Il fatto
Il Tribunale di sorveglianza di Roma rigettava una istanza di concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale presentata da un detenuto in relazione alla pena detentiva che il condannato doveva scontare.
In particolare, nel respingere siffatto beneficio penitenziario, il Tribunale di Sorveglianza di Roma richiamava la gravità dei fatti di reato per i quali l’istante era stato condannato e l’incompletezza del processo di rivisitazione critica del suo vissuto criminale che imponeva, a suo avviso, di formulare una prognosi negativa sull’idoneità della misura alternativa invocata ad assolvere alle sue finalità di prevenzione speciale.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione il difensore del detenuto adducendo la violazione di legge del provvedimento impugnato conseguente al fatto che il Tribunale di Sorveglianza di Roma non aveva tenuto conto del legittimo impedimento del difensore del ricorrente e riguardante la presenza di un soggetto con “sospetto Covid” nel suo nucleo familiare per effetto del quale, ad avviso del ricorrente, doveva essere dichiarata la nullità assoluta e insanabile dell’ordinanza adottata all’esito di tale udienza.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso proposto era accolto essendo stata fornita, nella decisione qui in commento, risposta positiva al seguente quesito: se la presenza di un soggetto con “sospetto Covid” nel nucleo familiare di un legale costituisce un impedimento che a sua volta legittima il rinvio dell’udienza.
Difatti, gli Ermellini pervenivano a siffatta conclusione rilevando prima di tutto che lo svolgimento dell’udienza in camera di consiglio davanti al Tribunale di Sorveglianza, relativa all’istanza di concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, è disciplinato dall’art. 127 cod. proc. pen., il cui terzo comma stabilisce: «Il pubblico ministero, gli altri destinatari dell’avviso nonché i difensori sono sentiti se compaiono. Se l’interessato è detenuto o internato in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice e ne fa richiesta, deve essere sentito prima del giorno dell’udienza dal magistrato di sorveglianza del luogo».
Oltre a ciò, veniva altresì rilevato che tale disposizione deve essere integrata dal quarto comma dello stesso art. 127 cod. proc. pen. a tenore del quale: «L’udienza è rinviata se sussiste un legittimo impedimento dell’imputato o del condannato che ha chiesto di essere sentito personalmente e che non sia detenuto o internato in luogo diverso da quello in cui ha sede il giudice».
Precisato ciò, i giudici di piazza Cavour evidenziavano inoltre come tale disciplina normativa debba a sua volta essere integrata dalla previsione dell’art. 420-ter, comma 5, cod. proc. pen. che, in materia di legittimo impedimento difensivo, prevede che il giudice «provvede a norma del comma 1 nel caso di assenza del difensore, quando risulta che l’assenza stessa è dovuta ad assoluta impossibilità a comparire per legittimo impedimento, purché prontamente comunicato […]».
Tal che se ne faceva discendere che la disciplina dell’udienza del procedimento di sorveglianza deve essere applicata integralmente al rappresentante del detenuto al quale devono essere riconosciute tutte le garanzie processuali previste per il suo assistito dal combinato disposto degli artt. 127, commi 3 e 4, e 420-ter, comma 5, cod. proc. pen., con la conseguenza che al difensore deve essere garantito il diritto al rinvio dell’udienza laddove sia legittimamente impedito fermo restando però che l’impedimento del difensore deve essere appositamente documentato e tempestivamente comunicato all’autorità giudiziaria davanti alla quale è in corso di svolgimento il procedimento di sorveglianza (Sez. 1, n. 21981 del 17/07/2020; Sez. 1, n. 20998 del 26/06/2020; Sez. 1, n. 27074 del 03/05/2017).
Terminato questo excursus normativo e giurisprudenziale, la Suprema Corte osservava come dovesse rilevarsi che, nel caso di specie, l’avvocato, che assisteva il detenuto davanti al Tribunale di Sorveglianza di Roma, documentava con apposita certificazione medica di essere legittimamente impedito a presenziare all’udienza rappresentando la presenza nel suo nucleo familiare di un soggetto con “sospetto Covid” per il quale, a seguito di apposita consultazione medica, veniva ordinata la sottoposizione a tampone.
Tuttavia, questa istanza difensiva veniva respinta dal Tribunale di Sorveglianza di Roma senza che, ad avviso del Supremo Consesso, fossero date delle ragioni giustificative del respingimento nel provvedimento impugnato e nonostante la sussistenza di una certificazione medica prodotta dal legale che attestava la sussistenza di un legittimo impedimento, rilevante ai sensi del combinato disposto degli artt. 127, commi 3 e 4, e 420-ter, comma 5, cod. proc. pen., la cui pretermissione concretizzava una nullità assoluta e insanabile, parimenti rilevante ai sensi degli artt. 178 e 179 cod. proc. pen..
Le conclusioni a cui era giunto il Tribunale di Sorveglianza di Roma, pertanto, per i giudici di legittimità ordinaria, appariva essere in contrasto con la disciplina dell’udienza camerale prefigurata dal combinato disposto degli artt. 127, commi 3 e 4, e 420-ter, comma 5, cod. proc. pen., che deve ritenersi applicabile nei procedimenti di sorveglianza, nei casi in cui il legittimo impedimento riguardi l’ipotesi in cui il difensore del detenuto adduca la presenza di un soggetto con “sospetto Covid” nel suo nucleo familiare tenuto conto altresì del fatto che tali conclusioni, del resto, sempre per la Corte di legittimità, si impongono alla luce della giurisprudenza consolidata della stessa Cassazione secondo cui l’«art. 420-ter, comma 5, cod. proc. pen., si applica anche nel procedimento di sorveglianza, sicché il legittimo impedimento del difensore costituisce una causa di rinvio dell’udienza che, se disattesa, dà luogo alla nullità di quest’ultima» (Sez. 1, n. 34100 del 04/07/2019; in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 1, n. 10565 del 16/01/2020).
Né, sempre ad avviso della Suprema Corte, potrebbe essere diversamente atteso che, come costantemente affermato in sede nomofilattica, nel «procedimento di sorveglianza, in sede di udienza camerale partecipata ai sensi dell’art. 127 cod. proc. pen, è rilevante l’impedimento del difensore tempestivamente comunicato e determinato da serie ragioni di salute debitamente provate, sicché esso costituisce una causa di rinvio dell’udienza che, se disattesa, dà luogo a nullità di quest’ultima» (Sez. 1, n. 14622 del 07/02/2019; in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 1, n. 27074 del 03/05/2017).
Le considerazioni sin qui esposte inducevano gli Ermellini all’annullamento dell’ordinanza impugnata con il conseguente rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Roma per un nuovo giudizio che si sarebbe dovuto attenere al rispetto dei principi summenzionati.
Si legga anche:”L’istanza di rinvio per legittimo impedimento, dovuto a malattia”
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante nella parte in cui è ivi postulato che la disciplina dell’udienza camerale, prefigurata dal combinato disposto degli artt. 127, commi 3 e 4, e 420-ter, comma 5, cod. proc. pen., deve ritenersi applicabile nei procedimenti di sorveglianza nei casi in cui il legittimo impedimento riguardi l’ipotesi in cui il difensore del detenuto adduca la presenza di un soggetto con “sospetto Covid” nel suo nucleo familiare.
Tale pronuncia, quindi, deve essere presa nella dovuta considerazione ogni volta un difensore voglia chiedere il rinvio per un legittimo impedimento di questo genere ben potendo richiamare tale pronuncia a sostegno di siffatta richiesta.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.
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