L’art. 75, co. 1, lett. c), d.P.R. n. 554/1999 (come ripreso dall’articolo 38 lettera c) del decreto legislativo 163/2006 s.m.i.) , nel prevedere come causa di esclusione dagli appalti di lavori pubblici le condanne per determinati reati incidenti sulla m

Lazzini Sonia 05/04/07
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Il Consiglio di Stato con la decisione numero 527 dell’8 febbraio 2007 ci insegna che:
 
< Sono pertanto rilevanti le condanne a carico di soggetti che abbiano la qualifica, o le effettive funzioni, di amministratore con potere di rappresentanza o direttore tecnico.
 
La ratio legis è di escludere dalla partecipazione alla gara di appalto le società in cui abbiano commesso gravi reati i soggetti che nella società abbiano un significativo ruolo decisionale e gestionale.
 
       Occorre avere riguardo alle funzioni sostanziali del soggetto, più che alle qualifiche formali, altrimenti la ratio legis potrebbe venire agevolmente elusa e dunque vanificata>
 
 
Ma non solo:
 
< sarebbe del tutto vanificata la portata dell’art. 75, co. 1, lett. c), se si consentisse la formulazione di offerte a pubblici appalti ad un soggetto che ha riportato condanne per il reato di turbata libertà degli incanti>
 
non vi è alcun dubbio infatti che:
 
< la condotta contestata era un accordo collusivo tra più imprese, per presentare offerte concordate onde poter influire sull’esito della gara.
 
       Si tratta di reato che nuoce alla trasparenza e imparzialità delle gare di appalto, e che pertanto, ancorché commesso a distanza di molti anni dalla gara odierna, non poteva essere considerato ininfluente>
 
 
 
 
Art 75 drp 554/99
Art 38 decreto legislativo 163/2006 smi
Art. 75 (Cause di esclusione dalle gare di appalto per l’esecuzione di lavori pubblici) DRP 554/99
(articolo così introdotto dall’articolo 2 del d.P.R. n. 412 del 2000)
 
  1. Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti e delle concessioni e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti:
 
(…)
 
 
c) nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, oppure di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati che incidono sull’affidabilità morale e professionale; il divieto opera se la sentenza è stata emessa nei confronti
 
 
 
 
 
 
 
 
 
del titolare o del direttore tecnico se si tratta di impresa individuale;
 
del socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo o in accomandita semplice;
 
 
 
 
degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico se si tratta di altro tipo di società o consorzio.
 
In ogni caso il divieto opera anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri di aver adottato atti o misure di completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata. Resta salva in ogni caso l’applicazione dell’articolo 178 del codice penale e dell’articolo 445, comma 2, del codice di procedura penale
 
Art. 38. Requisiti di ordine generale DECRETO LEGISLATIVO 163/2006
(art. 45, dir. 2004/18; art. 75, d.P.R. n. 554/1999; art. 17, d.P.R. n. 34/2000)
 
1.         Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti:
 
(…)
 
c) nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale; è comunque causa di esclusione la condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all’articolo 45, paragrafo 1, direttiva Ce 2004/18; l’esclusione e il divieto operano se la sentenza o il decreto sono stati emessi nei confronti:
 
del titolare o del direttore tecnico se si tratta di impresa individuale;
 
 del socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo;
 
 
dei soci accomandatari o del direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice;
 
degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico se si tratta di altro tipo di società o consorzio.
 
In ogni caso l’esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri di aver adottato atti o misure di completa dissociazione della condotta penalmente sanzionata; resta salva in ogni caso l’applicazione dell’articolo 178 del codice penale e dell’articolo 445, comma 2, del codice di procedura penale
 
 
A cura di *************
 
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
ANNO   2006
 
Disp.vo 606/2006
 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
 
DECISIONE
 
sul ricorso in appello n. 6395/2006 proposto da *** s.r.l., contro
 
*** s.r.l., e nei confronti di
 
**;
 
per la riforma
 
della sentenza del T.A.R. per la Liguria – sez. II, 26 maggio 2006 n. 502, resa tra le parti.
 
     Visto il ricorso principale con i relativi allegati;
 
     visto l’atto di costituzione in giudizio della società *** s.r.l. e l’appello incidentale da essa proposto;
 
     Visto l’atto di costituzione in giudizio della stazione appaltante, ** s.p.a.;
 
     vista l’ordinanza della sezione 28 luglio 2006 n. 4064 che ha disposto la sospensione della sentenza gravata;
 
     viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
 
     visti tutti gli atti della causa;
 
     relatore alla pubblica udienza del 5 dicembre 2006 il consigliere ******************* e uditi l’avvocato ******* per l’appellante, l’avv. ****** per la società appellata, l’avv. ******* per la stazione appaltante *** s.p.a.;
 
     ritenuto e considerato quanto segue.
 
FATTO E DIRITTO
 
       1. Con bando 8 luglio 2005 *** s.p.a. indiceva una procedura aperta per la progettazione esecutiva e l’esecuzione del secondo lotto degli interventi di riqualificazione del sedime del tratto della linea ferroviaria Genova – Ventimiglia compreso tra le aree a levante di Villa Ormond a Sanremo ed il ponte sul Rio Santa Caterina al confine tra Riva Ligure e Santo Stefano al mare, per un importo a base d’asta di euro 12.848.586,64, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
 
       La società odierna appellante riportava il punteggio più elevato sia per l’offerta tecnica che per l’offerta economica.
 
       La sua offerta veniva sottoposta a verifica di anomalia, e giudicata congrua.
 
       Pertanto l’appalto veniva ad essa aggiudicato.
 
       1.1. Contro gli atti di gara proponeva ricorso al T.a.r. per la Liguria la società ***, lamentando sia la sussistenza di cause di esclusione soggettiva, sia la incongruità del punteggio assegnato all’offerta tecnica dell’aggiudicataria, sia la anomalia dell’offerta aggiudicataria e l’incongruità del giudizio di non anomalia.
 
       1.2. La società odierna appellante articolava ricorso incidentale e successivi motivi aggiunti, con cui lamentava esservi una causa di esclusione dall’appalto a carico della società ***.
 
       1.3. Il T.a.r. adito, con la sentenza in epigrafe, ha:
 
– respinto il ricorso incidentale, ritenendo che la società *** non dovesse essere esclusa dalla gara;
 
– accolto in parte il ricorso principale, ritenendo sussistenti vizi procedurali e vizi di motivazione in ordine al giudizio di non anomalia dell’offerta aggiudicataria.
 
       2. Ha interposto appello la società originaria aggiudicataria (resistente in primo grado).
 
       Ha proposto appello incidentale subordinato la società originaria ricorrente (parzialmente vittoriosa in primo grado).
 
       3. Nell’ordine logico occorre esaminare anzitutto l’appello principale.
 
       Con la prima parte dell’appello principale, sub A) articolata in nove punti, vengono riproposte le censure di cui al ricorso incidentale di primo grado e successivi motivi aggiunti, volti a dimostrare che la *** doveva essere esclusa dalla gara, e pertanto non aveva interesse al ricorso principale di primo grado, non potendo, comunque, conseguire l’aggiudicazione.
 
       I nove punti possono essere esaminati congiuntamente, perché riguardano la medesima questione, ancorché sotto svariate angolazioni.
 
       3.1. Si assume che la società *** andava esclusa ai sensi dell’art. 75, co. 1, lett. c), d. P.R. n. 554/1999, in quanto un suo procuratore, sig. **** ***, cessato dall’incarico da meno di tre anni alla data del bando, aveva riportato condanna penale per il reato di turbata libertà degli incanti.
 
       Si tratterebbe di reato incidente sulla moralità professionale, che costituisce causa di esclusione.
 
       Pertanto, da un lato, la società *** andava esclusa per non aver dichiarato tale condanna penale in sede di gara; dall’altro lato, la società *** andava esclusa perché tale reato inciderebbe sulla moralità professionale.
 
       Il sig. *** non sarebbe un semplice procuratore, ma un amministratore vero e proprio della società.
 
       Dopo il ricorso incidentale di primo grado, l’amministrazione con apposito provvedimento (del 13 febbraio 2006), riferentesi però non all’odierno appalto, ma alla gara relativa al primo lotto, affermava che il reato commesso dal sig. **** *** non incideva sulla moralità professionale.
 
       Con motivi aggiunti, in prime cure, tale provvedimento veniva specificamente contestato in via cautelativa.
 
       3.2. Il T.a.r. ha disatteso tali censure osservando che:
 
– ai sensi dell’art 75, co. 1, lett. c), d.P.R. n. 554/1999, l’esclusione delle imprese dalle gare di appalto in caso di condanne per reati incidenti sulla moralità professionale, si applica, nel caso di società a responsabilità limitata (quale è la ***), anche se il reato è commesso dall’amministratore o dal direttore tecnico;
 
– nel caso specifico il sig. ******** è procuratore, ma non amministratore o direttore tecnico;
 
– il bando di gara, riproducendo l’art. 75, co. 1, lett. c), d.P.R. n. 554/1999, non ha previsto l’esclusione quando le condanne sono riportate dal semplice procuratore;
 
– pertanto, la società *** non ha dichiarato il falso, laddove ha omesso di dichiarare la condanna penale a carico del sig. **** ***;
 
– inoltre, la stazione appaltante correttamente non ha escluso la società ***, in quanto la condanna a carico del procuratore non era rilevante;
 
– è ininfluente il provvedimento successivo con cui la stazione appaltante afferma che il reato commesso dal sig. **** *** non incide sulla moralità professionale, trattandosi di reato commesso da soggetto diverso da quelli contemplati nell’art. 75, co. 1, lett. c), d.P.R. n. 554/1999.
 
       3.3. Parte appellante critica tali capi di sentenza, osservando che la causa di esclusione dell’art. 75, co. 1, lett. c), citato, riguarderebbe i rappresentanti dell’impresa che sono titolari anche di ampi poteri di amministrazione.
 
       Nella specie dalla procura in favore del sig. *** si evincerebbe che lo stesso è titolare dei poteri propri di un amministratore.
 
       Il T.a.r. erroneamente avrebbe omesso di valutare il contenuto della procura e la reale posizione del sig. **** *** all’interno dell’omonima impresa.
 
       La restrittiva interpretazione accolta dal T.a.r. sarebbe anche in contrasto con il diritto comunitario.
 
       3.4. L’appello è in parte qua fondato.
 
       L’art. 75, co. 1, lett. c), d.P.R. n. 554/1999, nel prevedere come causa di esclusione dagli appalti di lavori pubblici le condanne per determinati reati incidenti sulla moralità professionale, dispone che per le s.r.l. sono rilevanti anche le condanne riportate dagli amministratori con poteri di rappresentanza o direttori tecnici, anche se cessati nel triennio anteriore alla data di pubblicazione del bando di gara, e salvo che l’impresa dimostri di aver adottato atti o misure di completa dissociazione dalla condotta penale del proprio amministratore o direttore tecnico.
 
       Sono pertanto rilevanti le condanne a carico di soggetti che abbiano la qualifica, o le effettive funzioni, di amministratore con potere di rappresentanza o direttore tecnico.
 
       La ratio legis è di escludere dalla partecipazione alla gara di appalto le società in cui abbiano commesso gravi reati i soggetti che nella società abbiano un significativo ruolo decisionale e gestionale.
 
       Occorre avere riguardo alle funzioni sostanziali del soggetto, più che alle qualifiche formali, altrimenti la ratio legis potrebbe venire agevolmente elusa e dunque vanificata.
 
       3.5. Nel caso specifico, in relazione al sig. **** *** risulta dedotto che era un procuratore dell’impresa, cessato meno di un triennio prima della pubblicazione del bando di gara, con poteri di tale ampiezza da essere assimilabile ad un amministratore.
 
       La procura in atti, (atto notarile 28 aprile 2003, n. 2025 di repertorio del notaio ************ di Ventimiglia), ha un oggetto amplissimo, esteso sostanzialmente a tutta la attività propria dell’impresa edile, e non circoscritto alla sola rappresentanza esterna, ma anche a compiti decisionali e gestionali.
 
       Non si tratta pertanto di una procura semplice, ma di una procura institoria.
 
       Pertanto il sig. **** *** non era un procuratore semplice, ma un institore.
 
       Secondo l’art. 2203 c.c., è institore colui che è preposto dall’imprenditore all’esercizio di un’impresa commerciale, ovvero di una sua sede secondaria o di un suo ramo particolare.
 
       L’institore può compiere tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa cui è preposto, salve le limitazioni contenute nella procura. Non può alienare o ipotecare immobili, se non sia a ciò espressamente autorizzato.
 
       In coerenza con tale disciplina codicistica, la procura institoria rilasciata a **** *** gli consentiva di acquistare e vendere merci, materie prime e beni mobili, in relazione all’oggetto sociale; assumere e licenziare impiegati e operai; locare immobili; stipulare contratti di mutuo; compiere operazioni bancarie; agire e resistere in giudizio; fare pratiche amministrative; partecipare a gare di pubblico appalto formulando le relative offerte.
 
       3.6. Dal tenore della procura si evince con chiarezza che i compiti del sig. **** *** non erano solo di rappresentanza esterna dell’impresa, ma di preposizione ad essa, con competenze decisionali e gestionali.
 
       Infatti, la procura afferma che il procuratore agisce <<a nome e per conto della società>>, <<con ogni facoltà>>.
 
       Inoltre afferma che il procuratore può <<compiere quant’altro necessario od opportuno per la buona esecuzione del presente mandato, il tutto con i più ampi e illimitati poteri e con promessa, sin d’ora, di rato e valido sotto gli obblighi di legge, senza riserve né eccezione alcuna>>.
 
       Il sig. *** Dino era, pertanto, al di là della formale qualifica di procuratore, un institore, vale a dire un vero e proprio amministratore, in senso sostanziale, dell’impresa.
 
       3.7. Va poi considerata come dirimente la circostanza che il sig. *** Dino poteva partecipare a pubblici appalti formulando le relative offerte.
 
       Ora, sarebbe del tutto vanificata la portata dell’art. 75, co. 1, lett. c), se si consentisse la formulazione di offerte a pubblici appalti ad un soggetto che ha riportato condanne, come nella specie, per il reato di turbata libertà degli incanti.
 
       3.8. Equiparato il sig. **** *** ad un amministratore, occorre verificare se la società fosse o meno tenuta, in sede di gara, a dichiarare la condanna a suo carico.
 
       Occorre anzitutto verificare se la dichiarazione fosse dovuta, sotto il profilo che la condanna a carico del sig. *** non era passata in giudicato.
 
       Invero, l’art. 75, co. 1, lett. c), d.P.R. n. 554/1999, fa riferimento a condanne passate in giudicato.
 
       Dagli atti di causa si evince che la sentenza di appello di condanna del sig. **** *** per il reato di turbata libertà degli incanti veniva confermata in cassazione in ordine all’an della responsabilità penale, con rinvio alla corte di appello per nuova quantificazione di pena.
 
       E’ indubbio che non vi era pertanto all’epoca della gara di appalto un giudicato, in quanto il giudicato penale di condanna postula che vi sia non solo l’an della responsabilità, ma anche la quantificazione della pena.
 
       3.9. Tuttavia, nel caso specifico anche la condanna non passata in giudicato costituiva causa di esclusione.
 
       Infatti il bando, che costituisce lex specialis della gara, impone di produrre dichiarazione sostitutiva da cui risulti non solo l’assenza di condanne penali passate in giudicato, ma anche l’assenza di condanne penali <<ancorché non definitive>>.
 
       Pertanto, è indubbio che la società *** fosse tenuta a dichiarare la condanna a carico del sig. **** ***.
 
       Già sotto tale profilo, si ravvisa una causa di esclusione a carico della società, per omissione di una dichiarazione imposta a pena di esclusione.
 
       3.10. Inoltre, la società andava esclusa dalla gara perché il reato commesso – turbata libertà degli incanti – essendo specificamente afferente alle gare di pubblici appalti, incide sulla moralità professionale, costituendo causa di esclusione.
 
       Invero, la condotta contestata era un accordo collusivo tra più imprese, per presentare offerte concordate onde poter influire sull’esito della gara.
 
       Si tratta di reato che nuoce alla trasparenza e imparzialità delle gare di appalto, e che pertanto, ancorché commesso a distanza di molti anni dalla gara odierna, non poteva essere considerato ininfluente.
 
      Ne deriva perciò l’illegittimità del provvedimento della stazione appaltante, impugnato in prime cure con motivi aggiunti al ricorso incidentale, che ha ritenuto non incidente sulla moralità professionale il reato commesso dal sig. **** ***.
 
       3.11. Da quanto esposto consegue, in riforma della sentenza di primo grado, l’accoglimento del ricorso incidentale di primo grado, con conseguente affermazione che:
 
– l’impresa *** andava esclusa dall’appalto;
 
– il ricorso principale di primo grado della impresa *** è improcedibile per difetto di interesse, in quanto, dovendo tale impresa essere esclusa dall’appalto, nessun vantaggio essa può conseguire dall’annullamento dell’aggiudicazione in favore dell’impresa *** (invero, la società *** e la società *** non sono le uniche concorrenti ammesse in gara, sicché l’annullamento dell’aggiudicazione in favore di ***, comporterebbe l’aggiudicazione ad altro concorrente, e non il rinnovo della gara con possibilità di partecipazione per ***).
 
       3.12. Non può invece essere annullato il provvedimento del 13 febbraio 2006 reso dall’amministrazione in relazione alla gara relativa al primo lotto.
 
       Non vi è infatti l’interesse della Impresa *** a contestare tale atto, in quanto la impresa *** non risulta concorrente nella gara relativa al primo lotto.
 
       3.13. Da quanto esposto deriva anche il logico assorbimento di tutte le altre censure articolate con l’atto di appello principale, e l’improcedibilità dell’appello incidentale.
 
       3.14. Le spese di lite possono essere compensate in relazione al doppio grado di giudizio.
 
P.Q.M.
 
     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso principale e incidentale in epigrafe:
 
in parte accoglie e in parte assorbe l’appello principale e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, accoglie il ricorso incidentale articolato in primo grado, e dichiara improcedibile il ricorso principale di primo grado.
 
     Dichiara improcedibile l’appello incidentale.
 
     Spese del doppio grado compensate.
 
     Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.
 
     Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 dicembre 2006
DEPOSITATA IN SEGRETERIA – il………………08/02/2007……………….

Lazzini Sonia

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