La tutela cautelare nel processo amministrativo

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L’evoluzione della tutela cautelare amministrativa e le misure cautelari atipiche

La tutela cautelare nel processo amministrativo è stata oggetto di una evoluzione giurisprudenziale i cui approdi ermeneutici sono stati infine normativizzati da parte del legislatore. In origine la tutela cautelare nel diritto amministrativo era affidata esclusivamente alla sospensione degli atti oblatori[1], tuttavia tale rimedio risultava non idoneo soprattutto in presenza di interessi pretensivi[2] del privato. Grazie all’intervento dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato[3] si affermò pertanto la possibilità per il giudice amministrativo di emanare misure cautelari atipiche che assicurassero una effettiva tutela al singolo. Tale svolta giurisprudenziale portò alla modifica della legge TAR[4] in punto di misure cautelari ed il principio dell’atipicità delle misure cautelari venne recepito nel Codice del processo amministrativo del 2010. Ad oggi l’atipicità delle misure cautelari è sancita come regola ordinaria nell’art. 55 del menzionato Codice, a differenza di quanto avviene nel sistema civile ove le misure cautelari atipiche (previste all’art. 700 c.p.c.) sono applicate solo in via residuale. Altra importante statuizione giurisprudenziale in tema di tutela cautelare deriva dalla Corte costituzionale[5], la quale riconosce la validità, a livello costituzionale, del principio della doppia giurisdizione nel processo amministrativo, tanto per il giudizio di merito, quanto per il giudizio cautelare. Inoltre, in seguito all’intervento della Corte di giustizia[6] di Lussemburgo, il giudice amministrativo nazionale si è visto attribuire dei poteri cautelari anche per garantire piena efficacia alle materie regolate direttamente dal diritto europeo qualora lo Stato membro non ne avesse previsto una tutela cautelare ad hoc.

I presupposti e le categorie delle misure cautelari del c.p.a.

Premessi questi brevi cenni circa l’evoluzione della tutela cautelare nel nostro ordinamento, per analizzare le caratteristiche delle misure cautelari occorre prendere le mosse dal Codice del processo amministrativo (che per ragioni di comodità si abbrevierà in c.p.a.). Innanzitutto bisogna riconoscere che la tutela cautelare, che il Codice disciplina agli articoli 55-62, riveste un ruolo fondamentale ai fini dell’attuazione dei principi, di derivazione costituzionale e sovranazionale (CEDU e Carta di Nizza), dell’effettività della tutela e del giusto processo, sanciti agli artt. 1 e 2 c.p.a. La tutela cautelare tende a garantire una protezione rapida che non leda tuttavia le esigenze istruttorie e la pienezza del contradditorio. La tutela cautelare culmina con una decisione assunta a cognizione necessariamente sommaria, che non deve comportare effetti irreversibili, né influenzare il giudizio di merito a cognizione piena che potrebbe legittimamente disattendere quando statuito in sede cautelare.

Per quanto riguarda i presupposti delle misure cautelari, essi sono il fumus boni iuris (ovverosia la richiesta nel merito dell’istante appare prima facie fondata e ammissibile) e periculum in mora (ovverosia il pericolo di un danno irreparabile all’interesse del privato nelle more del giudizio di merito).

Inoltre in base al grado di urgenza del pericolo del danno corrispondono tre tipi di misure cautelari caratterizzate, rispettivamente, da tempi e modalità differenti: la misura cautelare collegiale (art. 55 c.p.a.) disposta in caso di “pregiudizio grave e irreparabile”; la misura cautelare monocratica in corso di causa (art. 56 c.p.a.) prevista in presenza di “estrema gravità e urgenza”, la cui appellabilità del decreto è discussa poiché non prevista dalla legge, ma ammessa dal Consiglio di Stato in alcune pronunce; la misura cautelare ante causam emessa in caso di “eccezionale gravità e urgenza”, introdotta grazie all’intervento della Corte di giustizia[7] che l’ha ritenuta necessaria per assicurare una effettiva tutela del singolo a prescindere dall’instaurazione del merito nei casi più estremi, appunto di “ eccezionale gravità e urgenza”.

Le caratteristiche della tutela cautelare: atipicità, strumentalità e transitorietà.

Per quanto riguarda le caratteristiche essenziali della tutela cautelare queste si identificano: nella atipicità, nella strumentalità e nella transitorietà.

Come sopra citato, l’atipicità rappresenta un approdo giurisprudenziale[8] a cui è seguito l’intervento confermativo del legislatore. D’altronde l’atipicità delle misure cautelari corrisponde all’atipicità delle azioni amministrative, essendo finalizzata in tal modo a darne una concreta ed effettiva tutela. Un esempio di misure cautelari atipiche di particolare interesse sono le misure cautelari “propulsive[9] nelle quali emerge un potere conformativo del giudice amministrativo rispetto ai poteri della PA. Difatti in presenza di tali misure il giudice ordina alla PA di riesaminare il caso alla luce dei vizi rilevati. La PA, quindi, eserciterà dei nuovi poteri tenendo conto delle indicazioni fornite dal giudice amministrativo (se invece l’ordinanza fosse così dettagliata da non lasciare margini di discrezionalità alla PA si avrebbe, in sostanza, un vero e proprio giudizio di ottemperanza). Tuttavia, può accadere che nelle more del giudizio di merito il privato, grazie al riesercizio del potere da parte della PA in attuazione della misura cautelare “propulsiva”, ottenga il bene della vita anelato, che poi però gli verrà negato all’esito del giudizio di merito. In tale evenienza la misura cautelare invece che offrire maggiore tutela finirebbe per ledere il privato che aveva fatto legittimo affidamento sul bene della vita nel frattempo ottenuto. Pertanto tali particolari misure vengono censurate dalla dottrina a causa dell’incertezza che possono cagionare nei rapporti giuridici.

Discorso a parte riguarda gli esami di abilitazione[10] in cui si è avvertita maggiormente l’esigenza di garantire la certezza nei rapporti giuridici e tutelare il legittimo affidamento del privato sul bene della vita ottenuto dall’esecuzione delle misure cautelari propulsive. Invero, il legislatore ha espressamente previsto che, al superamento degli esami di abilitazione, previa ammissione con riserva nelle more del giudizio di merito, anche se nel merito poi il privato dovesse soccombere, comunque il bene della vita (l’abilitazione) ottenuto dal candidato nelle more della decisione di merito si cristallizza.

In merito al requisito della strumentalità[11], bisogna rilevare che il giudizio cautelare rappresenta un giudizio interinale[12], autonomo rispetto a quello di merito, ma strumentale allo stesso ai fini della pienezza dell’istruttoria o del contraddittorio. La natura strumentale del processo cautelare emerge altresì dalla circostanza che la fissazione del merito rappresenta una condizione di procedibilità per il giudizio cautelare, nonchè dal fatto che nella decisione del giudizio cautelare viene fissata anche l’udienza del giudizio di merito. Ulteriore indice della strumentalità si ravvisa nella situazione che la decisione cautelare non influenza, né vincola in alcun modo il giudizio di merito che può disattendere il contenuto del provvedimento cautelare.

Infine,  circa l’ulteriore caratteristica della tutela cautelare rappresentata dalla transitorietà (derivante dalla temporaneità della decisione cautelare che viene completamente sostituita poi da quella di merito), occorre precisare che tale connotato viene affievolito dall’art. 55, II comma c.p.a. Infatti ai sensi di tale disposizione qualora dalla decisione del giudizio cautelare derivino effetti irreversibili, il giudice può disporre una cauzione, anche mediante fideiussione, cui subordinare la concessione o il diniego della misura, salvo quando la domanda cautelare attenga a diritti fondamentali della persona o ad altri beni di primario rilievo costituzionale.

 

Il rapporto tra la tutela cautelare e la tutela risarcitoria

Un ulteriore argomento da trattare riguarda il rapporto della tutela cautelare con l’azione di risarcimento del danno. In via preliminare va rammentato che il giudizio avente ad oggetto l’annullamento del provvedimento lesivo non è più pregiudiziale all’esperimento dell’azione per ottenere il risarcimento del danno per lesione dell’interesse legittimo (o nei casi di giurisdizione esclusiva anche per lesione dei diritti soggettivi). Tuttavia, il non essersi rivolti al giudice cautelare può essere valutato dal giudice investito della causa del risarcimento del danno come condotta colpevole non diligente del privato, il quale avrebbe potuto evitare o limitare il danno inferto dalla PA così limitando o escludendo il diritto al risarcimento del danno[13].

Fine del forum shopping

Si deve infine precisare che per evitare il fenomeno del forum shopping (prassi per cui la parte sceglie il foro dove ricorrere in base alla maggiore possibilità di tutela o per altri motivi di interesse personale), la competenza territoriale del giudice cautelare è stata dichiarata inderogabile dal legislatore[14].

Conclusioni

Dunque, alla luce delle considerazioni svolte in relazione alle principali caratteristiche della tutela cautelare, sembra opportuno richiamare le parole di Calamandrei che con encomiabile sinteticità esprime egregiamente l’essenza del giudizio cautelare e lo scopo che esso tende perseguire, ovverosia “la necessità che la durata del processo non vada a danno di chi ha ragione”.

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Note

[1] Sono oblatori gli atti con cui la P.A. priva o limita il diritto di un individuo

[2] Sulla distinzione tra interesse legittimo pretensivo e oppositivo vedi L. Facondini, Diritto soggettivo e interesse legittimo, in Diritto.it, 15.01.2021

[3] Adunanza Pleanaria del Consiglio di Stato n.1 del 30.03.2000

[4] Legge n. 1034 del 06.12.1971 “Istituzione dei tribunali amministrativi regionali”

[5] C. costituzionale sent. n. 8/1982

[6] C. di giustizia dell’UE, C-213/89, Factortame Ltd e a. del 19.06.1990

 

[7] C. di giustizia dell’UE, sentenza Commissione delle Comunità europee c. Repubblica ellenica del 19.09.1996

[8] Vedi C.d.S Ad.Pl. sent. n.1 del 30.03.2000; C.d.S, sez. V, sent. n. 1873 del 11.04.2000; C.d.S, sez. IV, sent.n. 4239 del 30.06.2006

[9] Vedi C.d.S, sez. V, sent. n.883 del 19.02.2007

[10] Vedi C. cost. sent. n.108 del 09.04.2009

[11] Vedi C.d.S, sez. IV, sent. n. 1240 del 24.02.2011; C.d.S. sez. VI, sent. n. 895 del 13.02.2013

[12] Vedi C.d.S, sez. V, sent.n. 5058 del 29.08.2006

[13] Vedi C.d.S. Ad.Pl. sent. n.3 del 23.03.2011

[14] Vedi Tar, Campania, Napoli, Sez. VII, sent. n. 641 del 30.09.2010

Paolo Quirino Cardinali

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