La previsione di specifici requisiti di partecipazione al concorso, ulteriori rispetto a quelli stabiliti dalla legge, risulta legittima se giustificata dal particolare profilo professionale richiesto

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SOMMARIO:Riferimenti: art. 2 del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487; art. 70, comma 13, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 – concorso per l’accesso alla P.A. – requisiti di partecipazione

La vicenda

Il contenzioso nasce a seguito di una procedura concorsuale per l’assunzione di funzionari architetti da inquadrare nella III area del personale non dirigenziale.

Un candidato viene escluso per mancanza del possesso del «diploma di specializzazione, o dottorato di ricerca, o master universitario di secondo livello di durata biennale, in materie attinenti il patrimonio culturale, o titoli equipollenti», requisito di ammissione previsto dal bando di concorso. Nello specifico la commissione ritiene che il “diploma di perfezionamento” posseduto dal candidato escluso non possa essere considerato equipollente al requisito predetto. Successivamente all’approvazione della graduatoria generale di merito, il candidato impugna gli atti concorsuali dinanzi al Tar.

I giudici di primo grado rigettano il ricorso, ritenendo che rientri nella discrezionalità dell’amministrazione richiedere il possesso di determinati titoli di accesso ai concorsi e che, nella specie, tale potere sia stata correttamente esercitata.

Avverso tale sentenza viene proposto ricorso in appello che il Consiglio di Stato, con la decisione in esame, considera fondato.

In particolare l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza nella parte in cui non dichiara l’illegittimità del bando per avere esso richiesto, ai fini della partecipazione al concorso in esame, il possesso di un ulteriore titolo oltre la laurea. Per il candidato escluso tale previsione è illegittima in ragione del fatto che, nella specie, il profilo professionale, corrispondente all’ottava qualifica funzionale, non giustifica l’inserimento di siffatto requisito di accesso e, di conseguenza, l’esercizio del potere discrezionale si manifesta irragionevole per mancanza di aderenza alle caratteristiche della concreta procedura concorsuale posta in essere dall’amministrazione.

 

La decisione

Il Collegio, dopo aver richiamato la disposizione contenuta nell’art. 2, comma 6, del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, che prevede, quale requisito per l’accesso a profili professionali di ottava qualifica funzionale, il solo diploma di laurea, evidenzia come la giurisprudenza amministrativa riconosca in capo all’amministrazione che indice la procedura selettiva «un potere discrezionale nell’individuazione della tipologia dei titoli richiesti per la partecipazione, da esercitare tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire». Pertanto «in assenza di una fonte normativa che stabilisca autoritativamente il titolo di studio necessario e sufficiente per concorrere alla copertura di un determinato posto o all’affidamento di un determinato incarico, la discrezionalità nell’individuazione dei requisiti per l’ammissione va esercitata tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire o per l’incarico da affidare, ed è sempre naturalmente suscettibile di sindacato giurisdizionale sotto i profili della illogicità, arbitrarietà e contraddittorietà»

Nel caso di specie il requisito di accesso al concorso risulta sproporzionato rispetto al posto da ricoprire e genera una immotivata ed eccessiva gravosità rispetto all’interesse pubblico perseguito. Per il Collegio, infatti, non risulta “giustificata la pretesa titolarità di titoli ulteriori rispetto al diploma di laurea, ed, in particolare, di un master di II livello della durata biennale – con esclusione quindi dei master parimenti di II livello, ma aventi solo una durata annuale – in relazione allo specifico profilo di Funzionario architetto in questione”.

La decisione in esame conferma sostanzialmente la possibilità per le amministrazioni di prevedere ulteriori requisiti rispetto a quelli minimi sanciti dalla normativa di riferimento, a condizione che essi siano giustificati dalla necessità di assicurare una particolare qualificazione coerente con il posto di ricoprire e siano proporzionati alle competenze professionali ricercate.

La previsione di requisiti aggiuntivi è il risultato di una scelta organizzativa correlata alle competenze professionali ritenute dalla pubblica amministrazione utili al migliore svolgimento delle attività cui la stessa è preposta e si configura come esercizio della discrezionalità alla stessa riconosciuta, che, in quanto tale, per non essere censurata in sede di eventuale giudizio di legittimità, non deve manifestarsi palesemente illogica, arbitraria e contraria ai principi della buona amministrazione. L’innalzamento dei titoli di studio richiesti risulta, pertanto, legittimo se trova riscontro in una ragionevole e oggettiva motivazione nei termini anzidetti, altrimenti determina un aggravamento ingiustificato dei criteri di ammissione al concorso[1].

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Note

[1] Cons. Stato, sez. VI, 24 gennaio 2020, n. 590; Cons. Stato, sez. VI, 14 ottobre 2019, n. 6971; Cons. Stato, sez. V, 18 ottobre 2012, n. 5351; Consiglio di Stato sez. V, 13 aprile 2012, n. 2098; Cons. Stato, sez. VI, 3 maggio 2010, n. 2494.

Sentenza collegata

107454-1.pdf 2.77MB

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Giacomo Giuseppe Verde

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