La notificazione della sentenza alla parte personalmente non fa decorrere il termine breve per l’impugnazione

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di Alessio Antonelli,

Senior Associate dello Studio “Lipani Catricalà & Partners”

Sommario:

  1. Introduzione
  2. Riferimenti normativi
  3. I fatti che hanno dato origine all’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite
  4. Gli orientamenti giurisprudenziali a confronto
  5. La pronuncia delle Sezioni Unite n. 20866 del 30 settembre 2020
  6. Conclusioni

 

***

Introduzione

Sono dovute intervenire recentemente le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, mediante la pronuncia n. 20866 del 30 settembre 2020 per dirimere il contrasto giurisprudenziale esistente sulle questioni di seguito esposte:
– se la notifica della sentenza di primo grado, effettuata ad una Pubblica Amministrazione presso la propria sede, sia idonea a far decorrere il termine breve di cui all’art. 325 c.p.c., quando la sede dell’ente è al contempo anche sede della sua Avvocatura interna e domicilio eletto per il relativo giudizio;

– se, in tale ipotesi, all’omessa indicazione del difensore dell’ente nell’atto notificato, possa sopperire il fatto che il nominativo del legale compaia comunque nell’epigrafe della sentenza.

Riferimenti normativi

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 325, primo comma, c.p.c. “Il termine per proporre l’appello, la revocazione e l’opposizione di terzo di cui all’articolo 404, secondo comma, è di trenta giorni. È anche di trenta giorni il termine per proporre la revocazione e l’opposizione di terzo sopra menzionata contro la sentenza delle corti d’appello”.

Il successivo primo comma dell’art. 326 c.p.c. chiarisce che “I termini stabiliti nell’articolo precedente sono perentori e decorrono dalla notificazione della sentenza”.

In questo preciso contesto viene in rilievo il disposto dell’art. 285 c.p.c., a norma del quale “La notificazione della sentenza, al fine della decorrenza del termine per l’impugnazione, si fa, su istanza di parte, a norma dell’articolo 170”.

Il primo comma dell’art. 170 c.p.c.[1] prevede che la sentenza vada notificata al procuratore costituito o direttamente alla parte, nei casi in cui quest’ultima sia autorizzata a stare in giudizio personalmente (art. 82 c.p.c.).

Poiché la notifica al difensore non ammette equipollenti, risulterà inidonea a determinare il passaggio in giudicato della sentenza la conoscenza aliunde che il procuratore (o la parte stessa) abbiano avuto del provvedimento, nonché la notifica fatta a quest’ultima personalmente.

Se la medesima parte si sia costituita in giudizio con due o più difensori, la notifica potrà essere validamente effettuata presso uno qualunque di essi.

Oggi la norma richiama anche il secondo comma dell’art. 170 c.p.c., precedentemente escluso: conseguentemente, è consentita la consegna di una sola copia dell’atto al procuratore costituito per più parti.

I fatti che hanno dato origine all’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite.

Dinnanzi al Tribunale di Latina, nel febbraio 2009 un allevatore ha proposto domanda risarcitoria nei confronti di una Azienda USL per i danni patiti in conseguenza dell’illegittimo ordine di abbattimento di diciannove capi di bestiame.

Tale domanda venne accolta dal Tribunale di Latina nonostante le contestazioni della convenuta Azienda USL, che si era costituita con Avvocato appartenente al servizio interno dell’Avvocatura dell’ente ed eleggendo domicilio, ai fini del giudizio, presso la propria sede.

La sentenza di primo grado n. 1876 del 7 agosto 2014 è stata notificata il 19 settembre 2014 alla USL presso la sua sede, ma senza indicazione del nominativo del difensore dal quale era stata assistita in detto giudizio: rilevandosi dalla relazione di notificazione che la sentenza era notificata “Alla ASL Azienda Sanitaria Locale di Latina domiciliata in (OMISSIS)” ecc.

L’Azienda USL ha spiegato appello con atto notificato il 19 maggio 2015 sul presupposto dell’applicabilità dell’art. 327 c.p.c., nel testo vigente ratione temporis (essendo iniziato il giudizio di primo grado prima del 4 luglio 2009).

Il gravame proposto dall’Azienda USL è stato dichiarato inammissibile per tardività dalla Corte d’Appello di Roma, la quale ha ritenuto valida ai fini del decorso del termine breve la notifica della sentenza come eseguita con le descritte modalità.

L’Azienda USL ha pertanto proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 1104 del 19 febbraio 2018 di inammissibilità del gravame, resa dalla Corte d’Appello di Roma, con atto articolato su di un solo motivo, cui ha resistito con controricorso l’allevatore.

Della questione è stata investita la Terza Sezione della Suprema Corte che, esaminata la vicenda, ha invocato l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite, dando atto del contrasto giurisprudenziale esistente sulle questioni già illustrate nella parte introduttiva che precede ma che, per completezza, si riportano:

– se la notifica della sentenza di primo grado, effettuata ad una Pubblica Amministrazione presso la propria sede, sia idonea a far decorrere il termine breve di cui all’art. 325 c.p.c., quando la sede dell’ente è al contempo anche sede della sua Avvocatura interna e domicilio eletto per il giudizio;

– se, in tale ipotesi, all’omessa indicazione del difensore dell’ente nell’atto notificato, possa sopperire il fatto che il nominativo del legale compaia comunque nell’epigrafe della sentenza.

Gli orientamenti giurisprudenziali a confronto

Sul punto si possono rilevare due distinti orientamenti: il primo, numericamente prevalente, sostiene che quando un ente è patrocinato dalla propria Avvocatura interna, presso la cui sede ha anche eletto domicilio, la notifica ivi compiuta senza l’indicazione del procuratore domiciliatario è inidonea a far decorrere il termine breve per proporre impugnazione.

La sola identità di domiciliazione non sarebbe infatti sufficiente ad assicurare che la sentenza giunga a conoscenza della parte tramite il suo rappresentante processuale. Ciò principalmente a causa della complessità di organizzazione dell’ente destinatario della notifica, delle sue dimensioni e delle prassi locali (così Cassazione Civile, Sezione 6^, ordinanza n. 14054 dell’8 luglio 2016[2]).

L’altro orientamento sostiene invece l’esistenza di “(…) una presunzione assoluta di irredimibile collegamento tra la parte, il suo procuratore costituito e il domicilio di quest’ultimo”, tale da creare una “assoluta identità, logistica e funzionale, del domicilio (del rappresentante dell’ente) e del domicilio eletto presso il suo difensore e procuratore costituito” (così Cassazione Civile Sezione 3^, sentenza n. 18640 del 12 settembre 2011, seguita da Cassazione Civile, ordinanza n. 14891 del 19 aprile 2015).

In tale ipotesi, la notifica della sentenza nel luogo che è al contempo sede dell’ente e della sua Avvocatura e domicilio eletto, produce gli effetti di cui all’art. 325 c.p.c.

Ciò anche se non è indicato il del nome del legale che ha patrocinato l’ente in giudizio, quando comunque risulti dall’epigrafe della sentenza notificata.

A tali orientamenti se ne aggiunge un terzo, recentemente inaugurato dalla pronuncia della Cassazione n. 2396 del 3 febbraio 2020[3], secondo cui l’indicazione del nominativo del procuratore non è elemento formale espressamente richiesto dalla legge a pena di nullità.

La notifica della sentenza presso lo studio del procuratore domiciliatario, senza l’indicazione del nominativo del legale, non è quindi nulla, a patto che il nominativo del destinatario dell’atto si evinca dalla pronuncia notificata.

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La pronuncia delle Sezioni Unite n. 20866 del 30 settembre 2020.

La Suprema Corte aderisce al primo degli orientamenti sopra indicati, ritenendolo il più idoneo a bilanciare correttamente i vari interessi in gioco: da un lato l’esigenza primaria e prevalentemente pubblicistica di un sollecito conseguimento di una pronuncia definitiva (a tutela sia della parte che ha ragione sia del principio di certezza del diritto), dall’altro il diritto di difesa di tutte le parti, compresa quella contro cui si vuole formare il giudicato.

Ad ogni ordinamento spetta individuare il punto di equilibrio tra tali esigenze contrapposte: il nostro ordinamento ha demandato alle parti la scelta tra un’inerzia protratta per un congruo lasso di tempo e una condotta attiva, propulsiva e acceleratoria rispetto a questo intervallo temporale.

Detta condotta acceleratoria e propulsiva si identifica con la notificazione del provvedimento, che diviene quindi una provocazione, in senso tecnico-giuridico, ad esercitare il diritto di impugnazione entro il termine breve; un vero e proprio potere unilaterale di modificazione giuridica, riferito appunto al termine concesso a controparte per impugnare.

Ciò – osserva la Corte – a patto che la notifica sia eseguita al difensore della parte in giudizio: la condotta processuale posta in essere dal titolare del potere di modificazione descritto dev’essere infatti tale da porre in condizione il suo destinatario di percepire non solo il contenuto del provvedimento, ma anche l’intenzione univoca del notificante di sollecitargliene la valutazione tecnica, ai fini di un’eventuale impugnazione.

Se quindi è vero che la legge consente il prodursi di un simile effetto acceleratorio, è altrettanto vero che ciò consegue unicamente alla notifica del provvedimento al difensore, in quanto unico soggetto munito delle necessarie competenze tecniche per valutare l’interesse del cliente ad un’impugnazione entro il breve termine.

E’ quindi indispensabile che il procuratore sia menzionato nella notifica, o che sia univocamente percepibile come destinatario di tale attività, mentre resta neutra la notifica eseguita alla parte personalmente, senza alcuna menzione del difensore, dunque non idonea a far decorrere il termine di cui all’art. 325 c.p.c.

E se il procuratore non è espressamente indicato come destinatario della notifica, è del tutto irrilevante, concludono gli Ermellini, l’esistenza di un collegamento tra parte, procuratore costituito e domicilio, tale da creare un’assoluta identità logistica e funzionale del domicilio dell’ente, del suo rappresentante in giudizio e del domicilio eletto.

L’onerosità delle condotte che si pretende di attivare con la notifica e le gravi conseguenze di ordine decadenziale che ne derivano non possono infatti implicare anche un onere di diligenza interpretativa da parte del destinatario dell’atto.

 Conclusioni

Nel caso di specie, la notifica della sentenza all’Azienda USL senza alcuna menzione del difensore deve quindi ritenersi inidonea a far decorrere il termine breve per impugnare, con conseguente erronea declaratoria di inammissibilità dell’appello.

La Corte di Cassazione ha quindi accolto il ricorso all’Azienda USL, rinviando alla Corte d’Appello in diversa composizione e pronunciando il seguente principio di diritto: “(…) a garanzia del diritto di difesa della parte destinataria della notifica in ragione della competenza tecnica del destinatario nella valutazione dell’opportunità della condotta processuale più conveniente da porre in essere ed in relazione agli effetti decadenziali derivanti dall’inosservanza del termine breve di impugnazione, la notifica della sentenza finalizzata alla decorrenza di quest’ultimo, ove la legge non ne fissi la decorrenza diversamente o solo dalla comunicazione a cura della cancelleria, deve essere in modo univoco rivolta a tale fine acceleratorio e percepibile come tale dal destinatario, sicché essa va eseguita nei confronti del procuratore della parte o della parte presso il suo procuratore, nel domicilio eletto o nella residenza dichiarata; di conseguenza, la notifica alla parte, senza espressa menzione – nella relata di notificazione – del suo procuratore quale destinatario anche solo presso il quale quella è eseguita, non è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione, neppure se eseguita in luogo che sia al contempo sede di una pubblica amministrazione, sede della sua avvocatura interna e domicilio eletto per il giudizio, non potendo surrogarsi l’omessa indicazione della direzione della notifica al difensore con la circostanza che il suo nominativo risulti dall’epigrafe della sentenza notificata, per il carattere neutro o non significativo di tale sola circostanza“.

Principio, a parere di chi scrive non in discussione, ma che serve certamente a fare chiarezza tra i vari orientamenti che si sono formati sul tema.

[1] Tale norma stabilisce ai primi tre commi: “Dopo la costituzione in giudizio tutte le notificazioni e le comunicazioni si fanno al procuratore costituito, salvo che la legge disponga altrimenti.

È sufficiente la consegna di una sola copia dell’atto, anche se il procuratore è costituito per più parti.

Le notificazioni e le comunicazioni alla parte che si è costituita personalmente si fanno nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto”.

[2] Si legge in tale sentenza che: “In caso di ente (nella specie l’Inps) rappresentato in giudizio da un avvocato facente parte dell’organo di avvocatura interna, presso la cui sede sia anche stato eletto il domicilio, la notifica ivi compiuta senza indicazione del procuratore domiciliatario è inidonea a far decorrere il termine breve in quanto, trattandosi di organizzazioni complesse con assetti organizzativi diversi in ragione delle dimensioni dell’ente e delle prassi locali, la sola identità di domiciliazione non assicura che la sentenza giunga a conoscenza della parte tramite il suo rappresentante processuale”.

[3] Cassazione Civile, Sezione 3^, ordinanza del 3 febbraio 2020, n. 2396, secondo cui: “Ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione, non è affetta da nullità la notifica della sentenza effettuata presso lo studio del procuratore domiciliatario senza l’indicazione del nominativo del procuratore ad litem qualora il nominativo del destinatario dell’atto possa evincersi dalla stessa pronuncia notificata”.

Alessio Antonelli

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