La vergogna di trovare un minore a lavoro in un cantiere edile. Il lavoro minorile, il fattore età nel sistema di prevenzione in un settore pericoloso come quello edile. Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale analizza compiutamente l’intera disciplina del rapporto di lavoro subordinato, così come contenuta nel codice civile (con la sola eccezione delle regole relative al licenziamento e alle dimissioni): Il lavoro subordinato
(a cura della Dott.ssa Francesca Levato, ispettore del lavoro e capo processo unità di raccordo regionale in servizio presso l’Ispettorato di Area metropolitana di Roma. Quanto contenuto nel presente articolo è frutto esclusivo del pensiero degli autori e non importa alcun coinvolgimento da parte dell’amministrazione di appartenenza)
Indice
1. Il problema dei minori nei cantieri edili
“Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi. Era avvezzo a tutto lui, agli scapaccioni, alle pedate, ai colpi di manico di badile, o di cinghia da basto, a vedersi ingiuriato e beffato da tutti, a dormire sui sassi colle braccia e la schiena rotta da quattordici ore di lavoro; anche a digiunare era avvezzo, allorché il padrone lo puniva levandogli il pane o la minestra”. Giovanni Verga
La cronaca riporta tanti fatti e racconti di soprusi, violenze ..parla di vittime e carnefici… ma gli eventi che riguardano i minori sono i più macabri e come diceva Pietro Grasso: “Chi sfrutta i bambini spegne la luce del mondo, perché sfruttare i bambini significa fare un crimine contro l’umanità”. Le community ripropongono immagini e scene di guerra, di femminicidi, di bullismo, di maltrattamenti in famiglia, di guerre fra clan, di corse al denaro, di reati in contesti dell’alta finanza .. si sente parlare di bitcoin, di cyber sicurezza come strumento per tutelare i consumatori, si parla di intelligenza artificiale, di robotizzazione…ma lo sfruttamento del lavoro è sordido, silenzioso e senza voce. Muoiono braccianti, muoiono vittime sul e del lavoro… si muore a causa del lavoro ed oltre i mega titoli sui giornali per un paio di giorni, non resta nulla. Il resto della collettività ricorderà solo i numeri e non certo le famiglie, le persone, il dolore delle madri snaturate della loro essenza, di mariti e di mogli vedove, di figli orfani. Che vergogna per il nostro essere popolo democratico, etico, per la nostra Repubblica fondata sul lavoro ma non sullo sfruttamento! Da ispettore del lavoro è “toccante” sfiorare il pericolo in un cantiere, riconoscendo i rischi a cui i lavoratori- loro malgrado e nonostante tutto anche scientemente- vengono esposti in ogni settore di attività…soprattutto in edilizia. Entrare in cantiere e con lo sguardo ripercorrere viabilità inesistenti, sentirsi sovrastare da opere provvisionali insicure, inciampare in insidie ed aperture non segnalate, districarsi tra materiali di risulta lasciati li abbandonati, contare i fili scoperti di un impianto elettrico non a norma, sentire nel naso le polveri ed esserne infastiditi, vedere la mancanza di dpi negli altri è una esperienza olistica che tocca le corde …ma tutto questo suscita sempre nella coscienza di un ispettore del lavoro disdegno e rabbia. Rabbia perché la sicurezza non si comprende: non si ravvedono gli sforzi per assicurare la sicurezza e la tutela sui luoghi di lavoro, che viene puntualmente disattesa a scapito di motivazioni ulteriori ed di diverso genere quali le “urgenze” nel finire l’opera ..di corse inaudite a sostenere ed assolvere a meri impegni economici.
Non si può più permettere alle nostre coscienze di stare sereni essendo tutti pericolosamente sicuri! Tutti siamo lavoratori, ma prima di tutto siamo persone al lavoro: non siamo solo community ma dobbiamo essere e fare comunità, comunità unita nel senso di una forte etica e con una morale sociale ma anche di una consapevolezza del valore autentico di bisogno della sicurezza sul lavoro soprattutto quando si tratta di lavoro minorile. Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale analizza compiutamente l’intera disciplina del rapporto di lavoro subordinato, così come contenuta nel codice civile (con la sola eccezione delle regole relative al licenziamento e alle dimissioni): Il lavoro subordinato
Il lavoro subordinato
Il volume analizza compiutamente l’intera disciplina del rapporto di lavoro subordinato, così come contenuta nel codice civile (con la sola eccezione delle regole relative al licenziamento e alle dimissioni). L’opera è stata realizzata pensando al direttore del personale, al consulente del lavoro, all’avvocato e al giudice che si trovano all’inizio della loro vita professionale o che si avvicinano alla materia per ragioni professionali provenendo da altri ambiti, ma ha l’ambizione di essere utile anche all’esperto, offrendo una sistematica esposizione dello stato dell’arte in merito alle tante questioni che si incontrano nelle aule del Tribunale del lavoro e nella vita professionale di ogni giorno. L’opera si colloca nell’ambito di una collana nella quale, oltre all’opera dedicata alla cessazione del rapporto di lavoro (a cura di C. Colosimo), sono già apparsi i volumi che seguono: Il processo del lavoro (a cura di D. Paliaga); Lavoro e crisi d’impresa (di M. Belviso); Il Lavoro pubblico (a cura di A. Boscati); Diritto sindacale (a cura di G. Perone e M.C. Cataudella). Vincenzo FerranteUniversità Cattolica di Milano, direttore del Master in Consulenza del lavoro e direzione del personale (MUCL);Mirko AltimariUniversità Cattolica di Milano;Silvia BertoccoUniversità di Padova;Laura CalafàUniversità di Verona;Matteo CortiUniversità Cattolica di Milano;Ombretta DessìUniversità di Cagliari;Maria Giovanna GrecoUniversità di Parma;Francesca MalzaniUniversità di Brescia;Marco NovellaUniversità di Genova;Fabio PantanoUniversità di Parma;Roberto PettinelliUniversità del Piemonte orientale;Flavio Vincenzo PonteUniversità della Calabria;Fabio RavelliUniversità di Brescia;Nicolò RossiAvvocato in Novara;Alessandra SartoriUniversità degli studi di Milano;Claudio SerraAvvocato in Torino.
A cura di Vincenzo Ferrante | Maggioli Editore 2023
59.85 €
2. Il quadro sul lavoro minorile…ma non si deve mai trattare di “age blind”
Il lavoro minorile trova una speciale tutela nella Costituzione della Repubblica italiana, ma anche in una normativa particolare che riguarda il lavoro di fanciulli e adolescenti, trattasi della legge 977/19672 e s.m.i. I principi base, in merito ai rapporti lavorativi con i minorenni, partono dal presupposto che il requisito per accedere al lavoro, in primo luogo, è stato fissato al compimento del sedicesimo anno di età (indice della capacità lavorativa unitamente a quella giuridica e non quella di agire (3), anche per il diritto al salario. Secondariamente è stato stabilito che il giovane deve prima di ogni cosa intraprendere ed aver concluso un percorso di istruzione e formazione professionale. E’ vietato ai bambini (di età inferiore a 16anni), invece, l’esercizio di qualsiasi lavoro, ma quando si tratta di attività lavorative di carattere culturale, artistico, sportivo, pubblicitario e nel settore dello spettacolo, questi minori possono lavorare soltanto con l’assenso scritto dei genitori e con l’autorizzazione dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (tramite le sue articolazioni territoriali competenti). La suddetta autorizzazione viene concessa a condizione che vi sia il previo assenso scritto dei titolari della potestà genitoriale e che si tratti di attività che non pregiudichino la sicurezza, l’integrità pisco-fisica e lo sviluppo, la frequenza scolastica o la partecipazione a programmi di orientamento o di formazione professionale da parte del minore (art. 4 L. n. 977/1967): la terzietà dell’Ispettorato garantisce la tutela del bambino. Specifiche norme, poi, sono dirette a tutelare l’impiego dei minori di anni 14 in programmi radio-televisivi (D.M. 218/2006). Non è necessaria l’autorizzazione dell’INL per lo svolgimento di attività che, per la loro natura intrinseca, per le modalità di svolgimento o per il loro carattere episodico ed estemporaneo, non siano in alcun modo assimilabili al concetto di lavoro e neppure ad una vera e propria “occupazione” (Circ. MLPS n.1/2000). Del pari, si può prescindere dalla preventiva autorizzazione nel caso di attività non retribuita svolta nell’ambito di iniziative didattiche promosse da organismi pubblici aventi istituzionalmente compiti di educazione e formazione dei minori (es. una recita scolastica). In ordine alla gestione del rapporto di lavoro si può affermare che il minore/adolescente -che ha compiuto 16 anni- può sottoscrivere in autonomia il contratto di lavoro, senza che sia necessaria l’assistenza di coloro che esercitano la potestà genitoriale, così come può controfirmare per ricevuta copia del LUL (Libro unico del lavoro con le registrazioni delle voci della retribuzione). Il minore ha diritto alle ferie retribuite e, a parità di lavoro, alla stessa retribuzione del lavoratore maggiorenne, nonché a particolari tutele previste dalla legge (art. 37, 4° comma Cost.). La legge n. 977/1967 stabilisce che il datore di lavoro, prima di assumere il minore ha l’obbligo di effettuare una specifica valutazione dei rischi con la conseguente redazione di un DVR (Documento di valutazione dei rischi i cui contenuti e l’oggetto è stato disciplinato dall’art 28 comma 1 del T.U. 81/08), munito di una sezione completa e specifica con particolare riguardo all’età. La ricostruzione dei confini dell’obbligo di sicurezza passa prima attraverso un approccio formalistico, poi attraverso un approccio sostanziale ma arriva a valorizzare le specificità connesse alla persona del lavoratore. Nel d.lgs. n. 81/2008 assume, pertanto, un inedito risalto il profilo soggettivo del concetto di fattore di rischio. L’art. 284 menziona, da subito, i rischi connessi ad alcune attività lavorative, corrispondenti ai titoli del decreto stesso e in un costante dialogo di genus a species, nonché al rischio da stress lavoro-correlato e a quello legato alla gravidanza, entrambi di portata trasversale; a seguire, prende in considerazione gli aspetti legati al genere, all’età, alla provenienza da altri paesi e, dopo la novella del 2009, alla tipologia contrattuale. La valutazione dei rischi legati all’età significa per il datore di lavoro focalizzare l’attenzione sulla organizzazione del lavoro. Va posta accuratezza a quegli elementi fisici e biologici che differenziano i minori dagli adulti. Una valutazione dei rischi che deve tenere in conto le differenze di età, dovrà necessariamente considerare i lavoratori divisi per fasce. Ad esclusione dei “lavoratori standard” (29-45/50 anni) che non evidenziano alcuna specifica rischiosità espositiva connessa all’età, i “lavoratori giovani” (15-24/29 anni) necessitano infatti di una particolare attenzione da parte del datore di lavoro con riferimento sia alla formazione che all’adattamento nel tempo delle mansioni assegnate, sia per lo sviluppo fisico non ancora completo, per la mancanza di esperienza lavorativa che per la scarsa familiarità con l’ambiente di lavoro. La giovane età viene, si, accostata alla fragilità ma sul versante dei benefici per il datore di lavoro, la dottrina (5) segnala che «l’età e l’esperienza lavorativa migliorano il capitale sociale dei lavoratori: in particolare, «aumentano la competenza professionale, le conoscenze tacite e la capacità di cooperazione, migliora la consapevolezza dell’organizzazione e delle sue funzioni, si ampliano i contatti e le reti con i clienti, migliora la comprensione dei cambiamenti dell’ambiente operativo. Il fattore età pertanto viene considerato dal diritto del lavoro e dalle norme prevenzionistiche in una duplice accezione: la giovane età rileva, in prima battuta, quale criterio di differenziazione per permettere, attraverso requisiti di accesso al lavoro, l’assolvimento degli obblighi scolastici e formativi e, poi, nella disciplina prevenzionistica, per interdire ai minori lo svolgimento di lavori pericolosi ed insalubri (esposizione ad agenti chimici, fisici, biologici; lavoro notturno), trattandosi di soggetti che si trovano nella fase dello sviluppo psicofisico. Nel d.lgs. n. 81/2008 il riferimento all’età appare specifica solo in alcuni casi: età «oltre i 50» (art. 176, lavoro ai videoterminali); «minori» (art. 183, agenti fisici; art. 190, rumore; art. 202, vibrazioni); «età fertile» (allegato XXXIX, esposizione a piombo); negli altri casi viene menzionata in modo generico (allegato XXXIII, movimentazione manuale di carichi) al fine di segnalare un’esigenza di personalizzazione degli interventi formativi, organizzativi, ecc. Da un punto di vista sanitario, il d.l. n. 69/2013 ha abrogato l’obbligo di visita medica per stabilire l’idoneità dei minori nei casi di lavorazioni non pericolose. D’altro canto, dove invece la sorveglianza sanitaria è prevista, l’ampliamento dei poteri attribuiti nel tempo al medico competente, anche nella delicata fase pre-assuntiva, compensa il vuoto normativo, tenuto però conto che l’ambito di azione del medico è ritagliato, dal decreto n. 81/2008, sull’idoneità alla mansione di assegnazione e non sull’idoneità al lavoro tout court. La Cassazione nel 20166 ha confermato comunque l’obbligo a carico del datore di effettuare la visita, affermando che «la condotta di ammissione al lavoro di minore senza la prescritta visita medica costituisce tuttora reato»; seguono, inoltre, le visite periodiche, da effettuarsi a intervalli non superiori a un anno, fino al raggiungimento della maggiore età. Nel caso di attività lavorative per le quali la vigente legislazione (D.lgs. n.81/2008) dispone la sorveglianza sanitaria (es. lavori ai videoterminali) le visite mediche preventive, anche in fase pre-assuntiva come attualmente disposto dal Collegato Lavoro L. 203/2024 e periodiche devono essere effettuate dal medico competente, pubblico o privato, scelto dal datore di lavoro. L’orario di lavoro dei minori non può superare le 8 ore giornaliere e le 40 settimanali. I minori non possono quindi svolgere lavoro straordinario e l’orario di lavoro non può durare senza interruzioni più di 4 ore e mezza, dopo di che si ha diritto ad un riposo di almeno 1 ora (i contratti collettivi possono però ridurre la durata del riposo intermedio a mezz’ora). “I minori hanno diritto ad un periodo di riposo settimanale di almeno due giorni, se possibile consecutivi, e comprendenti la domenica; tale periodo può essere ridotto, per comprovate ragioni di ordine tecnico ed organizzativo, ma non può essere inferiore a 36 ore consecutive, salvo che il caso di attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati o di breve durata nella giornata. Per alcune attività il riposo settimanale può essere concesso in giorno diverso dalla domenica: trattasi delle attività culturali, artistiche, sportive, pubblicitarie e dello spettacolo, oppure di attività svolte nei settori turistico, alberghiero e della ristorazione – ivi compresi bar, gelaterie, pasticcerie ecc.- attività per le quali il maggior carico di lavoro si concentra spesso nella domenica”. È vietato adibire i minori a lavoro notturno (dalle 22 alle 6 o dalle 23 alle 7, a seconda della declinazione del periodo notturno nei CCNL vigenti di settore e di riferimento applicati). Tale divieto subisce deroghe se per causa di forza maggiore può ostacolare il funzionamento dell’azienda, a condizione che il datore di lavoro ne dia immediata comunicazione all’Ispettorato del lavoro, indicando la causa ritenuta di forza maggiore, i nominativi dei minori impiegati e le ore per cui sono stati impiegati. La deroga è ammessa solo “eccezionalmente e per il tempo strettamente necessario”, “purché tale lavoro sia temporaneo e non ammetta ritardi” e “non siano disponibili lavoratori adulti”: una volta arginata la forza maggiore o avuta la possibilità di organizzare squadre di adulti, si ripristina automaticamente il divieto.
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3. Lavori vietati a tutela dell’integrità psico-fisica
L’art. 6 della legge n. 977/67 stabilisce il divieto di adibire i minori ai lavori potenzialmente pregiudizievoli per il loro pieno sviluppo psico-fisico; le attività vietate sono specificate nell’allegato I alla legge. In deroga a tali divieti, lo svolgimento delle attività indicate nell’allegato I è consentito agli adolescenti per indispensabili motivi didattici o di formazione professionale e soltanto per il tempo strettamente necessario alla formazione stessa (svolta in aula o in laboratori adibiti ad attività formativa, oppure svolta in ambienti di lavoro di diretta pertinenza del datore di lavoro). Tali attività devono essere svolte sotto la sorveglianza di formatori competenti anche in materia di prevenzione e di protezione e nel rispetto di tutte le condizioni di sicurezza e di salute previste dalla vigente legislazione. In tali casi, fatta eccezione per gli istituti di istruzione e di formazione professionale, le attività devono essere preventivamente autorizzate dall’ INL. Il riallineamento delle prerogative assegnate ai contratti con finalità/vocazione formativa richiede però, a livello sociale, una maggior integrazione dei percorsi scolastici, educativi e professionalizzanti, nonché la costruzione di competenze trasversali, che non sono sempre sezionabili in modo netto e che, al contrario, nella formazione sul campo dovrebbero trovare una sintesi virtuosa (c.d. principio di unità) , cosi come viene sempre messa in evidenza dalla dottrina pedagogica quando sostiene che: «l’esperienza lavorativa serve anche alla miglior comprensione di sé e del mondo, quindi alla maturazione di competenze che non sono riferibili in maniera esclusiva ai processi di lavoro» . È necessario comunque coniugare l’esigenza pedagogica con le esigenze economiche datoriali ai fini dell’assolvimento degli obblighi in primis fra tutti la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. I minori non possono, inoltre, essere adibiti al trasporto di pesi per più di 4 ore durante la giornata, compresi i ritorni a vuoto. I minorenni che hanno un’età compresa tra i 16 e i 18anni, gli adolescenti, non possono eseguire lavori che potenzialmente arresterebbero il pieno sviluppo fisico. In particolare, il D. Lgs. 81/2008 specifica che essi:
- non devono essere esposti a rumori che superano gli 87 db e non devono venire in contatto con sostanze tossiche, corrosive, esplosive, cancerogene, nocive o che esporrebbero loro a particolari rischi per la salute;
- non possono lavorare nelle macellerie in cui si utilizzano arnesi taglienti e celle frigorifere;
- devono evitare di utilizzare saldatrici ad arco o ossiacetileniche;
- non possono compiere lavori utilizzando martelli pneumatici, pistole fissachiodi, strumenti vibranti e apparecchi di sollevamento meccanici;
- non devono svolgere lavori sulle navi in costruzione, nelle gallerie o utilizzando forni ad elevate temperature
- devono evitare di eseguire lavori all’interno di cantieri edili in cui si possono verificare rischi di crollo
Accertare la presenza di un minore su un tetto in un cantiere edile, oggi accade. Nell’era dei grandi cantieri strutturati per le opere pubbliche di natura giubilare, nei cantieri i cui fondi sono garantiti dal PNRR o dai superbonus, trovare un minore, sfornito di DPI, mentre sul tetto di uno stabile, senza dispostivi collettivi di protezione per le cadute dall’alto, provvede ad effettuare delle lavorazioni è oltremodo oltraggioso della coscienza civile. In ordine alle motivazioni non è possibile procedere in tale contesto ma di certo si può incidere sulla cultura dei datori di lavoro che aprioristicamente non devono occupare personale minore di età per adibirlo a lavorazioni pericolose. La Cassazione già passato si è pronunciata sull’opportuna differenziazione del contenuto dell’obbligo di sicurezza in ragione dell’età, in merito all’infortunio occorso all’apprendista. La Corte ha sottolineato la fondamentale portata dei doveri di informazione, formazione e di vigilanza, nei confronti di tale soggetto: il datore di lavoro ha l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie a prevenire l’evento dannoso e tra queste, in particolare, quelle «relative all’organizzazione del lavoro, tali da evitare che lavoratori inesperti siano coinvolti in lavorazioni pericolose, ed all’informazione dei dipendenti sui rischi e la pericolosità di macchine o lavorazioni». È imprescindibile assolvere agli obblighi informativi e formativi da cui il datore di lavoro non è mai dispensato, quest’ultimo ha “l’obbligo di controllo e vigilanza affinché il lavoratore, soprattutto se poco esperto perché apprendista (quindi presumibilmente di giovane età), non corra il rischio di eventi lesivi». A tal fine, il datore di lavoro deve sempre effettuare un controllo continuo e pressante e la condotta imprudente del prestatore di lavoro non è idonea, di per sé, a interrompere il nesso causale poiché l’assenza, o l’inadeguatezza ed insufficienza, di informazione e formazione può incidere sull’inosservanza della disciplina antinfortunistica. In conclusione il rispetto dei principi etici ovvero la ricerca della miglior interazione tra persona-spazio-tecnologia e gli aspetti organizzativi (assegnazione dei carichi di lavoro, formazione continua, affiancamento) non risponde solo ad esigenze di sicurezza e al principio dell’adeguamento del lavoro alla persona – e, quindi, non solo è tesa al miglioramento delle condizioni lavorative – ma può essere funzionale all’accesso all’impiego o al mantenimento dello stesso, ad un welfare più funzionale ed effettivo per uno stato di diritto efficiente e proiettato verso nuovi confini.
Note
[1] Articolo 34 Cost.: “L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”. Articolo 37 Cost.: “La legge stabilisce il limite minimo di età – 16 anni – per il lavoro salariato. La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione”
[2] Legge 17 ottobre 1967, n. 977: “Tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti” – Decreto Legislativo 4 agosto 1999, n. 345: “Attuazione della direttiva 94/33/CE relativa alla protezione dei giovani sul lavoro” – Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 262: “Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 345, in materia di protezione dei giovani sul lavoro – Decreto Legislativo 15 aprile 2005, n.77: “Definizione delle norme generali relative all’alternanza scuola-lavoro” – Legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge finanziaria per il 2007). Articolo 1, comma 622: “L’istruzione impartita per almeno dieci anni è obbligatoria ed è finalizzata a consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età. L’età per l’accesso al lavoro è conseguentemente elevata da quindici a sedici anni” – Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, n. 1 del 5 gennaio 2000. Decreto Legislativo n. 345/1999. Prime Direttive applicative del D.lgs. n. 345/1999
[3] Per instaurare validamente il rapporto di lavoro è richiesto, tra l’altro, che le parti siano munite della capacità giuridica e soprattutto della capacità di agire. La capacità giuridica riguarda l’attitudine del soggetto a essere titolare di diritti e doveri e la stessa compete ai sensi dell’art. 1 c.c. a tutte le persone fisiche e giuridiche sin dal momento della nascita. Diversamente la capacità di agire postula l’attitudine del soggetto ad esercitare diritti e obblighi e si acquista con la maggiore età, dunque al compimento del diciottesimo anno di vita, poiché da tale momento di presume che il soggetto possa consapevolmente curare i propri interessi e sia in grado di valutare il significato e la portata degli atti che realizza. L’art. 2, comma 2, c.c. prevede tuttavia che leggi speciali possano stabilire “[…] un’età inferiore in materia di capacità a prestare il proprio lavoro”, abilitando in tal caso il minore “[…] all’esercizio dei diritti e delle azioni che dipendono dal contratto di lavoro”. Tale disciplina speciale, relativa al lavoro minorile, è contenuta nella L. 17 ottobre 1967, n. 977, come novellata dal D.lgs. 4 agosto 1999, n. 345, e successive modificazioni, emanato in attuazione della direttiva 94/33/CE relativa alla protezione dei giovani sul lavoro.
[4] La lodevole scelta, anche culturale, del legislatore – di ampliare il novero dei fattori soggettivi di cui tener conto, e che possono tra loro combinarsi, per giungere a una valutazione del rischio “su misura” – impone un’ulteriore premessa metodologica: l’art. 28 del decreto offre un elenco non tassativo, ma meramente esemplificativo, dei rischi declinati attraverso le caratteristiche del lavoratore. Resta, quindi, imprescindibile l’indicazione fornita dal comma 1 della norma che fa riferimento a «tutti i rischi» insiti nel contesto organizzativo di riferimento e che possono modificarsi nel tempo.
[5] G. Sclip, Promuovere una vita lavorativa sostenibile a tutte le età, cit., 522 ss
[6] Cass. pen., 6 dicembre 2016, n. 51907
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