L’eccezione di arbitrato nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo

Redazione 26/06/19

di Giorgio Mazzone*

* Avvocato

Sommario

1. Premessa

2. Clausola compromissoria e decreto ingiuntivo

3. L’eccezione di arbitrato

4. L’eccezione di arbitrato nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo

1. Premessa

L’eccezione di arbitrato (tradizionalmente definita anche “exceptio compromissi”) è oggetto di un dibattito in dottrina e giurisprudenza che, muovendo dalla ricostruzione della sua natura e dell’inquadramento giuridico, si è concentrato sui rapporti tra giudizio arbitrale e procedimento monitorio in presenza di una clausola compromissoria.

L’art. 808 c.p.c., rubricato “Clausola compromissoria” dispone che “Le parti, nel contratto che stipulano o in un atto separato, possono stabilire che le controversie nascenti dal contratto medesimo siano decise da arbitri, purché si tratti di controversie che possono formare oggetto di convenzione d’arbitrato. La clausola compromissoria deve risultare da atto avente la forma richiesta per il compromesso dall’art. 807”.

Può accadere che insorga una lite avente ad oggetto il pagamento di somme liquide di denaro in relazione ad un contratto in cui è stata prevista una clausola compromissoria ed in questo contesto che una parte, disponendo della prova scritta del diritto fatto valere, decida di dare corso ad un procedimento monitorio ai sensi degli articoli 633 e ss c.p.c.

Occorre analizzare se, in questa fattispecie, il creditore può richiedere un’ingiunzione di pagamento al giudice ordinario e quali strumenti di tutela l’ordinamento mette a disposizione del debitore che intende, comunque, avvalersi della clausola compromissoria.

2. Clausola compromissoria e decreto ingiuntivo

La prima questione da analizzare è se – in presenza di una convenzione arbitrale – il giudice ordinario possa emettere un decreto ingiuntivo.

Al riguardo la dottrina[1] si è tradizionalmente espressa positivamente, riconoscendo al creditore la facoltà di chiedere – ed ottenere – un’ingiunzione di pagamento innanzi al giudice ordinario in ragione della cognizione inaudita altera parte tipica del procedimento monitorio che non è contemplata nella disciplina del giudizio arbitrale[2].

La giurisprudenza ha confermato l’interpretazione della dottrina, affermando unanimemente che l’esistenza di una clausola compromissoria non esclude la competenza del giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo atteso che la disciplina del procedimento arbitrale non contempla l’emissione di provvedimenti monitori[3].

L’orientamento è stato di recente ribadito dalla Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite Civili, 18 settembre 2017, n. 21550 secondo cui “per costante giurisprudenza di questa Corte, la clausola di compromesso in arbitrato non osta all’emissione di un decreto ingiuntivo”[4].

Per completezza di esposizione deve darsi conto dell’esistenza di un orientamento dottrinale[5] secondo cui sarebbe consentito rivolgersi al giudice statale per ottenere una tutela speciale, solamente laddove questa non tenda ad un accertamento del diritto azionato, ma al mero ottenimento di un titolo esecutivo; conseguentemente, se il procedimento implica l’esercizio dell’azione giudiziale, la sua esperibilità andrebbe esclusa. Dunque, nel caso del procedimento monitorio, poiché esso costituisce esercizio di un’azione di condanna, aderendo a questa interpretazione dottrinale, dovrebbe ritenersi precluso il suo esperimento in presenza di una convenzione arbitrale ed il giudice ordinario dovrebbe dichiarare ex officio il proprio difetto di potestas iudicandi.

Non si rinviene, tuttavia, alcun precedente giurisprudenziale in questi termini.

Si deve, peraltro, osservare che questa interpretazione si pone in antitesi rispetto alla ricostruzione dottrinale e giurisprudenziale della natura dell’exceptio compromissi quale eccezione in senso stretto, rilevabile solo ad istanza di parte, oggetto di analisi nel prossimo paragrafo.

[1] Biavati , Argomenti di Diritto Processuale Civile, Bologna, 2018; Mandrioli – Carratta, Diritto Processuale Civile, vol. III, Milano, 2015; Mazzarella – Tesoriere, Guida al Processo Civile Riformato, Padova, 2013; Arieta – De Santis – Montesano, Corso base di Diritto Processuale Civile, Padova, 2010.

[2] Così, Punzi, Disegno sistematico dell’arbitrato, Padova, 2012, III, 226 e Satta, Commentario al codice di procedura civile, vol. IV, Milano 1971, 233 e ss.

[3] In questo senso, ex multis, Cass. Civ., Sez. VI, 1 aprile 2019, n. 9035; Cass. Civ., Sez. Un., 21 settembre 2018, n. 22433; Cass. Civ., Sez. II, 4 marzo 2011, n. 5265 e Cass. Civ., Sez. I, 28 luglio 1999, n. 8166. Tra le sentenze di merito, si segnala Tribunale Milano, Sez. Spec. Impresa, 18 maggio 2018 n. 5650 secondo cui, qualora sia presentato un ricorso per l’emissione di un decreto ingiuntivo riguardante una materia oggetto di una clausola compromissoria, “sussistendo i presupposti di cui agli artt. 633 e ss. c.p.c. il giudice ordinario deve emettere il decreto ingiuntivo richiesto da una delle parti”; in senso conforme, Tribunale Roma, Sez. Spec. Impresa, XVI Sez. Civ., 15 febbraio 2018 n. 3413; Tribunale Roma, Sez. Spec. Impresa, III Sez. Civ., 28 marzo 2017 n. 6046.

[4] In senso conforme, Cass. Civ., Sez. Un., 30 settembre 2016, n. 19473 e Cass. Civ., Sez. III, 22 maggio 1976, n. 1852.

[5] Zucconi G. Fonseca, Giudice italiano ed exceptio compromissi in Riv. trim. dir. proc. civ., 2014, II; id. Diritto dell’arbitrato, Bologna, 2015; Monteleone, Manuale di diritto processuale civile, Padova, 2015 secondo cui il giudice adito in sede monitoria deve rilevare d’ufficio la propria incompetenza per la sussistenza di una convenzione arbitrale, a condizione che questa sia stata prodotta in giudizio dal ricorrente.

3. L’eccezione di arbitrato

Chiarito, dunque, che in ragione di quanto sopra esposto, il giudice ordinario, ricorrendo i presupposti di cui agli artt. 633 e ss. c.p.c. deve emettere l’ingiunzione di pagamento pur se attinente ad una materia oggetto di una clausola compromissoria, occorre ora evidenziare che il debitore – ricevuta la notifica del decreto ingiuntivo – può comunque far valere la clausola compromissoria opponendo al creditore l’eccezione di arbitrato.

Vediamo in quali termini.

Nell’ambito della categoria delle eccezioni, si distinguono tradizionalmente le c.d. eccezioni in senso stretto (o proprio), le eccezioni in senso lato e le mere difese.

La distinzione tra eccezioni in senso lato ed eccezioni in senso stretto poggia sulla rilevabilità d’ufficio o meno delle medesime.

La norma processuale fondamentale in materia è l’art. 112, seconda parte, c.p.c., in virtù del quale il giudice “non può pronunciare d’ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti”.

L’eccezione in senso stretto indica, dunque, i fatti estintivi, modificativi, impeditivi (nel senso di cui all’art. 2697 c.c.[6]) rilevabili solo su istanza di parte.

Con le mere difese, invece, il convenuto si limita a contestare la fondatezza della pretesa attorea ed in tal caso, rimanendo nei limiti della domanda e dell’oggetto del processo, la sua richiesta di rigetto assume i contorni sostanziali di una domanda di accertamento negativo del diritto azionato dall’attore[7].

In questo contesto la dottrina ha osservato come la formulazione di un’eccezione in senso stretto si concretizza nell’opporre alla pretesa attorea, allegandolo, un fatto che, solo la parte convenuta è nelle condizioni di introdurre nel processo e che, inoltre, si rivela in grado di impedire, modificare e/o estinguere la domanda attorea, producendo questi effetti su quello che l’attore ha assunto essere il fatto posto a fondamento della pretesa dal medesimo azionata[8].

Al riguardo anche la giurisprudenza ha unanimemente affermato come l’eccezione in senso stretto, rilevabile esclusivamente ad istanza di parte, si identifica o in quella per la quale la legge espressamente riservi il potere di rilevazione soltanto alla parte, ovvero in quella nella quale il fatto integratore dell’eccezione corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare e che, quindi, per svolgere l’efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico, presuppone il necessario tramite di una manifestazione di volontà posta in essere dallo stesso soggetto titolare del predetto diritto potestativo[9].

Consegue a tale ricostruzione, la previsione legislativa di specifici limiti, correlati alle diverse fasi processuali, per la formulazione delle eccezioni in senso stretto, il che comporta per la parte che non rispetta tali termini, la sanzione della decadenza dalla possibilità di una loro tempestiva formulazione, esonerando il giudice dall’esaminarle[10].

Costituisce, infatti, applicazione di questi principi la norma generale di cui all’art. 167 c.p.c. secondo cui il convenuto “a pena di decadenza deve proporre … le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio” nella comparsa di costituzione e risposta da depositare almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione (ovvero almeno venti giorni prima dell’udienza fissata a norma dell’art. 168 bis, quinto comma).

In esito a tale ricostruzione teorica, può affermarsi che, per costante orientamento della dottrina[11] e della giurisprudenza[12], l’eccezione di arbitrato costituisce una eccezione in senso stretto (o proprio), come tale non rilevabile d’ufficio.

L’exceptio compromissi è, infatti, disciplinata come una questione di competenza dall’art. 819 ter c.p.c. nel testo introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 secondo cui “L’eccezione di incompetenza del giudice in ragione della convenzione di arbitrato deve essere proposta, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta. La mancata proposizione dell’eccezione esclude la competenza arbitrale limitatamente alla controversia decisa in quel giudizio”.

La ratio per la quale la richiamata eccezione determina, nel caso di specie, l’insorgere di una questione di competenza è stata puntualmente evidenziata dalla Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite Civili, 25 ottobre 2013, n. 24153 secondo cui “Dalla natura giurisdizionale, e sostitutiva della funzione del giudice ordinario, dell’attività degli arbitri rituali consegue che lo stabilire se una controversia appartenga alla cognizione del giudice ordinario o degli arbitri si configura come questione di competenza”[13].

La natura dell’eccezione di arbitrato come eccezione in senso stretto determina, dunque, a carico della parte che la solleva un onere di formulazione che potrà essere assolto solo attraverso un’espressa manifestazione di volontà in tal senso e senza poter confidare in un intervento officioso del giudice.

La modalità di deduzione della incompetenza per convenzione arbitrale, impone, così al convenuto di proporre l’exceptiocompromissi a pena di decadenza nella comparsa di risposta costituendosi in giudizio nel rispetto del termine fissato ex art. 166 c.p.c.; diversamente e dunque, in caso di eccezione tardiva, il potere di decidere in ordine alla domanda proposta dall’attore resterà ferma in capo al giudice ordinario adito[14], seppur limitatamente alla controversia decisa in quel giudizio[15].

[6] L’art. 2697 c.c. dispone “1. Chi vuol fare valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. 2. Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda”.

[7] Così, Mandrioli – Carratta, cit., vol. I, p.145.

[8] Così, Mazzarella – Tesoriere, cit., p.142; nello stesso senso, vds. Proto Pisani, Lezioni di Diritto Processuale Civile, Napoli, 1994, p. 62; Arieta – De Santis – Montesano, cit., p. 169.

[9] Cass. Civ., Sez. III, 5 agosto 2013, n. 1802.

[10] In dottrina si segnala Oriani, Eccezione rilevabile d’ufficio ed onere di tempestiva allegazione in Foro it., 2001, I, 132; in giurisprudenza vds. Cass. Civ., Sez. Un., 16 febbraio 2016, n. 2951.

[11] Punzi, Disegno sistematico dell’arbitrato, Padova, 2012, ha sottolineato che la deroga alla competenza del giudice ordinario, derivante dalla stipulazione della clausola compromissoria, è rimessa all’iniziativa di parte, conformemente a quanto oggi previsto dal nuovo art. 819 ter c.p.c., come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40.

[12] Vds., ex multis, Cass. Civ., Sez. Un., 30 settembre 2016, n. 19473 secondo cui “Deve ritenersi ius recpetum presso queste sezioni unite il principio secondo il quale la questione dell’improponibilità della domanda conseguente alla previsione di una clausola compromissoria per arbitrato, è da sollevarsi su eccezione di parte e non è rilevabile di ufficio”.

[13] Il principio è stato recentemente ribadito da Cass. Civ., Sez. VI, 25 ottobre 2017, n. 25254 secondo cui “Con la introduzione dell’art. 819 ter c.p.c., per effetto del D.Lgs. n. 40 del 2006, … il Legislatore si è decisamente orientato a regolare i rapporti tra il procedimento arbitrale ed il processo ordinario in termini di ‘competenza‘”.

[14] Consolo – Luiso, Codice di Procedura Civile commentato, Milano, 2007, p. 5954 hanno evidenziato come l’eccezione di arbitrato sia assimilabile, dal punto di vista processuale, all’eccezione di incompetenza per territorio derogabile.

[15] In questo senso, anche, Cass. Civ., Sez. II, 20 febbraio 2015, n. 3464.

4. L’eccezione di arbitrato nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo

I principi ed i concetti sopra esposti trovano puntuale applicazione anche nell’ipotesi del giudizio di opposizione ad un’ingiunzione di pagamento, con le seguenti precisazioni.

In questa fattispecie, infatti, l’opponente dovrà dedurre l’eccezione di arbitrato a pena di decadenza nell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo[16] e richiedere al giudice ordinario la declaratoria di nullità del titolo monitorio.

Se da una parte, infatti, il giudice ordinario è sempre competente ad emettere un decreto ingiuntivo nonostante l’esistenza di una clausola compromissoria prevista nel contratto dal quale abbia origine il rapporto creditorio dedotto in giudizio (e ciò in quanto la disciplina del procedimento arbitrale non prevede la pronuncia di provvedimenti di carattere monitorio), dall’altra parte, quando sia stata proposta opposizione a decreto ingiuntivo si instaura un normale procedimento di cognizione e, se il debitore eccepisce la competenza arbitrale, si verificano, a seguito della contestazione, i presupposti fissati nella convenzione arbitrale e, conseguentemente, viene a cessare la competenza del giudice ordinario precedentemente adito che deve revocare il decreto ingiuntivo e rimettere le parti davanti agli arbitri[17].

La nullità e la conseguente revoca del decreto ingiuntivo debbono essere disposte con provvedimento decisorio, assunto nella forma di sentenza e non di ordinanza in quanto quella del giudice dell’opposizione è una competenza funzionale alla verifica del titolo monitorio opposto[18].

[16] Punzi, cit., Padova, 2012, ha rilevato come, essendo l’exceptio compromissi un’eccezione di parte, per la struttura del procedimento monitorio ove il contraddittorio è successivo all’emanazione del provvedimento ingiuntivo, oltre che eventuale (poiché condizionato all’instaurazione del giudizio di opposizione), l’eccezione di arbitrato non potrà essere sollevata che con l’atto di opposizione, con l’ulteriore conseguenza che al giudice adito in sede monitoria non è consentito di rilevare ex officio l’esistenza della convenzione di arbitrato.

[17] Così, ex multis, Cass. Civ., Sez. VI, 1 aprile 2019, n. 9035; Cass. Civ., Sez. Un., 18 settembre 2017, n. 21550; Cass. Civ., Sez. I, 28 luglio 1999, n. 8166; Tribunale Milano, 19 ottobre 2017 n. 10590.

[18] Cass. Civ., Sez. VI, 21 agosto 2012, n. 14594.

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento