Legge di Stabilità per il 2014: meno privilegi ai dipendenti pubblici

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La Legge di Stabilità 2014 introduce per le Pubbliche Amministrazioni il divieto di attribuire l’assegno “ad personam” al dipendente interessato da un passaggio di carriera o di ruolo. L’assegno consisteva in un’integrazione del trattamento stipendiale volta a mantenere inalterato il miglior trattamento economico già conseguito dal dipendente nel caso in cui avesse effettuato un passaggio di carriera ovvero fosse transitato, per qualsiasi ragione (concorso, mobilità, ecc.), da una amministrazione ad un’ altra.

La conservazione del trattamento economico in godimento all’atto del passaggio avveniva in modo semplice. Si procedeva al raffronto fra le due retribuzioni e, qualora il trattamento economico previsto per la nuova qualifica di inquadramento fosse stato inferiore a quello già goduto, si procedeva mediante l’attribuzione, a titolo di assegno personale, della differenza tra le due retribuzioni di base.

Tale strumento rispondeva al principio generale noto come “intangibilità del maturato economico” ovvero come “divieto di reformatio in pejus del trattamento retributivo”. L’intento del legislatore era duplice: da un lato, non si volevano ostacolare percorsi di mobilità del personale e di progressioni in carriera eliminando ostacoli di ordine economico che avrebbero potuto spiegare effetti disincentivanti; dall’altro, si voleva valorizzare la maggiore professionalità acquisita attraverso percorsi di sviluppo di carriera e di mobilità.

L’abrogazione dell’istituto, contenuta nei commi 458 e 459 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di Stabilità 2014), pone fine a un evidente privilegio economico di cui hanno potuto godere, fino ad oggi, coloro che, nel passaggio a nuovi incarichi o ruoli, abbiano mantenuto un trattamento economico non più corrispondente alle mansioni derivanti dalla nuova posizione ricoperta.

Il superamento del principio di intangibilità del maturato economico determinerà una contrazione dei processi di mobilità ponendosi come inevitabile fattore disincentivante per il personale coinvolto. Tuttavia, esso risponde ad un’esigenza di perequazione degli stipendi in virtù della quale, in caso di mutamento di ruolo o di incarico, al pubblico dipendente dovrà esser attribuito il medesimo trattamento economico del collega di pari anzianità, realizzando così quella naturale corrispondenza tra retribuzione e mansioni effettivamente svolte non sempre esistente.

La previsione normativa, dettata evidentemente al fine di realizzare obiettivi di razionalizzazione della spesa pubblica, introduce un nuovo strumento di contenimento dei trattamenti retributivi dei dipendenti pubblici che, almeno stavolta, esprime un modello di revisione della spesa sorretta da un principio di più larga condivisione: la retribuzione del dipendente pubblico deve corrispondere alla prestazione effettivamente svolta, non alla posizione raggiunta.

Gianluca Fasano

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