La natura della mediazione creditizia

Redazione 26/07/19
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Le Sezioni Unite n. 19161/2017 hanno affermato che è configurabile accanto alla mediazione ordinaria, una mediazione negoziale cosiddetta atipica, fondata su un contratto a prestazioni corrispettive, con riguardo anche ad una soltanto delle parti interessate. Vediamo se i medesimi principi della mediazione atipica sono applicabili anche alla peculiare mediazione creditizia.

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Mediazione tipica e atipica

Nella mediazione tipica mediatore è colui che mette in contatto due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, dipendenza o rappresentanza. L’attività del mediatore si caratterizza per il suo essere imparziale.

Il diritto alla provvigione sorge ex lege (e non in forza di un contratto). In particolare, in base all’art. 1755 c.c. il diritto alla provvigione sorge solo quando la conclusione dell’affare è il risultato del suo intervento.  Tale diritto è altresì subordinato alla iscrizione del mediatore nel ruolo degli agenti di affari di mediazione (ora alla segnalazione certificata di inizio di attività).

La mediazione tipica configura una ipotesi di contatto sociale qualificato.

La mediazione atipica si fonda, invece, su contratto a prestazioni corrispettive in forza del quale una parte, volendo concludere un singolo affare, incarichi altri di svolgere un’attività intesa alla ricerca di una persona interessata alla conclusione del medesimo a determinate, prestabilite condizioni.

Rientra nell’ambito della mediazione atipica la figura del procacciatore: è un collaboratore occasionale la cui attività promozionale è normalmente attuativa di un rapporto intercorrente con il preponente, dal quale soltanto può pretendere il pagamento di una provvigione. Egli è quindi un collaboratore della società preponente (o dell’agente di quest’ultima), che svolge un’attività caratterizzata dall’assenza di subordinazione e dalla mancanza di stabilità, consistente nella segnalazione di potenziali clienti e nella raccolta di proposte di contratto ovvero di ordini, senza intervenire nelle trattative per la conclusione dei contratti. Il suo compito è limitato a mettere in contatto le parti su incarico di una di queste.

La figura del mediatore (tipico e atipico) si differenzia da quella dell’agente. Quest’ultimo, infatti, è stabilmente preposto alla conclusione di affari nell’interesse di un determinato soggetto. In base all’art. 1742 c.c., col contratto di agenzia una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata.

Ci si è quindi chiesti se al mediatore atipico sia applicabile la disciplina prevista dagli artt. 2 e 6 l. n. 39 del 1989, in base al cui combinato disposto il mediatore deve essere iscritto in uno specifico albo e, in mancanza, perde il diritto alla provvigione.

Una prima tesi ha sostenuto che gli artt. 2 e 6 l. n. 39 del 1989 non siano applicabili al procacciatore d’affari: il mediatore atipico si differenzia da quello tipico in quanto solo quest’ultimo agisce in posizione di imparzialità. Ciò in quanto: (i) l’art. 1 l. n. 39 del 1989 precisa chiaramente che le norme di tale legge si applicano solo alla mediazione delineata dal codice civile; (ii) l’art. 6 l. n. 39 del 1989 sarebbe norma eccezionale non estensibile analogicamente.

Una seconda tesi, al contrario, ha ritenuto gli artt. 2 e 6 l. n. 39 del 1989 applicabili al procacciatore d’affari. Ciò in quanto il nucleo essenziale dell’attività svolta sia dal mediatore tipico che dal procacciatore è dato dall’attività di mediazione. Del resto, il codice qualifica come mediatore anche colui che ha avuto incarico da una delle due parti di rappresentarla negli atti relativi all’esecuzione del contratto concluso con il suo intervento. L’attività svolta è ciò che rileva ai fini dell’applicazione delle norme in discorso.

Come noto, a dirimere il contrasto sono intervenute le Sezioni Unite n. 19161/2017 secondo le quali l’attività di mediazione atipica rientra nell’ambito di applicabilità della disposizione prevista dall’art. 2, comma 4, della l. n. 39 del 1989 (ora, a seguito dell’abrogazione del ruolo dei mediatori, la dichiarazione di inizio di attività alla Camera di commercio, ai sensi dell’art. 73 del d.lgs. n. 59 del 2010) qualora

(i) l’attività abbia ad oggetto beni immobili o aziende, ancorché sia svolta in modo occasionale;

(ii) l’attività abbia ad oggetto altre tipologie di beni (e segnatamente beni mobili), se essa è svolta in modo non occasionale e quindi professionale o continuativo.

Ove il procacciatore di affari operi stabilmente con un determinato proponente, la disciplina del rapporto risulta assimilabile al rapporto di agenzia, con conseguente inoperatività del disposto di cui all’art. 6 della l. n. 39/1989.

Peculiarità della mediazione creditizia

Cass. n. 482/2019 si è pronunciata con specifico riferimento alla mediazione creditizia, utilmente delineando la distinzione tra mandato, mediazione tipica e mediazione atipica (c.d. unilaterale).

Secondo la Cassazione, il mediatore creditizio sarebbe una species del più ampio genus del mediatore codicistico, sulla scorta dei seguenti rilievi.

In primo luogo, la definizione di mediatore creditizio offerta dalla legge speciale si avvicinerebbe maggiormente a quella offerta dalla disciplina del codice civile.

Infatti, in base all’art. 16, 1° comma, della l. n. 108/1996 (Disposizioni in materia di usura) “l’attività di mediazione o di consulenza nella concessione di finanziamenti da parte di banche o di intermediari finanziari è riservata ai soggetti iscritti in apposito albo istituito presso il Ministero del tesoro, che si avvale dell’Ufficio italiano dei cambi”. Di nuovo, in base all’art. 2, 1° comma, del d.P.R. n. 287/2000 (Regolamento di attuazione dell’articolo 6 della legge 7 marzo 1996, n. 108, recante disciplina dell’attività di mediazione creditizia) “è mediatore creditizio, ai sensi della legge e del presente regolamento, colui che professionalmente, anche se non a titolo esclusivo, ovvero abitualmente mette in relazione, anche attraverso attività di consulenza, banche o intermediari finanziari determinati con la potenziale clientela al fine della concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma”. Infine, in base all’art. 128-sexies, 1° comma, del TUB “è mediatore creditizio il soggetto che mette in relazione, anche attraverso attività di consulenza, banche o intermediari finanziari previsti dal titolo V con la potenziale clientela per la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma”.

La legge speciale evidenzia la necessaria terzietà del mediatore creditizio. Infatti, in base all’art. 2, 2° comma, prima parte, del d.P.R. n. 287/2000 “i mediatori creditizi svolgono la loro attività senza essere legati ad alcuna delle parti da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza”. Ancora, in base all’art. 128-sexies, 4° comma, del TUB “il mediatore creditizio ovvero il consulente di cui al comma 2-bis, svolge la propria attività senza essere legato ad alcuna delle parti da rapporti che ne possano compromettere l’indipendenza”.

Viceversa, Cass. n. 482/2019 ha precisato che si è in presenza di mandato (e non di mediazione creditizia oppure di mediazione atipica), con conseguente non necessità di iscritti in apposito albo istituito presso il Ministero del tesoro per il conseguimento della provvigione, qualora (a) nella lettera d’incarico il diritto alla provvigione non sia subordinato al buon esito della trattativa, (b) l’incarico abbia ad oggetto attività di natura giuridica e non già meramente materiale (come anche l’assistenza nella redazione dei contratti di compravendita e dei contratti di finanziamento).

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