La prelazione artistica

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La prelazione artistica è disciplinata dal capo IV (Titolo I, Parte Seconda) del Codice emanato con Decreto Legislativo 42/2004 relativo alla circolazione dei beni culturali in ambito nazionale, e specificatamente agli articoli 60, 61 e 62.

Gli articoli 60, 61 e 62 hanno successivamente subito modifiche da parte del Degcreto Legislativo 156/2006 e gli articoli 60 e 62 altre modifiche da parte del Decreto Legislativo 62/2008.
In particolare con la prelazione artistica:

Il proprietario (o detentore) è tenuto a denunciare al Ministero gli atti che trasferiscono in tutto o in parte, a qualsiasi titolo, la proprietà o la detenzione dei beni culturali.

Nel caso di alienazione a titolo oneroso il Ministero (o la Regione o altro Ente pubblico territoriale interessato) ha la facoltà di acquistare il bene in via di prelazione al medesimo prezzo stabilito nell’atto di alienazione (ex art. 60).

La prelazione deve essere esercitata entro sessanta giorni dalla data di ricezione della denuncia (ex art. 61).

Lo Stato (o l’Ente territoriale) ha il potere di dire la sua in una vicenda traslativa tra privati per acquistare il bene culturale caducando il negozio di alienazione validamente concluso, anche se  sottoposto a condizione sospensiva (ex art. 61).

Il passaggio di proprietà in mano pubblica avviene con l’emissione del provvedimento formale, con il quale si esercita la prelazione, e con la sua notificazione all’alienante e all’acquirente (ex art. 61).
Segue l’emissione del mandato di pagamento da parte dell’Ente prelazionario (ex art. 60).
Si tratta di una fattispecie complessa con effetti traslativi reali (passaggio del bene in proprietà del demanio) e con effetti obbligatori (obbligo del pagamento del prezzo). .
L’acquisto in via di prelazione può essere compiuto esclusivamente in relazione alle alienazioni a titolo oneroso o anche quando il bene sia a qualsiasi titolo dato in pagamento (ex art. 60).
La prelazione artistica costituisce un privilegio a favore della Pubblica Amministrazione giustificato dal fine al quale è preordinato di salvaguardare interessi primari per la vita culturale del Paese, costituzionalmente garantiti.

La dottrina e la giurisprudenza ravvisano nell’istituto uno strumento per il perseguimento di finalità politico-culturali, connotato da una duttilità di impieghi e indirizzato sia alla tutela e conservazione dei beni culturali sia alla loro promozione e valorizzazione, alla luce dei principi costituzionali e della normativa di settore.

Attraverso la prelazione si attua il controllo del mercato delle opere d’arte e la protezione del patrimonio culturale e artistico da parte dello Stato.

Secondo la giurisprudenza la prelazione può consentire “una migliore tutela e, in particolare, una migliore valorizzazione e fruizione del pregio artistico.

L’acquisto dei beni culturali in mano pubblica rimuove di sicuro i limiti alla loro fruibilità, rendendo accessibili beni che in precedenza, in virtù dell’appartenenza ai soggetti privati, o erano interamente preclusi alla fruizione (beni mobili) o erano fruibili in modo parziale (beni immobili o collezione o serie di eccezionale interesse.

Gli obiettivi di politica culturale, ai quali deve essere preordinata la prelazione, sono quelli che realizzano l’interesse pubblico al godimento del patrimonio culturale nella sua interezza.

Le finalità dell’istituto sembrano rilevanti perché ad esse si collega la motivazione con la quale si esplicitano le ragioni che, nel caso concreto, hanno spinto l’Amministrazione ad emettere il provvedimento, nonché sembrano rilevanti quando l’atto viene sottoposto al sindacato del giudice amministrativo.

L’argomentazione secondo la quale il ristoro economico a favore del proprietario non è limitato, come per gli istituti espropriativi, all’indennizzo fissato nella procedura espropriativa ai sensi dell’articolo 42, comma 3, della Costituzione, ma coincide con il prezzo del bene determinato nel contratto dalle parti, porta all’attenuazione del profilo autoritativo coattivo insito nell’atto ablatorio.

Quello che più rileva è che la prelazione può essere esercitata anche in caso di omessa denuncia del contratto di alienazione (ex art. 61, comma 2), cioè quando il proprietario vuole eludere la prelazione o quando, in applicazione dell’articolo 164, comma 2, la prelazione è esercitata indipendentemente dal fatto che l’alienante abbia fatto conoscere la propria volontà di alienare.

In questo caso è sicuro che l’Amministrazione con l’esercizio della prelazione attua l’esplicazione di un potere di supremazia per il conseguimento di un interesse pubblico alla conservazione e alla fruizione dei beni culturali, dando luogo ad un acquisto che si produce non attraverso un negozio giuridico (venendo incontro alla volontà del proprietario privato), ma per effetto di una manifestazione della potestà di imperio.

Al contrario, nella prelazione legale civilistica, in caso di omissione della denuntiatio, il titolare del diritto di prelazione si deve rivolgere all’Autorità Giudiziaria per l’annullamento dell’atto di trasferimento e per l’esercizio della prelazione.

In conseguenza il potere di prelazione va ricondotto nella categoria dei poteri dello Stato di effettuare trasferimenti coattivi e di emettere provvedimenti ablativi, rispetto ai quali è irrilevante la volontà del privato e la validità oppure no dell’atto di alienazione sottostante.

Il potere di acquisto dei beni culturali non è riconducibile ad una potestà ablatoria di tipo espropriativo.

La prelazione artistica, nonostante manifesti una sostanza ablativa, è distinta dagli ordinari provvedimenti di natura espropriativa in quanto si collega ad una iniziativa negoziale dei privati.

Il suo esercizio presuppone l’esistenza di un atto idoneo a trasferire la proprietà del bene culturale dall’originario proprietario al terzo, e determina l’obbligo del pagamento del prezzo liberamente fissato nell’atto di trasferimento, e significa che in questa fattispecie il carattere ablatorio è meno accentuato rispetto alle fattispecie ablatorie in senso stretto ad iniziativa pubblica con pagamento di un indennizzo ai sensi dell’articolo 42 comma 3 della Costituzione.

L’esercizio della prelazione artistica presuppone la presenza di specifici atti precedentemente posti in essere.

Per questo motivo il potere della Pubblica Amministrazione di acquisire in via di prelazione i beni culturali dei privati è subordinato all’esistenza di determinati presupposti.

Un atto di alienazione del bene culturale o un atto traslativo a titolo oneroso, perfettamente valido, anche se sottoposto a condizione sospensiva del mancato esercizio della prelazione

Un vincolo “culturale”, al quale il bene è assoggettato per effetto del riconoscimento dell’interesse culturale ai sensi dell’articolo 13 del Codice,  in forza di un provvedimento amministrativo debitamente notificato e successivamente trascritto in capo all’alienante.

In ordine al primo presupposto si deve definire la nozione di atti a titolo oneroso e individuare le tipologie negoziali che costituiscono l’oggetto della prelazione, più circoscritto rispetto a quello della denuncia che ricomprende anche gli atti a titolo gratuito.

L’articolo 60 del Codice, nella formulazione adottata dal Decreto Legislativo 42/2004, tra gli atti sottoposti a prelazione, contempla espressamente le seguenti fattispecie:

Le alienazioni a titolo oneroso dietro pagamento di un prezzo

Le alienazioni a titolo oneroso dietro corrispettivo diverso dal denaro

La Permuta.

La datio in pagamento.

Risulta evidente che l’articolo 60 ha voluto circoscrivere l’ambito di azione della prelazione a quelle tipologie di atti che presentano i seguenti requisiti:

il trasferimento del bene culturale (come contenuto dell’atto) e l’onerosità (come causa dell’atto) non necessariamente consistente nel pagamento di un corrispettivo in denaro.

Questa disposizione ha voluto collegare la prelazione non all’esistenza di un contratto tipo o a una specifica causa negoziale, ma alla presenza di una regolamentazione tra le parti che comporti un effetto traslativo del bene soggetto a vincolo e che sia caratterizzata dall’esistenza di un reciproco sacrificio patrimoniale delle parti allo scopo di conseguire una attribuzione patrimoniale, che significa che sono soggetti a prelazione quei negozi atipici a prestazioni corrispettive che, anche se non costituiscono una compravendita in senso stretto, abbiano i medesimi effetti reali (trasferimento della proprietà del bene) a fronte di un corrispettivo non necessariamente pecuniario che conferisce all’atto natura onerosa.

In mancanza di una espressa disposizione, è necessario che l’alienante sia pieno proprietario e che l’atto sul quale incide la prelazione sia relativo al trasferimento delle proprietà onde si determini l’acquisto della proprietà del bene da parte dello Stato.

La finalità della prelazione che è quella di soddisfare l’interesse pubblico al godimento e alla conservazione del patrimonio culturale, può essere realizzata esclusivamente con l’acquisto della piena proprietà del bene da parte dello Stato e non con l’acquisto degli altri diritti reali limitati.

L’articolo 60, a seguito delle modifiche apportate al Codice dal Decreto Legislativo 56/2006, prevede anche espressamente che lo Stato (o l’Ente territoriale locale) ha facoltà di acquistare in via di prelazione i beni culturali conferiti in società al medesimo valore attribuito nell’atto di conferimento, ampliandosi così le tipologie degli atti soggetti a prelazione e togliendo il dubbio interpretativo che aveva alimentato la precedente disputa esistente in dottrina al riguardo.

Il fatto che la prelazione si applica anche al contratto societario, in caso di apporto di un bene culturale, sottolinea, stante la connotazione imprenditoriale delle società commerciali, la mutata considerazione dei beni culturali, come oggetto non esclusivamente di tutela conservativa, ma anche di valorizzazione, e fermo restando l’esigenza di tutela, di essi viene sfruttata anche la capacità di produrre reddito.

Il bene culturale conferito in società è sottoposto alla disciplina della prelazione sia in sede di costituzione sia in sede di aumento di Capitale Sociale.

Questo significa che al bene culturale conferito in società si applica, oltre alla normativa societaria sui conferimenti in natura, anche l’istituto della prelazione.

Dott.ssa Concas Alessandra

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