Il rito abbreviato non è revocabile se la prova a cui è subordinato diventa impossibile

Redazione 26/10/12
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Lucia Nacciarone

Con la sentenza n. 41461 del 24 ottobre 2012 le Sezioni Unite penali hanno risolto un contrasto di giurisprudenza riguardante l’ordinanza di ammissione al rito abbreviato.

Ci si chiedeva, in particolare, se, nei casi di abbreviato condizionato, laddove successivamente all’ammissione al rito alternativo, l’assunzione in concreto della prova risultava impossibile, se fosse necessario revocare l’ordinanza precedentemente emanata.

Al riguardo, il supremo Consesso ha stabilito che l’ordinanza che ammette l’imputato al rito abbreviato non può essere revocata neppure se l’integrazione probatoria cui risulta condizionata la scelta del procedimento alternativo si rivela non realizzabile a causa di circostanze imprevedibili e sopraggiunte.

Come nel caso in cui la prova cui risulta condizionato il giudizio sia una testimonianza e il testimone si sia reso irreperibile.

In questa, come in altre ipotesi, l’ordinanza di ammissione al rito è comunque irrevocabile in base ad una interpretazione letterale dell’articolo 438, comma 5, del codice di procedura penale, dalla quale si evince che il vincolo di subordinazione insito nella richiesta di integrazione probatoria dell’imputato deve ritenersi assolto con la mera instaurazione del rito e l’ammissione delle prove sollecitate dalla difesa: non rileva, dunque, l’assunzione effettiva delle ulteriori acquisizioni probatorie.

Quindi, anche se l’imputato nel formulare la richiesta di ammissione subordina l’efficacia della domanda all’assunzione degli elementi di prova specificamente indicati, cosa, tra l’altro, confermata dal fatto che il giudice o decide di ammettere quelle prove, o rigetta in toto la richiesta, l’ordinanza è irrevocabile.

Ciò, continuano i giudici, non contrasta con i principi generali dell’ordinamento, né con quelli costituzionali ed europei, né menoma il diritto di difesa dell’imputato: viceversa il contrario comporterebbe una violazione del principio ubi voluit, dixit.

Nessun ripensamento quindi, e il giudice anche se l’assunzione in concreto della prova è impossibile, dovrà decidere allo stato degli atti.

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