La “condotta susseguente al reato” all’art. 131-bis c.p.

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Come può intendersi la “condotta susseguente al reato” di cui all’art. 131-bis, co. 1, cod. pen.
(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 131-bis)
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Corte di Cassazione -sez. III pen.- sentenza n.18029 del 4-04-2023

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Indice

1. La questione


Il Tribunale di Prato condannava l’imputato alla pena di 2.000 euro di ammenda perché ritenuto responsabile della contravvenzione di cui all’art. 64, comma 1, lett. a), in combinato disposto con l’art. 63, comma 1, e con l’Allegato IV, paragrafo 1.11.2.4, in relazione all’art. 68, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 81 del 2000.
Ciò posto, avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione la difesa dell’accusato che, tra i motivi ivi addotti, deduceva violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione all’art. 131-bis cod. pen., avendo il Tribunale, a suo avviso, erroneamente valutato, come elementi ostativi, il mancato pagamento dell’oblazione, che avrebbe determinato l’estinzione del reato, trattandosi di una condotta post delictum, estranea alla sfera operativa dell’art. 131-bis cod. pen., e la natura non formale delle violazioni.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


La Suprema Corte riteneva il motivo summenzionato fondato per le seguenti ragioni.
La Cassazione osservava a tal proposito in particolare – dopo avere postulato che la causa di non punibilità in esame postula l’esistenza di un fatto tipico, antigiuridico e colpevole, che il legislatore ritiene non meritevole di sanzione penale proprio in ragione, in primo luogo, dell’esiguità dell’offesa – come, nelle more del giudizio, l’art. 131-bis cod. pen. sia stato novellato dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 2), d.lgs. n. 10 ottobre 2022, n. 150, a decorrere dal 30 dicembre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 99bis, comma 1, del medesimo d.lgs., aggiunto dall’art. 6, comma 1, d.-l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla l. 30 dicembre 2022, n. 199.
Orbene, per effetto di questo intervento legislativo, gli Ermellini notavano che siffatte novità, introdotte nell’art. 131-bis cod. pen., si colgono in una triplice direzione, ossia: 1) la generale estensione dell’ambito di applicabilità dell’istituto ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni di reclusione e, quindi, indipendentemente dal massimo edittale, come previsto dalla previgente formulazione; 2) la rilevanza, ai fini della valutazione del carattere di particolare tenuità dell’offesa, anche alla condotta susseguente al reato; 3) l’esclusione del carattere di particolare tenuità dell’offesa in relazione ai reati riconducibili alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l’1l maggio 2011, e ad ulteriori reati di ritenuti di particolare gravità.
Ciò posto, per il Supremo Consesso, nella vicenda in esame, assume particolare rilevanza la considerazione, ai fini della valutazione della gravità dell’offesa, anche della condotta susseguente al reato, elemento che la medesima giurisprudenza della Cassazione, con riferimento alla previgente formulazione della norma, escludeva dal novero degli elementi da apprezzare proprio perché non espressamente previsto, e dovendosi perciò valutare la misura dell’offesa nel momento di consumazione del reato (cfr., ad esempio, Sez. 5 , n. 660 del 02/12/2019), rilevandosi al contempo che, per effetto dell’indicata modifica, invece, la condotta post factum è uno – ma non certamente l’unico, né il principale – degli elementi che il giudice è chiamato ad apprezzare ai fini del giudizio avente ad oggetto l’offesa, tenuto conto altresì del fatto che, come si desume dalla Relazione illustrativa all’indicato d.lgs., il legislatore delegato ha volutamente utilizzato un’espressione ampia e scarsamente selettiva – quale, appunto, «condotta susseguente al reato» – allo scopo di «non limitare la discrezionalità del giudice che, nel valorizzare le condotte post delictum, potrà .. ] fare affidamento su una locuzione elastica ben nota alla prassi giurisprudenziale, figurando tra i criteri di commisurazione della pena di cui all’art. 133, comma secondo, n. 3 cod. pen.».
Da quanto appena esposto se ne fa discendere che il giudice potrà perciò valutare una vasta gamma di condotte definite solo dal punto di vista cronologico-temporale, dovendo essere “susseguenti” al reato, ed evidentemente in grado di incidere sulla misura dell’offesa, e ciò vale non solo nel caso in cui le condotte susseguenti riducano il grado dell’offesa – quali le restituzioni, il risarcimento del danno, le condotte riparatorie, le condotte di ripristino dello stato dei luoghi, l’accesso a programmi di giustizia riparativa, o, come nel caso in esame, l’intervenuta eliminazione delle violazioni accertate dagli organi ispettivi – ma anche, e specularmente, quando delle condotte aggravino la lesione – inizialmente “tenue” – del bene protetto.
Veniva precisato, infine, come pure emerge dalla Relazione illustrativa (p. 346), che la condotta susseguente al reato acquista rilievo, nella disciplina dell’art. 131bis cod. pen., non come esclusivo e autosufficiente indice-requisito di tenuità dell’offesa, bensì come ulteriore criterio, accanto a tutti quelli contemplati dall’art. 133, comma 1, cod. pen., ossia la natura, la specie, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell’azione; la gravità del danno o del pericolo; l’intensità del dolo o della colpa: elementi tutti che, nell’ambito di un giudizio complessivo e unitario, il giudice è chiamato a valutare per apprezzare il grado dell’offesa, e ciò comporta che le condotte post delictum non potranno di per sé sole rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento della commissione del fatto – dando così luogo a una sorte di esiguità sopravvenuta di un’offesa in precedenza non tenue ma, come detto, potranno essere valorizzate nel complessivo giudizio sulla misura dell’offesa, giudizio in cui rimane centrale, come primo termine di relazione, il momento della commissione del fatto, e, quindi, la valutazione del danno o del pericolo verificatisi in conseguenza della condotta.
In considerazione della manifesta illogicità della motivazione e stante la mancata valutazione dell’accertata estinzione della violazione quale condotta susseguente al reato, la sentenza era quindi annullata limitatamente all’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen., con rinvio, sul punto, al Tribunale di Prato.

3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito come può intendersi la “condotta susseguente al reato” di cui all’art. 131-bis, co. 1, cod. pen..
Difatti, fermo restando che, come è noto, per effetto della riforma Cartabia (art. 1, comma 1, lett. c), n. 2), d.lgs. n. 10 ottobre 2022, n. 150), l’art. 131-bis, co. 1, cod. pen. è stato modificato in diversi aspetti e, tra questi, va annoverata la condotta susseguente al reato che rileva, ai fini del riconoscimento della particolare tenuità del fatto, unitamente agli altri presupposti richiesti, sempre da questo articolo, affinché sia configurabile siffatta causa di non punibilità.
Ebbene, in questa pronuncia, come accennato poco prima, si chiarisce in cosa può consistere codesta condotta.
E infatti, si afferma, nel provvedimento qui in commento, che rilevano, quali condotte susseguenti al reato, quelle definite solo dal punto di vista cronologico-temporale, e che siano in grado di incidere sulla misura dell’offesa, il che vale, non solo nel caso in cui le condotte susseguenti riducano il grado dell’offesa, quali le restituzioni, il risarcimento del danno, le condotte riparatorie, le condotte di ripristino dello stato dei luoghi, l’accesso a programmi di giustizia riparativa o l’intervenuta eliminazione delle violazioni accertate dagli organi ispettivi, ma anche, e specularmente, quando delle condotte aggravino la lesione – inizialmente “tenue” – del bene protetto, fermo restando che tale elemento acquista rilievo, nella disciplina dell’art. 131bis cod. pen., non come esclusivo e autosufficiente indice-requisito di tenuità dell’offesa, bensì come ulteriore criterio, accanto a tutti quelli contemplati dall’art. 133, comma 1, cod. pen., ossia la natura, la specie, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell’azione; la gravità del danno o del pericolo; l’intensità del dolo o della colpa.

Tale sentenza, dunque, deve essere presa nella dovuta considerazione ogni volta si debba considerare tale condotta post delictum.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché prova a fare chiarezza su tale peculiare tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere che positivo.

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Antonio Di Tullio D’Elisiis | Maggioli Editore 2022

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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