Le ordinanze di necessità e di urgenza

Federica Teoli 13/09/16
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ABSTRACT

Il potere di emanazione di ordinanze contingibili ed urgenti da parte del Governo ha da sempre rappresentato una questione di scottante attualità per la scienza costituzionalistica, ed è andata col tempo complicandosi per via delle numerose norme settoriali emanate in materia.

In tale ottica si pongono i numerosi contributi che la dottrina ha, da tempo, dedicato al tema in parola, mostrando con interesse di seguirlo sin dal suo primo ingresso nel nostro ordinamento.

Il presente lavoro intende ripercorrere le varie tesi che si sono succedute nel tempo in subiecta materia, per poi fare il punto sullo stato dell’arte.

Le ordinanze di necessità  e di urgenza sono provvedimenti straordinari, espressione di un potere amministrativo extra ordinem, adottati dalle pubbliche autorità nei casi espressamente previsti dalla legge, al fine di fronteggiare situazioni di urgente necessità, che non consentono il ricorso ai normali rimedi apprestati dall’ordinamento.

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Le disposizioni normative attualmente vigenti nel nostro ordinamento che prevedono questa forma di provvedimenti sono da rinvenirsi negli articoli 50 e 54 del T.U. degli Enti locali, nell’art. 117 del D.Lgs. 112/98, negli articoli 2 e 216 del T.U.L.P.S., nell’art. 7 L.2248 del 1865, All.E, nell’art.5 L. 225/1992 in materia di protezione civile, nell’art.13 del d.lgs. 22/1997 in materia di emergenza rifiuti.

La materia è stata anche toccata dalla riforma in senso federalistico dell’ordinamento, atteso che l’art.1 comma 2 del D.Lgs. 112/1998, attuativo della L.59/97, prevede che il conferimento di compiti e funzioni dello Stato in favore di regioni ed enti locali, comprende anche l’adozione di provvedimenti contingibili e urgenti nei casi previsti dalla legge.

Tutte le citate norme si fondano sul requisito comune dell’urgenza, anche se diversamente specificato in relazione alla materia, il che consente di qualificare questi atti amministrativi in termini di extrema ratio.

E’ infatti consentito il ricorso a questi strumenti solo laddove l’eccezionalità e la gravità della situazione concreta non consentano di far ricorso ad altri strumenti, in particolare a quei provvedimenti tipici e nominati caratterizzati dal requisito dell’urgenza, ossia gli atti necessitati.

L’urgenza dell’intervento consente alla PA di omettere la comunicazione di avvio del procedimento, ravvisandosi quelle particolari esigenze di celerità del procedimento di cui all’art. 7 della  L.241/90. A tal fine, tuttavia, non è sufficiente che la situazione sia qualificata come urgente dal legislatore, ma occorre inoltre che le circostanze di fatto siano tali per cui la comunicazione frustrerebbe le esigenze di celerità del procedimento. Inoltre, ai sensi dell’art.21 bis della medesima legge, i provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati aventi carattere cautelare e urgente sono immediatamente efficaci, a prescindere dalla comunicazione in generale prevista dallo stesso articolo.

Oltre che per il requisito della necessità e per l’eccezionalità della situazione concreta, i provvedimenti in parola si caratterizzano per l’atipicità contenutistica, il potere di derogare alla legislazione vigente nei casi previsti dalla legge, la finalità di tutela di un interesse generale, e un’adeguata motivazione in ordine ai presupposti di azione.

I primi due requisiti hanno determinato l’insorgere di alcune questioni interpretative.

In primo luogo, le ordinanze de quibus costituiscono una deroga alla regola della tipicità degli atti amministrativi, posto che le norme che li prevedono si limitano a determinare il presupposto in presenza del quale si legittima il ricorso a tali provvedimenti, in alcuni casi anche la materia, ma non il contenuto concreto dei provvedimenti da adottare. La PA ha quindi il compito di valutare in concreto il contenuto del provvedimento da adottare.

Proprio questa caratteristica, secondo la tesi maggioritaria, consente di distinguere le ordinanze di necessità e di urgenza entro la più generale categoria degli atti necessitati.

La categoria ricomprende infatti gli atti di urgenza, quali l’occupazione d’urgenza e la requisizione d’urgenza, e le ordinanze di necessità e di urgenza.

Entrambe le tipologie di atto si fondano sul presupposto della urgente necessità, ma mentre gli atti di urgenza sono atti tipici e nominati, le ordinanze di necessità e di urgenza sono atti nominati ma atipici.

Gli atti di urgenza sono infatti previsti e disciplinati da norme eccezionali anche quanto al loro contenuto, ferma restando la discrezionalità della PA in ordine alla scelta del tipo di provvedimento da adottare nel caso concreto.

Le ordinanze di necessità e di urgenza invece, pur essendo previste da norme di legge, hanno un contenuto non pre-determinato.(1)

Pertanto, può dirsi che le norme che attribuiscono poteri di ordinanza sono norme sulla produzione giuridica, perché si limitano a disciplinare presupposti, forma, materia, soggetti legittimati all’intervento.

Le norme che attribuiscono ordinari poteri amministrativi sono invece norme di produzione giuridica, in quanto dettano il contenuto dell’adottando provvedimento della PA.(2)

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Tesi minoritarie ritengono invece di operare la distinzione tra atti di urgenza ed ordinanze di necessità e di urgenza in base alle caratteristiche degli atti stessi, piuttosto che sulla base delle norme che li disciplinano.

Tali teorie ravvisano la caratteristica precipua delle ordinanze de quibus, che consente di distinguerle dagli atti di urgenza, o nella portata derogatoria al principio di legalità (3), o nella portata derogatoria tout court al diritto vigente (4), o piuttosto nella pretesa innovatività dell’ordinamento giuridico pre-esistente.

Quanto alla prima argomentazione, si ribatte che le ordinanze di necessità e di urgenza sono comunque previste da norme di legge, quindi rispettose del principio di legalità.

Le ultime due tesi si scontrano invece con il dato di fatto per cui anche ordinari provvedimenti amministrativi possono essere autorizzati da norme legislative a derogare a norme di legge o a innovare l’ordinamento giuridico.

Ancora, caratteristica propria delle ordinanze di necessità e di urgenza è il potere, attribuito alla pubblica autorità, di derogare al diritto vigente, qualora ciò sia indispensabile a fronteggiare la situazione di necessità e di urgenza. Naturalmente, il potere di deroga è ammissibile solo nei casi espressamente previsti dalla legge, di modo che la deroga legislativa contenuta nell’ordinanza sia direttamente riconducibile alla previsione normativa di rango primario.

La previsione di un siffatto potere derogatorio del diritto vigente in capo alla PA pone seri problemi di legittimità costituzionale delle relative norme.

In tal senso, per poter ammettere la legittimità costituzionale di tali norme, le strade astrattamente percorribili sono due: o si ammette l’esistenza della necessità quale fonte del diritto, oppure devono individuarsi dei limiti, nel rispetto dei quali le ordinanze di necessità e di urgenza possono dirsi conformi a Costituzione.

All’interno della prima teoria, si rinvengono due indirizzi interpretativi.

Il primo ritiene che lo stato di necessità opererebbe, più che come fonte giuridica in senso proprio, come circostanza di fatto legittimante qualsiasi provvedimento emanato dalla pubblica autorità per farvi fronte.

Infatti, obbligo primario della Pubblica Amministrazione sarebbe quello di far fronte ai bisogni della collettività e solo subordinatamente di obbedire alle leggi. Pertanto, lo stato di necessità, rendendo attuale l’obbligo di provvedere ai bisogni dei cittadini, farebbe venir meno le necessità di una previa autorizzazione legislativa.

Il secondo filone interpretativo configura la necessità quale fonte fatto, al pari della consuetudine, ma addirittura priva del requisito dell’uso ripetuto e costante.

Secondo questa tesi, dunque, in caso di necessità la PA sarebbe legittimata ad emanare regole in deroga al diritto pre-esistente, riconoscendosi alla stessa un generale e illimitato potere di deroga.

Si andrebbero così a legittimare ordinanze incostituzionali, purché fondate sulla necessità anziché sul diritto positivo.

La tesi si scontra con il carattere rigido della nostra Costituzione, la quale prevede e tipizza solo alcuni atti di necessità e di urgenza, segnatamente nell’art. 78, ed inoltre prevede diverse riserve assolute di legge in alcune materie, nelle quali pertanto non può riconoscersi potere derogatorio a fonti subordinate.

Pertanto, viene generalmente accolta la tesi che individua dei limiti costituzionali al potere di ordinanza, e che trova avallo in alcune pronunce della Corte Costituzionale.

Infatti, la Corte Costituzionale è più volte intervenuta sulla legittimità costituzionale di queste ordinanze, enucleando infine una serie di principi che le stesse devono rispettare per essere riconosciute conformi a Costituzione(5).

Esse devono quindi avere un’efficacia temporale limitata al permanere dello stato di necessità, devono essere adeguatamente motivate in ordine ai presupposti di azione, devono ricevere adeguata pubblicità, devono essere conformi ai principi generali dell’ordinamento giuridico e ai principi costituzionali, non possono operare in materie coperte da riserva assoluta di legge(6).

In particolare, vengono in rilievo gli ultimi due requisiti enunciati dalla Corte Costituzionale:

il rispetto dei principi generali dell’ordinamento, delle norme contenute nella Costituzione e delle riserve assolute di legge da questa previste.

Quanto a quest’ultimo criterio, deve ritenersi sicuramente legittima l’ordinanza che deroghi alla legislazione pre-esistente in materia non coperta da alcuna riserva di legge, né assoluta, né relativa.

In tal caso, infatti, l’ordinanza appare comunque rispettosa del principio di legalità, essendosi la deroga autorizzata per legge.

Se invece la deroga investe una materia coperta da riserva relativa di legge, qui l’ordinanza contra legem è legittima solo se la norma attributiva del relativo potere contenga l’indicazione dei principi e dei criteri direttivi cui la Pubblica Amministrazione deve ispirarsi nell’esercitare tale potere discrezionale.

E’ inoltre piuttosto discussa la natura giuridica delle ordinanze di necessità e di urgenza.

Secondo una prima tesi, le ordinanze in parola avrebbero natura normativa, e ciò sulla base di tre argomenti principali(7).

In primo luogo, il fatto che le norme che prevedono tali ordinanze siano norme sulla produzione giuridica fa ritenere che le ordinanze emanate in base a tali norme siano norme di produzione giuridica.

In secondo luogo, il fatto che le ordinanze di necessità e di urgenza abbiano carattere necessariamente derogatorio e quindi innovativo dell’ordinamento giuridico pre-esistente, fa ritenere che si tratti di norme, almeno per chi accoglie il criterio della necessaria innovatività di queste ultime.

In terzo luogo, fa propendere per la natura normativa la possibilità che tali ordinanze siano caratterizzate dal requisito della generalità e astrattezza.

Un correttivo di tale tesi afferma inoltre che le ordinanze de quibus avrebbero forza di legge, in quanto idonee a derogare a leggi pre-esistenti, ma non valore di legge, in quanto soggette al giudizio del giudice amministrativo e non a quello della Corte Costituzionale.

Gli argomenti portati a sostegno della teoria normativa vengono confutati sulla base delle seguenti considerazioni: sono norme sulla produzione giuridica anche quelle che prevedono atti giuridici diversi dalle norme, quali sentenze o negozi giuridici, senza che da ciò possa desumersi la natura giuridica di questi atti.

Inoltre, anche i negozi o i provvedimenti amministrativi possono avere il carattere della innovatività e quindi derogare al diritto.

In terzo luogo, poi, esistono anche leggi non connotate dal requisito della generalità e astrattezza, quali le leggi provvedimento, mentre viceversa può darsi il caso di provvedimenti amministrativi connotati da tali requisiti.

Una seconda tesi propende per la natura non normativa delle ordinanze di necessità e di urgenza, facendo leva su tre argomentazioni(8).

La prima è che le ordinanze sono emanate da autorità amministrative per lo svolgimento di compiti attribuiti alla PA; la seconda fa leva sulla mancanza dell’obbligo di comunicazione; la terza, infine, fa leva sul carattere temporaneo di tali atti, in quanto legati ad una situazione eccezionale, e quindi destinati a perdere efficacia con il venir meno di questa.

Ne discende che le ordinanze di necessità e di urgenza non hanno un effetto abrogativo delle norme che vanno a derogare, ma solo sospensivo, in quanto non determinano un’incisione stabile ed irreversibile dell’ordinamento giuridico vigente, ma ne sospendono l’applicazione per il periodo di tempo strettamente necessario ad arginare la situazione di pericolo.

Anche questa tesi viene criticata, soprattutto nella misura in cui equipara la temporaneità delle ordinanze al carattere non normativo delle stesse, affermandosi che anche le leggi possono avere carattere temporaneo.

Attualmente prevale quindi la tesi mediana, che riconosce alle ordinanze di necessità e di urgenza carattere normalmente amministrativo ed eccezionalmente normativo, dovendosi di volta in volta verificare se si tratti di prescrizioni puntuali e concrete, o piuttosto caratterizzate dai requisiti della generalità e dell’astrattezza (9).

Per quanto riguarda poi la tutela giurisdizionale, laddove si ravvisi la carenza dei presupposti che legittimano l’esercizio del potere di ordinanza, veniva tradizionalmente operata una distinzione.

Infatti, chi riteneva che l’assenza dei presupposti in esame integrasse un’ipotesi di carenza di potere, trattandosi di presupposti per l’attribuzione del potere,  concludeva per la giurisdizione del giudice ordinario.

Se invece si riteneva integrata un’ipotesi di cattivo uso del potere, trattandosi di erronea valutazione delle misure necessarie per fronteggiare una situazione di pericolo effettivamente esistente, se ne inferiva che la giurisdizione appartenesse al giudice amministrativo.

In merito, è intervenuto il Codice del Processo Amministrativo, che all’art.133, lett. p), annovera, tra le controversie attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, quelle “aventi ad oggetto le ordinanze e i provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992 n. 225, nonché gli atti, i provvedimenti e le ordinanze emanati ai sensi dell’articolo 5, commi 2 e 4, della medesima legge n. 225 del 1992 e le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti”.

In entrambi i casi, poi, il giudice adito potrà assicurare tutela risarcitoria per i danni cagionati per effetto dell’esercizio del potere di ordinanza.

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(1)   Sul punto, dopo il classico scritto di M.S. Giannini, Potere di ordinanza e atti necessitati, in “Giur. compl. Cass. Civ.”, 1948, I, 389 ss., soprattutto L. Galateria, I provvedimenti amministrativi d’urgenza. Le ordinanze, Milano, 1953, 29 ss.;

(2)   Sulla differenza tra le concezioni della necessità come presupposto di provvedimenti eccezionali e come fonte originaria di produzione di norme giuridiche, cfr. P. Grasso, Necessità (dir. pubbl.), in “Enc. dir.”, Milano, Giuffrè, 1977, vol. XXVII, 869 ss;

(3)   S. FOIS, Legalità (principio di), op. cit., p. 700;

(4)   R. CAVALLO PERIN, Il potere di ordinanza, Giuffrè, 1990, p.521;

(5)   Le principali pronunce in materia sono la n. 8/1956 e la n. 26/1961, entrambe disponibili su www.cortecostituzionale.it. Si v. anche Corte Cost. n. 4/1977, in Foro amm, 1978, I, p. 687;

(6)   “Nelle materie coperte da riserva assoluta, non è ammissibile alcun atto amministrativo dal contenuto difforme dalle previsioni costituzionali, e sarebbe illegittima la disposizione di legge che attribuisse il potere di adottarlo. Nelle materie coperte da riserva relativa, è ammissibile l’attribuzione di poteri amministrativi dal contenuto integrativo rispetto alle disposizioni di legge, purché la legge fornisca criteri idonei a limitare la discrezionalità degli organi titolari dei poteri” (Corte Cost., n. 26/1961).

(7)   Paladin L., “Le fonti del diritto italiano”, Bologna, 1996, pag. 459;

(8)   R. Galli, D. Galli, “Corso di diritto amministrativo”, I, Padova, 2004, pag. 36;

(9)   Galateria L, Stipo M., Manuale di diritto amministrativo – principi generali, Torino, 1993, pagg. 52 ss.; Mazzaroli L., PEricu G., Romano A., Roversi Monaco F.A., Scoca F.G. (a cura di), Diritto amministrativo, I, 2002, pag. 59; Sandulli A., Fonti del diritto, in Novissimo digesto italiano, VII, Torino, 1965, pagg. 531 ss.; Bartolomei M., Ordinanza (diritto amministrativo), in Enciclopedia del diritto, XXX, Milano, 1986, pagg. 976 ss.;

 

Federica Teoli

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