Lavoro domenicale, il compenso ha natura retributiva

Redazione 30/10/12
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Lilla Laperuta

In materia di lavoro domenicale, nella sentenza 18284 del 25 ottobre 2012 la Corte di Cassazione ha chiarito che, qualora in sede di contrattazione collettiva si sia omesso di prevedere la maggiorazione della paga oraria, provvederà in tal senso il giudice. A quest’ultimo, ad avviso della Corte Suprema, spetta liquidare in via equitativa il compenso al lavoratore per il disagio della prestazione svolta di domenica.

In tale sede, inoltre, il Collegio, ha avuto modo di specificare, ribadendo in sostanza precedenti orientamenti, che il lavoro prestato oltre il settimo giorno determina “non solo, a causa della prestazione lavorativa nel giorno di domenica, la limitazione di specifiche esigenze familiari, personali e culturali alle quali il riposo domenicale è finalizzato, bensì una distinta ulteriore “sofferenza”: la privazione della pausa destinata al recupero delle energie psico-fisiche.

Nell’ipotesi di protrazione del lavoro oltre il sesto giorno, l’indicata “sofferenza” del lavoratore esige tuttavia un compenso dell’oggettivo onere che, anche per il suo “valore marginale”, la prestazione esige. Poiché l’onerosità è nella stessa prestazione in quanto effettuata dopo il sesto giorno consecutivo di lavoro, il relativo compenso non è (quantomeno non integralmente) dato da un riposo compensativo riconosciuto dopo il settimo giorno (in quanto tale riposo non coincide con il riposo nel settimo giorno).

In ordine alla natura giuridica che questo compenso assume, è stato escluso dal Supremo Consesso che esso costituisca un indennizzo o un risarcimento, dovendo piuttosto riconoscersi la sua natura retributiva.

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