Il reato di maltrattamenti e il divieto di analogia in malam partem

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Indice

1. Il caso

Con la sentenza del 11.10.2022, la Suprema Corte ha chiarito che il reato di maltrattamenti in famiglia non sussiste quando vi è una coabitazione occasionale, bensì deve esserci una stabile convivenza che è alla base della fattispecie di cui all’art. 572 c.p.
Difatti, se si vuole applicare la fattispecie di reato di cui all’art. 572 c.p., anche alle ipotesi di episodi sporadici, scaturiti da una coabitazione occasionale, si commette in realtà un errore di interpretazione della norma in quanto nel diritto penale è previsto il divieto di analogia in malam partem, da cui scaturisce l’obbligo di rispettare il principio di tassatività e determinatezza per il quale la norma deve applicarsi soltanto a quei specifici episodi a cui si riferisce e che sono stati disciplinati esplicitamente dal legislatore; di conseguenza la Suprema Corte ha annullato la sentenza di condanna, affermando che non si tratta del reato di maltrattamenti in famiglia ma di semplici lesioni.
Nel caso di specie, una donna aveva subito dei maltrattamenti fisici e verbali dal suo ragazzo, che però non viveva con lei, ma in quei singoli episodi incriminati si trovava all’interno dell’abitazione comune del tutto sporadica e occasionale. Dunque, non essendoci una stabile convivenza, e trattandosi quindi di episodi meramente singolari, la Suprema Corte annullava la sentenza di condanna, stabilendo che in conseguenza del divieto di analogia in malam partem, l’imputato non poteva essere condannato, dato che vi era l’assenza dei requisiti specifici richiesti quale quello dell’abitualità della condotta e la concreta convivenza della coppia.

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2. Il reato di maltrattamenti in famiglia

La fattispecie criminosa prevista dall’art. 572 c.p., punisce il convivente e/o colui il quale in un breve periodo di tempo sottopone a continue vessazioni fisiche e verbali il proprio partner.
Pertanto, la giurisprudenza richiede due elementi essenziali per la configurazione del predetto reato: 1) una relazione familiare stabile e continuativa nel tempo, quindi una concreta convivenza sotto lo stesso tetto; 2) molteplici episodi di violenza avvenuti in un breve lasso di tempo.
Dunque, dalle numerose sentenze della Corte di Cassazione, si evince come sia indispensabile la convivenza dei due individui, i quali non devono necessariamente essere sposati, ma è sufficiente la convivenza more uxorio stabile e perdurante nel tempo, per la sussistenza della fattispecie di cui all’art. 572 c.p.
Difatti, nell’ipotesi in cui vi siano episodi di violenza verbale o fisica, avvenuti in una fase successiva al termine della convivenza, essi configureranno altre fattispecie criminose quali gli atti persecutori o le lesioni personali.

3. Il divieto di analogia in malam partem

Il divieto di analogia è di fondamentale importanza, in quanto pone un limite ben precisato alla funzione giurisdizionale , difatti tale principio impone al giudice di non dover utilizzare in maniera arbitraria dei precetti penali per poter colmare delle lacune legislative, in modo da essere coerente in ossequio del principio di tassatività da cui deriva l’obbligo per il legislatore di descrivere in maniera precisa e dettagliata il precetto penale, ed obbliga quindi colui che esercita il potere giurisdizionale di rispettare esclusivamente quanto predisposto dalla norma elaborata dal legislatore . Tuttavia, nel nostro ordinamento, è prevista la possibilità dell’analogia in bonam partem, che permette al potere giudiziario di poter utilizzare altri istituti che non siano specificatamente del settore penalistico, come ad esempio alcune cause di giustificazione che troviamo sia nel campo penalistico che civilistico, quali lo stato di necessità, disciplinato dall’art. 2045 c.c. e dall’art. 54 c.p..
Nel caso di specie, è chiaro l’errore che è stato compiuto sia in primo grado che in grado d’appello, in quanto entrambe le Corti hanno esteso l’applicabilità del reato di maltrattamenti ad una serie di eventi che non presentano i requisiti richiesti, cioè quello dell’abitualità e della molteplicità degli episodi, e che quindi non potevano rientrare nella fattispecie di cui all’art. 572 c.p.
Difatti, la Suprema Corte, nella sentenza sopra citata così ribadisce: “il divieto di analogia in malam partem impone di chiarire se il rapporto affettivo dipanatosi nell’arco di qualche mese e caratterizzato da permanenze non continuative di un partner nell’abitazione dell’altro possa già considerarsi, alla stregua dell’ordinario significato di questa espressione, come una ipotesi di convivenza…(e se)… davvero possa sostenersi che la sussistenza di una (tale) relazione consenta di qualificare quest’ultima come persona appartenente alla medesima famiglia” dell’imputato ”.
In conclusione, il reato di maltrattamenti in famiglia si ritiene configurato quando vi è una stabile relazione tra i partner, i quali convivono sotto lo stesso tetto, ed hanno quindi un legame affettivo che sussiste in conseguenza di una convivenza duratura e non in una semplice occasionalità e superficialità del vincolo affettivo che li lega.

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Emanuela Pezone

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