Il lavoratore che durante la malattia aiuta il bar di famiglia non è licenziabile. Nessun contrasto con gli obblighi di buona fede e correttezza

Redazione 18/09/12
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Lucia Nacciarone

Con la sentenza n. 15476 del 14 settembre 2012 la Sezione lavoro della Cassazione ha respinto il ricorso di un datore di lavoro che aveva licenziato un proprio dipendente per avere lo stesso prestato attività nel chiosco della moglie durante il periodo in cui era in malattia.

Il provvedimento espulsivo era stato ritenuto illegittimo dai giudici di merito, ma il datore aveva impugnato la decisione sperando in un differente esito nel giudizio di legittimità.

Ad avviso dei giudici della suprema Corte, che hanno invece condiviso le statuizioni di quelli di merito, il servizio al bancone offerto dal dipendente nel chiosco di famiglia è ben poco rispetto alla sua attività lavorativa di operaio nella telefonia, che a volte comportava interventi sulle linee aeree e servizi fuori sede.

L’allontanamento dal lavoro era stato ritenuto indispensabile in seguito ad un infortunio alla caviglia riportato dal lavoratore proprio durante una di queste missioni, ma non gli proibiva, secondo i giudici, di porre in essere una serie di attività private e neanche di aiutare nel locale di famiglia. Durante il periodo di malattia lo stesso medico aveva consigliato al lavoratore di uscire di casa e di svolgere per quanto possibile la vita di tutti i giorni.

Il datore tuttavia, che aveva fatto pedinare il dipendente, non aveva gradito che lo stesso svolgesse mansioni pseudo-lavorative all’interno del chiosco.

Tuttavia, poiché la lettura del certificato medico è stata a favore del dipendente illegittimamente licenziato, costui non ha dovuto neanche dimostrare di essere ancora inabile al suo lavoro abituale nel momento in cui è stato trovato a prestare servizio nel chiosco: tutt’al più sarebbe dovuta essere l’azienda a dover documentare che la condotta posta in essere dal dipendente sia stata in contrasto con gli obblighi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto e avesse costituito un inadempimento verso il datore di lavoro.

Ma il dipendente era rientrato regolarmente in servizio dopo il periodo di malattia.

Inoltre, l’attività di barista aggiunto part-time non ha affatto ritardato la guarigione del dipendente, avendone anzi agevolato la ripresa motoria, scongiurando le conseguenze negative della forzata inattività in casa.

Il licenziamento è stato ritenuto illegittimo anche dalla Cassazione.

Redazione

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