Iscrizione nel casellario giudiziale del provvedimento di archiviazione: per particolare tenuità del fatto

Simona Arcieri 28/02/19
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A questo punto sorge spontaneo domandarsi se sia ammissibile o meno che un provvedimento fondato su un accertamento così sommario della responsabilità penale e, come appena dimostrato, scarsamente garantito, comporti o meno per l’indagato quell’effetto pregiudizievole costituito dall’iscrizione dell’archiviazione nel casellario giudiziale.

Il casellario giudiziario

Per poter rispondere a tale domanda, è necessario partire dall’art. 4, comma 1, lett. a), D. Lgs. 16 marzo 2015, n. 28, che modificando l’art. 3, comma 1, lett. f), D.P.R. 14 novembre 2002, n. 113, ha previsto l’iscrizione nel casellario giudiziale del provvedimento di archiviazione per tenuità del fatto: “l’articolo 4 del decreto delegato introduce le modifiche necessarie ai fini dell’iscrizione nel casellario giudiziale dei provvedimenti in materia di particolare tenuità̀ del fatto. Come già̀ notato, infatti, il requisito della “non abitualità̀” del comportamento, previsto dal primo comma del nuovo articolo 131 bis del codice penale, impone un sistema di registrazione delle decisioni che accertano la particolarità tenuità del fatto che comprenda ovviamente anche i provvedimenti di archiviazione adottati per tale causa. Se ci si fermasse qui, si potrebbe essere indotti a ritenere che l’iscrizione al casellario del provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto sia necessaria e indispensabile, soprattutto perché permette al giudice di valutare la sussistenza o meno del comportamento abituale dell’indagato. Inoltre, a sostegno di questo, si potrebbe aggiungere che la figura di particolare tenuità del fatto presuppone, comunque, l’esistenza di un fatto antigiuridico e tipico, e che sebbene sia particolarmente tenue, costituisce in toto un reato ed è già solo per tale motivo meritevole di iscrizione nel casellario perché permette di evitare che il soggetto possa commetterlo nuovamente senza ricadere nell’abitualità del comportamento.

Proprio sul punto si sono espressi, in realtà, orientamenti differenti in materia. Da un lato, infatti, una parte della dottrina e giurisprudenza[1] attribuisce al provvedimento d’archiviazione la natura di “precedente”[2] e di conseguenza afferma che, in assenza di iscrizione nel casellario, non sia possibile per il giudice accertare l’abitualità dell’offesa, poiché eventuali precedenti provvedimenti di archiviazione ai sensi dell’art. 131 bis c.p., non comparendo nel casellario, verrebbero sottratti alla cognizione dell’organo giudicante, creando un pregiudizio all’intero sistema processuale e agli obiettivi che si pone, nonché permettendo al soggetto di beneficiare all’infinito dell’istituto. Secondo, quindi, questo orientamento devono essere iscritti nel casellario giudiziale non solo tutti i provvedimenti giudiziari definitivi che abbiano dichiarato la non punibilità per particolare tenuità del fatto, ma anche quelli provvisori come i decreti, le ordinanze di archiviazione e le sentenze di non luogo a procedere, proprio al fine di rendere possibile la valutazione del giudice circa la sussistenza dell’abitualità.

D’altro canto una parte della giurisprudenza si è espressa diversamente, denunciando l’illegittimità dell’iscrizione nel casellario di questa particolare ipotesi di archiviazione.  In particolare la Corte di Cassazione, sezione III penale, con la sentenza n. 30685 del 26 Gennaio 2017, ha statuito l’illegittimità nel casellario giudiziale del provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto, motivando come ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. f) del D.P.R. 313 del 14 novembre 2002 (“provvedimenti iscrivibili”) nel casellario si iscrivono per estratto “i provvedimenti giudiziari definitivi che hanno prosciolto l’imputato o disposto una misura di sicurezza, nonché quelli che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell’art. 131 bis c.p” e dunque proprio la congiunzione «nonché quelli» richiama in maniera esplicita l’incipit dell’elenco, «i provvedimenti giudiziari definitivi», e perciò solo le sentenze e i decreti penali passati in giudicato, rispetto al quale il provvedimento di archiviazione è estraneo. Dunque, essendo il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto per sua natura sempre provvisorio, perché soggetto ad una eventuale riapertura delle indagini da parte del pubblico ministero ex art. 414 c.p.p, non sarebbe di conseguenza ascrivibile nel casellario[3]. A sostegno di questa interpretazione è anche la pronuncia n. 3817 del 2018 della Corte di Cassazione, sezione V penale, che chiarisce quanto appena detto, sostenendo che “il D.P.R. n. 313 del 2002, art. 2, comma 1, nell’elenco delle definizioni contrappone con la lett. f) il “provvedimento giudiziario” (inteso come la sentenza, il decreto penale e ogni altro provvedimento emesso dall’autorità giudiziaria) al “provvedimento giudiziario definitivo” di cui alla lettera g) (inteso come il provvedimento divenuto irrevocabile, passato in giudicato e comunque non più soggetto a l’impugnazione con provvedimenti diversi dalla revocazione)” e che per tal motivo il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto non rientra nella categoria dei “provvedimenti giudiziari definitivi” di cui alla lett. f), art. 3, comma 1, D.P.R. n. 313 del 2002, essendo soggetto sempre alla possibilità di riapertura delle indagini. Per di più la Corte di Cassazione con la sentenza n. 46379 del 2017, ha stabilito che, non essendo il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto definitivo, non solo non è ascrivibile nel casellario, quant’anche, prosegue la decisione, “non è ricorribile per Cassazione, sia perché espressamente previsto dall’art. 409, comma 6, c.p.p., e sia perché il provvedimento di archiviazione non risulta iscrivibile nel casellario giudiziale, trattandosi di provvedimento non definitivo, e pertanto viene a mancare l’interesse ad impugnare, non risultando il provvedimento lesivo di alcun interesse dell’indagato”.

Nel merito è intervenuta la recente Riforma Orlando con un intento, però, è bene precisarlo, differente da quello appena descritto: quello, cioè, di eliminare in toto l’iscrizione dal casellario del provvedimento per particolare tenuità del fatto. Infatti la Legge 23 giugno 2017, n. 103, recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario”, contiene una delega al Governo ad intervenire su specifiche materie, tra le quali figura proprio il casellario giudiziale. Nello specifico all’art. 1 co.18, si statuisce “Il Governo è delegato ad adottare, nel termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la revisione della disciplina del casellario giudiziale, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) rivedere la disciplina del casellario giudiziale adeguandola alle modifiche intervenute nella materia penale, anche processuale, e ai princìpi e criteri contenuti nella normativa nazionale e nel diritto dell’Unione europea in materia di protezione dei dati personali, perseguendo gli obiettivi di semplificazione e di riduzione degli adempimenti amministrativi, e provvedere all’abrogazione del comma 1 dell’articolo 5 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, nonché rivedere i presupposti in tema di eliminazione delle iscrizioni per adeguarli all’attuale durata media della vita umana;

 

b) consentire alle pubbliche amministrazioni e ai gestori di pubblici servizi di ottenere dall’Ufficio del casellario centrale il certificato generale contenente le iscrizioni presenti nella banca dati al nome di una determinata persona, quando tale certificato è necessario all’esercizio delle loro funzioni, previamente riservando ad apposite convenzioni, stipulate con le amministrazioni interessate, la puntuale fissazione, per ciascun procedimento amministrativo di competenza, delle norme di riferimento, di limiti e condizioni di accesso volti ad assicurare la riservatezza dei dati personali e degli specifici reati ostativi inerenti ogni singolo procedimento, nonché comunque di ogni ulteriore indicazione necessaria per consentire la realizzazione di una procedura automatizzata di accesso selettivo alla banca dati;

c) eliminare la previsione dell’iscrizione dei provvedimenti applicativi della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, prevedendo che sia il pubblico ministero a verificare, prima che venga emesso il provvedimento, che il fatto addebitato sia occasionale; rimodulare i limiti temporali per l’eliminazione delle iscrizioni delle condanne per fatti di modesta entità, quali quelle irrogate con decreto penale, con provvedimento della giurisdizione di pace, con provvedimento applicativo della pena su richiesta delle parti, per pene determinate in misura comunque non superiore a sei mesi, in modo tale da favorire il reinserimento sociale con modalità meno gravose.

L’archiviazione

La delega contenuta nella riforma Orlando richiede, dunque, l’intervento sulla particolare ipotesi di archiviazione per particolare tenuità del fatto e nello specifico, l’eliminazione dell’iscrizione di quest’ultima nel casellario giudiziale. Come è reso evidente dal testo, all’art. 18 lett. c), l’obiettivo è quello di tutelare l’indagato e di anticipare la verifica dell’abitualità dell’offesa, predisponendo infatti che sia il pubblico ministero a valutare il comportamento dell’indagato e se, dunque, si possa considerare occasionale o abituale, prima che venga emesso dal giudice il provvedimento ex art. 131 bis c.p.

La l. n. 103/2017, infatti, delegando il Governo a eliminare in toto la previsione dell’iscrizione dei provvedimenti applicativi della non punibilità per particolare tenuità del fatto si pone l’obiettivo di equiparare il provvedimento emesso per particolare tenuità del fatto alle altre sentenze di proscioglimento nel merito. L’idea è infatti quella di considerare il provvedimento non più a contenuto parzialmente sfavorevole, ma una nuova formula assolutoria e per questo motivo non soggetta ad iscrizione nel casellario giudiziale.[4] L’art. 1 co. 18 lett. c), prosegue la delega, richiede, infine, al legislatore una rimodulazione dei limiti temporali per l’eliminazione delle iscrizioni delle condanne di lieve entità; a titolo meramente esemplificativo, sono menzionate “quelle irrogate con decreto penale, con provvedimento della giurisdizione di pace, con provvedimento applicativo della pena su richiesta delle parti, per pene determinate in misura comunque non superiore a sei mesi. La ratio della modifica dei termini di cui all’art. 5 t.u. casellario giudiziale è infatti finalizzata al “reinserimento sociale con modalità meno gravose” del condannato in presenza di pene oggettivamente lievissime.

Preme però chiarire che il D.Lgs. 2 ottobre 2018, n. 122Disposizioni per la revisione della disciplina del casellario giudiziale, in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 18 e 19, della legge 23 giugno 2017, che doveva intervenire proprio su quest’ipotesi, si è mosso in maniera del tutto diversa. Dalla lettura del provvedimento emerge, infatti, come il Governo abbia deciso di non esercitare la delega prevista al citato comma 18, lett. c), nello specifico, “l’eliminazione della previsione dell’iscrizione dei provvedimenti applicativi della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto.” Ha, infatti, lasciato in vigore la disciplina precedente, cioè l’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti), il quale tra i provvedimenti ascrivibili, alla lettera f), riporta: i provvedimenti giudiziari definitivi che hanno prosciolto l’imputato o dichiarato non luogo a procedere per difetto di imputabilità, o disposto una misura di sicurezza, nonché quelli che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell’articolo 131 -bis del codice penale”.

Dunque, nonostante le pronunce della Corte di Cassazione e la legge delega Orlando, la situazione risulta ancora aperta e fonte di discussioni e contrasti, ma soprattutto pregiudizievole per l’indagato. È infatti necessario un intervento proprio a tutela della persona sottoposta alle indagini. Quest’ultimo infatti, spesso, si dimostra inerme al sistema e nonostante abbia l’intenzione di opporsi all’archiviazione per particolare tenuità del fatto non riesce nell’intento perché non è in grado di dimostrare la sua innocenza; per tal motivo può succedere, in alcuni casi, che sia costretto ad ammettere la tenuità del fatto, assumendo un atteggiamento processuale contrario rispetto al suo interesse. È chiaro che l’intervento normativo è urgente: perché l’interesse individuale, in questo particolare caso, rivela essere superiore a quello collettivo; perché la vita dell’indagato può essere pregiudicata dall’iscrizione nel casellario giudiziale; perché al di là di ogni ragionevole dubbio è il principio fondante il nostro sistema accusatorio e, sebbene l’opposizione alla richiesta di archiviazione si svolga in contraddittorio, come abbiamo esaminato supra, non si può limitare alla minima presentazione, da parte dell’indagato, delle “ragioni del dissenso”, come previsto dall’art. 411 co. 1 bis. Perciò non si può ammettere che un accertamento così sommario della responsabilità possa portare a conseguenze sproporzionate e ad effetti giuridici negativi sulla sfera personale dell’indagato.

Ciò detto, l’intenzione di anticipare la verifica dell’abitualità in capo al pubblico ministero, prima che venga emesso il provvedimento ex art. 131 bis, come disposto dalla Legge Orlando, potrebbe essere considerata un punto da cui partire o quanto meno una soluzione da prendere seriamente in considerazione, con i dovuti accorgimenti. Così come l’idea di intervenire sul diritto di opposizione, disciplinato all’art. 411 bis, rafforzandolo. Infatti l’indagato non ha un vero e proprio diritto di veto, dal momento che il giudice non è vincolato alla sua opposizione e potrebbe benissimo decidere di accogliere la richiesta di archiviazione del pubblico ministero; così come non ha la possibilità di ricorrere per Cassazione, come stabilito dalla sentenza n. 46379 del 2017. Queste lacune sono certamente contrarie al diritto ad un equo processo e al diritto ad un doppio grado di giurisdizione e proprio per questi motivi urge un intervento anche in tal senso, perché il rischio di danneggiare l’indagato è più che evidente.

Leggi la prima parte del presente articolo: “L’iscrizione nel casellario giudiziale del provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto”

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Note

[1] Palazzo, Nel dedalo delle riforme recenti e prossime venture (A proposito della legge n. 67/2014), Mangiaracina La tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p.: vuoti normativi e ricadute applicative.

[2] Le linee guida della Procura di Lanciano, con nota di GATTA, in cui si ritiene che possano valutarsi comportamenti risultanti da precedenti giudiziari anche le declaratorie di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

[3] Dello stesso avviso è F. Bardelle, L’archiviazione per particolare tenuità del fatto: vuoti di tutela per l’indagato

[4] V. Spinosa, Commento ai commi 18-19 dell’art 1 Legge 103 del 2017 (cd. Riforma Orlando). Delega in tema di Casellario

Simona Arcieri

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