In materia di notifiche a mezzo pec, la mancata attivazione da parte del destinatario della notificazione di ogni intervento tecnico necessario a recepire la medesima notifica ed i relativi allegati non integra errore incolpevole idoneo a legittimare la rescissione del giudicato

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(Ricorso rigettato)

(Normativa di riferimento: D.l., 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge, 17 dicembre 2012, n. 221, art. 16, c. 9-bis; D.M. del 21 febbraio 2011 n. 44, artt. 12 n. 1 e 14 n. 3; C.p.p. artt. 148, c. 2-bis, 625-ter)

Il fatto

La Corte di appello di Firenze rigettava la richiesta di rescissione, proposta da H. M. attraverso il difensore, ai sensi dell’art. 625-ter cod. proc. pen., relativa alla sentenza, pronunciata dal Tribunale di Lucca in data 5 luglio 2016, divenuta irrevocabile il 21 settembre 2016, con la quale il predetto veniva condannato per il reato di cui all’art. 624 cod. pen, alla pena di anni uno di reclusione ed euro 300 di multa.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso il suddetto provvedimento veniva proposto ricorso per Cassazione adducendosi i seguenti motivi: a) con il primo motivo si sosteneva come l’interessato non avesse avuto conoscenza del procedimento, per inesistenza o invalidità della dichiarazione di domicilio, con conseguente invalidità delle successive notifiche e dunque, contrariamente a quanto reputato dalla Corte di appello, il verbale, contenente la dichiarazione o elezione di domicilio che l’interessato si è rifiutato di sottoscrivere, era nullo e che, comunque, nulla o inefficace ERA la dichiarazione di domicilio ivi contenuta richiamandosi all’uopo giurisprudenza della Corte di legittimità, sulla nullità del verbale di dichiarazione o elezione di domicilio non sottoscritto, in quanto privo dei requisiti di cui all’art. 162 cod. proc. pen.; si evidenziava oltre a ciò, per un verso, la natura di atto negoziale della dichiarazione, per altro verso, come la mancata sottoscrizione rendesse priva di efficacia la dichiarazione medesima che, di conseguenza, non necessitava di alcuna revoca espressa, come preteso dalla Corte di appello, in quanto intrinsecamente non valida; b) con il secondo motivo si denunciava mancanza o nullità della notifica del decreto di citazione a giudizio per violazione di legge in ordine alle modalità della notifica telematica stante il fatto che il processo non sarebbe stato conosciuto da imputato e difensore posto che non gli era stato notificato il decreto di citazione a giudizio per mancata ricezione del file contenente, in allegato, il decreto del difensore in proprio e quale domiciliatario, come da attestato di ricezione della P.E.C. senza allegati PDF, prodotta con la richiesta di rescissione e come documentato attraverso l’attestazione di invio della P.E.C., senza riferimento ad allegati; a tal riguardo, il ricorrente, richiamando la normativa in tema di notifica telematica nel procedimento penale (art. 16 d. Igs. n. 179 del 2012), sottolineava come l’atto giudiziario dovesse essere trasmesso, come autonomo, nell’ambito dell’e-mail notificata al destinatario, precisando il formato del medesimo atteso che la previsione di cui all’art. 12 n. 1 e 14 n. 3 del D.M. del 21 febbraio 2011 n. 44, che sancisce anche l’estensione dell’atto e le modalità di sottoscrizione del medesimo (firma digitale Pades e formato PDF o file XML), non fa alcun riferimento a file con estensione .eml come quello allegato alla notifica in questione; si richiamava all’uopo giurisprudenza di legittimità ordinaria secondo la quale le notificazioni vanno espletate secondo le norme, anche regolamentari, concernenti sottoscrizione, trasmissione e ricezione di documenti informatici e, dunque, la Corte di appello avrebbe errato nel pretendere, dal ricorrente, prova che all’interno del file ricevuto, denominato postacert.eml, non fosse contenuto il file pdf destinato a difensore ed imputato.

La richiesta formulata dalla Procura generale presso la Corte di Cassazione

Il Procuratore generale faceva pervenire requisitoria scritta con la quale si chiedeva il rigetto del ricorso.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

La Corte reputava il ricorso proposto infondato, e quindi da doversi rigettare, alla stregua delle seguenti considerazioni.

Si rilevava prima di tutto come il primo motivo fosse inammissibile in quanto manifestamente infondato deducendosi a tal proposito – una volta dedotto che, in tema di elezione o dichiarazione di domicilio, va reputata valida l’elezione presso il difensore effettuata dall’indagato con dichiarazione riportata in un verbale che, poi, rifiuti di sottoscrivere, senza indicazione di una specifica ragione atteso che, come sostenuto sede di legittimità, con un ragionamento condiviso dalla Corte nella decisione in commento, l’omessa sottoscrizione delle persone intervenute non è causa di nullità del verbale fermo restando che, in assenza della specifica indicazione di un motivo, l’atteggiamento dell’interessato non può intendersi univocamente diretto alla revoca della dichiarazione di elezione di domicilio verbalizzata giacché la mancata sottoscrizione, da parte dell’indagato, del verbale contenente l’elezione di domicilio, è carenza che genera l’invalidità della dichiarazione solo qualora risulti che egli abbia rifiutato di sottoscrivere l’atto eccependone la difformità rispetto alle dichiarazioni rese, o all’intenzione di non dare più corso all’elezione di domicilio (Sez. 2, n. 33956 del 14/06/2017, omissis, Rv. 270733; Sez. 4, n. 16144 del 01/03/2017, omissis, Rv. 269607) – come fosse valida l’elezione di domicilio de qua rispetto alla quale non era stato nemmeno dedotto che il rifiuto a sottoscrivere l’atto, in cui detta elezione era contenuta, fosse stato espressamente motivato con riferimento all’elezione di domicilio medesima.

Una volta terminata la disamina del primo motivo, medesima sorte processuale toccava al secondo motivo avendolo la Corte stimato da doversi respingere in quanto infondato.

Si faceva presente a tal riguardo come non fosse in discussione la validità in sé della notifica al difensore, avvenuta a mezzo P.E.C. al proprio indirizzo di posta elettronica certificata, posto che, rilevava la Cassazione in questa pronuncia, da un lato, nel nostro sistema, è prevista la notifica telematica, ex art. 150 cod. proc. pen., disposta dal giudice, previa emanazione di specifico decreto nei confronti di parti private diverse dall’imputato e dal difensore mentre per queste ultime, invece, opera la disciplina sopravvenuta di cui all’art. 148 comma 2-bis cod. proc. pen., con notifica disposta sia dal giudice che dal pubblico ministero che, però, non richiede l’adozione di apposito decreto e che ha come unico legittimo destinatario il difensore, dall’altro, alla notifica telematica a mezzo P.E.C. si procede ai sensi dell’art. 16, comma 9-bis, sub 1-bis, del d. I. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, a decorrere dal 15 dicembre 2014, nei procedimenti penali dinanzi ai tribunali e alle corti d’appello, per persone diverse dall’imputato, titolari di indirizzo P.E.C., risultante da pubblici elenchi o da elenchi comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, ipotesi per la quale sono specificamente regolamentate anche le conseguenze della mancata notifica (Sez. 5, n. 8724 17/11/2017, omissis; Sez. 3, n. 6118 del 15/02/2016, omissis; Sez. 5, n. 35006 del 29/04/2016, omissis; Sez. 6, n. 51348 del 1/12/2016, omissis, Rv. 268619).

Orbene – una volta conclusa questa premessa giuridica, e dopo aver rilevato come, nel caso di specie, non risultasse contestata l’avvenuta ricezione del file con allegati all’indirizzo di posta certificata corrispondente a quello fornito dal difensore, destinatario della notifica essendo stato dedotto, per un verso, il fatto che il file ricevuto avrebbe avuto una estensione diversa (postacert.eml) di quella prevista (PDF o XML) dalle vigenti norme regolamentari (artt. 12 n. 1 e 14 n. 3 del D.M. del 21 febbraio 2011 n. 44) che stabiliscono estensione dell’allegato e modalità di sottoscrizione del medesimo in caso di notifica a mezzo P.E.C. (firma digitale Pades e formato PDF o file XML), per altro verso, evidenziato che l’allegato, con l’indicato formato, avrebbe dovuto figurare in modo autonomo nell’e-mail di consegna ricevuta dal destinatario – si affermava come fosse stato postulato sempre dal Supremo Consesso (Sez. 4, n. 2431 del 15/12/2016, omissis, Rv. 268877; Sez. 2, n. 39027 del 11/7/2017, omissis) che il sistema di posta elettronica certificata utilizzato dagli uffici giudiziari, per le notifiche degli atti giudiziari (cd. SNT, Sistema di Notificazioni Telematiche), da una parte, attribuisce alle e-mail inoltrate valore legale in relazione all’invio e alla consegna al destinatario e garantisce, per effetto dei protocolli di sicurezza, la certezza anche in relazione ai contenuti dei messaggi e degli eventuali allegati posto che, per questi ultimi, è impossibile ogni modifica successiva all’invio, dall’altra, consente, in ossequio alle specifiche tecniche di cui al D.M. n. 44 del 21 febbraio 2011, come modificato, il rilascio al mittente di una ricevuta la quale è prova della spedizione del messaggio, degli allegati e dell’avvenuta consegna alla casella di posta del destinatario rilevandosi al contempo che, per quanto concerne la formazione del messaggio con allegati, ciò avviene mediante acquisizione di atti, selezionati al computer e caricati – da operatore all’uopo autorizzato – nel sistema, abilitato a segnalare anche eventuali errori e, dopo l’acquisizione, formato il fascicolo, il sistema associa al messaggio l’atto da notificare che, dopo l’invio, non è più modificabile e, all’esito della notifica, il sistema produce il cd. artefatto, in formato PDF, che riporta ed attesta le informazioni presenti nel sistema mentre la relata di notifica è costituita dalla cd. busta elettronica di ricezione della P.E.C. che ha un contenuto che può essere verificato, in cancelleria, anche in momento successivo alla notifica.

Tal che se ne faceva discendere come caratteristica del sistema fosse, dunque, quella di consentire la conoscenza effettiva del contenuto del messaggio e, quindi, di prendere visione dei documenti informatici allegati, comunicati o notificati al destinatario dato che, selezionando prima dell’invio della PEC, il rilascio della ricevuta di consegna nella modalità “completa“, quest’ultima, una volta tornata al mittente, avrà come allegato un file denominato postacert.eml, all’interno del quale si trovano gli stessi file (duplicati informatici) che il mittente ha inviato al destinatario e rispetto ai quali il sistema assicura anche l’integrità del contenuto in quanto si rendere impossibile la modifica di quelli già inviati.

Orbene tanto premesso va osservato, gli ermellini evidenziavano come, nella specie, correttamente la Corte di appello nel provvedimento impugnato avesse esposto che in atti, vi era, in calce, attestazione di trasmissione del testo originale del decreto di citazione a giudizio, emesso dal medesimo ufficio, ai sensi dell’art. 148, comma 2-bis, cod. proc. pen. così come, ad avviso della Corte, era parimenti corretto il ragionamento della Corte territoriale secondo il quale era stata documentata l’avvenuta consegna del messaggio, tramite posta elettronica certificata, dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lucca, all’avv. S. G. anche come domiciliatario dell’imputato che riportava come allegato il file postacert.eml.

Da ciò se ne faceva discendere come la denominazione e l’estensione di tale allegato consentissero di concludere che esso conteneva il messaggio originale trasmesso, compreso di allegati e pertanto, proprio alla luce di ciò, se ne faceva inferire, come logico corollario, l’irrilevanza della deduzione difensiva, inerente la diversa estensione del file, rispetto a quella prevista dalle specifiche tecniche indicate dal DM n. 44 del 2011 citato, che riguardavano il formato dei documenti allegati.

Inoltre, quanto all’onere probatorio circa la difformità o la completa diversità tra il documento allegato e quello che si assumeva dovesse essere trasmesso, la Corte aderiva, comunque, al costante orientamento secondo il quale tale onere non può essere assolto con la mera deduzione dell’incompletezza o non corrispondenza all’originale scansito, tenuto conto dell’affidabilità del sistema attraverso il quale la notifica telematica è assicurata, nonché della verificabilità, a cura della parte che intende dedurla, del contenuto della cd. busta telematica, mediante accesso all’ufficio mittente della notifica (Sez. 3, n. 56280 del 24/10/2017,  omissis, Rv. 272421), e ciò anche in ragione del fatto che è stato asserito in sede nomofilattica che, in tema di notificazione al difensore, mediante invio dell’atto tramite posta elettronica certificata, la semplice verifica dell’accettazione dal sistema e della ricezione del messaggio di consegna, ad una determinata data e ora, dell’allegato notificato è sufficiente a far ritenere perfezionata e pienamente valida la notifica, senza alcuna necessità di ulteriori verifiche in ordine alla sua effettiva visualizzazione da parte del destinatario (Sez. 4, Rv. 268877 cit.).

Pertanto, una volta addivenuta ad enunciare il principio di diritto secondo il quale, in relazione a modalità di apertura e consultazione della notifica con allegati, ricevuta a mezzo P.E.C., non integra errore incolpevole, idoneo a legittimare la rescissione del giudicato, la mancata attivazione da parte del destinatario della notificazione, di ogni intervento tecnico necessario a recepire la medesima notifica ed i relativi allegati, ove questa sia attestata da idonea ricevuta di consegna e di ricezione, i giudici di Piazza Cavour, come accennato anche prima, rigettavano il ricorso proposto.

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Conclusioni

La sentenza in commento desta assai interesse in quanto affronta le problematiche connesse alla regolarità della notifica effettuata a mezzo pec in materia penale.

Orbene, il Supremo Consesso ritiene in questa pronuncia che le garanzie tecnologiche previste per l’invio di questa forma di notifica fornisce una serie di garanzie ove appunto si afferma che il sistema di posta elettronica certificata utilizzato dagli uffici giudiziari, per le notifiche degli atti giudiziari (cd. SNT, Sistema di Notificazioni Telematiche), da una parte, attribuisce alle e-mail inoltrate valore legale in relazione all’invio e alla consegna al destinatario e garantisce, per effetto dei protocolli di sicurezza, la certezza anche in relazione ai contenuti dei messaggi e degli eventuali allegati posto che, per questi ultimi, è impossibile ogni modifica successiva all’invio, dall’altra, consente, in ossequio alle specifiche tecniche di cui al D.M. n. 44 del 21 febbraio 2011, come modificato, il rilascio al mittente di una ricevuta la quale è prova della spedizione del messaggio, degli allegati e dell’avvenuta consegna alla casella di posta del destinatario.

Tal che, attraverso la pec, la Corte di Cassazione considera che sia preservata: a) la certezza sui contenuti dei messaggi e di eventuali allegati; b) la certezza dell’avvenuto invio del messaggio e degli allegati; c) la certezza che quel messaggio e quegli allegati siano stati effettivamente consegnati nella casella di posta del destinatario.

A fronte di ciò, ove si voglia contestare la difformità o la completa diversità tra il documento allegato e quello che si assumeva dovesse essere trasmesso, non può rilevare, ad avviso della Corte, la mera deduzione dell’incompletezza o non corrispondenza all’originale scansito ma occorre un quid pluris di difficile identificazione (problemi tecnici, ovviamente da doversi dimostrare, che abbiano impedito il corretto invio del messaggio e dell’eventuale allegato) il che rende evidente come forse sia ormai maturo il tempo per una rivisitazione della normativa inerente le notifiche in materia penale che rendano l’utilizzo della pec la regola e, solo in caso in cui ciò non sia possibile, un utilizzo del sistema normativo così come è attualmente previsto adesso.

L’auspicio, in punto de jure condendo, è che il legislatore intervenga in tal senso.

 

Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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