L’avvocato pignorato viene sanzionato dal CNF

Redazione 13/02/17
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L’avvocato che non paga puntualmente i suoi debiti, specialmente nel caso in cui arrivi a subire un pignoramento, lede il prestigio della categoria e può quindi essere sanzionato dal Consiglio Nazionale Forense. Questo anche quando i debiti siano di natura privata, dato che il codice deontologico forense deve essere rispettato dall’avvocato in ogni aspetto della sua vita. A stabilirlo è una sentenza del CNF pubblicata sul sito web del Consiglio venerdì 10 febbraio 2017.

Vediamo allora in quali casi i debiti dell’avvocato possono portare a sanzioni disciplinari.

 

Debiti e pignoramento ledono il prestigio della classe forense

Nel caso di specie, un avvocato era stato condannato in giudizio a pagare delle somme che non aveva poi provveduto a corrispondere. Dopo alcuni solleciti che non avevano ricevuto risposta, l’avvocato era quindi stato oggetto di un pignoramento mobiliare, caduto sui beni di studio.

Il professionista aveva quindi fatto ricorso per Cassazione, allo stesso tempo proponendo al creditore il pagamento delle somme dovute in due soluzioni. A seguito del pagamento della prima rata, il pignoramento era stato sospeso; successivamente l’avvocato non aveva però più pagato la seconda tranche del debito.

Ebbene, un simile comportamento, a prescindere dall’esito finale del processo, per il CNF è contrario al codice deontologico e deve quindi essere sanzionato con l’avvertimento.

 

Quando si commette illecito deontologico?

Secondo il Consiglio Nazionale Forense, commette illecito deontologico qualunque avvocato che non provveda al puntuale adempimento delle proprie obbligazioni, indipendentemente dalla natura privata o meno del debito.

Più in generale, come illustrato dall’Art. 9 del codice deontologico forense, l’avvocato deve attenersi a principi di “dignità e decoro” anche “al di fuori dell’attività professionale“.

 

Le aspettative dei clienti e il decoro della professione

I motivi per i quali l’avvocato deve attenersi a comportamenti individuali immuni da ogni possibile giudizio di biasimo, anche etico, sono essenzialmente due.

In primo luogo, è necessario tutelare l’affidamento dei terzi nella capacità dell’avvocato: in altre parole, il professionista che non rispetti i propri obblighi incide sulle aspettative dei clienti e degli altri operatori del diritto e fa sorgere dubbi sull’irreprensibilità della sua condotta.

In secondo luogo, l’avvocato inadempiente (o addirittura pignorato) genera una pubblicità negativa per l’intera immagine della classe forense. È quindi ben giustificata, a parere del CNF, la sanzione dell’avvertimento.

 

L’obbligo di lealtà e correttezza

In ultimo, hanno contribuito al giudizio del CNF le specifiche azioni stesse compiute dall’avvocato. Nel sottrarsi al pagamento delle somme dovute, in particolar modo dopo aver egli stesso proposto una risoluzione consensuale dopo l’avvio del pignoramento, l’avvocato non ha rispettato gli obblighi assunti.

Questo tipo di condotta, così come le giustificazioni addotte (come quella di voler attendere, data ormai l’imminenza del giudizio, la sentenza del tribunale) sono incompatibili con i principi di lealtà e correttezza stabiliti dal CNF.

 

Davide Basile

Sentenza collegata

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