L’obbligo di garantire i necessari mezzi di sussistenza alla prole grava su entrambi i genitori, a prescindere se al mantenimento abbiano fatto fronte altri soggetti (Corte di Cassazione – sesta sez. penale – sentenza 02 settembre 2014 n. 36636)

Scarica PDF Stampa

In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare ex art. 570 c.p., l’incapacità economica dell’obbligato, intesa come impossibilità di far fronte agli adempimenti sanzionati dall’articolo in questione, deve essere assoluta e deve integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole disponibilità di introiti, incombendo all’interessato l’onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l’impossibilità di adempiere alla relativa obbligazione, non escludendo la sua responsabilità in base ad una mera documentazione formale dello stato di disoccupazione, stato detentivo, problemi economici e dichiarazione di fallimento dell’azienda, nonostante tutte rappresentino delle condizioni di una mera flessione di introiti economici o di difficoltà, salvo che tali situazioni non si traducano in una vera e propria situazione di indigenza economica, tale da configurare un impedimento assoluto ad adempiere.

Così la Suprema Corte di Cassazione-Sesta sezione Penale,  con sentenza del 02.09.2014 n. 36636, del tutto conforme ai consolidati principi in materia, condanna un padre per il reato di cui all’art. 570, comma 2 n. 2, cod. pen., per non aver corrisposto, sin dal 2001 in permanenza attuale, i mezzi di sussistenza alla figlia di anni dieci, la cui minore età rappresenta “in re ipsa” una condizione soggettiva dello stato di bisogno, a prescindere se ad assicurare tali mezzi di sussistenza siano, nel frattempo, altri soggetti, atteso che l’obbligo di garantire i mezzi necessari alla prole grava su entrambi i genitori e, pertanto, l’eventuale assolvimento da parte di uno dei due non esime l’altro, né elimina lo stato di bisogno del quale, viceversa, costituisce la prova (Cass. Sez. 6, 2-5-2007 n. 20636; Cass. Sez. 6, 15-1-2004 n. 715).

Insolvenza assidua che, protraendosi per tutto il periodo per cui perdura l’omesso adempimento, non consente all’imputato, autore di precedenti penali, di poter godere dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, in assenza di segnali positivi di comportamento che inducano a valutazioni più indulgenti, in considerazione di situazioni e circostanze che effettivamente incidano sull’apprezzamento dell’entità del reato e della capacità a delinquere dello stesso, individuando in modo esatto il momento di cessazione della permanenza con il sopraggiunto pagamento o con l’accertamento della responsabilità nel giudizio di primo grado.

Conclusioni assunte, nel caso di specie, in assenza dell’imputato che, non partecipando all’udienza, veniva dichiarato contumace, poiché la richiesta di rinvio per impedimento a comparire con allegato certificato medico che attestava una “lombosciatalgia acuta” con necessità di “riposo assoluto”, non precludendo al giudice di valutare l’effettiva impossibilità per il soggetto portatore della dedotta patologia di comparire in giudizio, se non a prezzo di un grave e non altrimenti evitabile rischio per la propria salute, ritenendo il prescritto periodo di riposo e di cure, preordinato, per sua natura, al superamento rapido e completo dell’affezione patologica in atto, veniva rigettata non costituendo tale circostanza sanitaria una condizione imprescindibile ai fine dell’integrazione dell’assoluta impossibilità di comparire che legittima l’impedimento (Cass. Sez. 5, n. 5540 del 14.12.2007; Cass. Sez. 6, n. 43284 del 10.01.2013).

Decisione presa dai giudici di merito e accolta dalla Corte di legittimità che, nell’addivenire a tali conclusioni, ritenevano che nella certificazione prodotta non vi era alcuna indicazione dei limiti alla libertà di movimento dell’imputato, non emergendo neppure che il medico si sia dovuto recare al domicilio per visitare il paziente, impossibilitato a raggiungere lo studio sanitario, in assenza, peraltro, di ulteriori precisazioni circa i termini anche temporali della prescrizione, utilizzando nel certificato solo l’espressione “risposo assoluto”  che costituendo una formula di stile, poteva il sanitario intendere semplicemente la necessità del paziente di astenersi dal fare sforzi, quali lo svolgimento di lavori di casa pesanti, l’attività sportiva, ma non di rimanere immobile a letto.

Tutti motivi che conducono Piazza Cavour al rigetto delle richieste così come formulate dall’imputato, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali.

Zecca Maria Grazia

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento