Il provvedimento di concessione ed in particolare la concessione demaniale marittima: il problema del rinnovo e della proroga

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La Pubblica amministrazione, nell’esercizio delle sue funzioni, determina la propria volontà mediante atti amministrativi. Gli atti amministrativi si distinguono in atti endoprocedimentali, qualora siano atti interni al procedimento ed in provvedimenti, nel caso di atto amministrativo conclusivo del procedimento con efficacia esterna.

È possibile distinguere gli atti amministrativi in atti che ampliano la sfera giuridica del privato ed atti che restringono tale sfera. Nel primo gruppo rientrano la concessione, l’ammissione e l’autorizzazione. Nel secondo gruppo rientrano l’espropriazione per pubblica utilità, la requisizione e la confisca.

La concessione è il provvedimento amministrativo che conferisce al privato l’esercizio di un diritto di cui prima non disponeva. Pertanto, mediante l’esercizio del potere della Pubblica Amministrazione viene conferito al privato un diritto o un potere che prima non possedeva.

La concessione può avere ad oggetto beni o servizi. Il diritto europeo è concorde nel ritenere che occorre procedere attraverso procedura ad evidenza pubblica ogniqualvolta vi sia un intervento della pubblica amministrazione volto ad attribuire un potenziale vantaggio economico, pertanto, occorre procedere tramite gara e nel rispetto dei principi di trasparenza ed imparzialità anche nelle ipotesi di concessione di beni. L’articolo 12 della Direttiva Servizi prevede che nel caso in cui il numero delle autorizzazioni previste per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento.

La concessione demaniale marittima è la concessione che ha per oggetto la spiaggia, bene del demanio naturale e necessario. Il titolare di concessione demaniale marittima è dunque l’operatore economico a cui è stato attribuito il diritto di esercitare sulla porzione di spiaggia oggetto di concessione le attività connesse alle finalità turistico-ricreative.

La nota sentenza della Corte di giustizia del 14 luglio 2016 (in cause riunite C-458/14, Promoimpresa S.r.l., e C-67/15, Mario Melis e altri) ha chiarito la corretta interpretazione in tema di rilascio delle concessioni demaniali marittime alla luce delle Direttive europee sancendo la non conformità al diritto europeo di quei procedimenti nazionali che prevedono la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico-ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati.

In seguito, il legislatore nazionale è intervenuto mediante una norma che potrebbe avere i caratteri di una legge provvedimento data la concretezza ed i destinatari determinati, prorogando la durata delle concessioni demaniali marittime fino al 2033. Gli istituti della proroga e del rinnovo, entrambe ipotesi valutate dal legislatore per dare soluzione al caso di specie, sono strumenti che si distinguono tra loro in quanto il primo non rinnova il rapporto originario ma cambia soltanto il termine finale spostandolo in avanti nel tempo.

La giurisprudenza nazionale ha chiarito che la risorsa naturale spiaggia è una risorsa ontologicamente limitata e che pertanto trova necessaria applicazione l’articolo 12 della Direttiva Servizi.

Numerose sentenze dei Tribunali Amministrativi e del Consiglio di Stato hanno spazzato via ogni dubbio, ribandendo quanto affermato dalla Corte di Giustizia e chiarendo come alla luce del primato del diritto europeo debba essere, in caso di scadenza di una concessione, espletata una procedura di selezione e che comunque sia da escludere l’ammissibilità di una proroga automatica.

Tale contrasto tra la norma nazionale ed il diritto europeo ha generato difficoltà applicative per la pubblica amministrazione e incertezza del diritto per il soggetto concessionario. Talune amministrazioni hanno, infatti, proceduto tramite indizione di gare disapplicando la norma nazionale, altre invece hanno avvallato quanto disposto da legislatore nazionale prorogando le concessioni giunte a scadenza al medesimo soggetto concessionario.

Il decreto di rimessione all’Adunanza Plenaria: la questione è ancora attuale

La questione della problematica delle proroghe delle concessioni demaniali marittime è ancora attuale in quanto il Consiglio di Stato, decreto 24 maggio 2021, n. 160 ha chiesto all’Adunanza plenaria di pronunciarsi su diverse questioni connesse alla proroga della durata delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative di cui alla legge n. 145 del 2018 ed al d.l. n. 34 del 2020. In particolare, visto il complesso contesto applicativo delle norme in materia di concessioni demaniali marittime ed alla luce dei principi europei oramai granitici sulla necessità della gara e delle contrapposte disposizioni nazionali, sono rimesse all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato le seguenti questioni:

1) se sia doverosa, o no, la disapplicazione, da parte della Repubblica Italiana, delle leggi statali (art. 1, comma 683, l. n. 145 del 2018) o regionali che prevedano proroghe automatiche e generalizzate delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative; in particolare, se, per l’apparato amministrativo e per i funzionari dello Stato membro sussista, o no, l’obbligo di disapplicare la norma nazionale confliggente col diritto dell’Unione europea e se detto obbligo, qualora sussistente, si estenda a tutte le articolazioni dello Stato membro, compresi gli enti territoriali, gli enti pubblici in genere e i soggetti ad essi equiparati, nonché se, nel caso di direttiva self-excuting, l’attività interpretativa prodromica al rilievo del conflitto e all’accertamento dell’efficacia della fonte sia riservata unicamente agli organi della giurisdizione nazionale o spetti anche agli organi di amministrazione attiva; 

2) nel caso di risposta affermativa al precedente quesito, se, in adempimento del predetto obbligo disapplicativo, l’amministrazione dello Stato membro sia tenuta all’annullamento d’ufficio del provvedimento emanato in contrasto con la normativa dell’Unione europea o, comunque, al suo riesame ai sensi e per gli effetti dell’art. 21-octies, l. n. 241 del 1990 e s.m.i., nonché se, e in quali casi, la circostanza che sul provvedimento sia intervenuto un giudicato favorevole costituisca ostacolo all’annullamento d’ufficio; 

3) se, con riferimento alla moratoria introdotta dall’art. 182, comma 2, d.l. 19 maggio 2020, n. 34, come modificato dalla legge di conversione 17 luglio 2020, n. 77, qualora la predetta moratoria non risulti inapplicabile per contrasto col diritto dell’Unione europea, debbano intendersi quali “aree oggetto di concessione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto” anche le aree soggette a concessione scaduta al momento dell’entrata in vigore della moratoria, ma il cui termine rientri nel disposto dell’art. 1, commi 682 e seguenti, l. 30 dicembre 2018, n. 145.

 

 

 

 

Dott.ssa Laura Facondini

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