altri interessi pubblici) e di limiti interni (condizioni a cui il piano urbanistico sottopone l’insediamento commerciale negli spazi in cui esso è consentito).

Libertà di commercio

La misura effettiva della libertà di commercio è quindi deducibile ‘in negativo’ rispetto alla latitudine dei limiti e delle condizioni amministrative all’insediamento.
È questo il profilo su cui si focalizza prioritariamente il presente scritto, sulla scorta della scelta di orientare l’indagine in direzione della ricerca delle giustificazioni validamente sottese a tali condizionamenti a tutela di interessi territoriali.
Nel quadro attuale, definitivamente tramontata ogni forma di pianificazione strutturale del commercio (emblematicamente simboleggiata dal piano di sviluppo della rete distributiva), a fronte delle esternalità generate dall’attività commerciale e destinate a scaricarsi sulle matrici ambientali e sulle compagini urbane (si pensi solo al traffico indotto), in capo alle amministrazioni pubbliche residua unicamente la possibilità di disciplinare l’insediamento commerciale mediante gli strumenti propri del governo del territorio (il piano urbanistico di scala comunale, in primis). In questa sede appare quindi utile non solo una ricostruzione delle tappe dell’itinerario culminato nell’affermazione del principio di massima liberalizzazione (sino a fare del settore del commercio un banco di prova del più generale orientamento liberalizzante che informa il diritto amministrativo dell’economia), ma anche una puntuale identificazione delle determinanti, dei contenuti e dei limiti stringenti del potere di intervento amministrativo teso alla ottimizzazione degli assetti territoriali. Un potere che, ove non strettamente orientato a tale scopo, rischia di riproporre – come in effetti è accaduto in più occasioni – altrettanti non ammessi ostacoli alla libertà di esercizio dell’attività economica.
(continua a leggere…)

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