Il “nuovo” articolo 182 c.p.c.: brevi riflessioni sulla (in)sanabilità del vizio derivante dall’assenza di procura alle liti

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La riscrittura dell’articolo 182 c.p.c.

La riscrittura dell’articolo 182 c.p.c. – operata dalla L. 18 giugno 2009 n. 69 – ha visto l’introduzione di un “termine perentorio” per “la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, [nonché] per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa”, che il giudice deve concedere laddove rilevi “un difetto di rappresentanza, di assistenza, o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore”.

In particolare, la previsione di un termine “per il rilascio della procura alle liti” ha posto l’interprete innanzi alla necessità di interrogarsi circa la reale portata di tale inciso. La dottrina, sul punto, è peraltro divisa tra l’opinione che considera la locuzione in discorso idonea ad ammettere la sanabilità anche ove la procura manchi del tutto1 e l’opinione che ritiene invece inammissibile una tale interpretazione2.

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Esegesi dell’articolo 182 c.p.c. 

In breve, l’esegesi da ultimo proposta poggia fondamentalmente su due assunti: il richiamo, da parte dell’art. 182 c.p.c., esclusivamente al “vizio che determina la nullità della procura del difensore” e la previsione di cui al comma secondo dell’art. 125 c.p.c. (rimasto invariato), ai sensi del quale “la procura al difensore dell’attore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell’atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata”.

Quanto al primo argomento3, che fa leva sull’insegnamento della giurisprudenza di legittimità4, si osserva come sia necessario distinguere dai vizi della procura idonei a cagionarne la nullità, la diversa ipotesi nella quale questa manchi del tutto. Nel primo caso, come chiarito dalla Corte di Cassazione, la procura sarebbe provvisoriamente efficace fino alla declaratoria di nullità; nel secondo (procura inesistente), essa non sarebbe idonea a creare alcun rapporto processuale in capo alla parte, mancando lo jus postulandi5.

Orbene, proprio il riferimento della novella al solo “vizio che determina la nullità della procura al difensore” parrebbe un sostanziale indizio della voluntas legis e, pertanto, dell’esclusione dal novero della sanabilità dei casi di inesistenza della procura; infatti, sembrerebbe “fin troppo intenzionale il riferimento al vizio che determina la nullità della procura al difensore, piuttosto che al “difetto” della procura medesima6.

In tale ottica, il rilascio ex novo andrebbe ricondotto unicamente al caso in cui il vizio della procura derivi da difetto di rappresentanza o autorizzazione della parte ex art. 75 c.p.c., vizi che per la loro sanatoria richiedono altresì la regolarizzazione del ministero del difensore tramite l’eventuale rilascio di una nuova procura da parte del legittimato7.

La mancata modifica dell’art. 125 comma secondo c.p.c.

In secondo luogo, si rileva come la mancata modifica dell’art. 125 comma secondo c.p.c., sia di ostacolo ad una qualunque interpretazione estensiva dell’art. 182 c.p.c.,8 potendo i vizi derivanti dall’inesistenza della procura essere sanati dopo la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, ma, pur sempre, prima della costituzione della parte attrice.

Né pare allo scrivente possibile ritenere implicitamente modificato/derogato9, ad opera della L. n. 69/09, l’art. 125 c.p.c., e ciò in quanto un simile assunto si tradurrebbe, in realtà, in una tacita abrogazione del comma secondo della disposizione richiamata, che finirebbe per non trovare giammai applicazione10. Orbene, l’art. 15 delle Disposizioni sulla legge in generale, che costituisce la norma fondamentale in tema di abrogazione, prevede che la nuova legge abroghi quella previgente unicamente qualora:

  1. vi sia un’espressa previsione in tal senso da parte del legislatore (abrogazione espressa);
  2. vi sia incompatibilità tra le nuove disposizioni e quelle precedenti (abrogazione tacita);
  3. la nuova legge ridisciplini l’intera materia prima regolata dalla legge previgente (abrogazione implicita).

Posto che la L. n. 69/09 nulla ha previsto con riferimento all’art. 125 c. 2 c.p.c. e che la stessa ha avuto ad oggetto modifiche mirate al codice di procedura, è lecito escludere che l’art. 125 c. 2 c.p.c. sia stato espressamente o implicitamente abrogato. Né sembra possibile ravvisare un’incompatibilità assoluta tra il comma secondo dell’articolo 125 c.p.c. e l’art. 182 c. 2 c.p.c. (abrogazione tacita), avuto riguardo all’esegesi proposta dall’opinione dottrinale che qui si condivide.

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Considerazioni di ordine sistematico

A sostegno dell’interpretazione ivi riassunta, pare possibile aggiungere ulteriori motivi di ordine sistematico11. Il riferimento è, in particolare, agli articoli 83, 165 e 166 c.p.c., nonché all’art. 72 Disp. Att. e Trans. c.p.c.

Quanto all’art. 83 c.p.c., esso prevede che “quando la parte sta in giudizio col ministero di un difensore, questi deve essere munito di procura” (comma primo), e ciò affinché il difensore possa esercitare lo jus postulandi in rappresentanza della parte che l’ha conferita. La procura rappresenta infatti il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale, non operando nel campo processuale il principio secondo il quale gli effetti degli atti posti in essere da soggetto privo del potere di rappresentanza possono essere ratificati con efficacia retroattiva, eccettuato quanto previsto dall’art. 125 c. 2 c.p.c. (Cass. 9 aprile 2009 n. 8708), restando esclusa, al di fuori di tale ultima ipotesi, qualsivoglia possibilità di sanatoria e/o ratifica (Cass. 22 giugno 1995; Cass. 4 marzo 1998 n. 24503; Cass. 18 aprile 2003 n. 6297; Cass. 9 marzo 2005 n. 5175).

Il carattere perentorio di tale disposizione, peraltro, non pare lasciare margine alcuno di manovra all’interprete, avuto riguardo all’interesse pubblico che essa tutela, a che gli atti processuali siano compiuti da un soggetto non ignaro dei meccanismi posti alla base del processo12.

Con riferimento all’art. 165 c.p.c. (e, specularmente, all’art. 166 c.p.c.), è agevole osservare come esso prescriva alla parte, all’atto della costituzione in giudizio, il deposito in cancelleria del proprio fascicolo contenente la procura. A ciò si aggiunga il dettato dell’art. 72 Disp. Att. e Trans. c.p.c. che impone alla parte di consegnare al cancelliere il proprio fascicolo (che, in accordo con quanto previsto dagli artt. 165 e 166 c.p.c., deve contenere la procura).

Orbene, tali previsioni risulterebbero svuotate di significato allorché si ritenesse pur sempre sanabile l’assenza della procura alle liti.

La posizione della Corte di Cassazione

Malgrado alcuni giudici di merito si siano recentemente espressi sul punto, ritenendo sanabile anche il vizio derivante dall’assenza tout court del mandato13 ed abbracciando un’interpretazione dell’art. 182 c.p.c. che, per quanto vicina allo spirito della novella del 2009, sembra trovare un limite apparentemente invalicabile nella lettera dell’art. 125 c.p.c., occorre dare atto di come la Corte di Cassazione, pronunciatasi in una fattispecie avente ad oggetto l’invalida costituzione in giudizio della persona incapace, pare avere, nemmeno tanto indirettamente, avallato una lettura restrittiva dell’art. 182 c.p.c.

La Corte, infatti, dando atto della modifica che ha avuto ad oggetto l’articolo in commento, asserisce che “in realtà l’art. 182 c.p.c., comma 2, va certamente letto in combinazione con l’art. 75 c.p.c., comma 2, laddove prevede che «le persone che non hanno il libero esercizio dei diritti non possono stare in giudizio se non rappresentate, assistite o autorizzate secondo le norme che regolano la loro capacità»14 (Cass. SS. UU. n. 9217/2010).

Ciò pare confermare l’interpretazione della novella fatta propria da quella parte della dottrina che esclude la sanabilità del vizio derivante dall’assenza ab origine del mandato. E, in effetti, la lettura combinata degli artt. 182 e 75 c.p.c. induce a ritenere che il riferimento della novella al difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione debba essere ricondotto ai soli casi previsti dall’art. 75 c.p.c.; viceversa, il vizio che determina la nullità della procura, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità15, non potrà che presupporre l’esistenza dell’atto dal quale rimuovere il vizio.

Non mancano, peraltro, anche nella giurisprudenza di merito, conferme riguardo la lettura della norma ivi offerta: è il caso, ad esempio, di Tribunale di Tivoli, 5 novembre 2010, che esclude l’applicabilità dell’art. 182 c.p.c., “in quanto nel caso di specie […] non era stata rilasciata […] alcuna procura e si trattava quindi di procura inesistente e non semplicemente nulla”, in accordo con l’insegnamento delle Sezioni Unite già richiamato.

Conclusioni

In conclusione, il nuovo art. 182 c.p.c. sembrerebbe formulare due ipotesi di sanabilità dei vizi afferenti la procura alle liti del difensore16:

a. il difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione (di cui all’art. 75 c.p.c.), il cui rimedio consiste nella concessione di un termine per “la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti”;

b. il vizio che “determina la nullità della procura al difensore”, il cui rimedio consta nella concessione del termine per la “rinnovazione” della stessa, restando pertanto escluse le ipotesi di mera assenza del mandato.

Tale pare, invero, l’unica lettura della norma capace di non incorrere in attriti con l’intero sistema. Infatti, “quel che importa è che, soprattutto nella fase attuativa del diritto, la norma ricavata dal testo si inserisca armonicamente nel sistema e trovi in esso la sua coerente collocazione”.17

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1 Turroni, Il nuovo art. 182, cpv., c.p.c. Sempre rimediabili i difetti di capacità processuale e di procura al difensore, in Giur. it., 2009, p. 1575; Elena Zucconi Galli Fonseca, Parti e difensori nel processo riformato, § 4, su judicium.it.

2 Briguglio, Le novità sul processo ordinario di cognizione nell’ultima, ennesima riforma in materia di giustizia civile, § 8, in judicium.it; Brunelli, sub art. 182 in Comm. breve al c.p.c., a cura di Carpi e Taruffo, Padova 2009, p. 659 ss; Buffone, Sanabilità dei vizi afferenti alla validità della procura, intervento presso il seminario di formazione professionale del 14 luglio 2009, dal titolo “Prime riflessioni sulla novella al codice di procedura civile” tenuto dall’Ordine degli avvocati di Catanzaro.

3 Buffone, Sanabilità dei vizi afferenti alla validità della procura, op. cit.

4 Cass. SS. UU. 10 maggio 2006 n. 10706.

5 Per una disamina critica della pronuncia in oggetto, Cordopatri, Ancora in tema di condanna del difensore alla rifusione delle spese di lite, nota a Cass. SS. UU. n. 10706/2006, in Giust. civ. 2007, 05, 1193 B.

6 Cit. Briguglio, opt. cit., § 8.

7 Brunelli, sub art. 182, in Comm. breve al c.p.c., a cura di Carpi e Taruffo, Padova, 2009, p. 659 ss. In giurisprudenza, Cass. n. 1317/1985.

8 Brunelli, sub art. 182, in Comm. breve al c.p.c., op. cit.; Briguglio, opt. cit., § 8.

9 Ne afferma l’“implicita modificazione” Trib. Verona 22 aprile 2010; per Trib. Busto A. – Sez. Dist. Gallarate – n. 325/10 si tratterebbe invece di deroga implicita.

10 Come riconosciuto da Elena Zucconi Galli Fonseca, op. cit.

11Non essendo infatti la norma isolata, ma inserita in un sistema unitario e concluso, essa va colta nelle sue connessioni con le altre norme ed, in particolare, deve armonizzarsi […] con le altre norme che disciplinano la stessa materia” cit. Martines, Diritto costituzionale, Milano 2010, pp. 93-94.

12 Luiso, Diritto processuale civile, vol. I, Milano 2009, p. 224.

13 Il riferimento è a Tribunale di Verona 22 aprile 2010 e Tribunale di Busto A. – Sez. Dist. Gallarate -, sentenza n. 325/10.

14 Con ciò sconfessando Trib. di Busto A. – Sez. Dist. Gallarate -, sentenza n. 325/10, per il quale la locuzione “difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione” sarebbe tale da ricomprendere le ipotesi di mera assenza gli atti della procura del difensore.

15 Cass. SS. UU. 10 maggio 2006 n. 10706.

16 Secondo un’interpretazione che trova conferma in Trib. di Busto A. – Sez. Dist. Gallarate – sentenza n. 325/10.

17 Cit. Martines, Diritto costituzionale, Milano 2010, pp. 93.

Cacchillo Roberto

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