Le opere derivate nel Diritto d’autore: un confronto tra ordinamenti giuridici

Scarica PDF Stampa
Case studies nel mondo delle serie tv e film dell’animazione: Ufo Robot Goldrake e Candy Candy

Il seguente articolo, tratterà le opere derivate nel diritto d’autore, partendo dalla disciplina contenuta nella Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche, un cenno all’esistenza della Convenzione di Ginevra sul diritto d’autore e nella disciplina italiana contenuta nella Legge 22 Aprile 1941, n. 633.  Per arricchire l’elaborato e fare dei confronti tra la disciplina di più Stati, seguirà la normativa svizzera con della casistica incentrata sui film d’animazione derivati da serie animate giapponesi (in particolar modo “Atlas Ufo Robot Goldrake”) e la normativa giapponese con il caso Candy Candy.

     Indice

  1. La Convenzione di Berna e la legge italiana sul Diritto d’autore
  2. La disciplina svizzera e i film d’animazione di Ufo Robot Goldrake prodotti dalla Eole Financière
  3. La disciplina giapponese e il caso Candy Candy

1. La Convenzione di Berna, La Convenzione universale di Ginevra e la legge italiana sul Diritto d’autore

Come primo dato normativo, partirei dalla Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche, del 9 settembre 1886 che ha avuto successive revisioni.  Con l’accordo TRIPs (The Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights) adottato dal WTO (Organizzazione mondiale del Commercio) nel 1994, si è stabilito che tutti gli Stati aderenti, dovessero osservare la suddetta convenzione.

L’articolo 2.3 dà una prima protezione delle opere derivate, infatti si proteggono le traduzioni, gli adattamenti, le riduzioni musicali e altre trasformazioni di un’opera letteraria o artistica, equiparandole a delle opere originali e senza pregiudizio dei diritti dell’autore dell’opera originale. Quindi, ad esempio, c’è un’opera letteraria o artistica creata da un autore e di quest’opera, in seguito uno o altri autori ne fanno un adattamento cinematografico: quest’ultimo è un’opera derivata tutelata dalla Convenzione come opera originale. Parliamo di un’opera che deriva (trae origine) da un’altra opera preesistente. Questa nuova opera non pregiudica i diritti spettanti all’autore, sulla prima opera.

Da menzionare anche il fatto che nel 1952, è stata adottata la Convenzione universale di Ginevra sul diritto d’autore, che in seguito ha avuto più modifiche e si poneva come alternativa alla Convenzione di Berna, senza pregiudicarne la sua valenza, per gli Stati non aderenti a quest’ultima [1] ; la prima parla delle traduzioni di opere all’art. V e seguenti.

Anche il diritto italiano dedica spazio a questa tipologia di opere, la cui disciplina è data dall’art. 4 della L. 633/1941 (Legge sul Diritto d’autore) novellata dalla L. 3 maggio 2019, n. 37 e ancor più recentemente dal D.lgs 177/2021 che nel nostro Paese, ha recepito la Direttiva (UE) Copyright 2019/790. Questo recita: “Senza pregiudizio dei diritti esistenti sull’opera originaria, sono altresì protette le elaborazioni di  carattere  creativo  dell’opera stessa, quali le traduzioni in altra lingua, le trasformazioni da una in altra forma letteraria od artistica, le modificazioni ed  aggiunte che costituiscono un rifacimento sostanziale  dell’opera  originaria, gli  adattamenti,  le  riduzioni,  i  compendi,  le  variazioni   non costituenti opera originale.”. Similmente alla disciplina dettata dalla Convenzione di Berna, anche in questo caso viene data una protezione alle elaborazioni di un’opera,  senza che i diritti spettanti sulla prima opera, vengano pregiudicati. L’art. 7 della stessa legge, al secondo comma aggiunge che si considera come autore delle elaborazioni, l’elaboratore stesso con entro i limiti del proprio lavoro.


Potrebbero interessarti anche


2. La disciplina svizzera e i film d’animazione di prodotti dalla Eole Financière SA: Il caso Ufo Robot Goldrake

Tra la fine degli anni 1970 e gli anni 1980, nel nostro paese è esploso il boom dei cartoni animati giapponesi, trasmessi dall’emittenza pubblica e privata ma che vede i suoi albori in alcune proiezioni cinematografiche e nella trasmissione televisiva sulla RAI di alcuni lungometraggi d’animazione negli anni 1960/primi anni 1970. L’eco di questo successo esiste tutt’oggi, tanto che non è raro trovare chi, tra le nuove generazioni, conoscere serie tv quali Mazinga, Heidi, Barbapapà, Lady Oscar, Lupin III, Doraemon, Holly e Benji, fino ad arrivare a Dragon Ball, Sailor Moon, Pokemon e altri, molti dei quali adattamenti di precedenti fumetti giapponesi (i manga) e quindi esse stesse opere derivate. All’epoca in cui arrivarono le prime serie Tv, visto il grosso successo, si pensò di ricavare dei film d’animazione, assemblando gli episodi più rilevanti per lo svolgimento della trama, di alcune delle serie più in voga del periodo. Questi film, che sono un vero e proprio esempio di opera derivata, anche se nati per il mercato italiano (per poi essere esportati anche in altri Stati), erano principalmente prodotti da una società svizzera, con sede a Ginevra: Eole Financière SA.

Essendo prodotti in Svizzera, ritengo utile parlare della normativa vigente in questo paese che  ha subito delle modifiche ma la parte a tutela delle opere derivate è sempre rimasta sostanzialmente uguale, disciplinate anche dalla già citata Convenzione di Berna. In questo ordinamento si parla anche di opere di seconda mano e attualmente vige la Legge federale sul diritto d’autore e sui diritti di protezione affini del 1992 (LDA) che le disciplina all’articolo 3. Secondo quest’ultimo, esse vengono ideate con l’utilizzo di una o altre opere già esistenti, formando delle creazioni dell’ingegno dotate di originalità ma in modo che rimanga riconoscibile il carattere originale dell’opera (o delle opere) preesistenti. Il secondo comma, prosegue indicando che: “sono in particolare opere di seconda mano le traduzioni, gli adattamenti audiovisivi e gli altri adattamenti”; secondo il penultimo comma queste opere godono di protezione in quanto tali e si fa salva la protezione delle opere originali utilizzate. Se l’opera originale risulta irriconoscibile, non si potrebbe più parlare di opera derivata ma si andrebbe a creare una nuova opera semmai ispirata alla prima. Le opere derivate godono di protezione autonoma ma si presume che il titolare dell’opera originale, abbia fornito un’autorizzazione d’uso[2].

Uno dei case studies che ho ritenuto degno di nota ai fini di questo articolo, riguarda alcuni lungometraggi d’animazione, ricavati dalla serie televisiva giapponese “Atlas Ufo Robot” ideata dall’autore Go Nagai e prodotta da Toei Animation Co. Ltd. Come emerge dalla Sentenza della Corte d’appello di Parigi del 24 giugno 2009 n° 2007/22307 nell’ambito di una causa intentata da Toei Animation e Dynamic Planning, relativa alla pubblicazione e commercio in DVD della serie completa per il territorio francese non autorizzata, da parte di una società specializzata nell’home video; nel fare un escursus dei contratti e licenze, emerge la regolare cessione dei diritti dal produttore Toei Animation a Eole Financière. Nel dettaglio, con contratto datato 8 gennaio 1979 e registrato nel Registro pubblico della cinematografia il 9 marzo dello stesso anno, la Toei Animation ha ceduto alla S.A.R.L. Eole Financière i diritti di “Ufo Robot Grendizer” (il titolo originale giapponese). Ne sono derivati tre film d’animazione che hanno iniziato ad avere una vita propria e circolazione autonoma rispetto alla serie televisiva, in quanto opere derivate. In Italia, nel corso degli anni 2000 mentre la serie completa veniva pubblicata e distribuita in home video per conto di Dynit  e d/visual, un’altra società (Digital Studio Production S.r.l., sotto marchio Stormovie) distribuiva in DVD i suddetti film d’animazione. Ne è nata una discussione, non arrivata al contenzioso secondo cui Dynamic planning e D/visual Incorporated diffidondevano informazioni secondo cui i DVD messi in commercio da Digital Studio Production fossero contraffatti e non autorizzati.

Digital Studio rispondeva con un comunicato stampa, in cui si menzionavano il lungometraggio d’animazione derivato dalla serie “Jeeg Robot d’acciaio” e un assemblaggio dei mediometraggi della saga “Mazinga”. Nel comunicato si specificava che questi film erano stati prodotti da Eole Financière su regolare licenza della Toei Animation, che Digital Studio Production aveva regolarmente acquistato i diritti di distribuzione dei suddetti film per il territorio italiano e che questi titoli avevano regolare nulla osta ministeriale; tanto che non risultavano essere stati intrapresi provvedimenti restrittivi da parte della SIAE né dalle autorità giudiziarie[3].

Va precisato che in un contratto in cui le parti appartengono a Stati diversi, in questo caso Svizzera e Giappone, nulla vita di pattuire quale sia la legge prevalente (il diritto da applicare), cioè scegliere di seguire la disciplina prevista in un ordinamento specifico, e il foro competente, cioè il foro (il giudice) a cui devolvere eventuali controversie.

3. La disciplina giapponese e il caso Candy Candy

In Giappone vige il “Japanese copyright act” che disciplina più dettagliatamente le opere derivate. Facendo una selezione delle norme contenute in questa legge, già l’articolo 11 nel menzionare le opere derivate, indica che la loro protezione non intacca i diritti spettanti all’autore dell’opera originaria. Agli articoli 18 e 19 si dice rispettivamente che l’autore di un lavoro non reso pubblico ha il diritto di rendere disponibile e di presentare il suddetto lavoro e che lo stesso diritto si applica anche all’autore di un’opera derivata; così come sia l’autore di un’opera originaria che di un’opera derivata ha il diritto di usare il suo vero nome o uno pseudonimo. L’articolo 28 entra più nello specifico in relazione ai diritti dell’autore originale, in relazione allo sfruttamento di un’opera originaria. L’autore dell’opera originale sovrastante ad un’opera derivata, detiene i diritti esclusivi nelle stesse categorie di diritti spettanti all’autore dell’opera derivata in relazione allo sfruttamento della stessa. L’articolo 47-6 entra ancor più nel dettaglio sullo sfruttamento delle opere per mezzo di traduzione, adattamento e simili indicando che è ammessa la valorizzazione dell’opera sovrastante a quella derivata e che è lecito lo sfruttamento di quest’ultima. Con l’articolo 48, invece, si specifica che in caso di opera derivata va indicata la fonte dell’opera originaria da cui viene tratta.

Uno dei casi attinenti alla normativa giapponese, che reputo degno di menzione è il caso Candy Candy [4]; quest’ultimo (per quanto non sia l’unico) è un interessante sequenza di opere derivate: due film d’animazione derivanti da una serie televisiva anime, che a sua volta deriva da un manga prodotto e disegnato dalla sig.ra Yumiko Igarashi, basato su uno script dettagliato ad opera dalla Sig.ra Keiko Nagita. La seconda ha citato in giudizio la prima, in quanto ha prodotto e commercializzato litografie e cartoline raffiguranti la protagonista della serie, senza il permesso della sig.ra Nagita che si è dichiarata parte lesa in quanto detentrice dei diritti dell’opera preesistente ai disegni in questione. La convenuta ha risposto dichiarando che anche se il manga sia da considerare un’opera derivata del manoscritto della sig.ra Nagita e anche se quest’ultima detenesse i diritti del manoscritto preesistente, sarebbe inaccettabile che tali diritti si estendessero in quelle parti del manga in cui non c’è stato un coinvolgimento nella creazione. Sia la Corte di primo grado (Sentenza della Tokio District Court 25/02/1999: Hanrei Jiho N. 1673:66), che la Corte di secondo grado (Sentenza della Tokio High Court 30/03/2000: Hanrei Jiho n. 1726:162), che la Corte Suprema (Sentenza Hanrei Jiho n. 1767:115 25/10/2001) hanno ritenuto che il manga fosse opera derivata dallo script dell’attrice. Nella sentenza della Corte Suprema è stato stabilito che entrambe le autrici hanno gli stessi diritti esclusivi sulle loro opere e che questi sono concorrenti; i diritti della sig.ra Igarashi non possono essere esercitati liberamente senza un accordo preventivo tra le due autrici. Ne consegue che la sig.ra Nagita può chiedere un’ingiunzione contro la produzione, riproduzione o la distribuzione ad opera della sig.ra Igarashi, senza un accordo consensuale sulle immagini originali che raffigurano il personaggio della protagonista Candy.

Nella conclusione della Corte Suprema, nel testo tradotto in inglese, troviamo scritto:

“Since the manga serial can be described as a derivative work based on a pre-existing work in the form of the manuscript prepared by plaintiff, plaintiff owns the rights of the author of the pre-existing work in respect of the manga serial. Turning next to the issue of  the exploitation of the manga serial (which is a derivative work), since plaintiff (as the author of the pre-existing work) holds the same type of exclusive rights as those held by the defendant (as the author of the manga serial), and defendant’s rights and plaintiff’s rights are concurrent, defendant’s rights are to be construed as not open to exercise without agreement between defendant and plaintiff. It follows that plaintiff may seek an injunction against defendant’s production, reproduction or distribution without mutual agreement of those original pictures in question that decipt the character Candy, the heroine  of the manga serial.”.

Volume consigliato 


Letture consigliate:

[1] Elvira Berlingieri, “Legge 2.0: Il web tra legislazione e giurisprudenza”, Apogeo, 2008, p.49.

[2] Claude Almansi, Marcello Baggi, Raphaël Contel, Bertil Cottier, Jacques de Verra, “Manuale – Il diritto d’autore nell’insegnamento”, Université de Genève/Università della Svizzera Italiana, 2010

[3] Tacchan, “Comunicato stampa Stormovie sui film di Goldrake e d/visual”, www.animeclick.it, 2 Aprile 2007

[4] Yasuhiro Okuda, “Initial Ownership of Copyright in Cinematographic Work under Japanese Private International Law”, in Petar Sarcevic, Andrea Bonomi, Paul Volken (a cura di), “Yearbook of Private Internationl Law – Vol. XI 2009”, Sellier elp/Swiss Institute of Comparative Law, 2009, pp. 377 ss. Si veda anche: Ryu Kojima, “Japan”, in Reto M. Hilty, Sylvie Nèrisson (a cura di), “Balancing Copyright – A Survey of National Approaches”, Springer, 2012, p. 581

Fabio Di Viesto

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento