La riforma del Fallimento è legge

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Con l’approvazione del Senato, è ufficialmente legge il DDL di riforma del Fallimento (DDL 2681, che si può scaricare dal sito ufficiale del Senato) che delega il governo ad emanare un decreto di riforma dell’intera materia. Il Guardasigilli Orlando ha giustamente parlato di una riforma epocale, anche perché il testo principale della normativa concorsuale risaliva al 1942[1], e nonostante le moltissime aggiunte e modifiche intervenute nel frattempo la legge originale costituiva ancora il paradigma delle procedure concorsuali in senso lato.

Con la nuova riforma si cambia completamente ratio, che non sarà più la distribuzione del danno derivante dal mancato assolvimento dei crediti tra tutti i creditori alla luce del par condicio creditorum, ma sarà il recupero dell’azienda nel tessuto economico attivo della società. La crisi e l’insolvenza non segneranno necessariamente la fine dell’attività di impresa, ma saranno episodi fisiologici durante la vita della stessa.

L’intento del legislatore è quindi anche quello di modificare il concetto di fallimento anche nella vita sociale e perfino nel linguaggio comune, tanto che ha questo espresso scopo la riforma propone l’eliminazione dalla legislazione del termine “fallimento” e di tutti i suoi derivati, sostituito dal più neutro “liquidazione giudiziale[2], che concettualmente richiama, se mai, l’esecuzione giudiziale, che non ha certamente lo stigma negativo che ha il termine “fallito” nel linguaggio comune

La riforma, raccogliendo istanze che erano giunte dalla dottrina aziendalista, fornisce un’espressione chiara del concetto di crisi (ai fini dell’applicazione della normativa), e lo estende ed anticipa fino alla semplice probabilità di futura insolvenza[3] e l’estensione si giustifica alla luce dell’introduzione di una nuova fase preliminare di preallarme.

Ampliato anche l’alveo dei soggetti della nuova normativa, talmente ampio da richiedere una categoria di risulta; a parte gli enti pubblici, infatti, sono soggetti alla nuova normativa ogni categoria di debitore, sia esso persona fisica o giuridica, ente collettivo, consumatore, professionista o imprenditore esercente un’attività commerciale, agricola o artigianale[4], riunendo quindi tutte le categorie di imprenditore (anche quelle tradizionalmente escluse dal fallimento), oltre che la persona fisica che agisca come semplice consumatore, già oggetto della normativa sulla composizione della crisi da sovraindebitamento[5].

Si prevede l’istituzione presso le Camere di Commercio di un organismo di composizione della crisi (sulla falsariga di quelli previsti dalla normativa sul sovraindebitamento), cui il debitore (o l’organo di sorveglianza preposto nelle società di capitali) può rivolgersi per trovare una soluzione concordata con i creditori[6], soluzione che deve essere concordata nel termine di sei mesi, altrimenti scatta la fase di liquidazione giudiziale vera e propria.

E’ altresì previsto un obbligo di segnalazione a tale organismo da parte delle agenzie fiscali e dell’INPS quando rilevino delle passività da parte delle imprese o di singoli[7], e anche questa è una novità rivoluzionaria, se si pensa che tendenzialmente l’Agenzia delle Entrate si guardava bene dal chiedere il fallimento di qualcuno, anche per esposizione milionarie.

Essendo l’intera normativa finalizzata al recupero ed alla continuità dell’impresa, gli strumenti principalmente utilizzati saranno gli accordi di ristrutturazione dei debiti[8], i piani di risanamento ed il concordato preventivo con continuità aziendale[9], con numerosi vantaggi e tutele per il debitore che si avvalga di questi strumenti, mentre la liquidazione dei beni sarà considerata l’extrema ratio, da attivarsi solo in caso di fallimento (è il caso di dirlo) di tutte le altre alternative.

In ogni caso il concordato liquidatorio sarà ammesso solo a condizione che assicuri il pagamento del 20% dei crediti chirografari[10].

Per accelerare le procedure sono state ampliati i compiti del Curatore[11] e quindi le sue responsabilità, e correlativamente è stato aggravato il regime delle incompatibilità, oltre che i requisiti per la nomina.

E’ stato ampliato il vaglio dell’esdebitazione, che ora è previsto a prescindere dal risultato della procedura, purché il debitore abbia collaborato attivamente ed in buona fede con gli organi preposti[12].

E’ stato ampliato e specificato il panorama delle garanzie e delle tutele a favore dell’imprenditore che si avvalga della procedura, sulla falsariga di quelle previste dalla normativa sul concordato preventivo, quali (a titolo di esempio) la tutela da azioni esecutive da parte dei creditori, la possibilità di accedere a finanziamenti, vantaggi fiscali etc., oltre che della possibilità di avvalersi di garanzie non possessorie, in modo da consentire al debitore di continuare ad utilizzare beni produttivi[13].

E’ stata prevista, inoltre, una forte specializzazione dei giudici, con l’attribuzione delle procedure ai tribunali che dispongano di una sezione specializzata in materia di impresa[14], tribunali che verranno individuati anche sulla base dell’organico e del numero di procedure svolte finora. In pratica verranno tagliati fuori i piccoli tribunali, con sacrificio del giudice di prossimità (e della conoscenza che questi ha del proprio territorio dal punto di vista economico-sociale) a favore di una maggiore specializzazione e preparazione dei giudici. Non vi è dubbio che tale ultima misura (come già avvenuto per la razionalizzazione e conseguente chiusura dei piccoli tribunali) non mancherà di suscitare polemiche tra le varie associazioni di categoria, per motivi facilmente immaginabili.

Infine il legislatore ha colto l’opportunità per inserire nella normativa anche un riferimento agli immobili da costruire (settore certamente interessato dai fallimenti, e già più volte disciplinato da altre norme) prevedendo l’obbligo della stipula del preliminare per atto pubblico a mezzo di un notaio[15], che verificherà il rispetto dell’obbligo del venditore di predisporre una fideiussione e di una polizza assicurativa a tutela del consumatore, obbligo già previsto dalla legge[16], ma facilmente aggirabile.

Non resta che attendere l’intervento del Governo, che potrebbe giungere anche prima della scadenza annuale prevista.

 

Avv. Giovanni Chiricosta

Specialista in Professioni Legali

Curatore Fallimentare

Gestore della crisi presso l’OCC di Enna

http://studiochiricostacrea.jimdo.com/

 

[1] RD 267/1942, Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa

[2] art. 2, c.1, lett. a DDL 2681

[3]  art. 2, c. 1, lett. c, DDL 2681

[4] art. 2, c. 1, lett. e DDL 2681

[5] L 3/2012, Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento

[6] art. 4, c. 1, lett. b DDL 2681

[7] art. 4, c. 1, lett. d DDL 2681

[8] art.5 c. 1, lett. a DDL 2681

[9] art. 6 DDL 2681

[10] art. 6, c. 1 lett. a DDL 2681

[11] art. 7, c. 2, lett e DDL 2681

[12] art. 8 DDL 2681

[13] art. 11 DDL 2681

[14] art. 2, c. 1, lett. n DDL 2681

[15] art. 12, c. 1, DDL 2681

[16] artt. 2, 3 e 4 DLGS 122/2005

Avv. Chiricosta Giovanni

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