Il contributo economico all’ex coniuge e l’assegnazione della casa familiare

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SOMMARIO:

  • Introduzione
  • In che cosa consiste l’assegno divorzile?
  • Quando viene erogato l’assegno divorzile?
  • La casa coniugale a chi spetta?
  • Il ruolo della casa coniugale sull’assegno divorzile
  • Si Può revocare l’assegnazione della casa coniugale?

Una coppia di coniugi, dopo molti anni di matrimonio, dei quali i più recenti passati a litigare,  decide di separarsi.

La moglie adesso abita con i due bambini e l’ex marito le corrispondi ogni mese un assegno di mantenimento complessivo di 850 euro.

La donna vuole il divorzio e, siccome che non lavora, pretende un contributo economico.

Ci si chiede se in un simile contesto la casa coniugale incida sull’assegno divorzile e la risposta è affermativa, per un motivo chiaro, l’attribuzione del diritto di abitazione rappresenta un vantaggio economico del quale si deve avere considerazione, insieme agli altri parametri come la durata del rapporto, l’età del richiedente, l’apporto dato da ognuno dei coniugi alla conduzione della vita familiare.

In assenza dei requisiti previsti, all’ex coniuge non sarà riconosciuto niente.

In questo articolo approfondiremo l’argomento.

In che cosa consiste l’assegno divorzile?

L’assegno divorzile consiste nell’obbligo di uno dei coniugi di pagare all’altro coniuge un assegno in un determinato periodo, quando lo stesso non abbia i mezzi adeguati o on se li può procurare per motivi di carattere oggettivo.

Secondo le disposizioni contenute nell’articolo 5 della legge sul divorzio (L. 898/1970) il Tribunale, quando pronuncia sentenze di divorzio, deve stabilire anche la misura dell’assegno divorzile, considerando determinati fattori, tra i quali, il principale è il reddito dei due coniugi, in base ai motivi della decisione e alla durata del matrimonio.

Il pagamento dell’assegno può essere mensile oppure in un’unica soluzione.

In presenza di simili circostanze anche con assegnazione di un bene.

Quando viene erogato l’assegno divorzile?

L’assegno divorzile è un diritto di credito imprescrittibile, irrinunciabile e indisponibile che un ex coniuge vanta nei confronti dell’altro, sino a quando il beneficiario stesso contrae altre nozze oppure l’obbligato muoia o fallisca.

In conformità al dettato dell’articolo 5, comma 6, della legge n. 898/1970, nel valutare l’inadeguatezza dei mezzi a disposizione di uno dei due coniugi, devono essere prese in considerazione anche una serie di elementi, tra i quali risaltano, da un lato, l’impossibilità di poterseli procurare per determinati motivi o per la difficoltà di “spendere” la personale qualificazione nel mercato del lavoro in determinate circostanze e contesto sociale e, dall’altro lato, l’eventuale convivenza more uxorio che si protrae, facendo derivare un miglioramento delle condizioni economiche del coniuge più debole.

Non si discute sul fatto che il diritto all’assegno divorzile, dove venga stabilito nella sentenza di divorzio, spetta sin dal momento nel quale la stessa passa in giudicato, è possibile richiedere al giudice di rideterminarlo in qualunque momento, se dovessero sopraggiungere apprezzabili modifiche dei rispettivi redditi.

La casa coniugale a chi spetta?

La coppia che si separa deve fare fronte a diversi aspetti economici, tra i quali l’assegnazione della casa coniugale.

In poche e semplici parole, si tratta dell’immobile nel quale la famiglia ha vissuto per la maggior parte del tempo, prima che ci fosse la separazione o il divorzio.

Se ci sono dei figli minorenni o maggiorenni non ancora indipendenti economicamente, la casa spetta al genitore collocatario, vale a dire, chi convive con i figli.

La finalità di una simile misura è in modo evidente quello di evitare che i bambini debbano lasciare l’appartamento nel quale sono nati subendo un’altra sofferenza, che si aggiungerebbe a quella che ha provocato la separazione dei genitori.

In assenza di figli la casa coniugale spetterà al legittimo proprietario, che potrà anche agire nel momento nel quale l’ex coniuge non voglia andare a vivere altrove.

Se marito e moglie sono comproprietari, si possono accordare facendo in modo che l’immobile vada a uno dei due oppure venga venduto per dividere il ricavato a metà.

In simili casi il beneficiario deve liquidare all’altro la metà del valore.

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Il ruolo della casa coniugale sull’assegno divorzile

Al momento del divorzio, il giudice può riconoscere all’ex coniuge privo dei mezzi per potersi mantenere un contributo economico, chiamato una tantum o periodico.

Si tratta di una misura di assistenza rivolta a chi non ha risorse necessarie per condurre una vita dignitosa né se le può procurare per ragioni oggettive.

Un classico esempio è quello della donna che durante il matrimonio si è dedicata alla casa e ai figli e, una volta divorziato dal marito, non ha più l’età per andare a lavorare.

Ai fini della determinazione dell’assegno divorzile, il giudice deve prendere in considerazione i motivi che hanno portato alla cessazione degli effetti civili o allo scioglimento del matrimonio, seco secondo che le nozze siano state celebrate in chiesa oppure al Comune, l’età di chi richiede il contributo, la durata del matrimonio, i redditi di entrambi i coniugi e l’apporto dato da ognuno alla conduzione della vita familiare e al patrimonio comune e personale.

Secondo i Giudici della Suprema Corte di Cassazione, prima di decidere la quantificazione dell’assegno di divorzio si deve prendere in considerazione anche qualsiasi utilità suscettibile di valutazione economica, compreso il diritto di godimento della casa coniugale (Cass. civ. ord. 23/07/2020 n. 15773/2020).

L’ex coniuge al quale viene assegnato l’immobile ha un risparmio di spesa, nel senso che non si deve trasferire altrove e pagare un affitto mensile.

Un simile aspetto incide sulla quantificazione dell’importo che ha una funzione assistenziale, compensativa e perequativa.

Questo significa che l’assegno in questione non è finalizzato a garantire all’ex coniuge lo stesso tenore di vita del quale aveva goduto in costanza di matrimonio, come accade per il mantenimento in fase di separazione, ma riconosce un sostentamento alla parte che è in stato di bisogno in virtù del contributo dato alla famiglia.

Si può revocare l’assegnazione della casa coniugale?

Il godimento della casa coniugale assegnata dopo la fine del matrimonio on è per sempre.

Il provvedimento di revoca è ammesso esclusivamente se ricorrono determinate condizioni.

Ad esempio, l’assegnatario si trasferisce altrove, intraprende una convivenza more uxorio o contrae un altro matrimonio, i figli raggiungono l’autosufficienza economica.

Per chiedere la revoca della casa coniugale, il proprietario dell’immobile deve depositare l’istanza presso il Tribunale che ha emesso la sentenza di divorzio.

Il provvedimento di revoca è, a ogni effetto, un titolo esecutivo.

Questo significa che è possibile agire subito nei confronti dell’assegnatario che non abbandoni spontaneamente l’immobile.

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