Il rapporto di lavoro nell’ordinamento giuridico italiano

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Il rapporto di lavoro, nell’ordinamento giuridico italiano, ha origine dal contratto di lavoro ed è caratterizzato da molteplici situazioni giuridiche, delle quali due obbligazioni principali: l’obbligazione in capo al datore di lavoro della retribuzione e l’obbligazione in capo al lavoratore della prestazione lavorativa caratterizzata da subordinazione, vale a dire, dalla sottoposizione al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro.

Indice

1. Gli aspetti principali

Il rapporto di lavoro
In capo al lavoratore, c’è un’obbligazione strettamente personale che non ammette (salvo rare e peculiari eccezioni) l’adempimento da parte di sostituti o la cessione del contratto.
Il contratto di lavoro subordinato è un contratto di durata che prevede l’adempimento di obbligazioni continuative da adempiere nel tempo.
 Il rapporto in genere è sottoposto a un patto di prova liberamente recedibile da entrambe le parti, che si pone come condizione risolutiva del rapporto lavoristico.
Decorso il periodo valgono le ordinarie tutele contro il licenziamento ad nutum del lavoratore.
Mansioni e cambiamenti
 Spetta al datore di lavoro inquadrare il lavoratore secondo le disposizioni dei CCNL e di esercitare i poteri e le facoltà previste dalla legge, come ad esempio il potere direttivo, configurabile come potere giuridico perché determina le modalità dell’adempimento dell’obbligazione in capo al lavoratore, modalità che va seguita dal lavoratore, il quale è inadempiente anche se svolge un’attività prevista dal contratto (o dagli accordi collettivi) ma non indicata dal datore di lavoro al momento dell’esercizio del potere direttivo.
Il datore di lavoro ha anche la possibilità di controllare il comportamento tenuto dal lavoratore, nei limiti stabiliti dallo statuto dei lavoratori del 1970.
 Il lavoratore, a seguito di esercizio unilaterale del potere del datore di lavoro (cosiddetto ius variandi, del quale all’articolo 2103 del codice civile), può essere adibito a mansioni diverse da quelle per le quali era stato assunto, purché rientranti nel medesimo livello e categoria legale di inquadramento.
L’assegnazione a mansioni superiori comporta il diritto del lavoratore a percepire il trattamento retributivo corrispondente (superiore a quello originario) e, se si protrae per un periodo superiore a sei mesi (o per un periodo minore stabilito dai contratti collettivi applicabili), diviene definitiva. In caso d riorganizzazione aziendale, e di altre ipotesi previste dal contratto collettivo, il lavoratore può essere adibito anche a mansioni inferiori, purché rientranti nella medesima categoria legale secondo la classificazione dei lavoratori in Italia.
Altre ipotesi di modifica delle mansioni e dell’inquadramento sono ammesse anche al fine di conservare il posto di lavoro, di acquisire una diversa professionalità o di migliorare le condizioni di vita del lavoratore, ma solo mediante un accordo individuale stipulato in sede sindacale.
Luogo di lavoro
 L’articolo 1182 del codice civile stabilisce che il luogo dell’adempimento delle obbligazioni è determinato nel contratto o dagli usi o, in mancanza, desunto dalla natura della prestazione o di altre circostanze.
Il luogo di lavoro può essere cambiato in modo unilaterale dal datore di lavoro.
Il potere non ha limiti se il trasferimento avviene nella stessa unità produttiva, può essere effettuato esclusivamente per ragioni “tecniche, organizzative o produttive” se avviene in diverse unità produttive.
 L’orario di lavoro
 L’orario di lavoro è disciplinato di solito dalla contrattazione collettiva, nonostante l’articolo 36 della Costituzione stabilisca il principio dei limiti dell’orario di lavoro, da stabilire con legge.
La norma più recente a riguardo è il Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66 (emanato in attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE sull’organizzazione dell’orario di lavoro), che pone limiti all’orario fisso giornaliero, stabilendo che il lavoratore ha sempre diritto almeno a 11 ore di riposo ogni 24 ore.
 L’orario settimanale si divide in normale (40 ore lavorative, sempre riducibili dalla contrattazione collettiva) e massimo (variabile a seconda della contrattazione collettiva. Il ricorso al lavoro straordinario è consentito nei limiti della disciplina sindacale e, ove manchi, soltanto col consenso del lavoratore per un massimo annuale di 250 ore.
La prestazione straordinaria è dovuta al datore in particolari situazioni di esigenza tecnica-produttiva che rendono impossibile l’assunzione di sltro personale o per cause di forza maggiore, grave pericolo e simili.
 Il lavoro straordinario deve essere necessariamente retribuito con una maggiorazione del salario prevista dai contratti collettivi, sostituibile o integrabile soltanto da riposi aggiuntivi.
 Riposi, ferie e festività
 Ogni lavoratore ha diritto a un riposo giornaliero di almeno 11 ore consecutive.
Il lavoratore ha diritto a pause di non meno di 10 minuti durante l’attività lavorativa per occupazioni che richiedono più di 6 ore di lavoro.
 Il riposo settimanale deve essere concesso ogni 7 giorni, durare almeno 24 ore consecutive e in coincidenza con la domenica.
Il concetto ha origini remote ed è stato formato in seno alle tradizioni cristiane in cui la domenica era il giorno dedicato alla preghiera.
Sia l’articolo 36 della Carta Costituzionale sia l’articolo 2109 del codice civile parlano di diritto del lavoratore al riposo.
La dottrina ha avuto modo di evidenziare come non si tratti di un vero e proprio diritto del lavoratore ma che sia più corretto parlare di limiti della prestazione.
Se la stessa venga prestata quindi di domenica dovrà essere applicabile la disciplina dell’articolo 2126 del codice civile con conseguente obbligo per il datore ad erogare una doppia retribuzione. Discorso analogo può essere fatto per le ferie.
È ammesso lo spostamento del giorno di riposo a un altro giorno settimanale soltanto per attività che non possono essere sospese la domenica, ma in tal caso il lavoratore deve godere delle maggiorazioni.
La legge prevede 11 festività infrasettimanali, disciplinando anche il trattamento economico nel caso non vengano godute o coincidano con la domenica o con il giorno destinato al riposo settimanale.
 Le ferie, che hanno un carattere ricreativo/ricostitutivo, per legge devono essere almeno di quattro settimane.
Il lavoratore ha il diritto prendere 2 settimane continuative di ferie, ed il dovere di concordare le proprie ferie col proprio datore di lavoro, per cercare di conciliare le esigenze di riposo con le esigenze di produttività/operatività dell’azienda.
Le ferie sono incompatibili con lo stato di malattia del lavoratore e non possono essere godute durante il preavviso di licenziamento.
Il lavoratore non può rinunciare alle ferie pagate, fatta salva la possibilità di utilizzare due settimane di ferie nell’anno di maturazione ed accantonare i giorni rimanenti di ferie per l’anno successivo.
 Potere disciplinare
In caso di violazione, da parte del lavoratore, dei doveri di osservanza e diligenza richiesti nella sua attività lavorativa, del dovere di fedeltà e a causa di ogni inadempimento relativo all’obbligazione lavorativa, il datore di lavoro può predisporre di un potere disciplinare.
 L’articolo 2106 del codice civile pone due limiti all’esercizio di questo potere, le sanzioni possono essere irrogate in caso di effettivo inadempimento dell’obbligazione lavorativa e devono essere proporzionate.
 L’esercizio di questo potere è condizionato dall’adozione nell’azienda di un codice disciplinare aziendale, con le infrazioni ben evidenziate e a ogni infrazione la relativa sanzione.
Il documento va portato a conoscenza dei lavoratori.
La multa non può essere superiore a quattro ore di retribuzione e la sospensione dal lavoro a dieci giorni.
Le sanzioni non possono mutare definitivamente il rapporto di lavoro. 
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2. La retribuzione

La retribuzione è la principale obbligazione in capo al datore di lavoro.
In ambito di retribuzione, in Italia, si deve menzionare la Costituzione.
L’articolo 36, comma 1, stabilisce che il lavoratore deve essere retribuito proporzionatamente al lavoro svolto e sufficientemente per poter aver una esistenza libera e dignitosa.

3. Le altre situazioni giuridiche

L’obbligo di fedeltà del lavoratore
 L’obbligo di fedeltà è una condizione che scaturisce dalla stipulazione del contratto di lavoro e che sorge in capo al lavoratore subordinato, il quale deve prendersi cura degli interessi del datore di lavoro, astenendosi da atteggiamenti che possano pregiudicarli.
 In particolare il divieto principale riguarda la concorrenza ai danni del datore di lavoro (sia sleale, vietata a chiunque in qualsiasi forma, sia leale).
Il lavoratore può stipulare altri contratti di lavoro che non danneggino il datore.
Restano esclusi da questa possibilità le attività effettivamente svolte dal lavoratore, o i rapporti con datori, che insistono sullo stesso prodotto/servizio o cliente, attività svolte dal lavoratore, anche presso datori afferenti ad altri settori economici, e/o attività non collegate ma con datori che sono diretti concorrenti.
 È giusta causa di licenziamento lo svolgimento di una seconda attività retribuita durante l’orario di lavoro, oppure durante assenze giustificate come malattia o infortunio (anche in presenza di una certificazione medica veritiera).
 Cessato il rapporto di lavoro, il divieto viene meno, salvo che non sia pattuito in atto necessariamente scritto che non duri più di cinque o tre anni (per dirigenti o lavoratori semplici), che delimiti l’oggetto della concorrenza e che preveda un corrispettivo congruo a risarcire la limitazione di libertà del soggetto.
È vietata ogni forma di concorrenza sleale.
 Sicurezza del personale, obbligo del datore di lavoro
 Il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire la sicurezza personale del lavoratore. Tale obbligo è stabilito dall’articolo 2087 del codice civile.
 Doveri del datore di lavoro
 Secondo il codice civile e la Suprema Corte di Cassazione, il datore è tenuto ad applicare nell’ambito dell’impresa ogni innovazione che risulti dal campo della scienza ancor prima che sia in effettiva diffusione e che ne sia stata verificata l’effettività.
Opinione attenuata dalla Corte Costituzionale nel 1996, considerata anche la natura non solo civile ma anche penale della questione, la quale ha stabilito la legittimità della disposizione soltanto per i casi in cui siano innovazioni generalmente applicate e diffuse.
 Soprattutto ultimamente è stata recepita la disciplina comunitaria, che ha introdotto, a tutela della prevenzione dei pericoli per la salute del lavoratore, l’obbligo per il datore di valutare anticipatamente quali possano essere i fattori di rischio da inserire in un documento di valutazione dei rischi (art. 4 del Decreto Legislativo 19/9/1994 n. 626), insieme alle forme di precauzione adottate e a un programma di costante miglioramento di queste ultime.
 Diritti e doveri aggiuntivi del lavoratore
 Se quello che si è scritto in precedenza grava sul datore di lavoro, il lavoratore deve lo stesso avere attenzione della propria sicurezza e di quella delle altre persone presenti sulla quale possono ricadere gli effetti di sue azioni o di omissioni, sempre relazionato alla sua professione e formazione.
Il lavoratore non è soggetto passivo degno di tutela, ma deve lo stesso collaborare con il datore di lavoro per l’adempimento degli obblighi imposti da parte dell’autorità.
 I lavoratori hanno diritto ad ottenere informazioni inerenti a campi molto ampi.
Diritti non patrimoniali dei lavoratori
 La Costituzione sancisce i diritti assoluti del lavoratore, civili e sociali, ampliati e definiti dalla Legge n.300 del 1970.
 La legge italiana garantisce la libertà di pensiero al singolo lavoratore, il quale può manifestare liberamente le proprie idee nei luoghi dove presta la sua attività lavorativa.
Ogni tentativo del datore di lavoro di limitare questo diritto, con atti discriminatori nell’assunzione o durante il rapporto di lavoro o di indagine per appurare le opinioni politiche, religiose, sociali e sindacali, sono puniti penalmente.
 Il diritto di libertà di opinione non può essere giustificazione per il totale o parziale inadempimento dell’obbligazione lavorativa, giacché ogni manifestazione di pensiero deve comunque non ledere il datore di lavoro.
 Anche il divieto di indagini è derogato nel caso nel quale i fatti oggetto dell’indagine siano pertinenti all’attività del lavoratore e siano ad abbiano rilievo per valutare la capacità e la formazione effettiva del lavoratore da assumere o per l’esecuzione di specifici incarichi.

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A cura di Vincenzo Ferrante | Maggioli Editore 2023

Dott.ssa Concas Alessandra

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