In cosa consiste il fumus commissi delicti richiesto per l’adozione di un sequestro preventivo

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    Indice

  1. Il fatto
  2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
  3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
  4. Conclusioni

(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 321 e ss.)

1. Il fatto

Il Tribunale di Ragusa, a seguito di un riesame proposto ex art. 324 cod. proc. pen., confermava un decreto emesso dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Ragusa con il quale era stato disposto un sequestro preventivo di taluni beni immobili in relazione ai reati previsti dagli artt. 110 e 491 e 489 cod. pen. per cui si procedeva nei confronti delle stesse indagate (e segnatamente in ordine alla contraffazione e, comunque, all’utilizzo del testamento olografo).

2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione il difensore di una delle indagate, deducendo, quale unico motivo, violazione dell’art. 321 c.p.p. in relazione alla sussistenza del fumus commissi delicti ex artt. 491 e 489 c.p. e mancanza di motivazione. 


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3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione 

Il ricorso proposto era ritenuto inammissibile poiché reputato dalla Corte di legittimità manifestamente infondato e proposto fuori dai casi consentiti dalla legge.

In particolare, dopo essere stato fatto presente che il ricorrente aveva assunto che l’ordinanza impugnata si sarebbe discostata dai consolidati principi posti dalla giurisprudenza di legittimità e dalla Corte EDU in ordine alla verifica che deve compiere il giudice allorché esamina una richiesta di sequestro preventivo, rispetto alla quale non può limitarsi a prendere atto della tesi accusatoria, con particolar riguardo al fatto che, in particolare, il Tribunale avrebbe ritenuto sufficiente, perché ricorresse il fumus commissi delicti, l’astratta sussumibilità del fatto contestato in una determinata ipotesi di reato senza tenere in debita considerazione le prospettazioni difensive sulla sussistenza della fattispecie, così rendendo una decisione erronea e in violazione di legge, gli Ermellini facevano presente, fermo restando che, ai sensi dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., avverso le ordinanze in tema di misure cautelari reali — ivi comprese quelle emesse a seguito di riesame ex art. 324 cod. proc. pen. — il ricorso per Cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, come, nel caso di specie, a loro avviso, non fosse ravvisabile la violazione di legge prospettata dalla ricorrente nella parte in cui si assumeva che il Tribunale avrebbe ravvisato il fumus facendo riferimento soltanto all’astratta sussumibilità del fatto contestato negli illeciti ipotizzati dal Pubblico ministero.

Più nel dettaglio, nel ritenere tale assunto infondato, la Suprema Corte evidenziava che, se, come rilevato in sede nomofilattica, «il fumus commissi delicti per l’adozione di un sequestro preventivo, pur non dovendo integrare i gravi indizi di colpevolezza di cui all’art. 273 cod. proc. pen., necessita comunque dell’esistenza di concreti e persuasivi elementi di fatto, quantomeno indiziari, che consentano di ricondurre l’evento punito dalla norma penale alla condotta dell’indagato» (Sez. 5, n. 3722 del 11/12/2019) mentre, nell’apprezzamento di esso, il giudice non può limitarsi «alla semplice verifica astratta della corretta qualificazione giuridica dei fatti prospettati dall’accusa» (Sez. 6, n. 18183 del 23/11/2017) fermo restando che tale valutazione «è contenutisticamente differenziata in ragione dei diversi stadi di accertamento dei fatti e del materiale probatorio prodotto, che va esaminato nella sua interezza» (Sez. 2, n. 10231 del 08/11/2018), a sua opinione, il giudice di merito aveva fatto una corretta applicazione di siffatti principi, disattendendo il gravame, dando conto sia degli elementi offerti dal Pubblico ministero a sostegno della domanda cautelare, sia di quanto addotto dalla difesa, esponendosi al contempo le ragioni per cui – alla luce dell’apprezzamento di tale compendio – si riteneva sussistente tale fumus.

Dunque, per la Suprema Corte, alla luce di siffatta motivazione, non era ravvisabile l’asserita violazione di legge poiché il Tribunale aveva compiuto un apprezzamento del concreto quadro indiziario in relazione all’intero compendio in atti.

4. Conclusioni

La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito in cosa consiste il fumus commissi delicti richiesto per l’adozione di un sequestro preventivo.

Difatti, in tale pronuncia, si afferma, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che codesto fumus, pur non dovendo integrare i gravi indizi di colpevolezza di cui all’art. 273 cod. proc. pen., necessita comunque dell’esistenza di concreti e persuasivi elementi di fatto, quantomeno indiziari, che consentano di ricondurre l’evento punito dalla norma penale alla condotta dell’indagato fermo restando che il giudice, nel procedere alla sussistenza di tale requisito necessario, come è noto, per potere applicare siffatta misura cautelare reale, non può limitarsi alla semplice verifica astratta della corretta qualificazione giuridica dei fatti prospettati dall’accusa, occorrendo per contro che costui proceda ad una valutazione contenutisticamente differenziata in ragione dei diversi stadi di accertamento dei fatti e del materiale probatorio prodotto che, a sua volta, va esaminato nella sua interezza.

Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione al fine di appurare se, in materia di sequestro preventivo, il fumus commissi delicti sia correttamente ravvisato (o meno).

Il giudizio in ordine a quanto statuito in questa sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su tale tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.

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