Infiltrazioni provenienti dalle parti comuni: onere della prova

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Il condomino che lamenta di aver subito danni nella proprietà esclusiva per infiltrazioni provenienti dalle parti comuni è tenuto a fornire prove concrete dei fatti che stanno alla base della domanda

     Indice

  1. La vicenda
  2. La questione
  3. La soluzione
  4. Le riflessioni conclusive

riferimenti normativi: art. 2051 c.c.

precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. VI, Sentenza del 22/12/2017, n. 30775

1. La vicenda

Una condomina lamentava che l’appartamento, la cantina e il box avevano subito danni a causa di infiltrazioni provenienti da parti condominiali (muri perimetrali, coperture e lastrici). Di conseguenza si rivolgeva al Tribunale per chiedere che fosse accertata la responsabilità del condominio nella determinazione dei danni lamentati negli immobili di sua proprietà (appartamento, cantina e box auto), con condanna del convenuto, previa definitiva eliminazione delle cause delle infiltrazioni, al risarcimento di tutti i danni subiti. L’attrice deduceva che l’umidità provocata dalle lamentate infiltrazioni aveva reso gli ambienti malsani e ai limiti della vivibilità, arrecando danni anche agli oggetti ivi custoditi (in particolare, al mobilio e al vestiario), nonché alle persone occupanti l’appartamento. La stessa condomina faceva presente che era stata costretta ad incaricare una ditta per l’esecuzione di lavori all’interno della sua proprietà, per ripristinare la salubrità dei locali.

2. La questione

Il condomino che in sede giudiziale lamenta di aver subito danni nella proprietà esclusiva per infiltrazioni provenienti dalle parti comuni quale prova è tenuto a fornire?


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3. La soluzione

Il Tribunale ha dato torto all’attrice. Come ha notato lo stesso giudice nel caso di specie, l’attrice non solo non ha provato, ma non ha nemmeno debitamente allegato la sussistenza di un nesso di causalità tra le parti condominiali e i danni lamentati, essendosi limitata ad affermare, del tutto genericamente, che le infiltrazioni presenti nell’appartamento, nella cantina e nel box auto provenivano dalle parti condominiali; del resto, ad avviso del Tribunale, l’attrice non ha neppure circostanziato sul piano temporale le infiltrazioni e gli altri fenomeni/inconvenienti lamentati. In ogni caso il Tribunale ha evidenziato come la modificazione dello stato dei luoghi per effetto dei lavori di ristrutturazione abbia di fatto precluso ogni accertamento tecnico peritale in merito alla sussistenza, alle cause e all’entità della situazione di fatto prospettata.

4. Le riflessioni conclusive

Il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato a adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno, sicché risponde ex art. 2051 c.c. dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini.

In relazione alla fattispecie prospettata da parte attrice ex art. 2051 c.c., relativa alla responsabilità per cose in custodia, il consolidato orientamento della Cassazione individua nella norma un’ipotesi di responsabilità oggettiva, essendo sufficiente per l’applicazione della stessa la sussistenza del rapporto di custodia tra la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo e chi ha il potere di controllarla e di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte (Cass. civ., sez. VI, 04/10/2013, n. 22684), senza che assuma alcun rilievo in sé la violazione dell’obbligo custodiale da parte di quest’ultimo, la cui responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito. L’art. 2051 c.c. determina un’inversione dell’onere della prova, rispetto all’art. 2043 cc, ponendo a carico del custode la possibilità di liberarsi della presunzione di colpa solo mediante la prova liberatoria del fortuito. La responsabilità per il danno cagionato da cose in custodia stabilita dall’art. 2051 c.c. si fonda non su un comportamento o un’attività del custode, ma su una relazione (di custodia) intercorrente tra questi e la cosa dannosa. Si comprende, così, anche la ragione dell’inversione dell’onere della prova prevista dall’art. 2051 c.c., relativa alla ripartizione della prova sul nesso causale: all’attore compete provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo; il convenuto per liberarsi deve provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale. La norma richiamata (art. 2051 c.c.) non esonera, perciò, l’obbligo di provare i fatti posti a fondamento della domanda. Nel caso esaminato la condomina aveva solo allegato dei preventivi, indicanti opere e stime di costi, non in grado di provare né la necessità dei lavori a cui si riferivano, né tanto meno le cause che avevano eventualmente reso necessario, in tutto o in parte, i lavori medesimi. Per tali motivi, in assenza di prova, la domanda è stata rigettata. In ogni caso la modificazione dello stato dei luoghi commissionata dall’attrice ha precluso ogni accertamento tecnico peritale (peraltro nemmeno richiesto da parte attrice).

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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