In cosa consiste la legittima difesa?

Redazione 22/05/19
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Per capire in cosa consiste la legittima difesa, nel rinviare in buona parte a quanto già enunciato nel paragrafo 2 del capitolo II, e quanto verrà esposto nel capitolo seguente ove saranno esaminate le novità introdotte dalla legge di riforma 2019 in materia di legittima difesa, possono evidenziarsi in questo paragrafo i tratti salienti che connotano questa causa di liceità così come enunciati dalla giurisprudenza più recente. Al riguardo è stato postulato in sede nomofilattica che, per “la configurabilità della scriminante della legittima difesa è richiesta, in primo luogo, oltre all’offesa ingiusta, l’attualità del pericolo, che ricorre quando vi sia una situazione di aggressione in corso e la cui cessazione dipende necessariamente dalla reazione difensiva, come atto diretto a rimuovere la causa di imminente pericolo” (6) e “implica che l’offesa ingiusta si prospetti come concreta e imminente, così da rendere necessaria l’immediata reazione difensiva (sez. I, n. 6591 del 27 gennaio 2010 – dep. 18 febbraio 2010, omissis, Rv. 246566)” (7).

Il presente contributo è tratto da

La nuova legittima difesa

Il testo è frutto della recentissima legge con cui si è inciso notevolmente sull’istituto della legittima difesa.Scopo del presente libro è quello di trattare le novità introdotte da questa normativa, senza però trascurare l’esame della legittima difesa a tutto tondo, ossia esaminando le norme che riguardano questa scriminante, così come si sono succedute dal Codice Zanardelli sino al Codice Rocco. Inoltre, l’istituto è trattato, da un lato, sotto il profilo procedurale e, dall’altro, sotto quello comparativo, senza dimenticare l’aspetto sovranazionale, con particolare riguardo a quanto previsto in materia dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.Antonio Di Tullio D’Elisiis, Avvocato iscritto al foro di Larino. Referente di diritto e procedura penale per la rivista telematica diritto.it. 

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I requisiti della legittima difesa 

Pertanto, “la legittima difesa esige che il fatto sia commesso per la necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta” (8) e dunque la reazione legittima “deve inerire alla necessità di difendersi, alla inevitabilità del pericolo e alla proporzione tra difesa e offesa (tra le altre, sez. I, n. 45425 del 25 ottobre 2005, dep. 15 dicembre 2005, omissis, Rv. 233352)” (9) ossia detta reazione: a) deve essere necessaria in quanto l’unica possibile, perché “non sostituibile con altra meno dannosa, ugualmente idonea ad assumere la tutela del diritto (proprio o altrui) aggredito” (10) e non ricorre quando lo stato di pericolo sia stato volontariamente determinato dall’aggredito (11); b) non è sostituibile “da altra meno dannosa ma ugualmente idonea ad assicurare la tutela dell’aggredito” (12) fermo restando che “colui che è reiteratamente aggredito reagisce come può, secondo la concitazione del momento, e non è tenuto a calibrare l’intensità della reazione, finalizzata ad indurre la cessazione della avversa condotta lesiva, salva l’ipotesi di eventuale manifesta sproporzione della reazione” (13); c) deve essere proporzionata all’offesa e a questo proposito va rilevato che, fermo restando che il ricorso a questa scriminante non è giustificabile “quando l’offensiva si è esaurita” (14), “il requisito della proporzione tra offesa e difesa viene meno nel caso di conflitto fra beni eterogenei, allorché la consistenza dell’interesse leso (…) sia molto più rilevante, sul piano della gerarchia dei valori costituzionali, di quello difeso (…), ed il danno inflitto con l’azione difensiva (…) abbia un’intensità e un’incidenza di gran lunga superiore a quella del danno minacciato (…)” (15) (su come deve operare questa valutazione di proporzionalità, si rinvia a quanto verrà esposto nel paragrafo successivo). Invece, “non è configurabile l’esimente della legittima difesa allorché il soggetto non agisce nella convinzione, sia pure erronea, di dover reagire a solo scopo difensivo, ma per risentimento o ritorsione contro chi ritenga essere portatore di una qualsiasi offesa” (16) atteso che, come appena visto poco prima, “è configurabile l’esimente della legittima difesa solo qualora l’autore del fatto versi in una situazione di pericolo attuale per la propria incolumità fisica, tale da rendere necessitata e priva di alternative la sua reazione all’offesa mediante aggressione” (17) a nulla invece rileva “la prefigurazione in via ipotetica e congetturale di un’aggressione futura quando le circostanze di fatto indichino il contrario per l’allontanamento o la fuga di chi viene poi aggredito” (18).

Il pericolo attuale, come visto anche prima nel paragrafo 2 del capitolo II, infatti, “costituisce l’elemento caratterizzante della difesa legittima, che consente di distinguerla sia dalla mera difesa preventiva, diretta ad evitare esclusivamente le cause dell’azione illecita o dannosa, sia dalla vendetta privata, sicché con la locuzione «pericolo attuale» si deve intendere un pericolo «presente», «in atto», «in corso», «incombente», con esclusione, cioè, del pericolo già esauritosi e di quello ancora futuro (sez. I, n. 2771 del 19 gennaio 1984, omissis, Rv. 16333201)” (19) o quello immaginario (20).

Va rilevato al contempo che, in ordine alla sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 62 c.p., comma 1, n. 2 (21) per il riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione, è stato fatto presente, in sede di legittimità ordinaria, che “lo stato d’ira determinato dal fatto ingiusto altrui, richiesto per la configurabilità della provocazione, consiste in un’alterazione emotiva che può anche protrarsi nel tempo e non deve essere in rapporto di necessaria immediatezza col fatto ingiusto (sez. I n. 47840 del 14 novembre 2013, Rv. 258454): il dato temporale della provocazione, dunque, deve essere interpretato con elasticità (sez. I n. 16790 dell’8 aprile 2008, Rv. 240283), e l’immediatezza della reazione deve essere intesa in senso relativo, con riguardo alla situazione concreta, in modo da non esigere una contemporaneità che finirebbe per limitare la sfera di applicazione dell’attenuante e di frustarne la ratio (sez. V n. 8097 dell’11 gennaio 2007, Rv. 236541)” (22).

Sul punto:”Riforma della legittima difesa, cosa cambia?”

L’attenuante della provocazione

Tal che ne discende “che l’attenuante della provocazione può essere concretamente riconosciuta anche quando la reazione iraconda esploda a distanza di tempo, in occasione di un episodio scatenante (anche, apparentemente, minore), quale effetto di un accumulo di rancore sedimentato dalla reiterazione di comportamenti ingiusti (sez. I n. 51041 dell’8 ottobre 2013, Rv. 257877), configurando la provocazione c.d. «per accumulo»” (23). Pertanto, ove la difesa consegua non contestualmente all’offesa, ossia “laddove la reazione non abbia rappresentato un seguito immediato dell’offesa” (24), può comunque ricorrere questo elemento accidentale fermo restando che detta attenuante “pur non richiedendo un’esatta proporzione tra offesa e reazione postula l’esistenza di un nesso causale tra la prima e la seconda, di talché quando manca ogni rapporto di adeguatezza tra l’offesa e la reazione non è ravvisabile il predetto nesso (ex plurimis, Cass., sez. I, n. 1305 del 15 novembre 1993, omissis, rv. 197245).

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