La tutela giurisdizionale e giustiziale del diritto di accesso ai documenti amminstrativi

Galati Sabrina 21/11/12
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Il legislatore ha ritenuto opportuno introdurre un apposito procedimento volto alla tutela delle posizioni soggettive dedotte nel giudizio di accesso, che si insatura nei confronti della P.A., a fronte di un suo diniego espresso o tacito avverso una richiesta di ostensione di documenti amministrativi da parte del privato cittadino, strumentale alla difesa e cura dei propri interessi.

E’ indubbia la centralità nel dibattito giuridico della questione inerente al rapporto tra privato cittadino e pubblica amministrazione, rapporto che ha subìto una significativa evoluzione, a partire dalla L. 241/90, e progressivamente con i successivi interventi normativi, definibile “rivoluzione copernicana della gestione della cosa pubblica”, in quanto ha determinato una netta inversione di tendenza rispetto al passato: oggi tutta l’ attività amministrativa deve essere resa trasparente, tranne ciò che eccezionalmente può essere riservato. Si noti l’evoluzione del cittadino, da spettatore passivo rispetto all’ attività originariamente unilaterale della P.A., a fulcro attivo e centrale dell’ agere della burocrazia, il cui modus operandi risulta ora caratterizzato da una tendenziale parità pubblico-privato e rispecchia una nuova concezione improntata alla trasparenza, dal latino trans parere, che significa lasciar vedere la cosa pubblica ai cittadini, affinchè possano conoscere le ragioni dei provvedimenti amministrativi.

Il legislatore ha sentito l’ esigenza di introdurre un rito speciale ai fini della trattazione del giudizio di accesso, attesa la rilevanza degli interessi sottesi: da una parte il diritto di accesso, a prendere visione ed estrarre copia di documenti amministrativi (ex. art. 22 L. 241/90), e dall’ altra il diritto alla riservatezza facente capo ai c.d. controinteressati, soggetti individuati o individuabili che potrebbero subire pregiudizio dalla diffusione di dati sensibili e riservati, e che pertanto hanno facoltà di opporsi all’ esibizione di documenti, la cui ostensione pregiudicherebbe il loro diritto alla privacy. Il giudizio di accesso è dunque un giudizio sul rapporto tra trasparenza e riservatezza, in quanto la cognizione non si limita alla valutazione della legittimità o meno dell’ atto contestato, ma è estesa al rapporto amministrativo, implicando la verifica della sussistenza dei requisiti di legittimazione all’ accesso, all’ insegna di un adeguato bilanciamento con il contrapposto interesse alla riservatezza dei potenziali controinteressati.

Si noti come il contrasto tra interesse alla diffusione delle informazioni e tutela di talune sfere riservate di notizie che mal si prestano alla divulgazione si è posto sempre più in evidenza parallelamente all’ evolversi del sistema telematico, che ha contribuito ad una radicale innovazione della società, agevolando la comunicazione delle informazioni, ormai raccolte pressocchè esclusivamente mediante elaboratori elettronici, ma al contempo palesando la necessità di introdurre strumenti volti ad evitare l’ uso distorto di esse e a ridurre ingiustificati attacchi alla privacy.

L’ ordinamento appresta 2 tipologie di tutela rispetto al diritto di accesso attraverso cui si estrinseca la trasparenza dell’ attività amministrativa:

La tutela giurisdizionale è fornita dall’ art. 116 c.p.a., che contempla un rito speciale dal carattere impugnatorio, devoluto alla giurisdizione esclusiva del G.A.

Esso risulta caratterizzato da notevole semplificazione della procedura e forte accelerazione dei tempi di giudizio, in quanto viene trattata in Camera di consiglio, e, compatibilmente con la trattazione camerale del rito, i tempi risultano tutti dimezzati rispetto al rito ordinario, salvo quelli del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti. L’ udienza camerale è fissata d’ ufficio alla 1° udienza utile successiva al 30° giorno decorrente dalla scadenza del termine di costituzione delle parti, che è di 30 gg. dalla notifica (anzichè 60, in virtù del dimezzamento); in definitiva devono trascorrere 60 gg. tra la notifica del ricorso e la celebrazione dell’ udienza camerale.

La tutela giustiziale rappresenta un ulteriore strumento deflattivo del contenzioso- facoltativo e non preclusivo della tutela giurisdizionale, in caso di esito negativo- consistente nella possibilità di proporre ricorso amministrativo al Difensore civico o alla CADA (commissione accesso documenti amministrativi), competenti a riesaminare gli atti delle amministrazioni (rispettivamente centrali e periferiche- comunali, provinciali e regionali), entro 30 gg dalla presentazione dell’ istanza, sollecitando l’ autorità disponente ad emanare un provvedimento confermativo adeguatamente motivato entro 30 gg, decorsi infruttuosamente i quali l’ accesso è consentito.

Contenuti di specialità del rito ex art. 116 c.p.a:

Trattazione Camerale- termini dimezzati- decisione semplificata.

Il rito speciale in materia di accesso ai documenti amministrativi è dunque disciplinato dall’ art. 116 c.p.a., collocato nel Titolo II del Libro IV concernente Ottemperanza e riti speciali; è regolato da una disciplina processuale dotata di spiccata autonomia, per le sue peculiarità non solo rispetto al rito ordinario, ma anche rispetto agli altri riti speciali, donde l’ esigenza di apprestarvi una regolamentazione ad hoc,

Le controversie relative all’ accesso ai documenti amministrativi sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del G.A., come riportato dall’ art. 25 com.5 della L. 241/90 (riformato con L. 80/2005) e dall’ art. 133 cm.1 lett.a n.6, recante il diritto di accesso nell’ ambito dell’ elencazione delle materie devolute alla giurisdizione esclusiva.

Il rito dell’ accesso ha carattere impugnatorio, perché si svolge contro la determinazione sfavorevole, espressa o tacita, dell’ amministrazione avverso istanze di ostensione di documenti.

Il rito di accesso si inserisce nel cerchio dei procedimenti in Camera di consiglio, ex art. 87 co.1 lett. c, e poi nella circonferenza più ampia del processo ordinario di 1° grado, il quale continua a rappresentare il fulcro della disciplina di ogni rito, anche speciale, in forza del rinvio interno, contenuto nell’ art. 38 com.1, che stabilisce che il processo amministrativo si svolge secondo le disposizioni del libro II, che, se non espressamente derogate, si applicano anche a impugnazioni e riti speciali. La novità di maggior rilievo afferisce alla disciplina dei termini, i quali, coerentemente alla trattazione Camerale del rito, risultano tutti dimezzati rispetto a quelli del rito ordinario, esclusi quelli relativi alla notificazione del ricorso introduttivo, incidentale e dei motivi aggiunti.

A norma dell’ art 116 com.1, il ricorso introduttivo in materia di accesso và notificato all’ amministrazione e agli eventuali controinteressati entro 30 gg dalla conoscenza legale della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio (termine espressamente escluso dal dimezzamento), ma và depositato entro 15 gg. decorrenti dall’ ultima notificazione (termine invece dimidiato rispetto a quello ordinario di 30 gg). Il termine di costituzione delle parti è altresì dimezzato a 30 gg dalla notificazione (anzikè 60). Invece il termine per la notifica dei motivi aggiunti e del ricorso incidentale resta di 60 giorni, determinando un’ ingiustificata asimmetria tra le parti, poiché mentre il ricorrente principale può fruire di soli 30 gg, il ricorrente incidentale può beneficiare del termine ordinario di 60 gg dalla notifica del ricorso principale; il punto in esame richiederebbe correzione legislativa, ancorchè nell’ esperienza concreta il rito incidentale di accesso non risulti molto diffuso. Altra novità dunque consiste nella possibilità, a norma dell’ art. 116 com.2, di innestare RICORSO INCIDENTALE, in pendenza di giudizio principale cui la richiesta di accesso è connessa, attraverso deposito dell’ istanza presso la segreteria della sezione TAR cui è assegnato il ricorso principale, previa notificazione all’ amministrazione e ai controinteressati; l’ istanza incidentale è decisa con ordinanza o sentenza a seconda del carattere interlocutorio o decisorio della pronuncia, ma considerato che con essa il giudice decide, se pure in via incidentale, sull’ istanza di ostensione, la pronuncia nonostante abbia veste di ordinanza, ha nella sostanza natura di sentenza e in quanto tale è impugnabile.

Altro elemento di differenziazione consiste nella possibilità per l’ amministrazione di essere difesa e rappresentata da un proprio dipendente a ciò autorizzato ex art. 116 com.3, ma, si noti bene, solo in 1° grado, non in Consiglio di Stato.

Ancora l’ art. 116 com.4 prevede che la decisione del giudice sia assunta in FORMA SEMPLIFICATA, cioè la relativa motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo o se del caso al precedente conforme (ex art. 74).

Il giudice inoltre ordina l’ esibizione dei documenti di cui è stata richiesta l’ ostensione, dunque si noti come la sentenza risulti arricchita nel contenuto precettivo in quanto al momento cognitivo si somma il momento esecutivo.

Infine l’ art. 116 com.5 prevede l’ applicazione della disciplina che regolamenta il rito speciale anche ai giudizi di impugnazione, salvo il com.3, dal momento che la difesa personale non è consentita in fase di impugnazione, per espressa deroga prevista dall’ art .95 com.6 rispetto all’ art. 23 com.1 (che ammette la possibilità di difendersi personalmente in giudizio solo in 1° grado).

Riflettendo sui contenuti di specialità del rito è possibile formulare un giudizio positivo circa il suo buon funzionamento sotto entrambi gli angoli visuali delle effettività e della certezza della tutela, finalizzata alla realizzazione della pretesa del cittadino alla trasparenza dell’ attività amministrativa.

Il processo sull’ accesso risulta adeguatamente giustificato nella sua ragion d’ essere in quanto la serialità delle controversie che ne costituiscono oggetto la rende congeniale ad una disciplina accelerata e connotata da specialità rispetto al rito ordinario.

Attraverso la contestazione della determinazione di diniego espressa o tacita dell’ amministrazione rispetto all’ istanza di ostensione, il giudizio mira alla verifica della fondatezza della pretesa azionata dall’ interessato (all’ accesso), che in caso di esito positivo, impone di sacrificare il contrapposto interesse alla riservatezza dei controinteressati, i quali vanno comunque tutelati, attraverso la notifica del ricorso e la possibilità di opporsi all’esibizione di documenti riservati.

Galati Sabrina

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