Il provvedimento di esclusione di una impresa da una gara pubblica determina una doppia attività: una dell’amministrazione appaltante, consistente nell’escussione della cauzione provvisoria (come è avvenuto nella specie), e un’altra davanti all’Autorità p

Lazzini Sonia 30/09/10
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Il provvedimento di esclusione di una impresa da una gara pubblica determina una doppia attività: una dell’amministrazione appaltante, consistente nell’escussione della cauzione provvisoria (come è avvenuto nella specie), e un’altra davanti all’Autorità per la vigilanza dei contratti della pubblica amministrazione,

quest’ultima può comportare altre ulteriori e diverse sanzioni, sia pecuniarie che sospensive dell’attività di partecipazione a future gare indette da pubbliche amministrazioni.

Ora, il fatto che l’Autorità abbia ritenuto inesistenti le condizioni per irrogare le sanzioni di propria competenza avrebbero potuto concorrere a verificare più attentamente non tanto l’escussione della cauzione, quanto il provvedimento determinativo di essa, e cioè l’esclusione dalla gara pubblica

Il presente appello è proposto dalla RICORRENTE s.r.l. e si dirige contro la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha dichiarato inammissibile un ricorso presentato presso quella sede giudiziaria dalla stessa avverso la mancata attivazione da parte del Comune di Roma di un atto di autotutela ai fini dell’annullamento di una cartella esattoriale.

Rileva in proposito l’appellante che, avendo partecipato la società ad una gara pubblica indetta dal Comune di Roma per l’adeguamento di un tratto fognario, si vedeva esclusa dalla stessa per inadeguatezza di lavori pregressi, con incameramento della cauzione provvisoria prestata.

Accadeva, poi, che, non impugnata l’esclusione dalla gara, iniziava il procedimento sanzionatorio presso l’Autorità per la vigilanza sui contratti della pubblica amministrazione e questa disponeva l’archiviazione del procedimento medesimo, in quanto l’impresa, al momento della partecipazione alla gara, era in possesso dei requisiti richiesti.

Sulla base di tale esito procedimentale, l’appellante richiedeva al Comune di Roma una atto di autotutela in ordine alla già riscossa cauzione provvisoria, ma riceveva sul punto un rifiuto.

Avverso la sentenza di primo grado, che ha dichiarato la inammissibilità del ricorso ivi proposto, sono formulati i seguenti motivi:

Il ricorso di primo grado non era inammissibile; in quanto l’atto impugnato non era meramente confermativo, mentre l’impugnazione doveva ritenersi tempestiva anche relativamente all’originario atto di incameramento della cauzione, non essendo indicata in calce allo stesso l’autorità cui poter ricorrere, mentre non può non evidenziarsi, che l’intervenuto provvedimento dell’Autorità determinava un affievolimento della discrezionalità dell’Amministrazione di porre in essere un provvedimenti in autotutela.

Violazione artt. 3 e 97 Cost. e artt. 1. 3, 6 e 10 bis della legge n. 241 del 1990, nonché difetto di istruttoria e di motivazione; non avendo tenuto il Comune in alcuna considerazione la decisione e le motivazioni dell’Autorità di vigilanza sui contratti della pubblica amministrazione;

Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, comma 2, e . 28, comma 1, lett. a del d.P.R. n. 34 del 2000, nonché dell’art. 18, comma 2, della legge n. 241 del 1990; per essere stata errata la verifica della similarità dei lavori svolti;

Violazione e falsa applicazione art. 10, comma 1 quater, della legge n. 109 del 1994, travisamento dei fatti e difetto di motivazione; per aver determinato l’Amministrazione un eccessivo rigore nell’esaminare e punire la società appellante.

Il Comune di Roma si costituisce in giudizio e resiste all’appello, chiedendone la reiezione e rilevando la inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione del provvedimento di incameramento della cauzione e la irrilevanza del provvedimento dell’Autorità, che si riferisce ad altre eventuali sanzioni, mentre l’esclusione dalla gara, con la conseguente mancata impugnazione è derivata esclusivamente dal fatto che l’impresa non era riuscita a dimostrare durante il corso della gara medesima il possesso dei requisiti richiesti.

L’appellante presenta una successiva memoria illustrativa, con la quale, ulteriormente argomentando, in ordine alla necessarietà di un intervento in autotutela alla luce del provvedimento sopravvenuto, insiste per l’accoglimento dell’appello.

Qual è il parere dell’adito giudice amministrativo di appello del Consiglio di Stato?

L’appello non può essere accolto.

Va rilevato, infatti, che il provvedimento di esclusione di una impresa da una gara pubblica determina una doppia attività: una dell’amministrazione appaltante, consistente nell’escussione della cauzione provvisoria (come è avvenuto nella specie), e un’altra davanti all’Autorità per la vigilanza dei contratti della pubblica amministrazione, la quale può comportare altre ulteriori e diverse sanzioni, sia pecuniarie che sospensive dell’attività di partecipazione a future gare indette da pubbliche amministrazioni.

Ora, il fatto che l’Autorità abbia ritenuto inesistenti le condizioni per irrogare le sanzioni di propria competenza, chiude favorevolmente la seconda fase delle attività connesse con l’esclusione, senza interferenza alcuna sulla prima; naturalmente, le ragioni argomentative poste a base dell’archiviazione avrebbero potuto concorrere a verificare più attentamente non tanto l’escussione della cauzione, quanto il provvedimento determinativo di essa, e cioè l’esclusione dalla gara pubblica, ma ciò è fatto discrezionale che è rimesso esclusivamente alla valutazione della pubblica amministrazione, la quale, ovviamente, non è tenuta ad attivarsi in autotutela sulla base di considerazioni di un altro organo relativamente al quale non si pone alcuna necessarietà di adeguamento.

Peraltro, e decisivamente, non risulta impugnato in alcuna sede il provvedimento di esclusione dalla gara; se ciò fosse stato fatto, indubbiamente, le valutazioni dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici avrebbero potuto concorrere a verificare più attentamente il provvedimento stesso e avrebbero potuto determinare anche il suo annullamento.

Ma, come si è detto, tale atto non è stato impugnato e, pertanto, lo stesso, assistito dalla presunzione di legittimità, non è più rimuovibile, per cui le conseguenze da esso derivanti (nel caso di specie soltanto una: quella dell’escussione della cauzione provvisoria) hanno piena efficacia nel mondo del diritto, senza che il provvedimento dell’autorità possa in qualche modo interferire, non avendo l’Autorità medesima alcun potere di disporre l’annullamento di provvedimenti amministrativi.

L’appello va, conseguentemente, respinto.

Ragioni di equità consigliano comunque di disporre la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti.

 

 

A cura di *************

 

Riportiamo qui di seguito la decisione numero 5219 del 4 agosto 2010 pronunciata dal Consiglio di Stato

 

N. 05219/2010 REG.DEC.

N. 03804/2009 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)


ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 3804 del 2009, proposto da:
Ricorrente S.r.l. in Q. di Incorporante della Ricorrente due S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. ******************, ******************, con domicilio eletto presso ****************** in Roma, piazza Attilio Friggeri, N.18;

contro

Comune di Roma, rappresentato e difeso dall’avv. **************, domiciliata per legge in Roma, via del ****** di Giove 21;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE II n. 12347/2008, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO LAVORI DI SISTEMAZIONE E RIQUALIFICAZIONE TRATTO FOGNARIO-RIS. DANNI.

 

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 maggio 2010 il Cons. ************ e uditi per le parti gli avvocati ***********, per delelga degli Avvocati ****** e ******************;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Il presente appello è proposto dalla RICORRENTE s.r.l. e si dirige contro la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha dichiarato inammissibile un ricorso presentato presso quella sede giudiziaria dalla stessa avverso la mancata attivazione da parte del Comune di Roma di un atto di autotutela ai fini dell’annullamento di una cartella esattoriale.

Rileva in proposito l’appellante che, avendo partecipato la società ad una gara pubblica indetta dal Comune di Roma per l’adeguamento di un tratto fognario, si vedeva esclusa dalla stessa per inadeguatezza di lavori pregressi, con incameramento della cauzione provvisoria prestata.

Accadeva, poi, che, non impugnata l’esclusione dalla gara, iniziava il procedimento sanzionatorio presso l’Autorità per la vigilanza sui contratti della pubblica amministrazione e questa disponeva l’archiviazione del procedimento medesimo, in quanto l’impresa, al momento della partecipazione alla gara, era in possesso dei requisiti richiesti.

Sulla base di tale esito procedimentale, l’appellante richiedeva al Comune di Roma una atto di autotutela in ordine alla già riscossa cauzione provvisoria, ma riceveva sul punto un rifiuto.

Avverso la sentenza di primo grado, che ha dichiarato la inammissibilità del ricorso ivi proposto, sono formulati i seguenti motivi:

Il ricorso di primo grado non era inammissibile; in quanto l’atto impugnato non era meramente confermativo, mentre l’impugnazione doveva ritenersi tempestiva anche relativamente all’originario atto di incameramento della cauzione, non essendo indicata in calce allo stesso l’autorità cui poter ricorrere, mentre non può non evidenziarsi, che l’intervenuto provvedimento dell’Autorità determinava un affievolimento della discrezionalità dell’Amministrazione di porre in essere un provvedimenti in autotutela.

Violazione artt. 3 e 97 Cost. e artt. 1. 3, 6 e 10 bis della legge n. 241 del 1990, nonché difetto di istruttoria e di motivazione; non avendo tenuto il Comune in alcuna considerazione la decisione e le motivazioni dell’Autorità di vigilanza sui contratti della pubblica amministrazione;

Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, comma 2, e . 28, comma 1, lett. a del d.P.R. n. 34 del 2000, nonché dell’art. 18, comma 2, della legge n. 241 del 1990; per essere stata errata la verifica della similarità dei lavori svolti;

Violazione e falsa applicazione art. 10, comma 1 quater, della legge n. 109 del 1994, travisamento dei fatti e difetto di motivazione; per aver determinato l’Amministrazione un eccessivo rigore nell’esaminare e punire la società appellante.

Il Comune di Roma si costituisce in giudizio e resiste all’appello, chiedendone la reiezione e rilevando la inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione del provvedimento di incameramento della cauzione e la irrilevanza del provvedimento dell’Autorità, che si riferisce ad altre eventuali sanzioni, mentre l’esclusione dalla gara, con la conseguente mancata impugnazione è derivata esclusivamente dal fatto che l’impresa non era riuscita a dimostrare durante il corso della gara medesima il possesso dei requisiti richiesti.

L’appellante presenta una successiva memoria illustrativa, con la quale, ulteriormente argomentando, in ordine alla necessarietà di un intervento in autotutela alla luce del provvedimento sopravvenuto, insiste per l’accoglimento dell’appello.

La causa passa in decisione alla pubblica udienza del 4 maggio 2010.

DIRITTO

L’appello non può essere accolto.

Va rilevato, infatti, che il provvedimento di esclusione di una impresa da una gara pubblica determina una doppia attività: una dell’amministrazione appaltante, consistente nell’escussione della cauzione provvisoria (come è avvenuto nella specie), e un’altra davanti all’Autorità per la vigilanza dei contratti della pubblica amministrazione, la quale può comportare altre ulteriori e diverse sanzioni, sia pecuniarie che sospensive dell’attività di partecipazione a future gare indette da pubbliche amministrazioni.

Ora, il fatto che l’Autorità abbia ritenuto inesistenti le condizioni per irrogare le sanzioni di propria competenza, chiude favorevolmente la seconda fase delle attività connesse con l’esclusione, senza interferenza alcuna sulla prima; naturalmente, le ragioni argomentative poste a base dell’archiviazione avrebbero potuto concorrere a verificare più attentamente non tanto l’escussione della cauzione, quanto il provvedimento determinativo di essa, e cioè l’esclusione dalla gara pubblica, ma ciò è fatto discrezionale che è rimesso esclusivamente alla valutazione della pubblica amministrazione, la quale, ovviamente, non è tenuta ad attivarsi in autotutela sulla base di considerazioni di un altro organo relativamente al quale non si pone alcuna necessarietà di adeguamento.

Peraltro, e decisivamente, non risulta impugnato in alcuna sede il provvedimento di esclusione dalla gara; se ciò fosse stato fatto, indubbiamente, le valutazioni dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici avrebbero potuto concorrere a verificare più attentamente il provvedimento stesso e avrebbero potuto determinare anche il suo annullamento.

Ma, come si è detto, tale atto non è stato impugnato e, pertanto, lo stesso, assistito dalla presunzione di legittimità, non è più rimuovibile, per cui le conseguenze da esso derivanti (nel caso di specie soltanto una: quella dell’escussione della cauzione provvisoria) hanno piena efficacia nel mondo del diritto, senza che il provvedimento dell’autorità possa in qualche modo interferire, non avendo l’Autorità medesima alcun potere di disporre l’annullamento di provvedimenti amministrativi.

L’appello va, conseguentemente, respinto.

Ragioni di equità consigliano comunque di disporre la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. V), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2010 con l’intervento dei Signori:

***********************, Presidente

*************, Consigliere

Aldo Scola, Consigliere

***************, Consigliere

Eugenio Mele, ***********, Estensore

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Il Segretario

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/08/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Dirigente della Sezione

Lazzini Sonia

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