Istanza di accesso agli atti: inammissibile l’impugnazione proposta avverso gli atti di diniego successivi al primo, qualora l’istante si sia limitato a ripresentare una identica istanza, senza addurre fatti nuovi, sopravvenuti o meno, o nuove prospettazi

Foresti Enrico 25/05/06
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Un soggetto titolare di una licenza di taxi presentava ricorso al TAR per la Lombardia, Sezione Distaccata di Brescia, ai sensi dell’art. 25 della legge n. 241/90, avverso l’atto con cui la società Aeroporto **********’Annunzio gli aveva negato l’accesso alla documentazione inerenti gli appalti dalla stessa stipulati con le imprese di autolinee pubbliche e private per i collegamenti con l’aeroporto.
L’esponente aveva presentato due istanze di accesso agli atti, di identico contenuto, che erano state rigettate con due successivi provvedimenti: solo avverso il secondo atto di diniego egli aveva proposto ricorso al TAR, il quale aveva accolto la domanda, ordinando l’esibizione della documentazione.
La Sesta Sezione del Consiglio di Stato, chiamata a giudicare l’appello promosso dalla società concessionaria, rimetteva all’Adunanza Plenaria la questione circa l’inammissibilità dell’impugnazione proposta, a fronte di più dinieghi all’accesso, solo nei confronti dell’ultimo diniego, in mancanza di tempestiva impugnazione degli analoghi dinieghi precedentemente opposti.
L’Adunanza Plenaria, con sentenza n. 6 in data 18 aprile 2006, senza affrontare in maniera decisiva la vexata quaestio circa la natura del diritto di accesso – se esso, cioè, si configuri in termini di diritto soggettivo ovvero di interesse legittimo -, parte dalla considerazione che il termine di trenta giorni stabilito dalla legge per impugnare il diniego di accesso agli atti non può che considerarsi stabilito a pena di decadenza, per garantire la certezza delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte, che non riguardano solo l’istante e la Pubblica Amministrazione, ma anche i terzi.
Sulla scorta di tale presupposto, e facendo applicazione degli usuali principi in materia di impugnazione dell’atto amministrativo, l’Adunanza conclude che:
          qualora il cittadino si limiti a reiterare una precedente istanza, già oggetto di diniego, senza addurre fatti nuovi o nuove prospettazioni dell’interesse giuridicamente rilevante, i successivi dinieghi costituiranno mero atto confermativo dei precedenti: dunque, la mancata tempestiva impugnazione del primo diniego determinerà l’inammissibilità dell’impugnazione proposta contro gli atti di diniego successivi;
          solo nel caso in cui il cittadino presenti, dopo un primo diniego, una istanza che possa considerarsi “nuova”, perché motivata sulla base di fatti nuovi, sopravvenuti o meno, non rappresentati nell’originaria istanza o per una nuova prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante, allora “l’originario diniego, da intendersi sempre rebus sic stantibus, ancorché non ritualmente impugnato, non spiegherà alcun rilievo nella successiva vicenda procedimentale o processuale”.
 
Avv. **************
 
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MASSIMA: In materia di accesso agli atti, è da considerarsi inammissibile l’impugnazione proposta avverso gli atti di diniego successivi al primo, qualora l’istante si sia limitato a ripresentare una identica istanza, senza addurre fatti nuovi, sopravvenuti o meno, o nuove prospettazioni dell’interesse giuridicamente rilevante, costituendo i successivi dinieghi meri atti confermativi del precedente.
 
 
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.6/2006
Reg.Dec.
N. 4019 Reg.Ric.
ANNO   2005
N. 29 Reg.Ric.
ANNO 2005 Ad. Plen.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Adunanza Plenaria, ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 4019/05, (n. 29/2005 Adunanza Plenaria) proposto da:
AEROPORTO GABRIELE D’***************, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avv. *********** e **************, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma, via Appia Nuova, n. 96;
contro
*** LUCA, rappresentato e difeso dagli avv. ********** e ***************, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, via Nicotera, n. 29;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, 13 aprile 2005, n. 317;
visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato;
visti tutti gli atti della causa;
relatore alla camera di consiglio del 14 novembre 2005 il consigliere **********************, e udito l’avv. *******;
ritenuto e considerato quanto segue.
FATTO
Il signor ******** è titolare di una licenza di taxi per il collegamento territoriale con l’aeroporto di Montichiari.
Con istanza di accesso del 17 novembre 2004, egli chiedeva alla società Aeroporto **********’******** l’accesso alla documentazione inerente agli appalti stipulati per il collegamento con l’aeroposto dalla società con le imprese di autolinee pubbliche e private. La società, in data 20 dicembre 2004, negava l’accesso.
L’*** reiterava la richiesta di accesso con istanza del 25 gennaio 2005, cui la società opponeva diniego di analogo tenore in data 17 marzo 2005.
Avverso tale ultimo diniego, l’*** ha proposto ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione di Brescia, il quale, con sentenza 13 aprile 2005 n. 363, lo ha accolto.
Propone appello la società Aeroporto **********’********, insistendo, tra l’altro, sull’eccezione di inammissibilità del ricorso originario.
Resiste l’appellato.
La Sezione VI di questo Consiglio di Stato, con ordinanza 9 settembre 2005 n. 4686, ha rimesso l’affare a questa Adunanza plenaria, in relazione alla questione della inammissibilità della impugnazione proposta, a fronte di più dinieghi all’accesso, solo nei confronti dell’ultimo diniego, in mancanza di tempestiva impugnazione degli analoghi dinieghi precedentemente opposti.
All’udienza del 14 novembre 2005, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Come più diffusamente esposto in narrativa, l’odierno appellato, titolare di una licenza di taxi, ha presentato alla società appellante, sottoposta alla disciplina in tema di accesso ai documenti, due istanze di uguale contenuto, volte a ottenere copia degli atti inerenti agli appalti stipulati dalla società appellante con imprese di autolinee per il collegamento con l’aeroporto.
Le istanze predette sono state rigettate la prima con nota del 20 dicembre 2004, non impugnata, poi – a seguito della reiterazione della domanda – con nota del 17 marzo 2005, oggetto del presente giudizio.
Il Tribunale amministrativo, nell’accogliere il ricorso, ha, tra l’altro, rilevato che, avendo ad oggetto la pretesa di accesso, l’esercizio di un vero e proprio diritto soggettivo, il decorso del termine di trenta giorni per l’impugnazione del diniego non precludeva la reiterabilità dell’istanza e l’impugnazione del diniego opposto alla ulteriore domanda avanzata.
L’ordinanza con la quale la Sezione VI ha rimesso l’affare a questa Adunanza plenaria, pur propendendo per la configurabilità del diritto di accesso in termini di diritto soggettivo, ritiene che il provvedimento di diniego all’accesso debba essere impugnato nel termine decadenziale di trenta giorni, con la conseguenza che dalla mancata impugnazione discende l’inammissibilità del gravame proposto contro il successivo diniego, meramente confermativo del primo.
In particolare, la Sezione sostiene che:
a) il diritto di accesso sembra assumere, in particolare a seguito della novella legislativa introdotta dalle richiamate leggi nn. 15 e 80 del 2005, consistenza di diritto soggettivo e non di interesse legittimo, come in passato ritenuto dall’Adunanza plenaria con decisione 24 giugno 1999 n. 16;
b) la consistenza di diritto soggettivo non esclude la natura decadenziale del termine per l’impugnazione del diniego (esplicito o tacito) di accesso: con la conseguenza che dalla mancata impugnazione del diniego discende l’inammissibilità dell’impugnazione del diniego successivo, avente carattere meramente confermativo di quello precedentemente opposto e consolidatosi.
2. Sin dall’entrata in vigore della legge n. 241 del 1990 è stata dibattuta, in dottrina come in giurisprudenza, la natura giuridica del diritto di accesso.
Questa Adunanza plenaria, con decisione 24 giugno 1999 n. 16, ha condiviso la tesi della configurabilità della posizione legittimante all’accesso in termini di interesse legittimo, sottolineando il collegamento della posizione del privato con l’interesse pubblico e facendo leva sulla struttura impugnatoria del giudizio.
La questione nondimeno è rimasta aperta anche dopo l’intervento dell’Adunanza plenaria, rinvenendosi nella giurisprudenza di questo Consiglio – insieme a pronunce in linea con la decisione suddetta – (V, 7 aprile 2004 n. 1969; V, 8 settembre 2003 n. 5034) decisioni che propendono ancora per la configurabilità dell’accesso in termini di diritto soggettivo (VI, 12 aprile 2005 n. 1679 e 27 maggio 2003 n. 2938).
La tesi del diritto soggettivo fa leva essenzialmente sul carattere vincolato dei poteri rimessi all’amministrazione in sede di esame dell’istanza di accesso, poteri aventi ad oggetto la mera ricognizione della sussistenza dei presupposti di legge e l’assenza di elementi ostativi all’accesso. E si è, altresì, evidenziata la peculiarità dei poteri istruttori e decisori del giudice, i primi volti a valutare la sussistenza dei requisiti sostanziali che legittimano all’accesso (V, 11 maggio 2004 n. 2866), al di là delle ragioni addotte dall’amministrazione nell’atto, i secondi estesi all’imposizione all’amministrazione di un comportamento positivo consistente nell’adempimento dell’ordine giudiziale di esibizione dei documenti (art. 25, comma 6, della legge n. 241).
La tesi del diritto soggettivo risulta corroborata – come sottolineato anche in dottrina – dall’inclusione del diritto di accesso nei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e politici ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione (art. 22, co. 2, legge n. 241, come modificato dalla legge n. 15 del 2005) e dalla riconduzione del giudizio in tema di accesso alla giurisdizione esclusiva di questo giudice (art. 25, comma 5, della legge n. 241, come modificato dalla legge n. 80 del 2005).   
Non sembra peraltro, che nella specie, rivesta utilità ai fini dell’identificazione della disciplina applicabile al giudizio avverso le determinazioni concernenti l’accesso, prendere posizione in ordine alla natura della posizione soggettiva coinvolta.
L’accesso è collegato a una riforma di fondo dell’amministrazione, informata ai principi di pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa, che si inserisce a livello comunitario nel più generale diritto all’informazione dei cittadini rispetto all’organizzazione e alla attività amministrativa. Ed è evidente in tale contesto, che si creino ambiti soggettivi normativamente riconosciuti di interessi giuridicamente rilevanti, anche in contrapposizione tra di loro: interesse all’accesso; interesse alla riservatezza di terzi; tutela del segreto.
Trattasi, a ben vedere, di situazioni soggettive che, più che fornire utilità finali (caratteristica da riconoscere, oramai, non solo ai diritti soggettivi ma anche agli interessi legittimi), risultano caratterizzate per il fatto di offrire al titolare dell’interesse poteri di natura procedimentale volti in senso strumentale alla tutela di un interesse giuridicamente rilevante (diritti o interessi).
Il carattere essenzialmente strumentale di tali posizioni si riflette inevitabilmente sulla relativa azione, con la quale la tutela della posizione soggettiva è assicurata. In altre parole, la natura strumentale della posizione soggettiva riconosciuta e tutelata dall’ordinamento caratterizza marcatamente la strumentalità dell’azione correlata e concentra l’attenzione del legislatore, e quindi dell’interprete, sul regime giuridico concretamente riferibile all’azione, al fine di assicurare, al tempo stesso, la tutela dell’interesse ma anche la certezza dei rapporti amministrativi e delle posizioni giuridiche di terzi controinteressati.
Sotto tale punto di vista, il giudizio a struttura impugnatoria consente alla tutela giurisdizionale dell’accesso di assicurare la protezione dell’interesse giuridicamente rilevante e, al contempo, quell’esigenza di stabilità delle situazioni giuridiche e di certezza delle posizioni dei controinteressati che si è visto essere pertinenti ai rapporti amministrativi scaturenti dai principi di pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa.
Nel delineato contesto, il disposto legislativo (art. 25, commi 5 e 4) – che, rispettivamente, fissa il termine di trenta giorni (evidentemente decorrente dalla conoscenza del provvedimento di diniego o dalla formazione del silenzio significativo) per la proposizione dei ricorsi e qualifica in termini di diniego il silenzio serbato sull’accesso – pone un termine all’esercizio dell’azione giudiziaria da ritenere necessariamente posto a pena di decadenza, a meno di non volerne sostenere l’assoluta irrilevanza, pur a fronte del chiaro tenore della norma e della sua coerenza con la rilevata esigenza di certezza che ha anzi indotto il legislatore a delineare un giudizio abbreviato che mal si concilierebbe con la proponibilità dell’azione nell’ordinario termine di prescrizione.
Ma il carattere decadenziale del termine reca in sé – secondo ricevuti principi, come inevitabile corollario – che la mancata impugnazione del diniego nel termine non consente la reiterabilità dell’istanza e la conseguente impugnazione del successivo diniego laddove a questo possa riconoscersi carattere meramente confermativo del primo.
In altre parole, il cittadino potrà reiterare l’istanza di accesso e pretendere riscontro alla stessa in presenza di fatti nuovi, sopravvenuti o meno, non rappresentati nell’originaria istanza o anche a fronte di una diversa prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante, cioè della posizione legittimante all’accesso; e, in tal caso, l’originario diniego, da intendere sempre rebus sic stantibus, ancorché non ritualmente impugnato, non spiegherà alcun rilievo nella successiva vicenda procedimentale e processuale.
Ma qualora non ricorrano tali elementi di novità e il cittadino si limiti a reiterare l’originaria istanza precedentemente respinta o, al più, a illustrare ulteriormente le sue ragioni, l’amministrazione ben potrà limitarsi a ribadire la propria precedente determinazione negativa, non potendosi immaginare, anche per ragioni di buon funzionamento dell’azione amministrativa in una cornice di reciproca correttezza dei rapporti tra privato e amministrazione, che l’amministrazione sia tenuta indefinitamente a prendere in esame la medesima istanza che il privato intenda ripetutamente sottoporle senza addurre alcun elemento di novità.
Ne consegue che la determinazione successivamente assunta dall’amministrazione, a meno che questa non proceda autonomamente a una nuova valutazione della situazione, assume carattere meramente confermativo del precedente diniego e non è perciò autonomamente impugnabile.  
3. Facendo applicazione degli esposti principi al caso di specie, deve ritenersi che il ricorso originario dell’odierno appellato sia inammissibile, perché proposto avverso il solo diniego di cui alla nota del 17 marzo 2005, da reputare meramente confermativo di quello precedente.
Ne consegue che l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo, il ricorso di primo grado va dichiarato inammissibile.
La complessità della questione trattata e i contrasti giurisprudenziali in ordine alla stessa inducono l’Adunanza plenaria a compensare tra le parti le spese del doppio grado.
P.Q.M.
L’Adunanza plenaria delle Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato accoglie l’appello e, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, riunito in Adunanza plenaria nella camera di consiglio del 14 novembre 2005 con l’intervento dei signori Magistrati:
******************                            Presidente del Consiglio di Stato
*********************                       Presidente della VI Sezione
***************                                  Presidente della IV Sezione
*****************                               Presidente della V Sezione
***********                                       Consigliere
****************                               Consigliere
Costantino Salvatore                         Consigliere
**********************                         Consigliere estensore
***************                                 Consigliere
******************                             Consigliere
**************                                   Consigliere
*************                                   Consigliere
Pierluigi Lodi                                     Consigliere
Presidente
 
 
Consigliere                                                                           Segretario
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 
il…18/04/2006……………………………
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Dirigente
 
 
 
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
 
Addì……………………………..copia conforme alla presente è stata trasmessa
 
al Ministero………………………………………………………………………………….
 
a norma dell’art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
 
                                                                                              Il Direttore della Segreteria

Foresti Enrico

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