Il controllo tra complessità e probabilità

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Perché non il possesso della conoscenza, della verità irrefutabile, fa l’uomo di scienza, ma la ricerca critica, persistente e inquieta della verità” (Popper, La logica della scoperta scientifica, Prefazione, Einaudi 1995)

 

INDICE

1) INTRODUZIONE

2) ETICA E LOGICA NELLA VARIABILITA’ DEL CONTROLLO:

     L’EVOLUZIONE SCIENTIFICO-TECNOLOGICA.

    a) Etica e logica nel controllo;

    b) Il controllo nella teoria dei sistemi.

3) RAPPORTI TRA POTERE E CONTROLLO:

     L’ASPETTO IDENTITARIO DEL CONTROLLO

  1. Potere politico e controllo pubblico;

  2. Riflessioni sull’indipendenza del controllo nel settore privato.

4) CONCLUSIONI

 

INTRODUZIONE

Già Mintzberg ribadiva la necessità di tenere distinte le logiche manageriali svolte dal settore pubblico da quelle proprie del settore privato, questa premessa, tuttavia, non può negare valore al disegno strategico proprio di Andrews in cui vi è una ricerca di coerenza tra punti di forza e debolezza interni all’organizzazione e le minacce o opportunità che provengono dall’ambiente esterno, ciò comporta l’opportunità di dare centralità ai processi formali e razionali così come supportati dalle tecnologie secondo una focalizzazione per obiettivi, budget e programmi (Ansoff).

Dalla fine degli anni settanta in poi si sono sviluppate varie scuole che sono andate da quella di Porter centrata sulla competitività, a quelle centrate sulla capacità creativa e la positività dei cambiamenti quale realizzazione non tanto di necessità impellenti bensì di visioni, rifacendosi al pensiero di Schumpeter.

Un ulteriore filone di studi ha riguardato l’aspetto relazionale derivante dal processo di negoziazione ( potere ) e dai fattori culturali ( processo sociale), i quali possono essere visti sia come processi cognitivi mentali dei diversi attori sia come frutto di processi interni di apprendimento, questa attenzione alle dinamiche interne alle organizzazioni non possono pur tuttavia distogliere l’attenzione dall’ulteriore aspetto ambientale o meglio degli ambienti di riferimento.

L’adozione di logiche privatistiche all’interno delle amministrazioni pubbliche, con la conseguente autonomia dei dirigenti pubblici, rendono ancora più urgente la necessità della presenza di disegni strategici che mettano in grado di verificare il raggiungimento degli obiettivi ed orientano l’azione operativa dei responsabili, tuttavia rispetto al modello privato nel pubblico diventa prevalente e centrale la strategia ambientale in rapporto al processo di apprendimento relativo alle esigenze del territorio, la struttura tuttavia resta più facilmente condizionabile da interessi estranei alla missione non avendo come riferimento obiettivi economici chiari e semplici di utile oltre che per la complessità strutturale del pubblico stesso.

La difficoltà di trovare stabili relazioni tra decisori politici e dirigenza pubblica tale da impedire invasioni di campo, che si è creata una volta abbandonati i sistemi di amministrazione pubblica chiusi di carattere burocratico, dimostra la difficoltà sistemica di strutture ampie quali quelle pubbliche composte da elementi che solo apparentemente hanno delle corrispondenze, ma che in realtà sono del tutto autonome tra loro, anche se sommariamente sembrano ripetere degli stessi schemi.

Del tutto differenti sono gli interessi tra le varie strutture che compongono l’arcipelago pubblico, per le pressioni esterne e gli obiettivi loro assegnati, anche gli stessi politici esprimono interessi differenti a seconda dei riscontri di potere, di immagine ed economici che possono ottenerne.

Il controllo risulta, quindi, altamente difficile proprio per la complessità e le pressioni che la struttura subisce, la cultura che pervade l’organizzazione in rapporto alla capacità di autonomia della leadership e alla coscienza delle sue funzioni è pertanto fondamentale per creare un vero controllo gestionale nel settore pubblico.

Dobbiamo considerare che il tanto abusato termine di “cliente” ha quattro importanti limitazioni nel rapporto con il pubblico (Germann):

  • Il principio di legalità;

  • La sovranità del pubblico;

  • Una scelta dell’offerta limitata;

  • I costi della prestazione non corrispondenti al suo valore.

Il “cliente” è, quindi, da una parte agevolato dal rapporto a lui favorevole del costo/prestazioni, dall’altra è pilotato dal pubblico, ma specularmente anche la dirigenza possiede una propria sovranità sul privato che è comunque strettamente dipendente dal trasferimento di risorse, dirette dal bilancio pubblico o indirette con la concessione di prelievi forzosi, imposte dalla politica.

La necessità di un continuo adattamento all’ambiente anche da parte del pubblico, nonché i problemi finanziari di rientro dal bilancio, se da una parte comporta una continua modifica delle strutture, dall’altra fa nascere l’esigenza di abbattere ulteriormente i costi con operazioni di esternalizzazioni che partendo da alcune funzioni interne al pubblico si sono ampliate fino a cedere interi settori di servizi rivolti agli utenti (Meneguzzo), questo viene ulteriormente a complicare le esigenze del controllo.

Infatti, si possono creare situazioni in cui i rapporti costi/qualità delle prestazioni vengono a decadere anziché migliorare, in presenza di una incapacità di monitorare l’attività esternalizzata, considerando tra l’altro la possibilità che possano formarsi ulteriori incroci tra vari portatori di interessi di per sé difficilmente controllabili, senza un adeguato monitoraggio.

Emerge, pertanto, chiaramente le difficoltà molto più complesse rispetto al privato, da come si era partiti, nello strutturare un adeguato sistema di controlli, proprio per l’ampiezza e la varietà sistemica nonché nel rapporto tra potere politico e amministrativo.

Bisogna considerare nel controllo non solo la dimensione della organizzazione ma anche le tipologie dei rapporti intrattenuti con terzi, oltre naturalmente alle loro dimensioni, si che si definisce non solo il settore su cui appuntare il controllo, ma anche la misura in cui dovranno essere utilizzati ragionamenti indiretti rispetto alla pura contabilità.

Concretamente dobbiamo valutare che più un’organizzazione è grande e maggiore è la sua rigidità, anche sul piano contabile, in netta contrapposizione con la flessibilità propria delle strutture organizzative minori, questo garantirà maggiormente la genuinità dei documenti proprio per le tracce lasciate nel passaggio tra i vari centri di costo, peraltro sulle operazioni relative ai “servizi” sussiste anche per le organizzazioni più grandi contabilmente maggiori margini operativi “invisibili”.

Occorre quindi valutare l’organizzazione non solo in rapporto alle dimensioni, ma anche per quanto riguarda la tipologia del personale, la collocazione territoriale, la governance, il tipo di attività svolto, in un oscillare tra l’impianto contabile ed elementi esterni ad esso.

Non bisogna, pertanto, farsi illusioni sulle possibilità del controllo quando vi sono migliaia e migliaia di operazioni e relativi documenti, spesso si tratta di combinarsi di esperienza, fortuna e valutazione delle possibilità ed affidabilità, in cui si agisce per individuare e circoscrivere i fenomeni negativi senza illudersi di eliminarli.

Non può esservi né si deve perseguire una conoscenza assoluta, oggettiva e definitiva, in quanto deve esservi ricerca e non possesso della stessa, in un asimmetrico rapporto tra verificabilità e falsificabilità (Popper), ma la logica non elimina la pratica anarchica e imprevedibile della ricerca stessa nonché la conseguente violazione del sistema di leggi e ordine ( Feyerabend), per cui interviene un programma di ricerche e un compenetrarsi di teorie quale frutto di analisi di tipo meta-fisico (Lakatos).

 

Bibliografia

  • AA. VV. , Management pubblico in Ticino, Mc Graw – Hill 2007;

  • AA. VV., Economia delle aziende pubbliche, Mc Graw – Hill 2003.

  • R. Bodei, La filosofia nel novecento, Donzelli ed. , 2006.

 

 

CAP. I

ETICA E LOGICA NELLA VARIABILITA’ DEL CONTROLLO

L’EVOLUZIONE SCIENTIFICO-TECNOLOGICA

Etica e logica nel controllo

Nell’etica Spencer vede l’adattamento progressivo dell’uomo al contesto in cui vive, il risultato del ripetersi di esperienze generazionali nel suo tentativo di adattarsi al meglio all’ambiente, quindi vi è una causalità dovuta alla necessità della sopravvivenza in ambienti diversi. Le diverse etiche sono pertanto modi diversi, prove di adattamento all’ambiente che gruppi umani e società hanno tentato in una osmosi/competizione con l’ambiente e altri gruppi umani di cui gli innumerevoli insuccessi testimoniati dalla storia ne sono prova.

Questa visione affonda nell’utilitarismo (Mill) individualista che viene ad esaltare e cercare di contabilizzare ciò che Bentham individua nella ricerca di calcolo del piacere per evitare il dolore, questa visione impostata esclusivamente sull’individuo sembra porsi in termini nettamente alternativi alla morale altruistica sostenuta da Comte, un conflitto che dall’ottocento oppone leaderismo politico e positivismo sociale. L’apparente inconciliabilità di queste posizioni opposte ha indotto Russell, e con lui i positivisti logici, a negare l’oggettività dell’etica per ripiegare su una soggettività psicologica sentimentale e come tale non misurabile in quanto non comprovabile con le asserzioni di vero o falso, quindi dei puri desideri.

Se la cooperazione comunitaria aumenta la possibilità di trarre per ognuno profitto nella lotta per la sopravvivenza, Trives (teoria dell’altruismo reciproco) ha ipotizzato una distinzione tra “amici” e “non amici” nell’instaurare un rapporto di fiducia che superi la difficoltà di mantenere un registro esatto del dare e avere nei rapporti quotidiani, in tal modo facilitando la reciproca utile convivenza in un gruppo, con una maggiore memoria del dare e avere con gli estranei, questo tuttavia non garantisce dalle truffe in presenza al valore biologico delle merci e delle persone in rapporto alla quantità, si che scatta la necessità non solo di punire ma anche eventualmente di espellere dal gruppo i profittatori sostituendo il tipo di relazione (teoria del mercato biologico).

Il conflitto egoisti/cooperatori si trasforma in un conflitto tra truffatori/cooperatore e quindi tra produttore/parassita, nel vantaggio competitivo che gli egoisti hanno, per il risparmio di energie che ottengono, vi è un progressivo assorbimento culturale di tale comportamento tra gli individui che compongono la popolazione, fino ad ottenere la disgregazione sociale in sottogruppi e l’abbattimento dell’efficienza media del gruppo nel suo insieme.

Interviene la necessità della presenza di una forte leadership cosciente che imponga il rispetto delle regole mediante punizioni, premi ed espulsioni, al fine di impedire lo sfaldamento della rete sociale per sfiducia e aggressività nell’interazione dei rapporti sociali.

Si possono quindi individuare tre aspetti dell’etica:

  • Verso se stessi (centro);

  • Verso la comunità (gruppo);

  • Verso il mondo (esterno);

ognuno di questi è una parte di spazio delimitato in forma frastagliata, con aree grigie e incerte di confine, dal limite variabile nel tempo, si da potersi parlare di dinamicità dell’etica nella quale la frontiera più profonda è tra la comunità e il resto del mondo.

L’etica è un modo di delineare i fatti e, quindi, nel gruppo diventa un’intelligenza collettiva in grado di definire una comprensione comune dei fatti che dia un senso agli eventi, nel suo scorrere nella rete sociale acquista il valore di una verità in prospettiva.

L’uomo nel suo rapporto con il mondo opera per schemi i quali sono strutturati nel linguaggio, nelle costruzioni verbali con cui viene trasmessa l’informazione, diventa etica del linguaggio tanto da obbligare ogni gruppo sociale prima di formarsi di creare una propria forma di comunicazione in grado di trasmettere i propri valori.

La normativa diventa, pertanto, una formalizzazione dell’etica nell’organizzazione e per tale via determina i confini etici del sistema nell’interfaccia con gli altri sistemi organizzativi, ma esso è anche la mediazione tra le posizioni etiche individuali, impedendo che la compromissione dello scambio tra individualità sprofondi il sistema in una anarchia caotica con la nascita di nuovi centri autonomi in concorrenza con le strutture precedenti.

Il controllo diventa espressione dell’etica imperante, parte del sistema, e attraverso esso si ha una lettura del funzionamento dell’insieme, ma questi è anche portatore di interessi ed esigenze individuali, il suo apparente assurgere a vertice dei canali informativi e centro del feedback crea attrazione verso quelle personalità che nella frustrazione di una mancata affermazione personale si gratificano sperando di imporre attraverso il controllo la visione del proprio sé.

Seppure le azioni morali non possono considerarsi atti disincarnati ed eterei, che si traducono in altruismo puro, Croce sottolinea che queste azioni, in quanto volte all’interesse generale, danno beneficio a ciascun singolo, ma proprio per questo presuppongono una visione più ampia dello stesso beneficio immediato del singolo ( Bodei)

In realtà l’etica del controllo si fonda sulla conoscenza, valore supremo e garanzia su cui si misurano tutti gli altri valori (Monod), in un continuo passaggio dal caso alla necessità senza mai negare la contingenza degli eventi (Bellone), in questo continuo feedback occorre evitare di pensare in termini di una loro “naturalizzazione” (Latouche), ossia di una necessità naturale, non essendo questi che frutto di una interpretazione umana delle sue richieste e come tale va sempre riconsiderata, solo la conoscenza in rapporto alle risorse disponibili diventa fondamento per le scelte, secondo una lettura di valori che non devono ridursi esclusivamente all’immediato ma aprirsi a scenari di sviluppo per il sistema.

Wittgenstein nella seconda tesi “estensionale” per le proposizioni distingue tra proposizioni atomiche, quindi semplici, e proposizioni molecolari, ossia complesse, facendo dipendere queste ultime dalla verità o falsità delle componenti atomiche e dal loro interagire con le regole semantiche necessarie all’opera di composizione, la rigorosità del pensiero logico-matematico investe la stessa analisi degli eventi nel controllo, in particolare l’esattezza della raccolta dei dati pertinenti e il loro riscontro.

Si ha, come derivazione dalla distinzione formulata da Morris e Carnap, una lettura “sintattica” dei dati che compongono gli eventi e delle regola di connessione e trasformazione, a cui segue e si sovrappone una lettura “semantica” degli enunciati per cui si disquisisce sulla lettura qualitativa delle cose a partire dal vero o falso dei dati estrapolati, secondo i principi logici di contraddizione, ossia di una costruzione di linguaggio comune (Carnap), e di fondamento, la conseguenzialità giustificativa del ragionamento senza salti (Kant), più problematici sono i principi del terzo escluso e di identità, per cui non sempre una volta inferiti i valori a determinati dati si potranno sempre mantenere come la possibilità sempre esistente di creare un terzo valore di indeterminatezza (Heyting).

Feyerabend osserva che spesso lo sviluppo di nuove idee e istituzioni non nasce dalla soluzione logica di problemi ma da causalità irrilevanti, che inaspettatamente offrono, successivamente, la soluzione di problemi non percepiti come tali, solo in un secondo momento emerge l’apparato concettuale che ne definisce i limiti, in un fortissimo intreccio anarcoide tra razionalità scientifica e irrazionalità intuitiva, richiamando i termini della teoria sistemica, in cui gli errori sono parte integrante del progresso e quindi dell’analisi.

Qualsiasi fatto nuovo è tale non perché semplicemente nuovo rispetto ad un programma, ma in quanto estraneo ai presupposti logici che hanno regolato la costruzione del programma stesso e dell’ipotesi (Zahar), si introduce nell’analisi del fatto nuovo il concetto di “euristica positiva” quale tecnica atta ad inserire le anomalie che si presentano (Lakatos).

Kuhn parla di un procedere da paradigma a paradigma e della necessità e volontà di articolare il paradigma stesso sui fatti della natura, vi è la necessità nell’uomo di confermare le ipotesi consolidate al fine di evitare la riformulazione dei fatti secondo nuove ipotesi che creano cambiamento e quindi nuovi sforzi nella riformulazione delle nuove regole, tutto al fine di risparmiare energie e salvare situazioni consolidate, pertanto le crisi del paradigma possono portare alla perdita di intuizioni e pratiche precedenti, ossia di informazione, vi è quindi la necessità nel controllo di effettuare i cambiamenti salvando l’informazione stessa, interpretando l’affermazione di Kuhn per cui il paradigma precedente va dimenticato.

Un ente esiste per noi solo quando si precisa il modo di osservarlo, la sua esistenza è tutta nella sua osservabilità (Geymonat), altrimenti ne subiamo gli effetti senza averne la coscienza, da questo ne consegue il controllo dell’essenza dell’ente stesso mediante procedure quali la “coerenza” con la totalità degli eventi (Neurath), la “falsificabilità” di un sistema in contrapposizione alla semplice “verificabilità” (Popper), sempre considerando l’instabilità dei sistemi nel lungo periodo a fronte di un loro equilibrio nel breve, con uno schema concettuale: instabilità (caos) – probabilità – irreversibilità (Prigogine).

 

Bibliografia

  • AA. VV. , Filosofia della scienza, Raffaele Cortina, 2004;

  • N. Abbagnano, Storia della filosofia, Vol. III, UTET, 1974;

  • R. Bodei, La filosofia nel novecento, Donzelli ed., 2006;

  • D. Cipollini, Punizione uguale cooperazione, in Le Scienze, 454, giugno 2006;

  • C. D. Dennett, l’idea pericolosa di Darwin: l’evoluzione e i significati della vita, Boringhieri, 2004;

  • P. K. Feyerabend, Contro il metodo. Abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza, Feltrinelli, 1979;

  • I. Prigogine, Le leggi del caos, Laterza, 1993;

  • E. Bellone, Il Regno e le tenebre, in Le Scienze, 22, 471, novembre 2007;

  • S. Latouche, L’invenzione delle’economia, Bollati Beringhieri, 2010;

  • I. Lakatos – P.K. Feyerabend, Sull’orlo della scienza. Pro e contro il metodo, Raffaele Cortina, 1995;

  • F. B. M. de Waal, L’economia delle scimmie, in Le Scienze, 66- 73, 442, giugno 2005;

  • F. B. M. de Waal, La scimmia che siamo, Garzanti, 2006;

  • T. S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, 1969.

 

Il controllo nella teoria dei sistemi

In molti casi non è necessario conoscere la “struttura interna” dell’ oggetto su cui si va ad agire, né è, se possibile, conoscerla con precisione senza dissipare eccessive risorse, tanto che è stato adottato il termine di black box o scatola nera, quello che effettivamente importa è il principio della relazione causa – effetto si che si possa prevedere l’efficacia delle decisioni, si crea in tal modo una relazione di dipendenza input (t) – output (t) nell’elaborazione delle informazioni in termini olistici senza dovere penetrare nella complessità della struttura.

Nella società moderna qualsiasi organizzazione tende alla complessità proprio per la difficoltà insita nel prendere decisioni adeguate, questo conduce alla necessità di frantumare la contiguità spazio-temporale in singoli “eventi” nello spazio- tempo, in una semplificazione di momenti successivi.

D’altronde la struttura non può essere frantumata e ricostruita come semplice somma o sovrapposizione, in quanto le parti interagendo fra loro sono qualcosa di maggiore della loro somma ma anche di diverso dalla loro singola unità iniziale. La struttura di un sistema è quindi caratterizzata dai sottosistemi, dal loro comportamento, nonché dalle relazioni che intercorrono fra essi, ne consegue che l’output rispetto ad identico input può variare nel tempo a seconda del variare dello stato del sistema nel tempo stesso, considerando che questi proprio per il fatto di essere sistema ha una memoria del passato, ma anche la stessa misurazione è causa del suo variare accrescendone la complessità in forma esponenziale seguendo l’ampia capacità di calcolo automatico introdotta con i computer, sì da trasformare l’analisi lineare (causa- effetto) in analisi comportamentale secondo un concetto spaziale di rete (Mari) .

Dobbiamo considerare che la causalità dopo una serie di ramificazioni, ossia di decisioni, perde di coerenza si che la conoscenza dello stato iniziale perde anch’esso il proprio valore programmatico a seguito del generarsi e degradarsi continuo dell’informazione, il sistema impone quindi un continuo feedback per il nascere di differenti eventi in presenza di un’unica storia, viene meno la possibilità di previsioni comportamentali sul lungo termine, mentre nuove regole intervengono ad ogni nuovo stadio di organizzazione.

Modelli eccessivamente complessi nascondono gli elementi essenziali e disperdono l’effetto tunnel per una conoscenza coerente al fine della modifica dell’output.

Ogni transizione di fase è un momento di distruzione e riformulazione di un ordine “su larga scala”, la rinormalizzazione in termini decisionali porta alla necessità di considerarla in termini generali al fine di migliorare la visione di insieme senza diluire le decisioni nei dettagli.

In ogni spazio di una nuova fase vi sono più centri di dominio in competizione fra loro con la conseguente frammentazione della linea di confine, circostanza che impone una continua contrattazione, peraltro ogni centro di attrazione contiene al suo interno punti critici non pienamente controllabili né assimilabili. D’altra parte nessuna crescita può essere lineare in termini illimitati, come già osservato da Verhulst, pertanto la linearità è propria di intervalli di tempo finiti, nasce la necessità della valutazione della variabilità nello spazio per lunghi intervalli di tempo.

Il succedersi delle biforcazioni decisionali trasforma la struttura da ordinata in caotica, con intervalli lineari sempre più brevi ad ogni raddoppio del periodo, di un fattore universale che tende al crescere del periodo stesso al valore di 4,669…., detto “numero di Feigenbaum”.

In questa immagine complessa di biforcazioni e sovrapposizioni di eventi, in cui viene meno la linearità continua del fenomeno, la presenza nello spazio di “attrattori” o centri di influenza fa si che l’attenzione deve volgersi ai confini tra regioni differenti in competizione fra loro, gli eventi posti ai confini sono quelli che subiranno la diversa attrazione al variare dei parametri, fino al limite massimo della frantumazione e decadimento dello spazio di uno degli “attrattori”.

Del resto la diversità è massima nelle zone di confine, in cui ogni conflitto nasconde dimensionalmente altri mille conflitti in scala sempre minore e per espressioni differenti della stessa organizzazione (Peitgen – Richter).

La logica previsionale induttiva basata sulla regolarità storica di causa-effetto è efficace sui brevi periodi per sistemi complessi e su sistemi puramente meccanici per periodi più lunghi, ne consegue per sistemi complessi la necessità dell’introduzione di un pensiero sistemico che introduca modelli interpretativi per parti di realtà con la conseguente necessità di determinare il confine del sistema rispetto all’ambiente sia in ampiezza che in profondità, dobbiamo tuttavia considerare che una eccessiva profondità porta a perdere l’unitarietà della visione, parcellizzando la logica degli interventi.

Ogni modello costruito al fine di interpretare l’evolversi degli eventi ha solo una verità parziale e non può essere inteso in termini assoluti proprio per la complessità sistemica e la conseguente necessità di semplificazione al fine di poterla gestire in termini di interventi previsionali, in questa ottica deve decidersi se l’osservatore è parte del sistema per il solo fatto di osservare e rilevare, oppure può essere posto all’esterno nell’ambiente.

L’unico effettivo parametro indipendente dalle altre variabili risulta essere il tempo, essendo anche lo spazio dimensionabile in una logica di dinamica temporalmente locale, pertanto il tempo è il parametro ossia l’elemento costante nel dialogo tra dinamiche locali e globali.

Come ricorda Yourdan (Analisi strutturale dei sistemi) quanto più un sistema è specializzato tanto maggiore è la sua difficoltà di adattamento e comunque ogni sistema tende per se stesso a crescere con il conseguente assorbimento continuo di sempre maggiori risorse necessarie al suo mantenimento, ma anche di una continua crescita di sotto-sistemi che lo compongono, in un continuo processo di formalizzazione (Mari).

Dobbiamo considerare che non sempre complesso è sinonimo di complicato, come del resto la semplicità del sistema non è correlata alla facilità di controllo, lo stesso dicasi per lo spezzettamento di un sistema complesso in unità minori per la semplificazione dell’analisi, se è più facile suddividere ben più difficile è ricostruire la complessità anche se vi è necessità di individuare i fattori della complessità al fine di una loro considerazione unitaria. La complessità nasce il più delle volte dal ricorrere di relazioni semplici, ma non lineari, che comportano biforcazioni nella proporzionalità tra causa ed effetto (Pastrone), l’informazione da parte sua, quale struttura portante del sistema, viene a dissiparsi nei termini originali per i continui passaggi, ma anche a riformularsi nello spazio-tempo per l’azione degli altri centri di influenza o “attrattori”, rimarrà comunque sempre presente in qualche parte dell’universo organizzativo.

L’orizzonte temporale è particolarmente importante in un’analisi del sistema, infatti le relazioni con effetti a lungo termine sono quelle più importanti nella gestione di un sistema complesso e possono sovrapporsi in termini negativi sugli interventi effettuati in urgenza su eventi a breve termine.

Particolarmente pericoloso dal punto di vista dinamico è l’effetto cumulativo delle relazioni del ciclo se questo assume il carattere di “circolo auto-catalitico”, in cui il sistema si auto rafforza automaticamente senza interventi esterni fino al blocco o all’esplosione del sistema stesso; in tali casi solo un intervento negativo (feedback) stabilizza il sistema tanto in natura che nel sociale (Alberti – Gandolfi – Larghi), la stabilizzazione logicamente costerà sia in termini energetici che di aspettative, per questo risulta essere politicamente di particolare gravosità e pertanto si tende ad affidarla ad organi tecnici esterni che se ne assumano la responsabilità.

Nelle situazioni complesse o solo incerte si procede alla semplificazione del sistema cercando un bilanciamento tra l’interpretazione intuitiva e quella modellizzata analiticamente al fine di rendere gestibile la complessità stessa, si crea un’area dell’incertezza nella quale gli eventi sono calcolati in termini probabilistici a fianco di un’area della complessità nella quale vi è una semplice possibilità dell’evento senza una quantificazione affidabile, solo in seguito allo scorrere del tempo con la modificazione del contesto si modificano i rapporti tra le due aree.

Nell’ambiente complesso acquista importanza la percezione del fenomeno quale premessa per l’anticipazione dell’evento sorprendente, l’uso di tecniche come quelle degli alberi decisionali possono essere semplificatori ma non risolutivi e pienamente affidabili nel tempo, intervengono simulazioni in forme deterministiche, probabilistiche stocastiche che approfondiscono le relazioni causali del sistema mediante modalità sempre più articolate (Olivotto).

Tuttavia è stato osservato che la capacità di prevedere e quindi controllare gli scenari derivanti dalla complessità, restringendo il ruolo della causalità anche grazie al crescere delle potenzialità di calcolo, si risolve in molte occasioni in un’illusione del controllo, ossia della nostra capacità di influenzare i risultati (Mlodinow).

Gli psicologi chiamano “bias di conferma” il desiderio di dimostrare la fondatezza delle nostre idee accogliendo ed esaltando gli indizi favorevoli, diminuendo al contempo quelli contrari, questo in particolare in ambienti ambigui e complessi, la capacità di procedere non alla verificabilità bensì alla falsificabilità (Popper) non di un singolo evento, come contestato da Lakatos, bensì di un sistema, con risultati magari contrari ai nostri desideri, non è di tutti per i costi psicologici di autostima che ci comporta.

D’altronde nei sistemi complessi, semplici fattori del tutto secondari possono costituire elementi del caso per deviare la linearità causa /effetto, secondo la “teoria degli incidenti normali” di Perrow, anche per segmenti temporali lineari, necessita pertanto concentrarsi sulla capacità di reagire all’imprevedibilità degli eventi, invece di concentrarsi prevalentemente sull’abilità di prevederli (Mlodinow ), in altri termini la capacità di reazione è la scialuppa di salvataggio nell’impossibilità di determinare una rotta sicura nella difficoltà della prevedibilità nei sistemi complessi, un sistema è quindi efficiente in quanto fornito di una ampia variabilità, tale da ricomprendere il massimo numero di eventi imprevedibili, con il minimo di informazioni.

Si deve considerare che tutti gli eventi possibili, anche se improbabili, possono accadere, il problema è il tempo necessario all’evento d’altronde , come già osservato, lo stesso osservatore in quanto portatore di valori e centro dell’osservazione crea l’evento, collassandolo nello stato da lui definito in quel contesto esistente, la lettura che ne deriva varierà a seconda dei piani di lettura usati, ma essa a sua volta subirà ulteriori increspature da dimensioni non considerate.

Dobbiamo ricordarci che come scrive Hempel a proposito del rapporto tra causalità e ricerca, ogni teoria scientifica è “paragonabile a una complessa rete sospesa nello spazio. I suoi termini sono rappresentati dai nodi mentre i fili che li collegano corrispondono, in parte, alle definizioni, in parte alle ipotesi fondamentali e derivate dalla teoria. L’intero sistema fluttua, per così dire, sul piano dell’osservatore, cui è ancorato mediante le regole interpretative”. Queste pur non appartenendo alla rete connettono alcuni punti con determinate zone del piano di osservazione, si crea un collegamento interpretativo tra dati empirici e rete teorica, in cui l’immaginazione nella formulazione delle congetture acquista un ruolo decisivo temperato da un “minuzioso esame critico”, si creano rapporti simmetrici tra fenomeni apparentemente indipendenti.

Come Heisemberg evidenzia ogni tradizione scientifica è insieme premessa e ostacolo alla crescita della conoscenza, altrettanto avviene nell’attività di controllo dei sistemi complessi, in cui ogni idea formulata dall’analisi fuzzy dei dati diventa ostacolo al nascere di una nuova interpretazione più coerente con il mutare del contesto.

 

Bibliografia

  • AA.VV., Filosofia della scienza, Raffaele Cortina Ed., 2002;

  • L. Mari, Un’introduzione alla teoria dei sistemi, Università Cattaneo-LIUC, 2005-2009;

  • H. O. Peitgen – P. H. Richter, La bellezza dei frattali, Bollati Boringhieri, 1989;

  • G. E. Alberti – A. Gandolfi – G. Larghi, la pratica del problem solving, Franco Angeli 2004;

  • F. Pastrone, Complessità e semplicità, in Google;

  • L. Mlodinow, Le leggi scientifiche del caso, RCS, 2009;

  • L. Olivotto, Valore e sistemi di controllo. Strumenti per la gestione della complessità, Mc Graw- Hill, 2000;

  • K. R. Popper, La logica della scoperta scientifica, tr. it. di M. Trinchero, Einaudi, 1970;

  • C. Perrow, Normal Accidents: Living with High-risk Technologies, Princeton University press, Princeton, NJ, 1999.

 

CAP. II

RAPPORTI TRA POTERE E CONTROLLO

L’ASPETTO IDENTITARIO DEL CONTROLLO

Potere politico e controllo pubblico

Deutsch definisce il potere in termini sostanzialmente probabilistici, quale differenza fra il volere e l’effettivo potere di modifica e guida del sistema (potere netto), questi si fonda sia sulla coercizione che sul prestigio quindi, come nel sistema economico, il sistema politico dipende in larga misura dalla rete delle aspettative coordinate in cui le consuetudini create dalla leadership prevalgono sul semplice uso della forza.

Ne consegue la rilevante importanza dell’informazione che precede e modula il coordinamento dell’agire, secondo schemi predeterminati, si tratta di quello che Deutsch definisce un “processo di pilotaggio” nel quale acquista particolare rilevanza il flusso di informazioni relativo agli obiettivi voluti, quelli effettivamente raggiunti e le posizioni delle singole azioni in atto, questo può avvenire solo mediante una continua azione di retroazione o feedback che permetta di effettuare previsioni affidabili, seppure a breve, per correggere gli input.

Uno dei componenti fondamentali è la memoria del sistema che viene a persistere attraverso appositi strumenti, quali regole e organizzazioni, l’equilibrio tra due flussi retroattivi di informazioni, di cui uno sul comportamento attuale e l’altro del passato, crea l’efficienza del sistema, data l’importanza dell’informazione i problemi sul flusso comunicativo determina la decadenza del sistema politico che può avvenire per perdita della capacità di ricezione, di coordinamento e guida, nonché per il venire meno della profondità della memoria.

Giustamente Luhman osserva che una delle funzioni proprie del sistema politico è la “riduzione della complessità” sociale con la produzione di decisioni collettive, questo però rientra in una modalità peculiare della razionalità politica che è quella di occupare le cariche pubbliche mediante la vittoria elettorale, si che tutto viene letto in funzione di tale scopo, al contrario la razionalità amministrativa è di tipo decisionale in funzione di un risultato gestionale che mantenga un rapporto accettabile tra risultati richiesti e obiettivi raggiunti.

Se una delle funzioni principali è la riduzione della complessità sociale il sistema politico per non avvitarsi non può essere più complesso dell’ambiente sociale di riferimento, dovendo essere in grado di selezionare le risposte e non di ulteriormente complicare il sistema.

Il potere è tuttavia, come riconosce lo stesso Luhman, un mezzo di comunicazione sociale con cui si creano codici simbolici generalizzanti che presiedono al trasferimento delle prestazioni selezionate, in altri termini le interazioni politiche selezionano e creano valori in un determinato ambito territoriale, deprimendo i valori espressi da gruppi politicamente minoritari ed assegnando l’accesso a beni e valori a gruppi di persone piuttosto che ad altri, questo tuttavia crea interdipendenza tra i vari componenti valoriali del sistema (Easton).

La politica è anche un sistema rapido di ascesa sociale e di arricchimento, questo può portare a sistemi latenti che Merton definisce di “bossismo”, con ampia corruzione, estorsioni e ricatti, si crea l’alterazione delle regole del gioco, circostanza che può sempre realizzarsi in presenza di una mancanza di attenzione da parte dei vari gruppi sociali, visto l’interesse all’occupazione del potere, in questo rientra il possibile rapporto distorto del potere politico con il controllo amministrativo- gestionale.

Friedrich considera il potere sia come un possesso che come un rapporto da cui ne deriva per Dahl il suo carattere relazionale, questi può quindi essere più o meno disperso in una comunità di élite, ma quello che è certo è il fatto di essere ancorato al controllo delle risorse economiche e all’occupazione dei vertici istituzionali e organizzativi, nel quale si crea un rapporto di scambio diseguale, all’interno delle élite Mills ha individuato ulteriori élite più ristrette, i cui membri a rotazione occupano disinvoltamente le posizioni di comando nelle diverse organizzazioni che siano politiche, finanziarie o amministrative.

Il sistema dei controlli nel pubblico può avere diversi approcci da quello macroeconomico, nel quale prevale l’interesse sull’andamento dei flussi economici in termini aggregati, all’approccio socio- politico, nel quale al contrario vi è un’analisi esclusiva sui bisogni espressi dalla cittadinanza di riferimento, da quello giuridico, in cui ci si concentra sulla correttezza procedurale sia giuridica che contabile a discapito dell’aspetto finanziario e dei risultati conseguiti, fino all’approccio economico-aziendale, dove l’apparato pubblico viene scorporato nelle singole amministrazioni le quali sono viste sotto l’aspetto della gestione economica come un continuo confronto tra obiettivi e risultati.

La complementarietà fra i vari approcci è nella visione unitaria e indistinta dei primi tre, quale sistema unitario, rispetto all’ultima in cui si individuano realtà autonome che nell’insieme costituiscono l’amministrazione pubblica (Borgonovi), circostanza che impone un uso calibrato e prudente di tutti e quattro i sistemi.

L’amministrazione nella sua storia ha sviluppato un sistema di controllo detto burocratico in cui i cardini logici fondamentali sono:

  • La separazione tra sfera politica e amministrativa;

  • L’autonomia e la neutralità dell’apparato amministrativo.

Il sistema è diretto al controllo procedurale dell’apparato secondo le direttive normativamente imposte dalla politica, questo indipendentemente dal raggiungimento dei risultati rispetto alla domanda sociale accolta dalla politica stessa, i risultati tendono alla frammentazione per singoli atti degli interventi, nonché ad interpretare la normativa in termini di potere di veto e di garanzia dalle responsabilità, d’altronde il controllo manageriale soffre di problemi applicativi, nonostante i sempre più potenti mezzi informatici per l’elaborazione delle informazioni (Borgonovi).

La raccolta dei dati nonché la loro elaborazione per l’estrapolazione delle informazioni crea problemi all’élite politica ed amministrativa, in quanto se da una parte permette di seguire il sistema ed intervenire tempestivamente, almeno nel breve periodo, sull’emergere dei punti critici, dall’altro può evidenziare fallimenti o distorsioni gestionali rientranti come conseguenze implicite e accettabili per obiettivi inespressi ma voluti quali collaterali rispetto a quelli ufficiali.

Emerge la necessità per l’élite interessata di controllare i flussi informativi, non solo verso l’esterno, ossia il potenziale elettorato, ma anche all’interno dell’apparato stesso verso il gruppo ristretto di comando.

Si crea quella che Williamson definisce “informazione nascosta” che si ricollega alla “azione nascosta” in una asimmetria informativa che da amministrativa diventa politica ed economica, si possono così distinguere organizzazioni formali e stabilizzate accanto ad organizzazioni apparentemente formalizzate normativamente, ma in sostanza informali.

Selzuick suggerisce di distinguere fra organizzazioni, intese come insieme di attività coscientemente coordinate, e istituzionali, quali organismi reattivi e adattivi fornite di propri valori e identità distintive, ora non sempre una organizzazione è fornita di una capacità istituzionale come è altrettanto vero che non tutta una organizzazione può avere una propria stabile identità, nascono strutture interne che pur intervenendo nel sistema possono venire deviate dalle proprie finalità con “missioni” non integrate ma esternamente controllate.

Partendo da queste premesse l’indipendenza di qualsiasi valutatore non può fare a meno dall’evitare l’inquinamento derivante dall’affidamento di incarichi incrociati, né dal vissuto personale delle relazioni intrattenute tanto nel passato che nel presente ed oggettivamente incompatibili, infatti ogni protezione giuridica e automatismo è inutile se inficiato da tali premesse.

 

Bibliografia

  • K. W. Deutsch, I nervi del potere, Etas Kompass 1972;

  • D. Easton, L’analisi sistemica della poltica, Ed. Marietti 1984;

  • R. A. Dahl, Governo del leader e regime dei partiti, Il Mulino 1992;

  • N. Luhmann, Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria generale, Il Mulino 1990;

  • E. Borgonovi, Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, Egea 2005;

  • C. J. Friedrich, Governo costituzionale e democrazia, Neri Pozza 1963;

  • R. K. Merton, Teoria e struttura sociale, Il Mulino 1959;

  • W. C. Mills, L’élite del potere, Feltrinelli 1959;

  • P. Selznick, La leadership nelle organizzazioni, Angeli ed. 1976;

  • O. E. Williamson, Organizzazione e mercato, Il Mulino 1985.

 

Riflessioni sull’indipendenza del controllo nel settore privato

La Consob sia nel Regolamento n.11522 del 1/7/1998 che nella Comunicazione del 20/2/1997 usa il termine di “indipendente” rivolto a soggetti istituzionali coinvolti nelle funzioni di controllo della gestione, termine usato anche per il codice di autodisciplina emesso dal comitato per la corporate governance delle società quotate nella Borsa Italiana, relativamente all’inserimento nel consiglio di amministrazione degli “amministratori indipendenti”.

Caratteristica fondamentale ed essenziale per l’autonomia e l’indipendenza, a prescindere dal rapporto giuridico che possa legare l’internal auditing alla sua funzione, è la volontà reale dell’azienda che faccia sì che si approntino gli strumenti necessari, tanto giuridici che procedurali, per una reale indipendenza rispetto ai responsabili interni e ai vertici aziendali. In altri termini deve esservi una condizione psicologica tale da non sentirsi gerarchicamente “dipendente o condizionato” dai vertici, con un guadagno nell’autorevolezza necessaria ad esercitare la funzione, questo tuttavia non risiede nella sola volontà dei vertici, ma anche nelle norme di diritto e sugli aspetti procedurali.

Elementi fondamentali per l’indipendenza dell’ I. A. sono:

  • La descrizione definita dell’oggetto dell’incarico all’atto del suo conferimento, con le garanzie di libera organizzazione;

  • La separazione tra le funzioni gestionali e quelle di controllo, senza conflitti di competenze, deleghe e responsabilità;

  • La stabilità, la conferma e la durata dell’incarico, nonché le modalità nei rapporti aziendali;

  • Garantire il percorso della carriera e le modalità per la sua retribuzione, per quanto è possibile “automaticamente” e non “dipendente” dalla valutazione del vertice aziendale, bensì inserita in un meccanismo retributivo affidato ad un apposito comitato costituito da elementi indipendenti.

Occorre evitare alcun incrocio di affidamento tra incarichi aziendali o in società del gruppo, così come rapporti derivanti da relazioni personali passate o attuali pericolose per l’indipendenza del controllore.

Un punto di particolare forza e importanza per l’indipendenza del controllo interno è dato dall’autonomia del collegio di revisione, anche in questo caso fondamentale è la trasparenza della procedura di nomina e che questa non sia espressione esclusiva del gruppo di controllo aziendale, la vigilanza della Consob e del Collegio sindacale è un ulteriore elemento di garanzia, ma non l’esclusivo.

L’indipendenza dei revisori deve essere regolamentata con la preclusione all’incarico in presenza di una incompatibilità derivante da rapporti contrattuali o di partecipazione e da legami parentali, ossia dal sussistere di “relazioni finanziarie, d’affari, di lavoro o di altro genere, dirette o indirette (comprese quelle derivanti dalla prestazione di servizio aggiuntivi diversi dalla revisione contabile)”, da cui sussista il pericolo di compromissione dell’indipendenza, così come indicato dalla Raccomandazione Consob (delibera n. 15185 del 5/10/2005) alle società di revisione nell’adottare il documento “Principi sull’indipendenza del revisore” emanato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dal Consiglio Nazionale dei Ragionieri e dei Periti Commerciali.

La delicatezza del problema incarichi suggerisce l’adozione di un regolamento preventivo che determini:

  • Quali sono gli incarichi della società;

  • Come si determinano i compensi;

  • Quali sono i soggetti legati alla società incaricata della revisione da rapporti continuativi.

Relativamente alla certezza degli incarichi è decisamente auspicabile un unico revisore per l’intero Gruppo anche in rapporto agli eventuali ulteriori incarichi da affidare necessariamente ai revisori per ciascuno Stato in cui vi siano affiliate del Gruppo, circostanza che impone una valutazione complessiva sui compensi e sulle colleganze continuative dei revisori in ciascuna nazione in cui sono presenti società del Gruppo stesso.

Anche per gli organi di vigilanza (O.d.V.) previsti dal D. Lgs. n. 231/01, aventi per fine il vigilare sulle aree sociali a rischio di reati nelle quali potrebbero sorgere contrapposizioni di interessi fra i vertici e la Società, requisiti principali sono:

  • l’autonomia e indipendenza;

  • la professionalità;

  • la continuità di azione.

La funzionalità è anche in rapporto alle dimensioni sociali, si che appare opportuno valutare la presenza di un organo monocratico o sociale, nel primo caso vi è una identificazione quasi automatica con il preposto all’internal auditing, mentre nella seconda ipotesi potrebbe essere opportuno aggiungerci un membro del collegio sindacale e un amministratore indipendente che non sia soggetto operativo della Società né abbia particolari relazioni dirette o indirette con i vertici, sotto l’aspetto finanziario l’autonomia è assicurata da un apposito budget stanziato annualmente.

Costituisce requisito essenziale per un concreto conseguimento degli obiettivi istituzionali di controllo, a cui tale sistema risulta preordinato, una corretta gestione dei rapporti intercorrenti tra i soggetti istituzionali che favorisca una adeguata implementazione dei flussi informativi reciproci, in questo circuito virtuoso che dovrebbe costituirsi acquista importanza come modo la figura dell’amministratore indipendente per il flusso informativo con gli altri organi di controllo in rapporto con il management (artt. 2387 e 2399 c.c.).

L’amministratore è indipendente in base ad alcune situazioni di fatto che dovrebbero essere oggettivamente riscontrabili e verificabili dal pubblico, queste sono in termini negativi:

Caratteristiche personali

  • Rapporti di affari rilevanti;

  • Amministratore esecutivo in certe società collegate;

  • Rappresentanza dell’azionista di controllo;

  • Partner o dipendente del revisore dei conti esterno nei 3 anni precedenti;

  • Partecipazioni o diritti di voto con influenza notevole;

  • Dipendente attuale o nei precedenti 5 anni;

  • Remunerazione aggiuntiva considerevole.

Legami con la società

  • Relazioni economiche, professionali o altro;

  • Legami rilevanti con l’amministratore esecutivo;

  • Conflitto di interessi rilevante derivante da stretti legami con concorrenti;

  • Legami di parentela o affinità con soggetti rilevanti per la gestione societaria.

La sussistenza di tali requisiti deve persistere nel tempo in quanto questi devono essere elementi sostanziali e non formalistici, circostanza che impone controlli periodici mediante autocertificazione riscontrabile dal C. d. A.

Nella prospettiva del gruppo aziendale un sistema di controllo interno è pertanto efficace se assicura (Comoli):

  • Il perseguimento degli obiettivi di efficacia strategica ed efficienza operativa così come definiti dai vertici;

  • La trasparenza informativa così come delineata dalle politiche aziendali;

  • La correttezza gestionale e l’osservanza sostanziale di leggi, norme e regolamenti;

  • La protezione delle condizioni favorevoli alla generazione di valore, individuando e indicando ai vertici aziendali i principali rischi.

Questa circostanza induce una aspettativa del pubblico di ricevere assicurazioni sulla validità delle informazioni che pervengono dal sistema, purtroppo la situazione reale appare molto diversa da quanto auspicato, in quanto l’informazione fornita si riduce a una comunicazione generica di per sé poco utile effettivamente (Beretta, Bozolan, Pecchiari).

Anche riguardo agli altri sistemi di controllo e in particolare al D. Lgs. n. 231/01 necessita una cultura aziendale non centrata esclusivamente sul ruolo gerarchico e su una visione ristretta alle proprie funzioni, con una forte enfasi sui risultati a breve periodo e l’operatività corrente, ma su valori di lungo periodo e di sostenibilità, per questo occorre porre attenzione sulla progettazione dei sistemi di selezione del personale, di valutazione e ricompensa, di comunicazione nell’interfaccia con lo stile della leadership ( Previtali).

 

Bibliografia

  • AA. VV., Il sistema dei controlli, in Nedcommunity.com ;

  • F. Amigoni, Misurazioni d’azienda, Giuffrè 1988;

  • T. Giannini- A. Pasini, Il controllo di gestione, Pirola ed. 1993;

  • M. Comoli, Il sistema di controllo interno nella corporate governance, Egea 2002;

  • S. Beretta- S. Bozzolan-N. Pecchiari, Corporate e assessment del sistema di controllo interno: cosa comunicano le società quotate?, 67-94, E & M , Etas ed. gennaio 2007;

  • Facchetti- Rigano – Svanoni, Il controllo di gestione, Pirola ed. 1993;

  • P. Previtali, Colpa e responsabilità, di manager o di aziende?, 95-104, E & M, Etas ed., gennaio 2007.

 

CONCLUSIONI

In questi ultimi decenni a cavallo del secolo vi è stata una trasformazione della visione del controllo che da statica è diventata dinamica, tanto nel pubblico, con il superamento della visione strettamente burocratica, quanto nel privato, in cui si è dimostrata sempre più insufficiente la semplice revisione contabile.

Si è realizzato quindi, o meglio si è tentato di realizzare, un travaso di metodologie dal privato al pubblico, molte volte con modalità acritiche, i risultati, seppure talvolta interessanti, hanno lasciato molto a desiderare soprattutto sul controllo gestionale, con report strutturati quali semplici resoconti sui quali vengono evidenziati solo i risultati della gestione finanziaria, anche a seguito delle necessità derivanti dai patti di stabilità di matrice U.E. e dalle pressioni dei mercati finanziari.

Lo schema indirizzo politico – gestione professionale- valutazione dei risultati conseguiti, è varie volte saltato per la complessità strutturale a fronte di vuoti professionali, ma soprattutto per la mancanza di chiari obiettivi, questo ancor più dove la presenza e i rapporti con la politica erano più strutturati, questo anche a causa della politica stessa che tende a non volere mai definire obiettivi operativi chiari per non trovarsi con scarsi spazi di manovra.

D’altra parte con l’adozione degli schemi organizzativi flessibili attuali, fondati su un ampio decentramento e responsabilità gestionali, la necessità di allargare il controllo dall’aspetto puramente legale, quindi di per sé stesso limitato, all’aspetto non solo finanziario ma anche economico-aziendale, ossia gestionale, diventa sempre più urgente se si vuole evitare derive personalistiche e frammentazioni gestionali, con la perdita di una visione unitaria e quindi sistemica del pubblico, a fronte di continui tentativi di interferenza della politica.

La necessità di una visione flessibile sistemica è stata recepita, molto prima, nel settore privato dove, tuttavia, i rapporti per quanto difficili risultano più definiti e le modalità per evitare interferenze nella funzione di controllo sono più semplici.

Sebbene vi siano riflessi sulla politica legislativa inerente ai controlli esterni (Consob), da parte di settori dell’imprenditorialità al fine di ridurne l’incisività, emerge tuttavia più facilmente l’opportunità per il sistema, nell’attuale fase economica, di evitare rapporti stretti fra le figure addette al controllo e i vertici aziendali per una loro maggiore efficienza e credibilità sul mercato finanziario.

La crisi economica e finanziaria attuale ha ulteriormente evidenziato la necessità di un sistema di controlli, che indichi le aree di criticità prima che la crisi stessa si manifesti, anche se vi è una corrente di pensiero che tende a ridurre le aspettative per le capacità previsionali di tale rete se non in termini probabilistici.

Quello che certamente si può osservare è la necessità, seppure problematica, di riavvicinare in termini culturali, oltre che operativi, tra pubblico e privato le modalità e capacità dei controlli, senza peraltro pretendere e sognare capacità previsionali quasi divinatorie, in quanto vi sono sempre possibilità di errori dovute all’incapacità di leggere i segnali deboli da parte dei valutatori, questo sia per eventuali loro insufficienze tecniche o culturali, ma anche per i limiti propri della natura umana, in un difficile equilibrio tra flessibilità e legalità

[ Documento composto con parziale rielaborazione di precedenti articoli pubblicati su: Lavoroprevidenza, Laprevidenza, Diritto ]

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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