La regolarità contributiva quale requisito di partecipazione alla gara d’appalto

Barbara Fenni 14/03/14
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La sentenza in commento (TAR MARCHE, Sez. I, 6 febbraio 2014, n. 196, riportata in calce) ci offre l’occasione di riflettere sulla questione assai discussa relativa alla rilevanza della regolarità contributiva ai fini della partecipazione ad una gara di appalto.

A proposito dei requisiti di ordine generale, l’art. 38, comma 1, lett. i), del d.lgs. 163/2006, esclude dalla partecipazione alle procedure di affidamento di concessioni e appalti di lavori, forniture e servizi gli operatori economici “che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti”.

Il d.l. n. 70 del 2011 ha inserito nel comma 2 dell’art. 38 del Codice degli appalti una previsione diretta a chiarire il requisito della “gravità”. La norma prevede, infatti, che “ai fini del comma 1, lettera i), si intendono gravi le violazioni ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva di cui all’art. 2, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 266 (…)”.

 

Tale disposizione deve essere coordinata con l’art. 8, comma 3, del d.m. Lavoro 24 ottobre 2007, ai sensi del quale “ai soli fini della partecipazione a gare di appalto non osta al rilascio del DURC uno scostamento non grave tra le somme dovute e quelle versate, con riferimento a ciascun Istituto previdenziale ed a ciascuna Cassa edile. Non si considera grave lo scostamento inferiore o pari al 5% tra le somme dovute e quelle versate con riferimento a ciascun periodo di paga o di contribuzione o, comunque, uno scostamento inferiore ad Euro 100,00, fermo restando l’obbligo di

versamento del predetto importo entro i trenta giorni successivi al rilascio del DURC”.

 

Sulla corretta interpretazione dell’art. 38, comma 1, lett. i) del d.lgs. 163/2006 e dell’art. 8, comma 3, del d.m. Lavoro 24 ottobre 2007, la giurisprudenza per molto tempo si è divisa.

I giudici si sono più volte chiesti se, in presenza di un debito di ammontare superiore a quello previsto nel citato decreto, la stazione appaltante dovesse automaticamente disporre l’esclusione dell’operatore economico interessato o mantenesse un certo margine di discrezionalità nella valutazione della gravità della violazione commessa.

Secondo un’interpretazione sostanzialistica della norma, la regolarità contributiva non costituisce un requisito generale di ammissione, in quanto l’esclusione opera solo al ricorrere di violazioni gravi e definitivamente accertate. Tale circostanza troverebbe pure conferma nella mancata riproposizione, all’interno del d.lgs. 163/2006, di quanto contenuto all’art. 12, comma 1, lett. d), del d.lgs. 157 del 1995 che, senza eccezioni, non ammetteva la partecipazione alla gara per chi non fosse “in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti”.

In tal senso l’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici, nel parere n. 102 del 2007, ha affermato che “la Stazione appaltante, prima di procedere all’esclusione dell’impresa, deve verificare, anche in contraddittorio con l’impresa stessa, sia la gravità dell’inadempimento, sia la definitività dell’accertamento”.

Nello stesso senso si rammenta la sentenza del Tar Emilia Romagna, Bologna, sez. I, n. 3740 del 19 giugno 2008 e quella del Tar Reggio Calabria, sez. I, n. 291 del 23 marzo 2010. In quest’ultima pronuncia si sostiene che “spetta, dunque, alla stazione appaltante verificare che eventuali situazioni dall’INPS ritenute come condizioni di irregolarità contributiva, certamente rilevanti e costituenti un grave indizio, ai fini dell’art. 38, co. 1, lett. i), codice appalti, possano, in concreto e al di fuori di ogni automatismo, giustificare l’estromissione dalla gara”.

Più recentemente il Consiglio di Stato ha ribadito che “la valutazione circa l’esistenza di gravi violazioni in materia contributiva e previdenziale, come requisito generale di partecipazione alle gare, costituisce oggetto di autonoma valutazione da parte della stazione appaltante, rispetto alla quale le risultanze del c.d. d.u.r.c. si pongono come elementi indiziari, da cui non può prescindersi, ma che comunque non esauriscono l’ambito di accertamento circa la sussistenza di una violazione grave (cfr. C.S., sezione VI, dec. n.4907/2009)1.

 

Parimenti, nella sentenza n. 1228 del 24 febbraio 2011, i giudici di Palazzo Spada riconoscono implicitamente la derogabilità dei parametri che determinano l’irregolarità contributiva, affermando che “la previsione di un’entità minima del debito previdenziale, al di sotto della quale non c’è regolarità contributiva, ha lo scopo di semplificare il rilascio del d.u.r.c., ma non esclude che, se venga superato il limite anzidetto, non debba la stazione appaltante verificare la gravità o meno del debito”.

La lettura sostanzialistica della disposizione si fonda, a ben vedere, sulla distinzione tra regolarità contributiva formale, di competenza dell’istituto previdenziale, e gravità della violazione, rimessa alla valutazione della stazione appaltante2.

Tale affermazione trova conferma nella recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui “un conto è la regolarità contributiva formale, che è un dato oggettivo, rimessa al potere di accertamento dell’istituto previdenziale, un conto è la gravità della violazione contributiva e previdenziale, ai fini della partecipazione ad una gara, la cui valutazione è rimessa all’Amministrazione appaltante che, in concreto e al di fuori di ogni automatismo, deve verificare la presenza di indici sintomatici della gravità dell’infrazione, tali da giustificare l’estromissione dalla gara3.

Viceversa, secondo una lettura formalistica della normativa sopra citata, ogni carenza di regolarità contributiva risultante da un d.u.r.c. negativo impone necessariamente l’esclusione dalla gara. La mancata regolarità contributiva, anche se non grave, impedisce la partecipazione e la successiva stipulazione del contratto, considerato anche il fatto che, una volta rimesse esclusivamente agli enti previdenziali le valutazioni circa la gravità delle infrazioni, la stazione appaltante può solo prendere atto di tali risultanze senza sindacarle4.

La verifica della regolarità contributiva delle imprese partecipanti a procedure di gara per l’aggiudicazione di appalti con la pubblica amministrazione, compete agli istituti di previdenza, le cui certificazioni si impongono alle stazioni appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto5.

Nella sentenza n. 5575 del 2007, la V sezione del Consiglio di Stato ha chiarito che la nozione di regolarità contributiva “comporta l’assenza di qualsiasi inadempienza agli obblighi previdenziali, iniziando dal mancato tempestivo pagamento delle somme dovute a seguito di dichiarazioni o denunce da parte del medesimo soggetto interessato”, mentre il Tar Toscana, con la sentenza n. 182 del 2009, ha riconosciuto come logico che il requisito della regolarità contributiva “sia richiesto in termini rigorosi anche sotto il profilo temporale e dunque se ne pretenda il possesso sin dal momento del primo contatto tra l’impresa e l’amministrazione aggiudicatrice, cioè alla data di presentazione della domanda di partecipazione alla gara”.

Più recentemente, nella sentenza n. 5194 del 16 settembre 2011, i giudici di Palazzo Spada ribadivano che il requisito della regolarità contributiva, ai fini della partecipazione ad una gara d’appalto, va accertata alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte, senza alcuna rilevanza di un’eventuale regolarizzazione postuma, “la quale se può risolvere il contenzioso dell’impresa con l’ente previdenziale, non potrà però in alcun modo sovvertire l’oggettivo dato di fatto dell’irregolarità ai fini della singola gara6.

Accertata l’irregolarità contributiva, la “revoca dell’aggiudicazione provvisoria si presentava come un atto dovuto (…) e questo vuoi perché la stessa aggiudicazione era stata emessa in dichiarata attesa della verifica del possesso dei requisiti di partecipazione alla gara, vuoi perché, come si è appena esposto, una regolarizzazione postuma, allorché sollecita, non avrebbe potuto ovviare alla mancanza del requisito di regolarità contributiva”.

Infine, proseguiva la sentenza, “il d.m. 24 ottobre 2007, (…), nel disciplinare le modalità di rilascio del D.U.R.C. definendo nel modo già visto la soglia di gravità dell’inadempimento, non può non limitare sul punto anche la discrezionalità delle stazioni appaltanti (v. la Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del 30/01/2008 n. 5), che al riguardo ben possono quindi limitarsi a prendere atto della certificazione espressa dal D.U.R.C. (del quale non possono sindacare le risultanze: C. d.S., V, 19 novembre 2009, n. 7255; IV, 10 febbraio 2009, n. 1458; VI, 6 aprile 2010, n. 1934), senza doversi fare carico di autonome valutazioni”.

La continua oscillazione della giurisprudenza tra i due orientamenti richiamati ha trovato soluzione nella sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 8 del 4 maggio 2012 in cui, in linea con la lettura formalistica della normativa, si affermava che “ai sensi e per gli effetti dell’art. 38, comma 1, lett. i), d.lgs. n.163 del 2006, anche nel testo vigente anteriormente al d.l. n. 70 del 2011, secondo cui costituiscono causa di esclusione dalle gare di appalto le gravi violazioni alle norme in materia previdenziale e assistenziale, la nozione di “violazione grave” non è rimessa alla valutazione caso per caso della stazione appaltante, ma si desume dalla disciplina previdenziale, e in particolare dalla disciplina del documento unico di regolarità contributiva: ne consegue che la verifica della regolarità contributiva delle imprese partecipanti a procedure di gara per l’aggiudicazione di appalti con la pubblica amministrazione è demandata agli istituti di previdenza, le cui certificazioni (d.u.r.c.) si impongono alle stazioni appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto”.

Le stazioni appaltanti, infatti, “non hanno né la competenza né il potere di valutare caso per caso la gravità della violazione previdenziale, ma devono attenersi alle valutazioni dei competenti enti previdenziali”.

In effetti il d.u.r.c. costituisce una dichiarazione di scienza, cioè un atto di certificazione o di attestazione redatto da un pubblico ufficiale ed avente carattere meramente dichiarativo di dati di cui dispone la pubblica amministrazione, assistito da pubblica fede fino a querela di falso ai sensi dell’art. 2700 del c.c..

Data la natura giuridica di siffatto documento è del tutto fisiologico il fatto che non residui in capo all’appaltante alcun margine di discrezionalità nella valutazione o nell’apprezzamento dei dati in esso contenuti7.

Ne consegue che la mancanza della regolarità contributiva al termine della scadenza per la presentazione delle offerte comporta quale conseguenza l’esclusione dalla gara, essendo del tutto irrilevante una regolarizzazione ex post8.

Rispetto al secondo requisito previsto dall’art. 38, comma 1, lett. i), del d.lgs. 163/2006, vale a dire la definitività dell’accertamento della violazione, la giurisprudenza ha affermato che “lo stato di definitivo accertamento delle violazioni contributive può essere rinvenuto, in pratica, in tutte le situazioni caratterizzate dalla non pendenza di ricorsi amministrativi o giurisdizionali, né del termine per esperirli. E’ in questo senso che si dice che ai fini della valutazione delle definitività dell’accertamento, per gli effetti dell’art. 38, co.1, lett. i, d.lgs. 163/2006, occorre che al momento della scadenza del termine per la domanda di partecipazione alla gara: sia spirato il termine per l’impugnazione dell’atto di accertamento in sede amministrativa, o il relativo ricorso amministrativo sia stato respinto con provvedimento definitivo, e non sia stato proposto ricorso giurisdizionale9.

La definitività dell’accertamento va valutata al momento della scadenza del termine per la presentazione delle offerte, così da evitare una violazione della par condicio tra i partecipanti ed assicurare il rispetto dei principi di trasparenza, certezza giuridica ed efficienza nell’espletamento delle procedure di affidamento.

Sul punto è intervenuto il d.l. n. 16 del 2012, convertito nella l. n. 44 del 2012, che all’art. 1, comma 5, ha modificato il comma 2 dell’art. 38 del d.lgs. 163/2006, statuendo che “costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle relative all’obbligo di pagamento di debiti per imposte e tasse certi, scaduti ed esigibili”.

Lo scopo della previsione, che esclude dalla gara solo l’operatore economico che abbia commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, è certamente quello di dare garanzia alla stazione appaltante circa la solvibilità e l’affidabilità finanziaria dei potenziali contraenti, in piena conformità all’art. 45 della direttiva 2004/18/CE10.

Si tratta, in altre parole, di bilanciare il favor partecipationis auspicato dall’ordinamento, con la necessità di tutelare l’interesse dell’amministrazione appaltante ad evitare di contrarre con soggetti gravati da debiti tributari che ne minano l’affidabilità e la solidità finanziaria.

Rispetto ad una situazione di richiesta rateizzazione del debito tributario, il Consiglio di Stato ha da ultimo statuito che “il requisito della regolarità fiscale può dirsi sussistente solo qualora, prima del decorso del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara di appalto, l’istanza di rateizzazione sia stata accolta con l’adozione del relativo provvedimento costitutivo11.

Prosegue la sentenza affermando che “l’inidoneità della mera presentazione dell’istanza di dilazione a soddisfare il requisito della regolarità contributiva è corroborata dalla considerazione che l’ammissione alla rateazione non costituisce, di norma (fa eccezione l’art. 38 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, relativo all’imposta di successione), atto dovuto, in quanto l’art. 19 del d. P.R. n. 602/1973 conferisce all’Amministrazione il potere discrezionale di valutare quell’ “obiettiva difficoltà economica” che si è in precedenza visto essere presupposto per la concessione del beneficio. Ne deriva che l’ammissione alla procedura del concorrente che non abbia ancora ottenuto il provvedimento favorevole, oltre a sancire una deroga atipica al principio secondo cui i requisiti di partecipazione alle gare vanno verificati al momento della scadenza dei termini fissati per la presentazione delle domande, innesterebbe nello svolgimento della procedura di evidenza pubblica il fattore di incertezza legato all’accertamento di un requisito in fieri, collegato alla variabile della valutazione discrezionale dell’amministrazione tributaria”.

Neppure condivisibile è la tesi intermedia, secondo cui l’operatore che avesse fatto richiesta di rateizzazione potrebbe essere ammesso a condizione che il beneficio venga acquisito nel corso della procedura. In tal senso non è possibile invocare il principio, sopra richiamato, del favor partecipationis, in quanto trattasi di strumento pur sempre diretto a garantire fisiologicamente la scelta del miglior contraente.

La certezza della disciplina ed il rispetto dei tempi procedimentali impongono la verifica dei requisiti di carattere generale al momento del termine per la presentazione della domanda di partecipazione.

In caso contrario si consentirebbe un accesso condizionato, idoneo a riflettersi negativamente sull’efficienza e la tempestività dell’azione amministrativa.

 

Barbara Fenni

 

 

TAR MARCHE, Sez. I, 6 febbraio 2014, n. 196

 

Nella sentenza in commento il Tar Marche ha respinto il ricorso diretto ad ottenere, tra le altre, l’annullamento della revoca dell’aggiudicazione definitiva, disposta dalla stazione appaltante a fronte dell’ irregolarità contributiva risultante dal DURC.

L’art. 8, comma 3, del D.M. lavoro n. 24 del 2007 afferma che, ai soli fini della partecipazione alla gara d’appalto, non impedisce il rilascio del DURC uno scostamento non grave tra le somme dovute e quelle versate, fermo restando l’obbligo del versamento dell’importo entro i trenta giorni successivi. Tuttavia, in sede di controllo del possesso dei requisiti dell’aggiudicatario, ex art. 11, comma 8, del d.lgs. 163/2006, la piena regolarità contributiva deve sempre sussistere.

Ciò non è accaduto nel caso di specie, dove la stazione appaltante, acquisito in occasione del controllo ex art. 11, comma 8, del d.lgs. 163/2006, un documento di irregolarità contributiva per somme dovute dall’aggiudicatario all’INAIL, ha disposto la revoca dell’aggiudicazione definitiva, l’escussione della cauzione provvisoria e la segnalazione del fatto all’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici.

FATTO E DIRITTO

Il provvedimento con cui la stazione appaltante disponeva la revoca dell’aggiudicazione definitiva, nonché l’escussione della cauzione provvisoria e la segnalazione all’AVCP, veniva impugnato davanti al Tar, unitamente alla richiesta della declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato ed al risarcimento del danno in forma specifica e per equivalente.

La parte ricorrente lamentava l’eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà, irrilevanza del fatto e difetto di istruttoria.

 

Nell’esame del caso il Tar richiama l’art. 8, comma 3, del d.m. Lavoro del 24 ottobre 2007, secondo cui non impedisce il rilascio positivo del DURC uno scostamento non grave tra le somme dovute e quelle versate, vale a dire una differenza inferiore o pari al 5% rispetto a ciascun periodo di paga o contribuzione o comunque inferiore a 100 euro, fermo restando l’obbligo di provvedervi nei trenta giorni successivi al rilascio del suddetto documento.

Tuttavia, in sede di controllo circa il possesso dei requisiti da parte dell’aggiudicatario, ai sensi dell’art. 11, comma 8, del d.lgs. 163/2006, la piena regolarità contributiva deve sempre sussistere.

Nel caso in esame, osserva il Tar, a seguito della richiesta di DURC avanzata dalla stazione appaltante è stato emesso un documento di irregolarità contributiva per debiti INPS, mentre in sede di controllo, ex art. 11, comma 8, del d.lgs. 163/2006, è stato acquisito dall’amministrazione appaltante un DURC irregolare per debiti INAIL.

Ne consegue che l’impugnazione della revoca dell’aggiudicazione appare, sotto tale profilo, incensurabile.

Parimenti infondata risulta la contestazione relativa alla mancata motivazione della stazione appaltante circa la conclusione sull’irregolarità contributiva dell’aggiudicatario.

L’art. 10-bis della l. 241/1990, sulla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, non si applica, infatti, alle procedure competitive per l’affidamento di contratti pubblici.

Tale pretesa non trova neppure fondamento, a differenza di quanto affermato dal ricorrente, nella disposizione di cui all’art. 31, comma 8, del d.l. n. 69/2013 che non introduce alcuna sanatoria per la mancata regolarità contributiva di un aggiudicatario di una procedura ad evidenza pubblica.

Appare, infine, inconsistente l’asserita violazione dell’art. 38, lett. h), del d.lgs. 163/2006, in quanto la presentazione di falsa dichiarazione o di falsa documentazione, previste dalla norma, non è stata in alcun modo invocata a fondamento della revoca dell’aggiudicazione.

Per tali ragioni la domanda diretta ad ottenere l’annullamento dell’aggiudicazione definitiva e la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato deve essere respinta, così pure la richiesta di risarcimento del danno mancando, nel caso di specie, l’ingiusta lesione di un legittimo affidamento.

 

 

1 Cons. St., sez. V., n. 789 del 3 febbraio 2011, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

2 Cons. St., sez., IV, n. 6907 del 15 settembre 2010; Cons. St., sez. V, n. 9398 del 27 dicembre 2010; Cons. St., sez. V, n. 83 dell’11 gennaio 2011.

 

3 Cons. St., sez. V, n. 5186 del 16 settembre 2011. Per un commento alla sentenza si rinvia a M. R. BONCOMPAGNI, Requisito della regolarità contributiva, continua il dibattito sulla rilevanza del d.u.r.c. negativo, in www.neldiritto.it.

 

4 Cons. St., sez. V, n. 4035 del 25 agosto 2008.

 

5 Cons. St., sez. V, n. 5531 del 12 ottobre 2011. Nello stesso senso si veda Tar Toscana, sez. I, n. 313 del 14 gennaio 2011.

 

6 Nello stesso senso si veda: Cons. St., sez. VI, n. 344 del 26 gennaio 2009; Cons. St., sez. VI, n. 2100 del 4 aprile 2011; Cons. St., sez. IV, n. 2383 del 12 aprile 2011; Tar Roma, sez. II ter, n. 1672 del 22 febbraio 2011;Tar Campania, n. 4293 del 1 settembre 2011.

 

7 Tar Napoli, sez. VIII, n. 2786 del 19 maggio 2011. Nello stesso senso si era già espressa l’AVCP, nella determinazione n. 1 del 2010, dove aveva escluso ogni possibilità per le stazioni appaltanti di sindacare i dati indicati nel d.u.r.c., una dichiarazione di scienza, assistita da pubblica fede fino a querela di falso, ai sensi dell’art. 2700 del c.c..

Più recentemente si veda Cons. St., sez. V, n. 2682 del 17 maggio 2013.

 

8 In tal senso si veda Cons. St., A.P., 15 aprile 2010, n. 2155; Tar Puglia, Lecce, sez. II, n. 1139 del 16 maggio 2013.

 

9 Cons. St., sez. V, n. 4511 del 13 luglio 2010. Precedentemente si veda Cons. St., sez. VI, n. 716 del 27 febbraio 2008.

 

10 Cons. St., sez. III, n. 1332 del 5 marzo 2013.

 

11 Ad. Pl., n. 15 del 5 giugno 2013. Nello stesso senso si veda Cons. St., sez. III, n. 1332 del 5 marzo 2013 e Cons. St., sez. IV, n. 1633 del 22 marzo 2013. Per quanto concerne la giurisprudenza comunitaria, si ricordano le sentenze della Corte Giust., CE, sez. I, n. 228/04 e 226/04 del 9 febbraio 2007.

 

Barbara Fenni

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